Tempo di lettura: 6 minutiIl 26,6% dei fumatori elettronici usa sistemi aperti e molti si cimentano nella sperimentazione e nel fai da te. Il dato emerge dal sondaggio “Dimmi cosa svapi” commissionato da Flavour Art azienda Made in Italy nella produzione di aromi alimentari e per le sigarette elettroniche. Dati su campioni più ampi dicono che sono circa il 10% quelli che gestiscono da soli il contenuto di quello che mettono nelle sigarette elettroniche (FONTE: DOXA ISS). Si dilettano con ricette, tentativi, miscele ed esperimenti. E l’utilizzo di sostanze inadeguate è ormai stabilito essere alla base dell’epidemia di malattie respiratorie che ha colpito gli Stati Uniti, una sindrome chiamata con la sigla EVALI (e-cigarette or vaping product use-associated lung injury). La pratica del fai da te quindi potrebbe non essere sicura: esiste infatti un concreto rischio di tossicità dato dall’inalazione di alcuni ingredienti non adatti a tale tipo di somministrazione. In altre parole, ciò che è sicuro da ingerire non è detto sia altrettanto innocuo se inalato attraverso le sigarette elettroniche. A spiegarlo è il Dottor Emanuele Ferri, Fondatore di Trusticert, società spin off dell’Università Bicocca nei cui laboratori si testano i liquidi di consumo delle sigarette elettroniche italiane e se ne certifica il contenuto secondo le leggi europee vigenti e al Professor Fabio Beatrice, Direttore del Centro Antifumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino. Quelle stesse normative che hanno permesso di non essere coinvolti dai casi di sindrome respiratoria causati dall’incauto utilizzo di olio di vitamina E e THC tetraidrocannabinolo:
“Ciò che è sicuro o ritenuto tale se ingerito può essere pericoloso se inalato. Può sembrare bizzarro ma è fuori da ogni dubbio che questa possibilità esiste e si può comprendere con un paio di esempi. Il diacetile – spiega Ferri – è un ingrediente largamente usato dall’industria alimentare per conferire il sapore di burro. In decenni di utilizzo non ha mai causato problemi ed è stato dimostrato avere una tossicità orale trascurabile. Ma operai statunitensi impiegati nell’industria dei pop-corn, in seguito ad anni di esposizione ed inalazione di questo composto hanno manifestato dei sintomi riconducibili a una patologia nota come bronchiolite obliterante. Nonostante queste premesse il diacetile è stato utilizzato da molti produttori di liquidi da vaping sia consapevolmente, che non: ricerche sulla presenza di questo composto in liquidi americani hanno rilevato la sua presenza di circa un terzo dei prodotti. Un altro esempio più attuale e tragico è quello degli olii come l’acetato di alfa- tocoferolo (vitamina E). In questo caso si tratta di un antiossidante a basso costo, utilizzato dall’industria illegale statunitense per confezionare prodotti da vaping a base di THC. Si dà il caso che alcuni olii, funzionino bene per la sigaretta elettronica, perché formano un fumo denso e appagante, che risulta però spesso essere tossico, come verificato da migliaia di consumatori ricoverati in letti di ospedale in tutti gli Stati Uniti d’America. Mischiare aromi senza conoscerne esattamente la composizione può portare inoltre alla formazione di composti pericolosi che possono causare fenomeni di tossicità acuta. Tanto per fare un esempio l’olio extra vergine di oliva è un alimento straordinariamente sano se ingerito ma pericoloso nel caso sia vaporizzato e inalato. Attenzione quindi a tutto ciò che non è studiato, non collaudato, non dichiarato sicuro dai produttori e prima di tutto: evitare il fai da te a meno che non ci si limiti alla miscelazione di un aroma con una base seguendo le indicazioni del produttore”.
Sigarette elettroniche: come si misura la ‘tossicità inalatoria’?
Misurare la tossicità inalatoria è tutt’altro che semplice. Negli ultimi decenni la ricerca ha fatto passi avanti importanti, producendo modelli e strumenti in grado di fornire alcune prime importanti risposte. Oggi chi misura la tossicità inalatoria usa un approccio integrato che si fonda sulla combinazione di diversi strumenti e modelli che in parte si completano e in parte si sommano, generando un consenso sufficientemente robusto da fornire un risultato affidabile. Tra i principali strumenti vi sono quelli di chimica analitica (in chemico), cellulare (in vitro), predittiva (in silico) e storica (bibliografica), mentre sono ritenuti ormai superati i modelli animali (in vivo) poiché poco predittivi, non eticamente sostenibili, oltre che enormemente onerosi.
Che ruolo hanno i liquidi con cui vengono diluite le sostanze o i metodi di preparazione degli ingredienti? Esiste un principio di qualità anche nella valutazione dei liquidi per diluire gli aromi?
“Le sostanze aromatizzanti e la eventuale nicotina sono diluiti in uno o in entrambi i seguenti composti: glicole propilenico (PG) e glicerina vegetale (VG). Il glicole propilenico è un composto chimico viscoso, inodore e incolore utilizzato da diverse industrie tra cui quella farmaceutica e alimentare. La sua funzione principale all’interno delle formulazioni di liquidi da vaping è quella di sciogliere e veicolare la componente aromatica” prosegue Ferri. Ha una tossicità acuta molto bassa, è utilizzato come additivo alimentare in quanto è ritenuto una sostanza GRAS (Generally Recognized As Safe – generalmente riconosciuto come sicuro) dalla Food and Drug Administration. La tossicità inalatoria è più dibattuta, ma i pericoli noti associati a questo prodotto sono ridotti ai possibili contaminanti di produzione e ai possibili sottoprodotti generati a seguito di degradazione termica. Il glicole propilenico è prodotto per via sintetica dall’idratazione di ossido di propilene, un composto precursore che invece ha una tossicità molto elevata, è altamente irritante per le mucose, sospetto mutageno e cancerogeno. Tracce di questo precursore possono rimanere nel prodotto finito causando potenziale tossicità di quest’ultimo. Un utilizzo protratto di glicole propilenico infine può causare irritazione alle mucose, ragione per cui esistono linee di liquidi prive di PG (solitamente a base di glicerina vegetale). La glicerina (o glicerolo) vegetale è un composto abbondante nell’organismo umano, in quanto componente di tutti i fosfolipidi e glicolipidi, componenti strutturali delle membrane cellulari, oltre ad essere un componente dei grassi di riserva. La funzione principale del glicerolo all’interno delle formulazioni di liquidi da vaping è quella di apportare corpo e densità al vapore generato e irrobustire il così detto “colpo alla gola”, simulando più fedelmente le sensazioni e gli effetti del fumo di una sigaretta tradizionale. A temperatura ambiente è un liquido, incolore, viscoso, simile al glicole propilenico ma con una densità maggiore e un sapore più dolce, ha una tossicità molto bassa ed è ben tollerato anche tramite inalazione. Questo composto, se scaldato a temperature superiori ai 290°C può dare luogo alla formazione di acroleina, un composto molto tossico sia per ingestione, che per contatto, che per inalazione.
Ci sono studi in questo campo?
“Esistono numerosi studi nel campo della sicurezza del vaping sia su modelli animali che su persone monitorate da equipe mediche. Tuttavia non sono ancora disponibili risultati di studi a lungo termine a causa della giovane età delle sigarette elettroniche” prosegue il Dottor Ferri. La maggior parte di questi studi analizza i livelli di alcuni marcatori (sostanza riscontrabile nel sangue il cui livello riflette una predisposizione o un comportamento) delle sigarette classiche trovando un drastico calo dei valori per i fumatori che passano ad un uso esclusivo di sigaretta elettronica. Va considerato che questo risultato, di per sé molto importante, è solo una conferma di una ipotesi scontata, in quanto la sigaretta elettronica, essendo priva di combustione, non va ad elevare i marcatori del fumo che per definizione sono legati alla presenza di sostanze (o relativi cataboliti) tipiche della combustione. La comunità scientifica si sta quindi interrogando su quali possano essere i marcatori specifici legati all’uso di sigaretta elettronica, e quali siano i rischi legati all’uso cronico di tali strumenti.
Quali sostanze per le sigarette elettroniche sono già note per causare tossicità se inalate? Quali invece si possono considerare ammesse?
A livello normativo gli ingredienti usati nei prodotti in vendita nei territori dell’Unione Europea devono essere di elevata purezza e non possono mettere a repentaglio la salute dei consumatori. Tradotto in pratica, significa che gli eccipienti (glicole propilenico, glicerina vegetale) e la nicotina devono essere di grado farmaceutico, l’acqua (eventuale) e gli aromi ammessi devono essere di grado alimentare. Esiste poi una serie di sostanze vietate tra cui: vitamine e altre sostanze che possano dare l’impressione di un prodotto salutare; caffeina e taurina e altre sostanze energizzanti o vitalizzanti; additivi in grado di colorare le emissioni e sostanze con proprietà CMR (cancerogene, mutagene o reprotossiche). Inoltre ogni stato membro dell’Unione ha la libertà di definire una propria lista di sostanze pericolose (defininita in gergo black list). Al momento non esiste una black list armonizzata a livello Europeo, pertanto la questione è attualmente dibattuta a livello scientifico/epidemiologico.
“Da un punto di vista prettamente tossicologico per quanto riguarda le classi di sostanze, quelle note per essere più pericolose o potenzialmente pericolose sono gli oli e gli zuccheri” dichiara il Professor Fabio Beatrice “Gli oli, se presenti in quantità eccessiva, possono dare luogo ad infiammazioni polmonari acute: uno stato patologico noto come polmonite lipidica o lipoidea, che può avere conseguenze molto gravi. Molti zuccheri hanno una temperatura di pirolisi piuttosto bassa, in alcuni casi al di sotto delle temperature di esercizio delle sigarette elettroniche, con il conseguente pericolo di generare sottoprodotti tossici durante il riscaldamento. Un esempio può essere il sucralosio. Per quanto riguarda le sostanze singole, possiamo citare il diacetile e l’acetoino, ma la lista è già piuttosto lunga. Un altro elemento da tenere in considerazione è il livello di impurezze (ad esempio alcuni metalli pesanti)”.
L’attuale normativa Europea, grazie all’obbligo introdotto nel 2016 di notificare i prodotti presso il portale della Commissione Europea, promette di compiere il più vasto e lungo studio epidemiologico sui prodotti da vaping che dovrebbe dar esito nel 2021 ad un aggiornamento della normativa vigente recante indicazioni più precise sulle sostanze ammesse, non ammesse ed eventualmente quelle che non possono superare certi limiti.
Professor Beatrice, la soluzione alla limitazione di questi rischi potrebbe essere utilizzare solo i sistemi chiusi?
Limitare l’uso ai sistemi chiusi ridurrebbe certamente molti dei rischi legati all’uso dei prodotti da vaping. I prodotti sarebbero più standardizzati, e si eviterebbero le pratiche più estreme e pericolose come il fai da te. I sistemi chiusi hanno anche il vantaggio di non consentire la miscelazione di diversi prodotti in un unico serbatoio e il liquido sarebbe concepito in combinazione con un determinato device, impedendo che certi ingredienti possano essere vaporizzati a temperature troppo alte. Si eviterebbero anche le pratiche legate alla costruzione in autonomia delle resistenze e la possibilità di assemblare dispositivi potenzialmente pericolosi. Va anche detto che abbiamo visto che anche i sistemi chiusi possono essere violati e caricati con sostanze improprie. È importante che le aziende che producono liquidi da vaping usino ingredienti di livello alimentare o dove possibile, farmaceutico. In questo senso è preferibile utilizzare prodotti di aziende note, certificate senza lesinare sul prezzo del prodotto finale che è determinato da un maggiore investimento nella qualità delle materie prime. Va detto comunque che la legislazione europea e quindi italiana è molto più stringente rispetto a quella americana che ha maglie più lasse” conclude Beatrice.