Una terapia genica per cambiare la vita di chi è affetto da emofilia A. Non si tratta solo di un annuncio, in Italia infatti è stata già trattata la prima paziente. E i risultati sono straordinari. La donna, affetta da questa grave forma di emofilia, è stata trattata nei primi giorni di novembre. Oggi, dopo quasi 4 settimane dall’infusione, è in buone condizioni e sta conducendo la sua vita regolarmente. La terapia, infatti, gli permetterà di evitare per diversi anni le frequenti infusioni cui era stato costretto finora, e di avere una coagulazione del sangue uguale a quella di chiunque altro.
COAGULAZIONE
L’emofilia A è una malattia genetica rara che colpisce 5mila persone in Italia e consiste in un difetto nel sangue che ne impedisce la coagulazione. I pazienti colpiti vanno incontro a episodi di sanguinamento, spontanei o causati da traumi anche banali, che finora si prevenivano con l’infusione anche 3 volte a settimana dei fattori necessari alla coagulazione che da solo non riesce a produrre (ricavati dal plasma di un donatore oppure sintetizzati in laboratorio).
RISCRIVERE IL DNA
La terapia genica, usando dei virus resi innocui come trasportatori di Dna, può “correggere” un difetto genetico. È stata già impiegata per trattare pochissime altre patologie (come la Ada-Scid o malattia dei “bambini in bolla”) e ora per la prima volta in Italia sull’emofilia. Il primo paziente, spiega Flora Peyvandi, responsabile dello studio clinico, «è stato trattato a inizio novembre, e oggi dopo quasi 4 settimane dall’infusione è in buone condizioni e sta conducendo la sua vita regolarmente, senza alcun particolare problema». I risultati «dei nostri studi clinici – aggiunge Silvano Bosari, direttore scientifico del Policlinico – hanno dimostrato che una singola infusione di questa terapia può consentire a un paziente con emofilia grave di poter raggiungere livelli di fattore VIII o fattore IX quasi nella norma per lunghi periodi di tempo, anche per alcuni anni». Una terapia che promette di cambiare la vita di migliaia di persone, costrette ad oggi a sottoporsi a continue trasfusioni.