Oggi più che mai quello tra lavoro e salute (dove per salute si deve leggere anche prevenzione primaria) è un rapporto imprescindibile. In una società che impone un’anzianità produttiva quale unica possibilità sostenibile, conservarsi in salute è l’imperativo universale. Andrea Magrini (ordinario di Medicina del lavoro all’Università Tor Vergata di Roma) sottolinea come il rapporto tra salute e lavoro sia sempre attuale, ma evidenzia anche l’esigenza di «rivedere le norme in funzione dei cambiamenti intervenuti negli ultimi 15 anni». Perché, «se è vero che in linea generale le condizioni di lavoro sono migliorate, è altrettanto vero che i rischi e le forme stesse del lavoro sono molto cambiati». Insomma, nonostante ci sia un’attenzione costante sul tema, il pericolo è che il legislatore non riesca ad aggiornare la propria azione rispetto ad un mondo che è sempre più fluido e mutevole.
I nuovi rischi
«Il decreto 81 del 2008 – aggiunge Magrini – è molto completo e corposo, ma si riferisce in gran parte a rischi e modalità di esposizione che devono essere aggiornati.». Banalizzando: oggi che gli smartphone hanno sostituito in molti casi la chiave inglese o la saldatrice sono cambiati anche i rischi ai quali i lavoratori possono essere esposti. «Esempi tipici sono lo stress da lavoro legato alle nuove modalità di organizzazione del lavoro, l’esposizione ai vdteai nuovi strumenti di lavoro o anche a sostanze chimiche in dosi molto ridotte. Serve è una nuova modalità d’approccio al problema, che sia sostenibile per le aziende ma anche efficace per i lavoratori. Il decreto 81 ha oltre 300 articoli e un numero smisurato di allegati – aggiunge Magrini – ha un enorme valore, ma si adatta poco alle piccole e medie imprese, o anche ai contratti di oggi». Chi pensa che il problema delle tutele sia solo relativo ai giovani ha ragione solo in parte. I ragazzi devono svolgere spesso più lavori e molto “flessibili”. In questo senso, solo in parte, il legislatore ha già fatto passi in avanti. Si pensi alla legge sullo smart working, esistono modalità di tutela che si stanno aggiornando, ma serve uno sforzo un più.
I lavoratori della terza età
Altra questione è quella dei lavoratori anziani, per i quali le certezze di ieri non sono più applicabili e lo saranno sempre meno in futuro. Magrini è convinto che in questo senso anche la medicina del lavoro debba evolvere, cambiare la “lente” attraverso la quale si legge la realtà che ci circonda. «Con una platea di lavoratori sempre più in là negli gli anni, anche noi da medici dobbiamo abituarci a conoscere le vulnerabilità e le esigenze di questi “lavoratori anziani”. Dobbiamo porci una serie di domande che possano aiutarci ad indagare una suscettibilità che, inevitabilmente, si modifica con l’età. Bisogna saper interpretare il cambiamento nel rapporto tra saluteelavoro». Tutto questo non elimina però la responsabilità dell’individuo. Perché mantenersi in buona salute non è solo un diritto ma anche un dovere. Oggi che molto si sa su stili di vita e buone abitudini, un contributo essenziale deve arrivare dai comportamenti individuali. Che certamente hanno bisogno di essere favoriti e incentivati sul luogo di lavoro. «L’ufficio, la fabbrica deve essere sempre più il luogo della prevenzione. Ciascuno ha il proprio piccolo carico di responsabilità da sostenere. Forse il passo successivo – conclude Magrini – potrebbe essere quello di definire per legge alcuni incentivi per le aziende che dimostrano di tutelare il proprio “capitale umano” e premialità per i lavoratori che mostrano di adottare comportamenti coscienziosi. Il decreto 81 lascia intuire l’importanza di queste tutele e di questo impegno, ma è essenziale che la volontà, ancorché embrionale, diventi azione».