Buone notizie dal fronte della ricerca sull’Alzheimer. Un farmaco, nei test preliminari sull’uomo, ha mostrato la capacità di diminuire la quantità di placche amiloidi, l’accumulo di proteine nel cervello che è considerata la causa della malattia. Lo afferma uno studio dell’Universita di Zurigo, pubblicato sulla rivista Nature, secondo cui ci sarebbero nei pazienti anche segni di rallentamento del declino cognitivo.
La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante. L’ esordio è in età presenile (oltre i 65 anni, ma può manifestarsi anche in epoca precedente). Si stima che circa il 60-70% dei casi di demenza sia dovuta alla condizione. Il sintomo precoce più comune è la difficoltà nel ricordare eventi recenti. Poi con l’avanzare dell’età subentra afasia, disorientamento, cambi repentini di umore, depressione e l’incapacità di prendersi cura di sé. Ciò porta il soggetto inevitabilmente a isolarsi nei confronti della società e della famiglia. A poco a poco, le capacità mentali basilari vengono perse. Anche se la velocità di progressione può variare, l’aspettativa media di vita dopo la diagnosi è dai tre ai nove anni.
Questa molecola aducanumab, un anticorpo monoclonale che ‘insegna’ al sistema immunitario a riconoscere le placche, è stato testato su un gruppo di 165 persone con Alzheimer moderato, metà delle quali ha ricevuto una infusione settimanale, mentre gli altri hanno avuto un placebo. I ricercatori hanno notato una progressiva riduzione delle placche sui pazienti che hanno ricevuto il principio attivo.