Tempo di lettura: 3 minutiLa gestione dell’emorragia grave nel paziente critico è una delle problematiche che medici e operatori sanitari affrontano, in particolare nel contesto intraospedaliero. Due ordini di problemi devono essere affrontati. Il primo riguarda la diagnostica e in particolare la rapida definizione delle cause dell’emorragia specialmente se queste siano correlabili ad alterazioni della coagulazione su base acquisita. La rapida correzione dei difetti emostatici in corso di emorragia grave contribuisce in maniera determinante al buon outcome del paziente. Il secondo riguarda la scelta terapeutica in corso di emorragia grave, soprattutto quanto gli interventi da effettuare siano mirati al recupero della capacità emostatica del paziente valutata con i test di laboratorio ed i sistemi point-of-care (POC). In questo caso non solo sangue e plasma fresco congelato, ma anche emoderivati come concentrati protrombinici e di fibrinogeno contribuiscono al contenimento dell’emorragia e alla prevenzione delle complicanze correlate alle tradizionali trasfusioni, spiega il Prof. Antonino Giarratano (MD. Dipartimento di Emergenza Urgenza AUOP “Giaccone”, UOC. Anestesia e Rianimazione e Terapia del Dolore, A.O.U. Policlinico “P.Giaccone“ Palermo. Università degli Studi di Palermo).“Il progetto ‘MORE’ nasce da una esigenza specifica di avvicinare il personale medico e sanitario operante negli ospedali italiani alla cultura della gestione della emorragia grave con approccio terapeutico-diagnostico mirato alla appropriatezza della somministrazione di plasma componenti, emoderivati e farmaci nel contesto del paziente critico in ambito ospedaliero”, come spiega il Prof. Paolo Simioni, Professore Ordinario di Medicina Interna, UOC di Medicina Generale ad indirizzo Trombotico-Emorragico, Azienda Ospedale-Università di Padova che aggiunge: “le aree di maggior attenzione ed interesse riguardano la Cardiochirurgia, la Traumatologia, i Trapianti di Fegato e la Chirurgia Maggiore Addominale, l’ambito Ostetrico-Ginecologico in relazione alle emorragie post-partum, l’ambito Anestesiologico-Rianimatorio con particolare riferimento alla Sepsi e alla Coagulopatia Intravascolare Disseminata (CID) con le sue complicanze emorragiche e trombotiche”.
Traumi come causa primaria di coagulopatie.
Le coagulopatie che insorgono a seguito di un trauma sono conseguenza del danno tissutale/endoteliale, dell’ipotermia ma anche attribuibili alla somministrazione di fluidi. Immediatamente dopo un trauma si attiva una cascata di mediatori che possono causare una ‘sindrome da risposta infiammatoria generalizzata’ e portare, se non controllata tempestivamente, all’insufficienza d’organo multipla. Alcuni traumi in particolare sono noti per interferire con la coagulazione. “Numerosi studi hanno accertato che quasi ¼ dei pazienti traumatizzati arriva al pronto soccorso con una coagulopatia in corso (e quindi indipendente dalle procedure di stabilizzazione con fluidi). L’aspetto rilevante è che all’aumentare della gravità del trauma, aumenta l’incidenza di coagulopatia (quasi ⅔ dei pazienti con un valore ISS 45 presenta uno squilibrio dei meccanismi emostatici che peggiore l’outcome” spiega la Dr.ssa Maria Grazia Bocci (MD. Scienze dell’emergenza, anestesiologiche e della rianimazione, UOC Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e Tossicologia Clinica, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Roma)
Il caso dell’emorragia Post Partum
L’emorragia post-partum (EPP) può verificarsi con una frequenza tra il 5% e il 22% di tutti i parti (Rogers 2006). Definita dall’OMS come una perdita ematica uguale o superiore a 500 ml nelle 24 ore successive al parto (grave se supera 1000 ml), l’emorragia post-partum è una delle cause più frequenti di mortalità materna: vi si attribuisce ¼ dei decessi. Ma non basta: la EPP pesa per il 73% di tutte le morbidità (complicanze) gravi in corso di gravidanza ed è la più comune causa ostetrica di accesso in terapia intensiva.
Incidenza aumentata negli ultimi dieci anni
Purtroppo nell’ultimo decennio l’incidenza di EPP è aumentata in molti paesi industrializzati: negli Stati Uniti si stima un incremento del 27,5% dal 1994 al 2005. Nonostante le principali cause siano svariate, molti casi si verificano in donne senza fattori di rischio. “Nell’individuazione delle cause particolare attenzione deve essere prestata alle alterazioni dell’equilibrio emostatico: ad eccezione del fattore X della coagulazione infatti, tutti gli altri fattori ed il fibrinogeno aumentano durante la gestazione”. “Le cause principali sono nel 90% dei casi l’atonia uterina, nel 5% lacerazioni della cervice o dell’utero, nel 4% la ritenzione di materiale placentare sino a rottura dell’utero e problemi della coagulazione. L’anemia non è solo un fattore di rischio ma può avere esiti peggiori. Infine, in caso di patologie congenite della coagulazione (come l’emofilia) è necessaria un’attenta profilassi e terapia” racconta la Dr.ssa Maria Grazia Frigo (MD.Unità operativa semplice di Anestesia e Terapia Intensiva in Ostetricia, Ospedale Fatebenefratelli, Isola Tiberina, Roma)
Il progetto MORE, realizzato con il contributo non condizionante di CSL Behring, prevede la “formazione a cascata” con una Faculty di esperti della materia che formano medici che diventano a loro volta relatori in incontri formativi programmati su tutto il territorio italiano, rivolti ai medici specialisti che abbiano a che fare con la gestione delle emorragie gravi nei rispettivi Ospedali.