Quando ci si ammala di Covid gli anticorpi monoclonali possono fare la differenza ed evitare che la malattia si aggravi sino a dover ricorrere alla rianimazione. Sempre più spesso si sente parlare di riduzione dei casi gravi, proprio per merito di questi farmaci. Ma, va detto, c’è ancora una grande imprecazione del sistema nel suo complesso rispetto a procedure e protocolli. In altre termini, i medici di medicina generale (centrali nella scelta dei pazienti arruolatili) non hanno ancora ricevuto dal Governo indicazioni chiare. Si crea così una grande confusione anche tra i cittadini, che non sanno a che santo votarsi quando persone fragili o a rischio si ammalano. Non a caso la FIMMG, il principale sindacato dei medici di medicina generale, sta organizzano tavoli di discussione on line, chiedendo anche che la politica (nazionale e regionale) si dia una mossa.
LINEE GUIDA
«Nonostante l’attuale situazione epidemiologica attraversata dal nostro Paese, ad un mese dall’emanazione della Determina AIFA – denuncia Tommasa Maio, vicepresidente Metis – non ci sono state ancora fornite le linee di indirizzo nazionali sulle cure domiciliari dei pazienti Covid, né i percorsi strutturati che le Regioni devono fornire per consentire ai medici di medicina generale di indirizzare i pazienti Covid nel modo più appropriato e più rapido all’uso di questi farmaci. La Determina, nel disporre l’impiego dei monoclonali, ha definito il ruolo dei medici di medicina generale ponendoli in relazione ed integrazione con centri e specialisti che devono essere individuati a livello periferico – aggiunge Maio -. Ad oggi resta però estremamente carente a livello territoriale, in molte aree del Paese, la definizione di quanto serve ai medici di famiglia per determinare il tempestivo invio di questi pazienti alle strutture di competenza territoriale. È cruciale che il medico di famiglia possa contare su linee di indirizzo nazionali sulle cure domiciliari e sulle linee di indirizzo locali con l’indicazione delle procedure per interfacciarsi ai centri e agli specialisti per l’invio del paziente attraverso riferimenti che siano diretti e certificabili. Serve chiarezza sul percorso che il paziente deve seguire per poter accedere alla somministrazione del farmaco- prosegue Maio – serve inoltre che siano indicate procedure codificate per la presa in carico e per l’integrazione con il centro indicato dalla regione come riferimento per il medico di famiglia».
OCCASIONE SPRECATA
Il rischio, molto concreto, è che in assenza di queste procedure si perda la finestra temporale utile all’impiego dei monoclonali. Questo significherebbe privare pazienti fragili di un significativo aiuto nel caso di un’infezione da Covid, esponendoli al rischio di finire intubati in terapia intensiva. Affinché siano efficaci, infatti, i monoclonali devono essere somministrati in un lasso di tempo ben preciso e comune quando la malattia è ancora alle fasi iniziali. In diversi ospedali i monoclonali sono già in uso, ma il problema più importante si pone per quei pazienti che sono a casa e che pur in condizione di fragilità potrebbero guarire senza doversi ospedalizzare.