Anche per il mese di giugno il network editoriale PreSa ha scelto di dedicare ai temi della salute e della prevenzione un ampio spazio di approfondimento. In uno speciale realizzato in partnership con Il Mattino tante informazioni sulle nuove terapie, le eccellenze e le soluzioni innovative per affrontare patologie neurologiche, alcune tra le più diffuse neoplasie e un ampio spazio alle soluzioni innovative della terapia del dolore. Temi trattati sempre in modo diretto e chiaro, con il supporto dei maggiori esperti nazionali.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2022/06/prima-pag-giugno.jpg534406Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2022-06-14 11:45:052024-05-30 14:52:06Editoria, Speciale Salute e Prevenzione di Giugno
Non si ferma l’attività trapiantologica del Cardarelli di Napoli, mai venuta meno nonostante le grandi difficoltà legate al Covid. In un mese sono già 6 gli interventi portati a termine dai chirurghi delle équipes del Dipartimento Trapianti e dell’Unità Operativa Complessa Terapia Intensiva Fegato (UTIF). Interventi possibili grazie alla generosità di chi ha scelto di donare. «Nonostante l’impatto della pandemia – ricorda il direttore generale Giuseppe Longo – il Cardarelli non ha mai ridotto l’attività nell’ambito dell’emergenza-urgenza, che resta un punto d’eccellenza di questa Azienda Ospedaliera. Le attività chirurgiche, e non solo quelle, ci confortano negli sforzi fatti e consentono di fissare nuovi obiettivi sempre più ambiziosi, in linea con la programmazione regionale che punta ad una sanità d’eccellenza». Oltre alla solidarietà e all’altruismo c’è poi da sottolineare il grande lavoro e l’organizzazione messa in piedi dalla direzione strategica che qualifica l’Azienda Ospedaliera partenopea come polo di riferimento regionale e non solo per l’emergenza urgenza, con un’attività di trapianti in crescita nonostante il Covid.
IN PRIMA LINEA
Oltre al direttore di dipartimento Ciro Esposito, il capo équipeGianni Vennarecci (direttore del Reparto Chirurgia Epatobiliare e Trapianto di Fegato), il direttore dell’Unità Operativa Complessa di Epatologia Giovanni Di Costanzo e l’epatologo Alfonso Galeota Lanza. Ma sono anche molti altri i nomi delle donne e degli uomini che ogni giorno regalano speranza a pazienti che altrimenti non avrebbero alcuna chance: Antonio Ceriello, Giuseppe Aragiusto, Giuseppe Arenga, Luca Campanella, Marcello Di Martino, Federica Falaschi, Daniele Ferraro, Simona Giordano, Alessandro Iacomino, Marilisa Maniscalco. E ancora, Carla Migliaccio, Francesco Orlando, Donatella Pisaniello, Walter Santaniello e Alfonso Terrone. Ai quali si aggiungono le equipes di anestesisti con Vittoria Amatucci, Gaetano Azan, Margherita Caggiano, Carmen Chierego, Luigi D’Alessio, Ada De Felice, Marianna Esposito, Giorgia Granato, Angela Grasso, Nicola Lisco, Raffaele Montesano, Giovanna Tozzi ed Elsa Maria Verniero. Nei giorni scorsi, con due interventi durati cinque ore sono stati realizzati due trapianti consecutivi, due operazioni che hanno restituito speranza e nuova vita ad altrettanti pazienti che la speranza l’avevano ormai persa. Imprescindibile anche il lavoro di tutti gli infermieri del complesso operatorio e della terapia intensiva.«Nei nostri reparti – spiega il direttore sanitario Giuseppe Russo – si intrecciano storie che si legano in modo indissolubile all’impegno e alla grande professionalità del personale, al quale va sempre la nostra gratitudine. Mantenere un ritmo serrato nonostante le grandi difficoltà del Covid non è stato facile, ma nessuno dei nostri dipendenti si è mai tirato indietro. Tutti hanno sempre sostenuto e rispettato i protocolli messi in campo portando avanti un lavoro straordinario e di vitale importanza».
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2022/02/Trapianti-di-Fegato.jpeg7681024Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2022-02-09 12:31:302024-06-09 12:32:21Trapianti di fegato, il Cardarelli in prima linea
Un sogno che diventa realtà, tornare a camminare dopo un grave incidente che ha lesionato la colonna vertebrale. È successo a Michel Roccati, trentenne italiano, che dopo 4 anni è riuscito ad alzarsi dalla sua sedia a rotelle. «Un’emozione incredibile, un sogno che si avvera», come ha comprensibilmente sottolineato lui stesso. Ma come ha fatto questo giovane a caminare nuovamente? La risposta è legata ad una nuova tecnologia controllata dall’intelligenza artificiale, impiantata con un complesso intervento chirurgico e basata, semplificando non poco, su un elettrodo capace di stimolare con impulsi elettrici il midollo danneggiato. Stando ai risultati di uno studio pubblicato su Nature Medicine, questo sistema è in grado di ripristinare il movimento in poche ore. E adesso Michel cammina anche per un chilometro, può restare in piedi per due ore, e insieme ad altri 2 pazienti è diventato protagonista di una prima scientifica. Ha affrontato un intenso allenamento dopo l’impianto. E come lui gli altri pazienti coinvolti nel progetto. Fra loro c’è chi è tornato persino a nuotare.
COME UN PACEMAKER
Gli impianti, realizzati al Politecnico di Losanna, stimolano l’area del midollo spinale che attiva i muscoli del busto e delle gambe, consentendo ai pazienti con paralisi completa di camminare. E’ necessaria una formazione approfondita per acquisire familiarità con l’utilizzo del sistema, ma i pazienti selezionano l’attività desiderata su un dispositivo simile a un tablet che invia un messaggio a un altro device simile a un pacemaker. Ulteriori ricerche su come questa tecnologia potrebbe essere utilizzata per altri tipi di condizioni neurologiche, come il morbo di Parkinson, dovrebbero essere pubblicate a breve, annuncia Gregoire Courtine, dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia, che ha co-diretto lo studio. I tre pazienti ‘pionieri’ – di età compresa tra i 29 e i 41 anni – hanno seguito un allenamento basato sui programmi di stimolazione e hanno potuto recuperare massa muscolare, muoversi in modo più autonomo e partecipare ad attività sociali come bere un drink in piedi al bar, spiegano gli esperti.
TRE SU TRE
«Tutti e tre i pazienti sono stati in grado di stare in piedi, camminare, pedalare, nuotare e controllare i movimenti del busto in un solo giorno, dopo che i loro impianti sono stati attivati», spiegano gli esperti. I ricercatori affermano che, ora che hanno la conoscenza necessaria e la tecnologia per ‘parlare’ con il midollo spinale, utilizzeranno tutto questo per affrontare il maggior numero possibile di problematiche, inclusa la stimolazione della vescica, delle braccia e delle «Questo grazie ai programmi di stimolazione specifici che abbiamo scritto per ogni tipo di attività – precisa l’esperto – I pazienti possono selezionare l’attività desiderata sul tablet e i protocolli corrispondenti vengono trasmessi al pacemaker nell’addome». Il prossimo passo è quello di creare un mini computer impiantato nel corpo e in grado di comunicare in tempo reale con un iPhone esterno. Gli scienziati affermano che, mentre i progressi ottenibili in un solo giorno sono sorprendenti, i guadagni dopo diversi mesi lo sono ancora di più.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2022/02/Paralizzato-torna-a-camminare.png727997Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2022-02-08 11:19:392024-06-09 12:32:27Paralizzato da 4 anni torna a camminare
Più di 300 chirurghi pediatri africani, indiani e russi si preparano ad apprendere nuove tecniche d’intervento grazie alla seconda edizione del Master Europeo di Chirurgia Pediatrica realizzato dalla Società Europea di Chirurgia Laparoscopica Pediatrica (ESPES) per fronteggiare l’emergenza Coronavirus in Africa, in India e in Russia e organizzato grazie alla telemedicina e al telementoring, dal professor Ciro Esposito (direttore della UOC di Chirurgia Pediatrica del Policlinico Federico II e CEO ESPES. «Questa situazione di emergenza globale legata alla pandemia da Covid–spiega Esposito – è stata uno stimolo a migliorare la qualità dell’assistenza chirurgica pediatrica per i nostri piccoli pazienti e per accelerare la realizzazione di progetti internazionali di modernizzazione ed innovazione utilizzando le nuove tecnologie, come il telementoring e la tecnologia 5G». Fino al 2019, gli esperti europei di chirurgia mini-invasiva pediatrica si recavano spesso in Africa, India e Russia e in altre nazioni ad operare piccoli pazienti con complesse malformazioni congenite o con patologie oncologiche utilizzando tecniche mini-invasive per aiutare i colleghi chirurghi pediatri stranieri. «Per fronteggiare l’emergenza Covid – prosegue Esposito – abbiamo pensato di aiutare i nostri colleghi in maniera reale ed efficace organizzando la seconda edizione del Master interattivo di Chirurgia Pediatrica via webinar, dopo il grande successo della prima edizione, organizzata nel 2021. Il percorso è interamente online e totalmente gratuito per i chirurghi africani, indiani e russi e sono circa settanta gli esperti europei coinvolti come docenti e tutor».
INVESTIRE IN SALUTE
Il percorso inizia venerdì 14 gennaio e proseguirà fino a settembre 2022 con lezioni interattive online ed interventi in diretta dalla sala operatoria Storz OR1 di ultima generazione della Chirurgia Pediatrica del Policlinico Federico II. «La chirurgia pediatrica del Policlinico Federico II, grazie agli investimenti e al sostegno della direzione aziendale, è oggi dotata di due sale operatorie multimediali integrate di ultima generazione, che ci permettono di realizzare interventi chirurgici utilizzando le più moderne tecnologie mini-invasive, laser, endourologiche e robotiche e trasmetterli in live surgery in tutto il mondo», conclude il chirurgo. «Gli iscritti al Master potranno, inoltre, effettuare anche una fase di telementoring a distanza utilizzando la tecnologia 5G: i docenti-tutor europei seguiranno i colleghi africani che opereranno nelle loro sale operatorie coordinati e guidati in tempo reale da un chirurgo esperto da remoto».
Al Policlinico Federico II di Napoli nasce un nuovo reparto con sala di emodinamica e sala ibrida per il trattamento delle patologie cardiovascolari. Un progetto innovativo per far fronte all’aumento di malattie cardiache strutturali di natura degenerativa, che rappresentano ancora oggi le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità nel nostro Paese. Sarà la prima sala ibrida, realizzata in Campania e nel Mezzogiorno, dedicata al trattamento di pazienti con patologie dell’apparato cardiovascolare attraverso la combinazione di tecniche di cardiologia interventistica e di chirurgia cardiaca. Si tratta di una sala operatoria (Hybrid Operating Room, OR) dotata al suo interno di apparecchiature di diagnostica per immagini e chirurgiche all’avanguardia. L’assetto strutturale e organizzativo garantisce il rispetto dei requisiti minimi di sicurezza per questo tipo di interventi e consente di completare il trattamento di patologie complesse nell’ambito di una sola seduta, con conseguenti benefici in termini di spesa sanitaria (ottimizzazione delle risorse, diminuzione dei tempi di degenza, riduzione del rischio di infezioni). La nuova sala di emodinamica, in aggiunta, garantirà l’adeguamento delle strutture e degli strumenti -necessari allo svolgimento dell’attività routinaria del laboratorio di Cardiologia interventistica – agli standard più moderni
HI-TECH
«La tecnologia medicale ed ICT di ultimissima generazione aggiudicata e l’ottimizzazione degli spazi permetterà il miglioramento del lavoro dell’Heart Team dell’A.O.U. impegnati nelle nuove procedure di Cardiologia Strutturale come TAVI, LAAC e Mitraclip», spiega Giovanni Esposito, Direttore UOC di Cardiologia, Emodinamica, UTIC dell’AOU Federico II di Napoli, a capo dell’Heart Team dell’Azienda. «Il Direttore Generale ha mobilitato tutte le risorse professionali dell’Azienda – aggiunge Esposito – riuscendo, nonostante le criticità imposte dalla pandemia, a raggiungere questo obiettivo che garantirà ai pazienti cure e trattamenti all’avanguardia». Per la realizzazione del progetto, a cui hanno lavorato il servizio di ingegneria clinica, l’ufficio tecnico e ladirezione sanitaria aziendale del Policlinico Federico II, l’Azienda ha scelto il dialogo competitivo quale strumento di gara, che è stata aggiudicata per un importo di non molto inferiore ai 3 milioni di euro (2.815.609 per la precisione). Si punta al miglioramento dei percorsi diagnostici, alla prevenzione e alle diagnosi precoci sui pazienti, contribuendo a migliorare la prevenzione delle malattie cardiovascolari più gravi e quindi i tempi di ospedalizzazione dei pazienti. Serviranno ora 35 settimane per consegnare il reparto che sarà realizzato in parte con i fondi della Regione Campania del programma straordinario di ammodernamento tecnologico.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2021/12/Sala-Ibrida-Tipo_1.jpg473709Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2021-12-20 11:38:172024-06-09 12:40:33Alla Federico II la prima sala ibrida della Campania
Innovazioni tecnologiche d’avanguardia nelle nuove sale operatorie dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia generale e oncologica mininvasiva dell’Azienda ospedaliera universitaria Federico II. Le sale, in cui nei giorni scorsi sono terminati i lavori, sono state oggi oggetto di una visita del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. Ad accompagnare il governatore campano sono stati Matteo Lorito, Rettore dell’Università Federico II, Anna Iervolino, Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria federiciana, Maria Triassi, Presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo Federico II, e il professore Franco Corcione, direttore dell’UOC Chirurgia generale e oncologica mininvasiva del Policlinico Federico II. L’acquisizione delle nuove apparecchiature, messe in funzione con la collaborazione del Servizio di Ingegneria clinica dell’Azienda, è stata possibile grazie a un finanziamento di 800mila euro dell’Università Federico II quando alla guida c’era l’ex rettore e oggi sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, percorso che è poi stato seguito e completato dal Rettore Matteo «La didattica incontra anche il servizio al cittadino – ha detto il rettore Matteo Lorito – abbiamo una grande eccellenza medica ed una grande eccellenza tecnologica. Andremo avanti così e la Federico II continuerà a investire perché le eccellenze vanno sostenute”. Le sale operatorie sono state oggetto di lavori di adeguamento per accogliere le nuove tecnologie video 3D 4K dotate di un sistema integrato per cui è possibile trasmettere le immagini nelle sale operatorie d’Italia e d’Europa e sono state attrezzate anche con la tecnologia Igc che valuta la vascolarizzazione dei viscidi (intestino, colon, retto). Ma non solo. Tra le innovazioni tecnologiche anche il sistema denominato ‘Orbeye’, sorta di microscopio operatorio che ingrandisce 5 volte i particolari e che viene inserito in addome aperto.
CONNETTIVITA’
«Quando un chirurgo, come accade ancora oggi, deve intervenire ad addome aperto – ha spiegato il professor Franco Corcione – l’utilizzo di questa tecnologia consente di trasformare una parte dell’intervento, la più delicata dove le strutture non sono ben visibili, in una chirurgia video assistita perché il chirurgo opera come se lo stesse facendo in laparoscopia guardando un monitor e dunque vedendo le immagini ingigantite. L’acquisizione e l’impiego di queste innovazioni tecnologiche – ha aggiunto – risponde sia ad esigenze cliniche, di cui trae beneficio il paziente, ma anche ad esigenze didattiche’». Grazie all’utilizzo dell’Orbeye, infatti, tutti coloro che direttamente e indirettamente partecipano all’intervento chirurgico sono in grado di vedere esattamente ciò che avviene nella cavità addominale e il chirurgo può mostrare tutti gli aspetti più reconditi dell’anatomia dell’addome, tutte le anomalie che si possono riscontrare. «Grazie a queste innovazioni tecnologiche il nostro Policlinico fa un ulteriore passo avanti nel garantire ai pazienti le migliori cure, puntando su approcci chirurgici di altissima precisione. In quest’ottica si sostanzia e si rinsalda il rapporto inscindibile tra assistenza, didattica e ricerca», ha concluso il Direttore generale, Anna Iervolino.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2021/12/Corcione.jpeg7401600Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2021-12-09 18:21:002024-06-09 12:42:06La chirurgia diventa hi-tech al Policlinico di Napoli
La chirurgia moderna è orientata verso l’eradicazione del cancro, conservando l’organo colpito e la sua funzione, per quanto possibile. Il motivo è chiaro: ottenere una riduzione degli effetti collaterali, preservare una migliore qualità della vita dopo l’intervento chirurgico. E questo accade ancora di più in alcuni settori specialistici. A chiarirlo è Roberto Sanseverino, direttore del dipartimento di Chirurgia generale e urologia dell’Asl di Salerno, che presenta la sua esperienza clinica e sottolinea: «Le principali neoplasie urologiche rappresentano un esempio molto chiaro di questa evoluzione nelle cure», grazie all’introduzione di procedure e tecnologie sempre più avanzate e sofisticate che consentono di ottenere risultati molto soddisfacenti. I numeri parlano chiaro. Tant’è che il trattamento chirurgico mininvasivo nelle neoplasie prostatiche oggi è diventato di routine e soltanto l’equipe di urologi diretta da Sanseverino ha di recente superato i 500 interventi di prostatectomia radicale laparoscopica, imponendosi come uno dei centri con un maggiore volume di attività a livello regionale, in tutta la Campania, in questo ambito particolarmente delicato. Si tratta di procedure chirurgiche che utilizzano sistemi hi-tech, con colonne laparoscopiche ad altissima definizione che consentono la riproduzione delle immagini in 3D, dotate di un braccio robotico a comando vocale, sistemi avanzati di sezione e sintesi dei tessuti.
TERAPIA FOCALE
Sempre con l’obiettivo di riuscire a conservare l’organo, nel reparto diretto da Sanseverino sta per partire un programma di Terapia focale del carcinoma prostatico: prevede che la ghiandola prostatica non venga rimossa nella sua interezza. Si provvede alla distruzione, in maniera selettiva, solo di quei focolai in cui si annida il tumore. Così nel trattamento delle neoplasie renali. La chirurgia conservativa con la rimozione del tumore e la preservazione della funzione renale oggi rappresentano un approccio terapeutico considerato più adeguato per lesioni fino a sette centimetri di diametro. Questo limite può essere spinto anche oltre in caso di insufficienza renale cronica, rene unico o neoplasie bilaterali. Risultati? L’equipe del Sanseverino ha realizzato circa 300 interventi di questo tipo, in più della metà dei casi eseguiti in chirurgia laparoscopica mininvasiva. Più complesso è, invece, l’approccio conservativo nei tumori vescicali, muscolo-invasivi e della via escretrice superiore, perché queste neoplasie sono spesso multifocali e ad elevata aggressività biologica, sono gravate da un alto tasso di recidiva e di progressione di malattia con esito spesso infausto. In questo settore si ottengono risultati incoraggianti con l’uso sinergico e coordinato di metodiche terapeutiche alternative, combinando in pratica chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Ma, su tutto, resta cruciale la scelta corretta del paziente candidato alla conservazione d’organo. Ed è di fondamentale ripetere l’importanza degli screening oncologico, al fine di effettuare diagnosi sempre più precoci, che possano consentire la rapida programmazione di un’operazione chirurgica e quindi una qualità della vita post intervento sempre migliore.
In collaborazione con Il Mattino, lo speciale che il network editoriale PreSa dedica ai temi della prevenzione e della salute. I maggiori esperti nazionali per un focus di approfondimento che tratta i temi caldi, inerenti patologie e stili di vita in modo semplice e diretto. Da leggere tutto per prendersi cura della propria salute.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2021/11/salute_prevenzione_20-1_page-0001-1.jpg15211811Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2021-11-22 10:37:182024-06-09 12:48:22Editoria, Speciale Salute e Prevenzione di Novembre
La realtà aumentata entra in sala operatoria per sostenere i medici che si occupano di chirurgia epatica complessa. Succede nell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Epatobiliare e Pancreatica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli. Sono già cinque i casi di resezioni epatiche estremamente complesse in cui i chirurghi durante l’intervento hanno visionato simultaneamente il campo operatorio con i visori Hololens 2 sovrapponendo, sulle immagini reali, le immagini virtuali del fegato, i tumori e i vasi sanguigni. Tutti gli interventi sono stati completati con successo in accordo alle strategie pianificate nella fase preoperatoria. «La realtà aumentata con l’ausilio degli ologrammi – spiega il professor Roberto Troisi, direttore del centro – permette di fondere il mondo fisico con quello digitale. Durante un’operazione standard, gli assistenti eseguono passaggi operativi immaginando nella loro mente la tecnica che il chirurgo ha programmato. Prima dell’inizio di un intervento vengono visionate le immagini e ripetuti vari passaggi ma senza un riscontro simultaneo diretto. L’uso dei visori 3D frontali consente oggi al secondo chirurgo e agli assistenti di vedere le stesse immagini virtuali manipolate dal primo operatore che indica la strategia operatoria durante l’operazione».
OLOGRAMMI
La sola tecnologia di ricostruzione virtuale tridimensionale era già utilizzata al Policlinico Federico II nei casi più complessi di tumori del fegato, del pancreas e delle vie biliari, ma oggi questa tecnica è stata integrata con gli ologrammi durante interventi a cielo aperto, laparoscopici ed in ultimo robotici. Gli ologrammi permettono di simulare l’intervento chirurgico al fegato e facilitano l’individuazione di piccoli tumori, i loro rapporti con i vasi e le vie biliari. Questa tecnica innovativa richiede molto lavoro nella costruzione degli ologrammi e, a differenza degli altri centri, tutte le fasi di analisi anatomica e simulazione sono gestite dai chirurghi. La realtà aumentata facilita la radicalità della rimozione dei tumori permettendo allo stesso tempo di risparmiare una maggior quantità di fegato sano con minori complicanze e una minore degenza operatoria. Le potenzialità di questa tecnologia sono enormi, soprattutto se potranno essere integrate nella piattaforma digitale robotica, che potrà cambiare il modo di operare fino ad arrivare alla vera chirurgia di precisione nel prossimo decennio.
I VANTAGGI
La realtà aumentata, oltre a rappresentare una svolta per la diagnosi e la pianificazione intra-operatoria, è uno strumento innovativo per il controllo di un robot chirurgico. Allo stato attuale, l’interfaccia di controllo di un robot è tra i limiti maggiori per la realizzazione di un’effettiva cooperazione uomo―macchina. Nei sistemi impiegati nella pratica clinica come il da Vinci, il robot viene teleoperato per eseguire i comandi del chirurgo alla consolle. Un’efficace condivisione dei compiti tra il chirurgo, i suoi assistenti e il robot consentirebbe di aumentare il livello di autonomia dei vari task intra-operatori, anche grazie all’impiego di tecniche di realtà aumentata. In prospettiva, il chirurgo potrà operare da una postazione ergonomica immergendosi nello scenario operatorio, avvalendosi di dati sensoriali arricchiti, e impiegando il robot in maniera naturale e intuitiva con precisione superiore rispetto alla stessa operazione eseguita in open surgery.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2021/10/Realta-aumnetata-.png571841Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2021-10-04 15:36:362024-06-09 14:20:16La realtà aumentata entra in sala operatoria
Eseguire una corretta diagnosi differenziale fra IPB e carcinoma della prostata è uno degli argomenti più importanti dell’attuale Urologia, non tanto perché distinguere il carcinoma da una iperplasia sia complesso, quanto perché la vera distinzione andrebbe fatta tra le neoplasie a elevato potenziale di malignità e quelle che invece sono destinate a non causare problemi al paziente. Senz’altro un impulso importante in questa direzione arriva dalla risonanza magnetica multiparametrica che ha preso piede come esame diagnostico di primo livello per la diagnosi differenziale tra iperplasia e neoplasia. Come spiega il professor Ferdinando Fusco (associato di Urologia all’Università della Campania Luigi Vanvitelli) «la risonanza consente di individuare con maggiore probabilità proprio quelle neoplasie che hanno un rischio clinico significativo. In attesa di ulteriori approfondimenti vige al momento il concetto generale che se una neoplasia è visibile alla risonanza allora è clinicamente significativa e merita l’attenzione dell’urologo». Va detto che le biopsie sono sempre più mirate con un maggior tasso di accuratezza e ciò consente di risparmiare il numero di ripetizioni bioptiche ed il numero di prelievi. Inoltre c’è molta attesa per quello che potrebbe essere un passo rivoluzionario nel campo della diagnostica del tumore prostatico: la cosiddetta “biopsia liquida”. «Al momento si tratta di un filone di ricerca che non ha ancora implicazioni nella pratica clinica corrente – prosegue Fusco – ma è possibile che nel prossimo futuro saranno disponibili test che consentano di rilevare la presenza di tumore da un semplice “esame del sangue”».
NUOVE TECNICHE
Ma il futuro è già iniziato in campo urologico anche per il trattamento delle neoplasie, non solo prostatiche, ad esempio per i tumori della vescica, che in un passato non troppo remoto venivano trattati in modo estremamente invasivo, e che oggi vengono operati in via robotica ricostruendo una vescica utilizzando un pezzo di intestino, in modo da rendere la qualità di vita dei pazienti decisamente migliore. A spiegare in modo semplice questa rivoluzione è il dottor Roberto Falabella, responsabile della chirurgia robotica in Urologia presso il San Carlo di Potenza. «Il nostro ospedale, tra i primi ospedali del sud Italia, si è dotato nel 2014 di piattaforma robotica Da Vinci. I vantaggi sono enormi – dice – a partire dalla visione 3D con ingrandimento fino a 10 volte che consente una più ampia e corretta visione del campo anatomico per eseguire dissezioni più precise e sicure. le braccia robotiche, inoltre, offrono ampia libertà di movimento e una rotazione di circa 540° che permette di accedere anche in aree altrimenti difficilmente raggiungibili, eliminando quel tremore fisiologico delle nostre mani». Tutti gli interventi di chirurgia maggiore possono essere eseguiti con l’ausilio del robot Da Vinci, anche la cistectomia radicale, fino a poco tempo fa un taboo in questo senso per lunghezza e difficoltà. La possibilità di eseguire l’intervento con una tecnica robotica garantisce un’ottima radicalità oncologica accompagnata da minori perdite di sangue, minor dolore post operatorio, minore ospedalizzazione e un più rapido ritorno del paziente alle attività quotidiane. La precisione garantita dalla robotica consente inoltre migliori risultati funzionali in termini di sessualità e di continenza urinaria. È un intervento molto complesso da riservare a centri con grande esperienza e a grande volume chirurgico. Ma anche la chirurgia renale presenta novità importanti, a parlarne è il dottor Stefano Signore, direttore della U.O.C. di urologia della ASL Roma 2, Ospedali S Eugenio e CTO. «L’ intervento di asportazione del rene in laparoscopia – spiega – semplifica di molto le cose. Grazie ad una “suturatrice automatica”, che taglia e cuce i vasi sanguigni, non c’è la i rischi e i tempi d’intervento si riducono». Questa tecnica operatoria riduce al minimo il rischio di lesioni dei vasi sanguigni ed offre la sicurezza di una chiusura che non permette perdite di sangue.
https://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2016/12/uomo_pensieroso.jpg360640Redazione PreSahttps://prevenzione-salute.com/wp-content/uploads/2024/04/prevenzione-e-salute-1.pngRedazione PreSa2021-09-30 09:17:592024-06-15 09:43:47Ipertrofia prostatica, quando la diagnosi non è un problema
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