A Milano e Roma «QuintilesIMS» ha messo per la prima volta a confronto, su un tema cruciale come quello della preparazione dei farmaci antiblastici, direttori sanitari, farmacisti ospedalieri responsabili di UFA e oncologi per definire le criticità e i punti di miglioramento nella preparazione delle terapie antiblastiche in Italia.
Le principali proposte
Mettere in rete le Unità Farmaci Antiblastici (UFA) sul territorio con la definizione di una soglia minima di preparazioni giornaliere per aumentare gli standard qualitativi e di sicurezza. Promuovere una selezione e formazione più puntuale e mirata allo sviluppo delle competenze degli operatori dedicati alla preparazione dei farmaci chemioterapici, che siano farmacisti, infermieri o tecnici di laboratorio, con l’adozione di strategie volte ad aumentare la motivazione e diminuire elementi di stress, come turnazione e coinvolgimento trasversale all’interno del percorso di cura. Implementare l’informatizzazione della gestione di tutta la filiera della terapia oncologica, dalla prescrizione alla somministrazione, attraverso soluzioni innovative come il bracciale elettronico e con software semplificati e che “dialogano” tra loro. Coinvolgere inoltre proattivamente il paziente nel processo, rendendolo consapevole delle modalità di cura in cui è coinvolto e ascoltandone la voce in quanto possibile segnalatore di eventuali anomalie.
La foto italiana
Punto di partenza, i dati di un’ampia indagine nazionale che offre una mappatura delle modalità di preparazione e manipolazione di queste terapie nei Centri oncologici. Un tema quanto mai attuale, che fa emergere il forte bisogno di dotarsi di strutture UFA ad alti standard, vista anche la grande accelerazione della ricerca che ha portato allo sviluppo di terapie sempre più complesse, la cui gestione ha bisogno di un alto grado di specializzazione. Il dato principale che emerge dall’indagine, realizzata da QuintilesIMS su tutto il territorio nazionale, è che sui 385 centri ospedalieri che hanno collaborato, circa il 30%, prepara farmaci chemioterapici antiblastici in maniera non centralizzata, ovvero gestisce e manipola le preparazioni in assenza di una struttura UFA dedicata. Una soluzione che potrebbe garantire una maggiore sicurezza e qualità sarebbe quella di creare delle reti anche in funzione dei volumi di somministrazione, affidando la manipolazione e preparazione di chemioterapici antiblastici solo alle UFA accreditate sul territorio che raggiungano, idealmente, una soglia minima di 50 preparazioni giornaliere, attraverso accordi di fornitura tra le diverse Aziende Ospedaliere. Proposta che apre un tema importante anche dal punto di vista economico, per la mancanza di un tariffario condiviso per la manipolazione dei chemioterapici antiblastici. Il Centro deputato ad erogare queste prestazioni anche all’esterno potrebbe quindi esserne penalizzato.
Criticità condivise
Dall’indagine emerge anche un altro dato significativo: il 45% dei Centri che dichiara di preparare in una struttura dedicata, condivide alcune criticità. Uno dei problemi più diffusi e di maggior rilevanza riguarda l’informatizzazione della gestione dei farmaci chemioterapici antiblastici, che risulta quasi sempre complessa e macchinosa, in gran parte dovuto alla carenza di un sistema informatico integrato. Raramente l’informatizzazione copre tutta la filiera del processo e si evidenzia una disomogeneità dei software utilizzati sia all’interno della stessa struttura (prescrizione, cartella clinica, calcoli, etc.) sia da Centro a Centro (troppi sistemi diversi, considerando che per le cure i pazienti si muovono anche sul territorio). Sarebbe opportuno definire standard tecnici comuni da rispettare, in modo che i sistemi siano in grado di dialogare fra loro e soprattutto di interfacciarsi con i Registri AIFA, riducendo il rischio di errori (potenzialmente dovuto anche alla attuale necessità di trascrivere la medesima prescrizione su più applicativi) e garantendo un risparmio di tempo che potrebbe essere utilizzato per migliorare l’assistenza al paziente.
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