Dalla diagnosi alla cura, le tecnologie hanno un enorme impatto nelle nostre vite; tra queste anche i dispositivi medici, sia sotto il profilo clinico, quanto sotto l’aspetto socio-economico. A mettere i maggiori esperti italiani a un tavolo, per valutare lo stato dell’arte e tracciare le migliori traiettorie per lo sviluppo futuro, è stata la Fondazione Medicina Sociale e Innovazione Tecnologica (Mesit). E proprio dalla Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici (organizzata in collaborazione con l’Altems dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Ceis –di Tor Vergata, l’Università di Tor Vergata e l’Università di Roma Tre) sono emerse luci e ombre di un settore che ha enormi potenzialità: un valore complessivo di 17,3 miliardi di euro tra export e mercato interno, 119 mila dipendenti e 4.500 imprese; ma purtroppo anche una visione programmatica non sempre al passo, e che necessita di nuovi modelli di governance.
CAMBIO DI PARADIGMA
Del resto, come ha spiegato il ministro della Salute Orazio Schillaci «la diagnostica e la terapia non possono prescindere dall’impiego dei dispositivi medici di sicurezza ed efficacia comprovate. Basti pensare all’impiego della telemedicina e delle terapie digitali, che sono suscettibili di enormi sviluppi. Una prova di maturità che richiede decisione, competenza e fiducia». L’invito è quindi a un cambio di paradigma. Francesco Saverio Mennini, Research Director EEHTA del Ceis di Tor Vergata e presidente SIHTA, ha messo in luce l’esigenza di porre «regole chiare e condivise, che definiscano e tutelino l’innovazione, accompagnate anche da nuovi modelli organizzativi e finanziari, ma soprattutto supportate da una governance lungimirante e propositiva», sottolineando la la necessità di valutare con anticipo le condizioni ottimali affinché l’innovazione trovi spazio nei sistemi pubblici, e misurando la sua capacità di assicurare valore.
GOVERNANCE
Un punto di vista che si sposa con quello di Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari della Cattolica. Per Cicchetti «la dinamica dell’innovazione tecnologica nel mondo dei dispositivi medici impone una governance in grado di catturare le esigenze che emergono in tutte le fasi del ciclo di vita della tecnologia». Ed è dunque necessario promuovere l’innovazione attraverso la collaborazione pubblico-privato nella ricerca, valutare tempestivamente, in ogni fase, la sicurezza, l’efficacia, gli impatti economici, sociali e organizzativi sul sistema sanitario. «Tutti questi elementi insieme permetteranno di superare il modello attuale e le storture indotte dall’uso del pay-back».
ASPETTI NORMATIVI
La spesa sanitaria nel suo totale ammonta a 167,7 miliardi di euro – di cui il 71,6% è spesa sanitaria pubblica. In questo contesto la spesa pubblica in dispositivi medici e servizi ammonta a 9 miliardi di euro (il 7% del totale). È evidente quanto sia centrale il ruolo delle aziende attive nel settore. Per Fernanda Gellona (direttore generale di Confindustria dispositivi medici), queste aziende presidiano due diritti costituzionali: quello alla salute, fornendo dispositivi ormai essenziali, e quello alla libertà di impresa. Il punto è dunque comprendere se il Paese desideri continuare a tutelare questi diritti. «Auspichiamo una ulteriore proroga al payback in modo da avere, fino alla fine dell’anno, il tempo per ragionare, trovare altri finanziamenti per coprire la seconda tranche del payback (tra 2019 al 2022) e trovare le soluzioni alternative», la conclusione di Gellona, nelle more della richiesta che in futuro la norma venga abrogata.
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 11 giugno 2023 a firma di Marcella Travazza con la collaborazione del network editoriale PreSa – Prevenzione e Salute