Non far sentire sole le famiglie nelle quali ci sono bambini affetti da labbro leporino. Questo è il messaggio principale dell’Open Day promosso dall’associazione BA.BI.S. Odv insieme al Centro per le Malformazioni Craniofacciali dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. L’evento, dedicato alle famiglie e ai pazienti con labiopalatoschisi, si è tenuto sabato 6 luglio presso la sede dell’Ospedale di Roma-San Paolo, coinvolgendo oltre 150 persone tra bambini, ragazzi, genitori, medici, infermieri e volontari. È stata una giornata di condivisione, di consulenze mediche gratuite, approfondimenti scientifici, laboratori e attività ludiche per i più piccoli, con momenti di confronto tra famiglie e testimonianze di ex pazienti.
Open day: un’iniziativa a doppio impatto
“L’Open Day è una iniziativa che cura in due direzioni”, spiega il professor Mario Zama, responsabile del Centro per le Malformazioni Craniofacciali del Bambino Gesù. “Per le famiglie dei bambini con labiopalatoschisi è un’occasione per non farle sentire sole, per testimoniare che si è parte di una più ampia famiglia acquisita in cui tutti condividono la stessa esperienza di vita. Per il personale sanitario, l’ascolto della voce dei pazienti, dei loro bisogni e delle loro aspettative sui trattamenti, è un patrimonio da trasferire a chi dovrà iniziare il percorso di cura”.
Labiopalatoschisi o labbro leporino: un percorso complesso
La labiopalatoschisi, conosciuta come “labbro leporino,” è la più comune anomalia congenita del cranio e del volto, caratterizzata da una comunicazione diretta tra naso e bocca. In Italia, colpisce circa 600 nuovi nati l’anno. Le cause della malformazione non sono ancora note, ma si ritiene che siano multifattoriali, riconducibili a una combinazione di fattori genetici e ambientali.
Disagio e sofferenza
L’impatto estetico-funzionale e psicologico è significativo, e il percorso terapeutico è molto impegnativo, durando 18-20 anni e, nelle situazioni più complesse, includendo una lunga serie di interventi chirurgici. Nei centri specializzati come quello del Bambino Gesù, anche in età pediatrica, è possibile utilizzare tecniche di microchirurgia ad altissima precisione per ricostruire difetti molto complessi e di grandi dimensioni.
Un percorso condiviso
Per affrontare le difficoltà del percorso terapeutico, è essenziale che le famiglie e i pazienti siano sostenuti e accompagnati dalla diagnosi prenatale fino al termine delle cure presso un unico Centro di riferimento e da un team di specialisti – dal chirurgo plastico allo psicologo – che si occupi di ogni aspetto della patologia.
Punto di riferimento
L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù gestisce la più ampia casistica nazionale di pazienti con labiopalatoschisi, prendendo in carico circa 150 nuovi casi ogni anno e seguendo 2.200 bambini e ragazzi in follow-up. Questo impegno continuo è supportato dall’associazione BA.BI.S. Odv – La Banda dei Bimbi Speciali, un’organizzazione di genitori accreditata presso il Bambino Gesù che accoglie famiglie e pazienti adulti, fungendo da punto di riferimento per i pazienti più piccoli.
Il ruolo cruciale dell’Open Day
Durante l’evento presso la sede di San Paolo, sono state tante le consulenze mediche gratuite, gli approfondimenti scientifici sulla labiopalatoschisi e sulla microchirurgia in età pediatrica a cura degli specialisti del Bambino Gesù, oltre a momenti di confronto tra famiglie, medici e infermieri, e racconti delle esperienze di genitori ed ex pazienti.
Il ruolo del gioco
I più piccoli hanno partecipato a momenti di intrattenimento, animazione e spettacoli. Nei laboratori, attraverso il gioco, alcuni pazienti hanno potuto comprendere meglio le terapie che devono affrontare. “L’obiettivo dell’iniziativa è quello di essere accanto a chi vive periodi di difficoltà a causa di patologie complesse,” sottolinea Paola Cascione, presidente di BA.BI.S. “È un momento di vicinanza che favorisce la relazione tra famiglie e personale sanitario, in un clima di vero e concreto sostegno reciproco”.
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