Scienziati italiani hanno scoperto un possibile approccio terapeutico per il trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Un passo avanti che potrebbe rivelarsi determinante, perché la malattia è neurodegenerativa ed è devastante, caratterizzata dalla progressiva perdita dei motoneuroni, le cellule nervose che controllano i movimenti. Le scoperte scientifiche del team italiano aprono ora a nuove speranze per il trattamento di questa patologia. Un innovativo approccio terapeutico è stato individuato attraverso uno studio pubblicato su Nature Communications, coordinato dalla Sapienza Università di Roma e dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Roma.
Cos’è la SLA?
La SLA, o Sclerosi Laterale Amiotrofica, è una malattia neurologica che colpisce i motoneuroni, le cellule nervose del cervello e del midollo spinale che controllano il movimento dei muscoli. Con la progressiva degenerazione di queste cellule, i pazienti perdono gradualmente la capacità di muoversi, parlare, deglutire e, infine, respirare. I sintomi iniziali della possono includere debolezza muscolare, spasmi, crampi e difficoltà nel camminare. Man mano che la malattia avanza, i sintomi peggiorano, portando a una significativa compromissione della qualità della vita.
La scoperta del team italiano
Finanziato da un progetto ERC-Synergy, il nuovo studio è stato coordinato dalla professoressa Irene Bozzoni del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin della Sapienza e del centro CLNS2 di IIT di Roma. Il team di ricerca ha scoperto che circa il 10% dei casi di SLA è legato a alterazioni nelle proteine che formano i cosiddetti granuli da stress. Questi granuli, sotto particolari condizioni, si trasformano in aggregati tossici per i motoneuroni a causa di proteine aberranti.
Modifica dell’RNA
Un punto cruciale della scoperta riguarda una specifica modifica chimica dell’RNA, nota come N6-metiladenosina (m6A), che gioca un ruolo fondamentale nella formazione di questi aggregati. La SLA, soprattutto nelle forme più aggressive, è caratterizzata da alti livelli di m6A. Riducendo tali livelli, i ricercatori sono riusciti a normalizzare la formazione dei granuli da stress.
Un farmaco contro la leucemia potrebbe curare la SLA
La chiave della scoperta risiede nell’uso di una molecola chiamata STM2457, attualmente in sperimentazione clinica per il trattamento della leucemia. “Siamo riusciti a diminuire i livelli di m6A utilizzando STM2457,” spiega la professoressa Bozzoni. “Questa scoperta apre alla possibilità di utilizzarla anche come nuovo approccio terapeutico per il trattamento della SLA.”
Conseguenze per la qualità della vita
Le implicazioni di questa scoperta sono enormi. Attualmente, non esiste una cura per la SLA, e i trattamenti disponibili possono solo rallentare il progresso della malattia. La possibilità di un nuovo farmaco che possa intervenire direttamente sui meccanismi cellulari alla base della SLA rappresenta un passo avanti significativo. La SLA non solo priva i pazienti delle loro capacità motorie, ma ha anche un impatto devastante sulla loro qualità di vita. La perdita progressiva delle funzioni motorie porta a una dipendenza totale da assistenza per le attività quotidiane, e i pazienti spesso necessitano di supporti tecnologici per comunicare e respirare. L’introduzione di un trattamento efficace potrebbe migliorare significativamente la vita dei pazienti e delle loro famiglie, riducendo i sintomi e rallentando la progressione della malattia.
Una speranza in più
Questa scoperta rappresenta una svolta promettente nella ricerca sulla SLA. Il lavoro del team italiano non solo approfondisce la nostra comprensione dei meccanismi cellulari alla base della SLA, ma identifica anche nuove potenziali strade terapeutiche. Mentre la sperimentazione clinica del farmaco STM2457 continua, c’è speranza che un giorno possa offrire una nuova luce ai pazienti affetti da questa devastante malattia. Il lavoro del team italiano non solo approfondisce la nostra comprensione dei meccanismi cellulari alla base della SLA, ma identifica anche nuove potenziali strade terapeutiche. Mentre la sperimentazione clinica del farmaco STM2457 continua, c’è speranza che un giorno possa offrire una nuova luce ai pazienti affetti da questa devastante malattia.
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