COVID19, sperimentazione di un protocollo di Boston
Boston chiama, la Campania risponde. Eh già, perché le attività contro il COVID19 negli ospedali di Pozzuoli, Ischia, Frattamaggiore e Giugliano sono sotto la lente di un centro di ricerca di Boston. Sulla falsariga di quanto si sta sperimentando al Cotugno con il tocilizumab, in provincia di Napoli si sta usando su venti pazienti (attualmente il maggior numero di casi al mondo) un approccio terapeutico basato sull’impiego di un anticorpo monoclonale prodotto con la tecnologia del DNA ricombinante e approvato per il trattamento di due malattie rare: la sindrome emolitico uremica atipica e l’emoglobinuria parossistica notturna. Il farmaco contrastala risposta infiammatoria polmonare determinata dal COVID19, ma a differenza di quanto sta sperimentando al Cotugno questo farmaco non interviene nella parte finale del processo infiammatorio, ma a monte. Il lavoro dell’ASL Napoli 2 Nord anticipa altre ricerche che stanno partendo negli Stati Uniti, con lo stesso tipo di farmaco. I primi risultati di questo studio saranno pubblicati già nei prossimi giorni su riviste scientifiche internazionali, a firma tra gli altri, di tre primari del Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli: Francesco Diurno (primario della Terapia Intensiva) Fabio Numis (primario della Medicina d’Urgenza) e Gaetano Facchini (primario dell’Oncologia).
VARIANTE
Ovviamente, la sperimentazione è ancora all’inizio ma, come spiega Facchini «i primi risultati ci paiono molto interessanti. Già nelle prossime due settimane pubblicheremo i primi dati su una rivista scientifica internazionale. L’approccio terapeutico di Boston è stato messo a punto lo scorso 11 marzo con uno studio effettuato su due pazienti. Attualmente la nostra realtà è quella che sta analizzando la casistica più numerosa al mondo. Siamo molto fiduciosi». L’approccio di Boston nell’ASL Napoli 2 Nord viene integrato dall’uso di anticoagulanti in tutti i pazienti COVID19. Questa terapia, sempre più in uso in diverse realtà italiane, è stata adottata dal confronto degli esami diagnostici e dalla condizione clinica dei pazienti. Già dai primi casi trattati a metà marzo ci i medici dell’ASL Napoli 2 Nord si sono meravigliati nel vedere che alcuni pazienti con una condizione polmonare più compromessa presentavano meno difficoltà respiratorie di altri con i polmoni in uno stato migliore. Inoltre, tutti questi pazienti presentavano resistenze del circolo polmonare elevate. «Abbiamo ipotizzato – spiega Francesco Diurno – che dipendesse da un interessamento del sistema circolatorio polmonare e che il virus potesse provocare fenomeni trombotici nel microcircolo polmonare. Da qui la scelta di trattare tutti i pazienti con una forte terapia anticoagulante adeguata. Intuizione che è stata di recente confermata dalle prime autopsie su pazienti COVID19 effettuate in Emilia-Romagana, che confermano un diffuso interessamento del sistema circolatorio periferico polmonare e non solo. Anche se siamo nelle primissime fasi, ad oggi la combinazione degli anticoagulanti con l’Eculizumab ci sta dando risultati interessanti che vogliamo presentare e mettere a disposizione della comunità scientifica internazionale». Intanto arriva già qualche buona notizia, due pazienti giovani trattati con questi protocolli terapeutici sono usciti dalla terapia intensiva e sono stati trasferiti nella degenza ordinaria.