Tempo di lettura: 2 minutiSolo pochi conoscono l’acronimo ASMD, che sta ad indicare il deficit di sfingomielinasi acida (storicamente conosciuta come malattia di Niemann-Pick). Intervenuta ai microfoni di Radio Kiss Kiss, la dottoressa Simona Fecarotta, dirigente medico del Dipartimento di Pediatria presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli ha spiegato che si tratta di una malattia genetica, in particolare «una malattia del metabolismo dei lipidi». Ciò che accade è che «questi lipidi non vengono adeguatamente degradati in organelli che si chiamano lisosomi e si accumulano all’interno della cellula». Non a caso questa famiglia di malattie rare si definisce da accumulo lisosomiale. A monte c’è un difetto genetico che comporta l’alterazione di un enzima detto “sfingomielinasi acida”.
Deficit enzimatico
«Per semplificare – ha spiegato dottoressa Fecarotta – possiamo immaginare che in questo organello, nel lisosoma, si accumulano materiali di scarto. Questo ha una serie di conseguenze cliniche, soprattutto a carico degli organi nei quali questo accumulo è maggiore: fegato e milza, che si ingrandiscono progressivamente; ma anche il midollo osseo, con conseguenze su sangue, e anche polmoni e in modo variabile anche a livello del sistema nervoso centrale». Le conseguenze sono spesso molto gravi: l’ingrandimento di fegato e milza, l’aumento delle transaminasi, la fibrosi e addirittura la cirrosi epatica o il coinvolgimento del polmone, che non riesce più a lavorare correttamente.
Maggiore conoscenza
Per una malattia così complessa e rara è anche difficile riuscire a sapere quante sono le diagnosi, anche perché «manca un registro dove possano essere inclusi tutti i casi noti. Non abbiamo un sistema unico per registrare i casi con certezza, però, sicuramente è una malattia molto rara. A mia conoscenza, nella nostra regione i casi si contano sulle dita delle mani. A questo si aggiunge un problema comune a tutte le malattie rare, vale a dire il fatto che spesso la scarsa conoscenza della malattia, anche da parte dei clinici, provoca un importante ritardo diagnostico nelle forme più lievi. Alcune forme, infatti, si manifestano in età adulta e servono anni prima di arrivare ad una diagnosi. Dunque, è plausibile che i casi siano anche di più di quelli che sono attualmente noti, ma che rimangono in larga parte misconosciuti».
Diagnosi precoce
Facile comprendere perché il tema di una diagnosi precoce sia centrale nell’affrontare questa malattia. Del resto, in presenza di un accumulo progressivo anche le manifestazioni cliniche sono progressive. «Il danno d’organo procede e può determinare complicanze gravi, che possono essere irreversibili». Ad esempio, il danno epatico, che inizia con un aumento delle transaminasi, poi volvere fino alla fibrosi e alla cirrosi epatica.
Terapia enzimatica sostitutiva
Fortunatamente, esiste una terapia specifica, anche non è ancora commercializzata in Italia. Ma, ha aggiunto Fecarotta, è prossima alla commercializzazione. «Si basa sulla somministrazione periodica dell’enzima carente. Questo enzima, prodotto su scala industriale in modo ricombinante, può sostituire l’enzima deficitario e questo si è dimostrato efficace nelle sperimentazioni cliniche sulla maggior parte dei sintomi sistemici. Quindi, con una diagnosi precoce il trattamento può iniziare prima dello sviluppo di complicanze irreversibili. Molti pazienti stanno ricevendo il trattamento ancora per uso compassionevole, quindi donato dall’industria, in attesa dell’approvazione da parte dell’Agenzia italiana del farmaco e della commercializzazione su tutto il territorio nazionale».
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