Un rimprovero al figlio, perché poco disciplinato, durante le lezioni ha fatto scattare l’ira dei genitori, i quali hanno chiesto un incontro con l’insegnante e lo hanno aggredito. Sono dovuti intervenire addirittura i carabinieri, il 23 dicembre scorso, proprio pochi giorni prima di Natale, alle 10 del mattino, all’istituto comprensivo delle scuole medie di Paese a Treviso.
Il papà del ragazzo ha preso a spintoni e colpito con un ceffone il docente. «I bambini imparano la mancanza di rispetto» ha detto la psicoterapeuta Maura Manca sulle pagine del suo blog Adolescenza.it, commentando la vicenda.
«Ultimamente mi capita di leggere con sempre maggior frequenza di genitori che intervengono sulle scelte educative di maestri, professori, arbitri e allenatori – continua la presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza – Si ha da dire anche in merito alle recite, alle gite, ogni scelta che fa un docente è oggetto di critica. Il proprio figlio deve primeggiare ed essere sempre al centro dell’attenzione. Oggi però, la tendenza che per me è assolutamente più dannosa, è quella di voler avere voce in capitolo in relazione alle scelte didattiche e a quelle disciplinari.
Sembra ormai che i docenti siano impossibilitati a prendere qualsiasi tipo di decisione in merito al comportamento dei pargoletti a scuola che si vedono immediatamente orde di genitori arrivare a spada tratta in difesa dei poveri bambini, armati dello scudo del “come ti sei permesso”.
Se un docente non è più libero di mettere una nota, di infliggere una punizione educativa, di riprendere un alunno che si vede attaccato, criticato e anche, in alcuni casi, picchiato o denunciato, come possiamo credere nel potere educativo della scuola e negli insegnamenti che può dare?». La psicoterapeuta spiega anche, che ci sono tanti docenti che abusano dei metodi di correzione, che non si limitano a riprendere un allievo ma lo prevaricano e lo umiliano: anche questo comportamento deve essere bloccato e sanzionato sul nascere. «Non si può pretendere di controllare tutto e di iper-proteggere il figlio – continua – si deve lavorare sulla sua autonomia insegnandogli il dialogo come arma vincente, facendogli capire di parlare e raccontare tutto ciò che accade a casa perché in qualità di genitori si è sempre pronti ad intervenire qualora necessario».
«I genitori che arrivano addirittura a prendere a urla gli insegnanti, ad attaccarli davanti ai figli – continua l’esperta – fino ad aggredirli fisicamente fanno dei danni importanti. In questo modo si insegna ad un figlio a gestire i conflitti e le frustrazioni con la forza e la prevaricazione, si legittima la violenza come modalità di relazionarsi agli altri, si toglie un ruolo all’insegnante, si rinforzano i comportamenti fuori dalle regole, si alimenta una sensazione di tutto è dovuto e di impunibilità. Così facendo il figlio non rispetterà l’autorevolezza dell’adulto, si sentirà spalleggiato su tutto, non ragionerà sugli esiti delle sue azioni. Questi bambini vivono in un clima troppo violento, partendo dall’ambiente intorno a loro».
Se si vuole insegnare il rispetto, conclude la psicoterapeuta «il genitore, deve essere il primo a rispettare se stesso e gli altri, se si vuole fargli arrivare dei valori, si deve prima di tutto comportarsi da persone di valore, l’esempio dei genitore è la fonte di apprendimento più importante per un figlio che apprende da lui anche in maniera indiretta».