Sabbia dorata o bianchissima e un mare cristallino, in Italia le mete da scegliere certo non mancano. Grazie al programma Bandiere Blu è facile individuare le migliori destinazioni e avere la certezza di fare il bagno in un mare pulito. Quest’anno, inoltre, la salute dei litorali nel belpaese sembra anche migliorata: se l’anno scorso i comuni con bandiera blu erano 163, nel 2018 sono diventati 175: complessivamente 368 spiagge. E a questo punto serve un piccolo chiarimento: il riconoscimento della Foundation for environmental education (Fee) può essere assegnato a più tratti di litorale che appartengono al comune, questo non significa bandiera blu per tutte le spiagge di quel comune. Essere certi di fare il bagno in acque pulite è importante, il perché lo spiega a chiare lettere la professoressa Maria Triassi, direttore del dipartimento di Sanità pubblica della Federico II di Napoli. «La pelle è certamente una difesa per il nostro organismo, ma fare il bagno in acque solo apparentemente pulite può portare a diversi problemi di salute. L’acqua può essere veicolo di malattie enteriche, che possono avere come conseguenza forme più o meno gravi di dissenteria».In prossimità delle città o anche di fiumi, il rischio principale è quello di nuotare in un mare inquinato da scarichi industriali o domestici. Triassi chiarisce che a monitorare ed assegnare o meno la balneabilità ci sono le Arpa, ovvero le Aziende regionali per la protezione ambientale.
I criteri della balneabilità
Per assegnare il via libera «la norma attuale – chiarisce la docente – prevede la ricerca di “escherichia coli”, che (detta in gergo tecnico) dev’essere nei limiti di 500 unità formanti colonie. Si cercano anche enterococchi, vale a dire batteri che appartengono alla stessa famiglia, e in questo caso il limite è di 200 unità formanti colonie. La normativa per la balneabilità prevede, nella stagione estiva, l’analisi di un campione al mese. E irisultati sono consultabili on line». L’analisi può portare a quattro gradi di valutazione delle acque: eccellenti, sufficienti, buone o scarse. «A mio parere – aggiunge Triassi – questo tipo di analisi costituisce un limite, perché in questo modo non ci si avvede rispetto ad altri possibili inquinanti, magari di tipo chimico. Anche i nitrati possono essere fonte di inquinamento. Del resto, non possiamo non considerare che barche e campeggi possono essere rischiosi per la balneabilità delle acque. Non sarebbe la prima volta che qualcuno pensa di fare il furbo e ignorare le leggi in materia».Un inquinamento da colifecali può portare a contrarre delle infezioni intestinali, mentre un inquinamento chimico potrebbe causare sfoghi cutanei e allergie. Triassi mette in guardia anche dal rischio che ad essere inquinata sia la sabbia che, al pari dell’acqua, «potrebbe causare dermatiti o infezioni». Fortunatamente, in prima battuta i controlli delle Arpa e in aggiunta il programma Bandiera Blu, ci aiutano a tenerci lontano da questi rischi.
Bandiera Blu
L’assegnazione della Bandiera Blu, ad esempio, tiene in considerazione procedure stringenti, che seguono il protocollo Uni-En Iso 9001-2008. Le località vengono prima selezionate da una giuria internazionale e poi da una nazionale, fase in cui con la Fee collaborano molti enti istituzionali, dal ministero dell’Ambiente a quello della Cultura e del Turismo, passando per il comando generale delle capitanerie di porto-guardia costiera, l’Ispra, il laboratorio di oceanologia ed ecologia marina dell’università della Tuscia, il consiglio nazionale dei chimici e l’Anci. Ci sono poi piccoli indicatori che non sono esattamente “scientifici”, ma che tuttavia possono restituire un’idea della pulizia delle acque. La presenza di troppe alghe, ad esempio, non è mai un bene. Mentre, l’abbondanza di fauna marina potrebbe dirci che le acque sono in salute. Va invece sfatato il mito per cui la presenza di meduse sarebbe garanzia di mare pulito. Ma è chiaro che questi sono solo indicatori approssimativi, per andare sul sicuroèbene sempre affidarsi al lavoro degli esperti.