Con l’aumento mondiale della popolazione cresce anche la domanda di cibo. Una tendenza che grava in termini di costi ambientali e sociali e impatta sul consumo di acqua, di suolo e sulle emissioni di gas serra. In questo contesto la scelta della dieta può fare la differenza.
Secondo i dati dell’Unione europea, il 94% delle emissioni di ammoniaca e il 55% di quelle di metano derivano soprattutto dall’allevamento intensivo. L’ammoniaca contribuisce, ad esempio, alla formazione di polveri sottili (nitrato e solfato d’ammonio). Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità è responsabile di un terzo delle morti premature dovute a infarti, ictus cerebrali, malattie respiratorie, tumori polmonari. Invece, il metano, dopo la CO2, è il secondo gas serra responsabile del riscaldamento globale.
Anche il suolo si consuma e avanza la deforestazione, poiché un terzo delle colture serve a produrre mangime. Inoltre la quantità di acqua necessaria a produrre alimenti animali è molto superiore rispetto a quella per produrre ad esempio legumi.
L’antibiotico-resistenza
Secondo uno studio del Policlinico Gemelli, gli allevamenti intensivi fanno grande ricorso agli antibiotici anche in Italia. Secondo i dati, infatti, circa la metà del consumo totale di questi farmaci avviene per gli animali da allevamento (che finiscono nella catena alimentare). Un fenomeno che aggrava l’antibiotico-resistenza, cioè la capacità dei batteri di sopravvivere ai farmaci. Un’emergenza di salute pubblica globale che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima sia responsabile ogni anno di 700mila decessi nel mondo.
Dieta e ambiente, lo studio CREA
I ricercatori del Crea hanno indagato quanto ne sanno gli italiani di sostenibilità alimentare e se proteine alternative alla carne possano essere raccomandate sotto il profilo nutrizionale. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Nutrients”.
Secondo i ricercatori, in Italia i cittadini sono poco consapevoli dell’impatto che i loro consumi alimentari hanno sull’ambiente. I prodotti sostenibili, inoltre, vengono percepiti come troppo costosi.
“Dall’indagine è emerso – dichiara Laura Rossi, dirigente di ricerca del CREA Alimenti e Nutrizione e coordinatrice dello studio – che, se il 51% degli intervistati ha ridotto il consumo della carne per questioni ambientali, il 27%, invece, non lo ha fatto e non intende farlo in futuro, non almeno per questi stessi motivi. Il campione, inoltre, ha mostrato di accettare come alternative alla carne gli alimenti tipicamente raccomandati nelle linee guida dietetiche italiane (84% legumi, 82% uova, 77% pesce, 72% formaggi e 69% frutta secca in guscio), mentre altri cibi come gli insetti sono stati fortemente rifiutati dal 67% della popolazione.
In minore misura rispetto agli insetti, sono respinti, con la stessa percentuale del 61% dei partecipanti, sia prodotti di origine vegetale che mimano la carne con derivati OGM sia la carne sintetica. Mentre risultano più graditi i prodotti vegetali che mimano la carne senza OGM, rifiutati solamente dal 47% dei rispondenti”.
Futuro della dieta sostenibile
L’indagine trasversale ha coinvolto un campione di 815 adulti, rappresentativo della popolazione italiana per area di residenza, genere ed età. Il dato che più di tutti divide i consumatori italiani è proprio l’importanza della carne. Il 27% dei consumatori italiani ne consuma e non intende ridurla, mentre il 52% è convinto che la carne sia necessaria per avere una dieta bilanciata.
Tuttavia, ben il 90% del campione si ritiene in qualche modo predisposto al cambiamento e chiede interventi più attivi da parte di organi terzi nazionali e/o europei, che non siano però la tassazione dei prodotti non sostenibili o la limitazione nei punti di vendita. Queste azioni, infatti, non vengono percepite come positive.
Secondo gli scienziati, i dati ambientali devono essere considerati nell’elaborazione delle linee guida dietetiche. Così come sono necessari ulteriori studi per comprendere le preferenze delle persone verso nuovi alimenti sostenibili, concludono i ricercatori.