Arriva in Italia una cura chemio-free per i pazienti affetti da leucemia linfatica cronica, anche di nuova diagnosi. Si tratta di una neoplasia ematologica dovuta a un accumulo di linfociti nel sangue, nel midollo osseo e negli organi linfatici (linfonodi e milza). L’età media alla diagnosi oggi è di 65anni e colpisce ogni anno 3mila italiani, con un’incidenza di 5-6 pazienti ogni 100mila abitanti.
Ciascun paziente viene trattato a seconda della forma di leucemia, che può restare indolente anche per molti anni. In questo senso, diagnosi non significa automaticamente terapia. La cura ‘chemio-free’ da oggi disponibile in Italia, consiste in un farmaco target (ibrutinib) che blocca selettivamente la proliferazione tumorale. “La disponibilità, anche in prima linea, di questo farmaco mirato e ‘intelligente’ – commenta Robin Foà ad Ansa, Dipartimento di Biotecnologie Cellulari ed Ematologia dell’Università Sapienza di Roma – rappresenta un vero e proprio cambio dell’algoritmo terapeutico del paziente. In Italia, infatti, il farmaco era già disponibile in prima linea, ma soltanto per i pazienti ad alto rischio per i quali una chemio-immunoterapia non risultava appropriata, pari al 5-10% di malati. Da oggi, quindi, spiega Paolo Ghia della Divisione di Oncologia Sperimentale dell’Ospedale San Raffaele di Milano, “anche il restante 90% dei pazienti anziani avrà la possibilità di ricevere come prima terapia il farmaco innovativo non chemioterapico e orale”. Andiamo verso un controllo a lungo termine della malattia e, in un futuro neanche troppo lontano, verso una sua possibile eradicazione”.
A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ora la terapia, ad assunzione giornaliera è disponibile anche come prima linea per i pazienti anziani non precedentemente trattati. La molecola si è dimostrata capace di aumentare la sopravvivenza grazie a un meccanismo d’azione che blocca la proliferazione delle cellule leucemiche. I dati a lungo termine dello studio di fase III RESONATE-2, sono stati presentati al congresso della European Hematology Association (EHA) e hanno dimostrano che il farmaco, a un follow-up di 4 anni, riduce dell’87% il rischio di progressione della malattia o di morte.