Una patologia rara che però può essere tenuta a bada con una terapia innovativa. Parliamo della Malattia di Pompe con la dottoressa Lucia Ruggiero, ricercatrice all’Università Federico II di Napoli, dirigente medico presso la U.O.C. di Neurologia e responsabile dell’ambulatorio di malattie neuromuscolari. È proprio lei a spiegare che la Malattia di Pompe «è legata al deficit dell’enzima alfa-glucosidasi acida (GAA), con l’effetto di creare nel tempo un accumulo di glicogeno all’interno delle fibre muscolari e, di conseguenza una degenerazione della fibrocellula».
Danno muscolare
Semplificando non poco, si crea a lungo andare un danno muscolare che in alcuni casi ha effetti devastanti sulla vita dei pazienti. Anche per la Malattia di Pompe occorre distinguere tra forme più lievi, che solitamente hanno un’insorgenza tardiva, e forme aggressive, evidenti già alla nascita. Bene chiarire subito che questa malattia rara è, nella maggior parte dei casi, autosomica recessiva; questo significa che il difetto enzimatico viene ereditato da entrambi i genitori. «Solo in casi rarissimi – dice Ruggiero – ci troviamo difronte a forme causate da un difetto ereditato da un solo genitore combinato ad una mutazione che di forma de novo nel paziente». I sintomi nell’adulto sono quasi sempre difficili da scovare, perché sono sintomi per lo più generici e poco indicativi. Non a caso, la dottoressa Ruggiero parla di sintomi «subdoli», si può avere quello che all’apparenza è un semplice affaticamento muscolare o una mialgia.
Sintomi
«Sintomi che, in assenza di un trattamento, diventano sempre più gravi sino ad arrivare ad un vero e proprio deficit respiratorio e all’incapacità di camminare». Facile comprendere quale possa essere l’impatto sulla qualità di vita e il costo sociale di questa malattia. Fortunatamente, la Malattia di Pompe ha un trattamento. «Resta una malattia cronica – chiarisce la specialista – ma possiamo intervenire con una terapia enzimatica sostitutiva molto efficace». Di qui l’importanza di una diagnosi precoce. A causa della rarità e della somiglianza della malattia di Pompe con altre patologie neuromuscolari, possono verificarsi notevoli ritardi nella diagnosi: 3 mesi, in media, nei bambini, dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi; circa 7 anni, in media, per i pazienti con malattia di Pompe ad esordio tardivo.
Terapia
«Oggi con delle analisi biochimiche possiamo avere un’indicazione chiara di un’eventuale danno a carico del muscolo, che può essere alterato anche prima i che il quadro diventi poi conclamato». Questo consente di partire in modo precoce con la terapia che, come detto, per la Malattia di Pompe è molto efficace. «La prima terapia per la malattia di Pompe è stata approvata in Europa nel 2006, e resa disponibile anche in Italia. Si tratta di una terapia enzimatica sostitutiva, ovvero un trattamento che sostituisce l’enzima mancante o difettoso e degrada il glicogeno accumulato nei lisosomi delle cellule muscolari. L’enzima sostitutivo viene prodotto biotecnologicamente e somministrato per via endovenosa.
Innovazione
La terapia enzimatica sostitutiva con GAA umano ricombinante prolunga in modo significativo la sopravvivenza del bambino affetto dalla forma classica della patologia, riduce significativamente la cardiomiopatia ed è stato dimostrato che risulta più efficace se somministrata in uno stadio iniziale della malattia». Ad oggi sono oltre 1.500 pazienti in trattamento in tutto il mondo. Nel giugno 2022, la Commissione Europea ha inoltre concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio di una seconda terapia enzimatica sostitutiva per il trattamento della malattia di Pompe a insorgenza tardiva (LOPD) e infantile (IOPD) con differenze clinicamente significative sia in pazienti affetti da malattia di Pompe ad esordio tardivo che a esordio infantile. «La possibilità di differenziare correttamente la malattia di Pompe da altre patologie è fondamentale per minimizzare i ritardi diagnostici e contrastare la progressione della patologia».
Articolo pubblicato si IL MATTINO il giorno 21 aprile 2024 a Firma di Arcangelo Barbato con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione Salute