Tempo di lettura: 3 minutiI farmaci plasmaderivati rappresentano un’opzione terapeutica essenziale per diverse patologie rare, spesso genetiche, con un importante carico di malattia.Purtroppo, esiste un divario tra domanda e offerta di immunoglobuline come farmaci salvavita a livello nazionale, europeo e globale. In Italia, come dimostrano i dati del Centro Nazionale Sangue, dopo anni di crescita, nel 2020 si è assistito ad una diminuzione delle donazioni rispetto al 2019 (-2%), rendendo più lontano l’obiettivo dell’autosufficienza fissato dal Piano Sangue. Stando agli ultimi dati diffusi dal CNS, si registra una preoccupante continuità di tale trend anche a gennaio del 2021 (-13,5%). Sono questi i dati emersi dal Simposio che si è tenuto ieri durante il 40° Congresso Nazionale della SIF, Società Italiana di Farmacologia, dal titolo: “WARNING ON: “The value of plasma derived therapies: immunoglobulins as essential drugs”.
Il plasma risorsa dei farmaci plasmaderivati
Il plasma costituisce la risorsa fondamentale per l’ottenimento delle proteine plasmatiche necessarie alla produzione dei farmaci plasmaderivati. Quest’ultimi hanno principalmente lo scopo di sostituire proteine mancanti nel sangue che sono alla base di alcune patologie come le immunodeficienze primitive (PID), secondarie (SID) e la polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP). Un ruolo che è stato riconosciuto anche dall’OMS che ha incluso le Immunoglobuline nell’elenco dei farmaci essenziali in quanto “salvavita”.
Considerata la sua preziosa valenza e applicazione terapeutica, il plasma è ormai universalmente riconosciuto come una materia prima strategica. Il PPTA si sta impegnando a tutti i livelli per aumentare la raccolta di plasma.Anche in Italia la domanda nazionale di immunoglobuline ha dimostrato elevati ritmi di aumento negli ultimi anni: in particolare è aumentata del 10% tra il 2017 e il 2018.
Il Piano Nazionale Sangue è riuscito a coprire circa il 75% del fabbisogno nazionale di immunoglobuline per uso endovenoso nel 2018 (dati Istisan dell’Istituto Superiore di Sanità) e il 5,6% di quelle per uso sottocutaneo, rendendo necessario, per colmare la restante domanda, un approvvigionamento di prodotti commerciali tramite accordi/gare con le industrie che, naturalmente, sono soggette a logiche competitive e commerciali a livello globale.
Anche dai dati di CSL Behring emerge uno scenario allarmante: da luglio a dicembre 2020, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è stato registrato un calo complessivo del 20% della raccolta del plasma da parte del gruppo.
Parallelamente, negli Stati Uniti, dove vige un sistema remunerato per i donatori di plasma e dove si raccoglie la grande maggioranza del plasma utilizzato per le terapie diffuse in tutto il mondo e che suppliscono alla carenza delle donazioni, i costi sono molto aumentati. In particolare, i costi di raccolta hanno subito un aumento del 15% nell’ultimo quinquennio e i rimborsi per i donatori hanno registrato un aumento di circa il 30% (superiore al 50% per i nuovi donatori) da quando è iniziata la pandemia. Inoltre, per soddisfare la più ampia richiesta di immunoglobuline, è necessario un continuo incremento dei centri di raccolta che richiedono un investimento tra 1,3 e 3 milioni di dollari per l’apertura di ogni singolo centro e circa tre anni per poter operare a pieno regime.
“L’Italia, come il resto del mondo, ha una dipendenza dal plasma statunitense che sarebbe auspicabile ridimensionare con soluzioni strategiche come l’aumento di donazioni, della raccolta di plasma e diventando più attrattivi per la fornitura dei prodotti” sostiene Oliver Schmitt, Amministratore Delegato di CSL Behring in Italia.
L’equilibrio raggiunto è delicato e ha basi molto fragili: ogni cambiamento, come ad esempio eventuali criticità riscontrate dalla filiera produttiva, si traduce in una pericolosa carenza di materia prima e una consequenziale difficoltà di accesso alle cure per i pazienti.
La grave pandemia da Covid-19 che ha colpito in modo improvviso e devastante i sistemi sanitari del mondo, anche dei Paesi più sviluppati, ha ulteriormente aggravato la già precaria condizione di equilibro tra domanda e offerta di plasma a livello globale.
Il risultato é una diminuzione dei volumi di plasma disponibile ed un incremento dei relativi costi di raccolta della materia prima.
Tale situazione sta determinando una grave carenza di plasma che, non solo potrà avere serie ripercussioni in un’ottica futura, ma causa già oggi le prime ricadute concrete e tangibili, come dimostrano i dati pubblicati da AIFA: diversi prodotti a base di immunoglobuline sono carenti sul territorio nazionale, rappresentando un potenziale rischio di salute pubblica, soprattutto per quei pazienti per i quali le Immunoglobuline sono farmaci salvavita.
Sul tema si registra una crescente attenzione politica, anche a livello internazionale. Lo scorso 18 settembre il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione in materia di carenze di medicinali, indicando in particolare come sia fondamentale per l’Europa “aumentare la sua capacità di raccogliere sangue e plasma” (4).
Francia e Inghilterra hanno emanato linee guida al fine di definire le priorità di utilizzo delle immunoglobuline, anche indicando le patologie alle quali destinare i prodotti salvavita in via prioritaria.
In Italia il tema è stato recentemente oggetto di attenzione pubblica: a novembre 2020 si è insediato il Gruppo di lavoro sulle immunoglobuline, partecipato da rappresentanti del Ministero della Salute, AIFA, Centro Nazionale Sangue, Regioni e Farmindustria, che ha l’obiettivo di individuare linee di intervento per far fronte alla grave crisi di carenza di plasma e garantire ai pazienti la disponibilità dei farmaci e, quindi, la continuità terapeutica.