La dieta mediterranea è il simbolo universale di una sana alimentazione. Per questo nel 2010 è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’UNESCO. Questo stile alimentare fa bene alla salute e abbassa il rischio di molte malattie. Non tutti i Paesi del mondo, però, hanno la possibilità di replicarla. Oltre ad abitudini e disponibilità di prodotti differenti, ci sono difficoltà oggettive, come il costo delle materie prime di importazione.
La Cattedra UNESCO di Educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile dell’Università Federico II di Napoli ha cercato di adattare la tipica piramide alimentare della dieta mediterranea agli ingredienti disponibili in diverse parti del globo. L’obiettivo del progetto è creare una dieta “planeterranea”.
“Nonostante il ruolo chiave della dieta mediterranea per la prevenzione e la gestione delle malattie croniche non trasmissibili, non è facile traslare questo modello alimentare in altre popolazioni” scrivono gli autori dello studio “Planeterranea” in un articolo pubblicato sulla rivista Frontiers in nutrition. “Appare perciò più credibile, e anche desiderabile, che ogni nazione riscopra le proprie tradizioni per sviluppare modelli alimentari più sani basati sui cibi locali e tradizionali. Ciò sarebbe in linea con le esortazioni dell’UNESCO a preservare l’identità culturale, la continuità nelle comunità locali e l’ambiente.”
La pandemia silenziosa delle patologie cardiovascolari
Gli scienziati da tempo mettono in guardia da una pandemia silenziosa, quella delle malattie croniche non trasmissibili (NCD, dall’inglese non communicable disease). Si tratta di patologie cardiovascolari, quelle respiratorie croniche, i tumori e il diabete. Nell’insieme sono responsabili del 70 per cento circa dei decessi e la loro incidenza è in aumento.
La prevenzione parte da comportamenti e abitudini nello stile di vita, come evitare di fumare e di consumare alcol, e fare attività fisica. Un altro fondamentale fattore di rischio modificabile è la dieta. A differenza di quanto accade per i fattori di rischio non modificabili, come l’età o il sesso, l’alimentazione può fare la differenza.
Come è strutturata la dieta mediterranea
Le prove scientifiche confermano che la dieta mediterranea è associata a un maggiore controllo del peso corporeo e a un rischio più basso di sviluppare malattie croniche. Tra queste rientrano le patologie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e alcuni tipi di tumori. Inoltre, sembra avere un ruolo protettivo contro patologie in cui sono coinvolte le risposte immunitarie, come l’ipersensibilità agli allergeni e l’asma.
La dieta mediterranea si basa sul:
- consumo di alimenti di origine vegetale (frutta, verdura, cereali integrali, legumi e frutta secca);
- assunzione di olio extravergine di oliva come principale fonte di grassi;
- consumo moderato di proteine animali e di grassi, le cui fonti preferenziali sono rispettivamente i latticini magri o il pesce (oltre all’olio extravergine di oliva);
- consumo limitato di dolci e cibi processati.
L’energia è ricavata dai carboidrati non raffinati (55-60 per cento), dai grassi (30-35 per cento) e dalle proteine (15 per cento circa). I carboidrati provengono da alimenti a basso indice glicemico (che alzano in misura modesta i livelli di glucosio nel sangue), come prodotti a base di cereali integrali e legumi. I grassi sono rappresentati soprattutto dagli acidi grassi monoinsaturi, in misura minore dagli acidi grassi saturi e solo in minima parte dagli acidi grassi polinsaturi. La dieta mediterranea assicura vitamine, minerali e altri elementi utili.
La dieta “planeterranea” e il caso del Nord America
I ricercatori dell’Università Federico II hanno intervistato persone provenienti da cinque diverse parti del mondo (Nord America, Sud America, Africa, Asia e Australia), per raccogliere informazioni sulle coltivazioni locali, le abitudini alimentari e le ricette tradizionali. Dopo aver realizzato ricerche specifiche, anche utilizzando PubMed, hanno elaborato cinque piramidi alimentari. Si basano sui prodotti facilmente reperibili in ogni macroarea, con proprietà nutrizionali simili a quelle della dieta mediterranea.
L’alimentazione delle popolazioni del Nord America, patria della “dieta occidentale”, si basa su cereali raffinati, carne rossa e processata, bevande zuccherate e “cibo spazzatura”. I risultati di uno studio, appena pubblicati sulla rivista Nature Food, sulla qualità dell’alimentazione in 185 nazioni, pongono gli Stati Uniti tra i Paesi dove si mangia in modo meno sano. In generale, la qualità della dieta è insoddisfacente a livello globale. Sono solo dieci le nazioni che raggiungono o superano i 50 punti, in una scala da 0 (meno sana) a 100 (più sana). L’Italia ne ottiene solo 46.
Per quanto riguarda il Nord America, i ricercatori hanno individuato quattro alimenti con caratteristiche nutrizionali ottime: l’olio di canola, le noci pecan, l’okra e i fagioli pinto. I ricercatori suggeriscono agli abitanti del Nord America di usare l’olio di canola come principale fonte di grassi, aumentare il consumo di vegetali e legumi e preferire prodotti locali, come l’okra e i fagioli pinto. Infine di consumare frutta secca, in particolare le noci pecan, come spuntino al posto di snack industriali malsani. Simili considerazioni sono state fatte per ciascuna delle macroaree: per esempio, agli abitanti del Sud America viene proposto l’avocado come fonte di grassi, un’alternativa a basso costo all’olio di oliva. In conclusione, combinare cibi diversi della tradizione di ogni paese porta vantaggi non solo per la salute delle persone ma anche per l’ambiente.