La sorte del bambino di 11 anni che nella notte si è lanciato dal balcone di casa “per seguire l’uomo col cappuccio” ha scioccato l’Italia intera. La domanda alla quale stanno cercando di rispondere gli investigatori è “cosa o chi ha spinto il piccolo ad un gesto simile?”, ma per migliaia di genitori il quesito è invece “mio figlio corre gli stessi rischi?”. Se lo chiedono perché ciò che è accaduto a Napoli pare sia collegato ad una sorta di gioco, se così lo si può chiamare, on line. In realtà sarebbe più corretto parlare di trappola. Si tratta di veri e propri adescatori della rete, che prima conquistano la fiducia del piccolo e poi lo fanno precipitare in una rete di minacce basate sulle sue paure più profonde. Cose del tipo “Se non fai ciò che devi i tuoi genitori moriranno”. Ricatti che, non bisogna dimenticarlo, sono rivolti a bambini che spesso non hanno neanche 12 anni, a volte sono sotto i 10, e quindi trovano terreno fertile.
L’ESPERTO
Trova invece una spiegazione differente Federico Tonioni, responsabile dell’Area delle dipendenze del Policlinico Universitario Gemelli Irccs e docente di psichiatria all’Università Cattolica. Intervistato dall’Adnkronos spiega «Non esistono giochi in grado di indurre un adolescente al suicidio, se l’idea di morte, il fatto di non sentirsi vivo, non è già presente dentro di lui, Non conosco il caso del bambino di 11 anni di Napoli, ma nonostante oggi ci siano giochi che regalano esperienze immersive, posso dire che questi non sono in grado di indurre i bambini al suicidi». Un rischio che invece c’è «se il bambino non si sente vivo. Ci sono ragazzini apparentemente sani e felici, che in realtà non riescono a deludere le aspettative genitoriali, non riescono ad essere se stessi. Ma se ti senti amato perché sei stato bravo a scuola, o nello sport, non sperimenti un amore gratuito».
LA PORTA APERTA
Differente il parere di molti genitori, che temono invece le minacce provenienti dal web e che possono penetrare nella serenità di qualunque casa attraverso quella porta aperta che sono gli smartphone, i tablet e i pc. Soprattutto i cellulari sono oggi un problema enorme, perché vietare ad un ragazzino di averne uno, i genitori lo sanno, significherebbe discriminarlo dal gruppo dei sui pari; ma al tempo stesso è un dispositivo che non può essere lasciato nelle mani di un bambino di appena 10 anni senza che ci sia un controllo. E forse il problema più grande è proprio questo, spessi i genitori non riescono ad avere il controllo su ciò che “gira” su questi telefoni. Un buon consiglio è quello di verificare tutte le sere il contenuto delle chat dei propri figli (se questi non hanno ancora un’età adatta a gestire in autonomia i dispositivi). Sarebbe bene farlo quando i bambini dormano, così che si sentano tranquilli nell’uso del cellulare, ma che di fatto siano sottoposti al più attento dei “parental control”, quello di una mamma o di un papà. Ci sono poi delle App che si possono istallare sui dispositivi in uso ai bambini per limitare l’accesso a determinati siti o contenuti. E, ultimo accorgimento, sarebbe sempre bene cercare un dialogo su ciò che avviene on line, cercando di entrare nel mondo del bambino creando una complicità. Il resto è affidato al buon senso, ma va anche detto che essere genitori “è il mestiere più difficile del mondo”.