Tempo di lettura: 3 minutiOgni giorno, sulle tavole degli italiani vengono sprecate grandi quantità di cibo, ancora buono da mangiare. Il cibo gettato via ha un impatto non solo di tipo ambientale, sociale ed economico, ma anche nutrizionale, infatti un consumo di alimenti adeguato, fa sprecare meno e aiuta anche ad essere più sani e a non ingrassare. Lo dimostra la ricerca scientifica. L’Osservatorio sulle eccedenze, recuperi e sprechi alimentari, nato presso il Centro di ricerca Alimenti e Nutrizione del CREA, ha presentato l’ultimo rapporto che disegna la mappa dello spreco alimentare.
I numeri dello spreco alimentare
Il 77% delle famiglie intervistate ha dichiarato di aver gettato via del cibo nella settimana precedente all’intervista. Quasi un quarto delle famiglie, quindi, sembra aver un comportamento di elevata attenzione al tema. L’incidenza di famiglie virtuose, che non gettano via il cibo, aumenta con l’aumentare dell’età della responsabile acquisti, con il diminuire del reddito e in famiglie che vivono al sud e isole.
I prodotti alimentari più sprecati sono risultati essere verdura, frutta fresca e pane; seguono a distanza pasta, patate, uova, budini, derivati del latte (yogurt, formaggi). In particolare, l’incidenza è stata inferiore per la verdura fresca nel nord-ovest e la frutta fresca al sud. D’altra parte, per il pane lo spreco è risultato superiore nelle regioni centrali e in famiglie con bambini piccoli; in queste ultime, anche i ripieni per panini (affettati, formaggio a fette, ecc.) sono risultati maggiormente sprecati rispetto alla media.
Sommando le quantità di spreco per tutte le categorie alimentari, gli italiani risultano aver sprecato in media 370 g/settimana/famiglia. Il dato è allineato con quanto misurato in Olanda (365 g/settimana) e inferiore di quanto rilevato in Spagna (534 g/settimana), Germania (534 g/settimana) e Ungheria (464 g/settimana).
Approfondendo le tipologie di spreco, emerge che, rispetto al totale dei quattro paesi europei, in Italia si gettano maggiormente prodotti completamente inutilizzati (43,2% vs 31% della quantità sprecata), mentre si riscontra una minor propensione a gettare gli avanzi del piatto (14,6% vs 20,0%) e i prodotti aperti, ma non finiti di consumare perché scaduti (30,3% vs 36%).
Identikit delle famiglie “sprecone”
Dimensione familiare e spreco alimentare sono positivamente correlati, ma guardando ai dati pro- capite si osserva un maggior spreco nelle famiglie monocomponenti. Inoltre, si riscontra una certa propensione di spreco alimentare nei segmenti di età più giovane e tra i nuclei familiari con maggiori disponibilità economiche.
Il tema dello spreco alimentare è molto sentito in Italia. Lo spreco alimentare ha un vissuto emotivo negativo largamente diffuso, dal momento che, in tutti i quesiti formulati, su questa tematica più della metà del campione condanna fermamente la pratica di gettare via il cibo. Il rispetto del cibo e l’attenzione allo spreco sono un fattore culturale prevalente, che si rileva in circa il 60% delle risposte. Anche il ruolo centrale nell’educazione da parte dei genitori a non sprecare viene riconosciuto dalla larga maggioranza del campione (90%). La sensibilità verso le conseguenze dello spreco alimentare è condivisa dalla maggioranza.
La consapevolezza dell’impatto negativo dello spreco su diversi ambiti è piuttosto elevata. L’impatto economico è il più sentito (70%), di gran lunga superiore a quello sociale (conseguenze su disponibilità di cibo nel mondo, 59%) e ambientale (55%).
Il fattore tempo e gli imprevisti nella gestione degli alimenti giocano un ruolo cruciale, mettendo entrambe a rischio le azioni di prevenzione. Nella maggioranza dei casi, il tempo viene apertamente dichiarato essere una risorsa scarsa nella vita quotidiana e anche gli imprevisti risultano disturbare la gestione della dispensa e della preparazione dei pasti.
Le famiglie italiane si dichiarano capaci di gestire le attività in cucina, fattore rilevante di prevenzione. Infatti, solo un quinto degli intervistati dichiara di avere difficoltà a cucinare nuovi piatti e sono ancora meno quelli che non sanno riutilizzare gli avanzi o che non sanno pianificare le giuste quantità di alimenti da acquistare. Solo una minoranza (meno del 5%) dichiara di non finire quello che ha nel piatto e di non conservare gli avanzi.
Circa due terzi, infine, dichiara di pianificare gli acquisti e di non fare acquisti di impulso. Mentre minore è l’attenzione verso la pianificazione anticipata dei menù settimanali, fatta solo dal 42% degli intervistati. Disporre in casa di alimenti in quantità sufficiente risulta essere una priorità nelle scelte alimentari per la maggior parte delle famiglie e, di contro, avere un eccesso di scorte non costituisce una priorità prevalente.
L’indagine
L’indagine ha coinvolto 1.142 famiglie rappresentative della popolazione italiana. Sono stati intervistati i responsabili degli acquisti alimentari e della preparazione dei pasti. Il campione è stato selezionato nel rispetto della distribuzione nella popolazione di caratteristiche della famiglia, e, in particolare, per dimensione della famiglia, fattore demografico che influenza fortemente lo spreco alimentare. Inoltre, il campione è stato selezionato nel rispetto di genere, età, livello di istruzione e reddito.