Tempo di lettura: 2 minutiI progressi della medicina, le nuove terapie e la possibilità di accedere a campagne di screening mirate, hanno ridotto di molto la mortalità per i pazienti che scoprono di avere una neoplasia. Oggi da molte forme di cancro si può guarire, ma il rischio di perdere la capacità di procreare è alto. Un ancora di salvezza arriva dall’oncofertilità, branca medica che si occupa, appunto, di preservare la fertilità in pazienti che da giovani si trovano ad affrontare la malattia. Facile intuire che la necessità di far progredire questa disciplina è tanto più alta quanti più sono i casi di neoplasie. In Italia, purtroppo, è un trend in crescita crescente. I tumori sono infatti la seconda causa di morte (29% di tutti i decessi) dopo le malattie cardio-circolatorie (38%). Ogni giorno sono diagnosticati 30 nuovi casi di tumore tra i giovani al di sotto dei 40 anni. In particolare, nei maschi i tumori più frequenti sono quelli del testicolo (12% del totale dei tumori), i melanomi (9%), il linfoma non-Hodgkin (8%) e quelli localizzati al colon-retto (8%) e alla tiroide (7%). Mentre, tra le giovani donne al primo posto si trovano i tumori della mammella (41%), definiti per tale motivo i “Big Killers”, seguiti da quelli della tiroide (14%), dai melanomi (7%), dai tumori del colon-retto (5%) e della cervice uterina (4%).
Fortunatamente, come detto, i tassi di mortalità dicono che si sopravvive molto più di un tempo, sia grazie ad un incremento dell’accesso ai programmi di screening, sia grazie ai progressi terapeutici della terapia oncologica.
L’approccio
Il percorso di preservazione della fertilità prevede un approccio multidisciplinare tra gli oncologi e gli specialisti in Medicina della Riproduzione: il counseling riproduttivo deve essere proposto subito dopo la diagnosi e la stadiazione della malattia per definire le strategie di preservazione in relazione alla tempistica delle terapie oncologiche che devono sempre e comunque rappresentare la priorità assoluta per i pazienti. In linea con quanto detto, l’ obiettivo principale è quello di creare per i pazienti oncologici dei Percorsi Diagnostico-Terapeutico-Assistenziali dedicati e altamente specializzati i cosiddetti PDTA. Per programmare la strategia di preservazione della fertilità più idonea, è importante analizzare attentamente il singolo paziente, considerandone il tipo di patologia, la gravità e prognosi della neoplasia, l’eventuale necessità di iniziare quanto prima la terapia antineoplastica e soprattutto il desiderio di genitorialità. Si deve tenere conto che la possibilità di non dover rinunciare a priori alla maternità o paternità aiuta spesso, dal punto di vista psicologico, ad affrontare la patologia.
L’esperienza campana
Il centro di oncofertilità della Federico II, in questo senso, è un punto di riferimento regionale. Cardine, assieme al centro dell’ospedale di Avellino di un progetto finanziato con fondi regionali e partito nel 2014. Giuseppe De Placido, direttore del dipartimento materno infantile e direttore del Centro per lo studio e la terapia della sterilità ed infertilità di coppia, è certamente tra coloro che in Campania per primi si sono posti il problema. «I chemioterapici e la radioterapia – chiarisce -possono facilmente portare all’infertilità. Per questo, prima di intervenire, preserviamo gli spermatozoi o nelle donne gli ovociti. Si pensi ad esempio alle donne che devono curare un tumore della mammella: vengono indirizzate al nostro centro per crioconservare gli ovociti». I risultati sono nei numeri e nei successi che il centro della Federico II ottiene anno dopo anno.