La ricerca di una cura contro il virus dell’Hiv potrebbe essere vicina a una svolta. In Gran Bretagna un uomo di 44 anni ha rivelato in un’intervista di non presentare più tracce del virus nel sangue da due settimane. Il paziente inglese fa parte del gruppo di 50 persone arruolate nel trial RIVERS che utilizza un protocollo sperimentale di trattamento, soprannominato kick and kill, a base di anti-retrovirali, vorinostat, farmaco usato finora in oncologia e vaccini. L’uomo è stato il primo a completare il trial per testare la nuova strategia d’attacco all’Hiv che comprende due fasi: una che “smaschera” le cellule infette dormienti e un’altra che le elimina.
Nonostante sia troppo presto per concludere che il trattamento funzioni, gli esami del sangue sul paziente hanno già mostrato una carica virale non rilevabile e la notizia in questi giorni è rimbalzata sui principali quotidiani inglesi e di tutto il mondo.
Nel 2014 l’Europa ha registrato il più alto numero di nuove infezioni in un anno, dall’inizio dell’epidemia negli anni ’80. La ricerca lavora senza sosta alla ricerca di una cura.
Il trial è condotto in collaborazione tra le cinque migliori università del Regno Unito (le università di Oxford e Cambridge, l’Imperial College London, l’University College London e il King’s College London) e il sistema sanitario britannico.
I ricercatori, come riporta il Sunday Times, hanno descritto questo nuovo approccio come “uno dei primi tentativi seri di una cura completa contro l’Hiv”. Questa nuova terapia mira a superare uno dei principali ostacoli degli attuali trattamenti anti-virus. I metodi attuali, quelli che prevedono l’utilizzo di terapie antiretrovirali, non riescono a eliminare completamente l’Hiv dall’organismo, in quanto esso può “nascondersi” in alcune cellule del sistema immunitario (cellule T) e rimanere dormienti.
Nella nuova ricerca si sta testando una tecnica che prevede prima di rendere visibile tutte le cellule infette e poi di distruggere il virus. Viene quindi iniettato inizialmente un vaccino in grado di trovare le cellule T infette. Successivamente viene utilizzato un farmaco noto come Vorinostat che attiva le cellule dormienti T in modo che possono essere individuate dal sistema immunitario. I primi risultati sono promettenti, ma gli stessi ricercatori precisano che ci vorrà ancora tempo per confermare l’efficacia dell’approccio.
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