Sono sempre di più i giovani e giovanissimi che scelgono di ubriacarsi per cercare lo sballo. Abitudini che non riguardano più solo il sabato sera e che negli anni portano alla dipendenza e causano enormi danni per la salute. I dati, non esattamente incoraggianti, sono quelli riportati dall’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di sanità. Un report dettagliatissimo che deve essere considerato uno strumento di conoscenza e prevenzione nelle mani delle istituzioni competenti.
SOCIAL DRINKING
Una delle ragioni che spinge i giovanissimi ad ubriacarsi è il desiderio di accettazione sociale. Spesso, bere è percepito come un modo di essere parte di un gruppo. L’alcol, agendo sui freni inibitori, aiuta i giovani e i giovanissimi a spingersi oltre i limiti e quasi nessuno tra i ragazzi che consumano abitualmente dimostra di conoscere i rischi enormi ai quali va incontro. Non è un caso che tra i consumatori a rischio preoccupino molto i giovani (circa 1.370.000 tra 11 e 25 anni, di cui 620.000 minorenni) e i 3,5 milioni di bevitori «binge drinking», soprattutto maschi, di tutte le età (83.000 sono minori).
OLTRE IL LIMITE
I dati dell’Osservatorio nazionale alcol dicono inoltre che nel 2021 sono stati addirittura 7,7 milioni gli italiani di età superiore a 11 anni (pari al 20% degli uomini e all’8,7 per cento delle donne) che hanno bevuto quantità di alcol nocive per la salute. Tre milioni e mezzo di persone hanno bevuto per ubriacarsi e 750.000 sono stati i consumatori dannosi, ovvero coloro che hanno consumato alcol provocando un danno alla loro salute, a livello fisico o mentale.
LE FAMIGLIE
Alla luce di questi dati è giusto chiedersi quale sia il ruolo delle famiglie nell’arginare il problema. Non un modo di colpevolizzare, ma di responsabilizzare o allertare tanti papà e tante mamme che spesso non riescono a instaurare un dialogo autentico con i propri figli. Chiunque sia genitore saprà bene che il compito è più che arduo, ma la posta in gioco è troppo alta per non continuare a provare in ogni modo.
INFORMARE
Un messaggio che arriva forte e chiaro dall’analisi condotta dall’Iss è che le campagne di informazione e sensibilizzazione rivolte ai giovani, ideate in questi anni, sono state quasi del tutto fallimentari. Non c’è stata, in altre parole, un’attenzione sufficiente al problema. Non si è stati in grado di parlare ai giovani con il linguaggio giusto, non tanto da trasmettere loro un messaggio efficace circa i rischi e le conseguenze di questi comportamenti. Un dato sul quale riflettere e che dovrà essere punto di partenza per un rapido cambiamento di rotta.