Al via il progetto di sorveglianza epidemiologica di Sars-Cov-2 attraverso le acque reflue urbane (SARI, Sorveglianza Ambientale Reflue in Italia). I dati daranno informazionisull’andamento epidemico e sull’allerta precoce di focolai nelle prossime fasi dell’emergenza. Una rete di strutture territoriali che, con il coordinamento tecnico-scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità e del Coordinamento Interregionale della Prevenzione, Commissione Salute, della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, analizzerà la presenza di tracce di SARS-COV-2 nelle acque reflue a fini di monitoraggio preventivo sulla presenza del virus e la sua possibile propagazione in Italia.
Acque reflue: campioni usati come ‘spia’ di circolazione del virus
I campioni prelevati prima dell’ingresso nei depuratori dei centri urbani possono essere utilizzati come ‘spia’ di circolazione del virus nella popolazione. Le prime analisi hanno già consentito di rilevare RNA di SARS-COV-2 in diverse aree del territorio nazionale nel corso dell’epidemia; inoltre, mediante indagini retrospettive su campioni di archivio, hanno rivelato la circolazione del virus in alcune aree del Nord in periodi antecedenti la notifica dei prima casi di COVID-19.
La rete del progetto SARI includerà strutture territoriali quali ARPA, ASL, IZS, Università, centri di ricerca e gestori del servizio idrico integrato: grazie anche al supporto di Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) oltre 50 gestori hanno aderito su base volontaria al progetto, mettendo a disposizione specifiche competenze e proprie strutture.
Il programma di lavoro si sviluppa in due fasi. Una prima su base volontaria e autofinanziata dai partecipanti al progetto – che prenderà il via nel mese di luglio – sarà focalizzata su una rete pilota di siti prioritari, come le località turistiche. La seconda fase – attivabile da ottobre sulla base delle risorse disponibili – prevede una rete di sorveglianza estesa a livello nazionale, focalizzata sugli aggregati urbani, con la possibilità di realizzare anche monitoraggi flessibili e capillari (come quartieri cittadini e siti di depurazione di aeroporti), funzionali alle necessità di prevenzione sanitaria delle diverse aree territoriali, in base agli scenari epidemiologici.
Le analisi svolte da tutte le strutture seguiranno un protocollo condiviso messo a punto dall’ISS, verso il quale confluiranno con metodi armonizzati i dati raccolti nel territorio; l’Istituto Superiore di Sanità potrà anche svolgere approfondimenti analitici e curerà l’aggiornamento e l’elaborazione dati su piattaforma GIS (Sistema Informativo Geografico) per la condivisione con le Autorità Sanitarie centrali e regionali.
“Gli studi italiani hanno dimostrato l’importanza di costruire una rete capillare di sorveglianza in grado di restituire in tempo quasi-reale la fotografia dell’andamento dei contagi nei contesti regionali e locali, evidenziando come questo approccio può anticipare la conoscenza sui luoghi di circolazione del virus nel nostro Paese”- osserva Luca Lucentini, Direttore del Reparto di qualità dell’acqua e Salute dell’ISS.
Giuseppina La Rosa, che insieme a Lucia Bonadonna coordina il progetto, sottolinea che “L’ approccio di sorveglianza ambientale avviato in Italia si sta definendo in molti paesi, e anche la Commissione Europea sta guardando con particolare interesse al nostro modello in quanto basato su metodi sensibili e specifici”.
Francesca Russo, del Coordinamento Interregionale di Prevenzione racconta: “stiamo lavorando con molte Regioni per attivare la fase pilota e valutare se questo approccio può fornire contributi a supporto delle fondamentali informazioni della sorveglianza integrata, microbiologica ed epidemiologica in corso, soprattutto nel periodo autunnale che resta una fase cruciale nell’evoluzione del possibile scenario epidemico”.
“L’impegno del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente nel progetto sarà fondamentale” aggiunge Giuseppe Bortone che coordina l’area “Ambiente e Salute” del SNPA “siamo già impegnati in diversi territori con campionamenti e monitoraggi che stanno contribuendo a approfondire le conoscenze sul rapporto tra SARS-CoV-2 e ambiente, sia per le acque reflue che per le altre matrici ambientali, per avere sempre più un quadro completo ed esaustivo”.
“Oltre al costante impegno che non è mai mancato da parte delle utilities durante l’emergenza Covid per garantire continuità dei servizi ai cittadini, ora 50 gestori del servizio idrico integrato – spiega Tania Tellini, coordinatrice delle attività del Settore Acqua di Utilitalia – hanno deciso di aderire a un progetto che consentirà di valorizzare le competenze tecniche da loro acquisite in questi anni, nonché di confermare il valore etico e territoriale delle utilities verso le comunità servite. Il servizio idrico integrato gioca un ruolo chiave non solo nella gestione di un bene fondamentale come l’acqua, ma anche nella salvaguardia della salute dei cittadini attraverso studi epidemiologici come SARI. La costituzione di questa rete di sorveglianza è un progetto partito dal basso che se, come ci auguriamo, diventerà più strutturale, potrà dimostrare quanto il servizio idrico integrato rappresenti ormai una delle spine dorsali del Paese e della salute pubblica”.