Depressione e ansia? De Luca: «E’ colpa del Natale»
Stati d’ansia, depressione o senso di inadeguatezza? E’ la sindrome di Natale. Ne parla lo psicologo e psicoterapeuta Diego De Luca, ben consapevole del peso che le festività possono avere sulla psiche di moltissime persone. «Esiste una vera e propria “sindrome natalizia” – ribadisce– una condizione che nei Paesi anglosassoni definiscono “Christmas blues”, una sorta di depressione legata al Natale».
Il peso delle imposizioni
Ma quali sono i segnali di questa condizione? Per lo specialista i maggiori problemi hanno a che fare con una condizione imposta: è Natale, dunque si deve essere felici. «Quando si vive uno stato d’animo che non è in linea con quello che si potrebbe definire “lo spirito natalizio”, è facile sviluppare una depressione transitoria, sensazioni di ansia, di inadeguatezza. Per questo, chi si trova già ad affrontare delle fragilità rischia di avere un peggioramento della propria condizione globale, ma anche persone che normalmente non hanno disturbi possono subire gli effetti di questa sindrome natalizia». Il dottor De Luca chiarisce che non si tratta solo di dover essere in sintonia con lo spirito delle festività, ci sono veri e propri “doveri” che la società ci impone a ridosso del Natale. Si pensi all’esigenza di aumentare le occasioni sociali e di restare per lungo tempo in situazioni di grande affollamento. «Per chi soffre di ansia o di attacchi di panico l’idea di dover vivere un periodo “intenso”, come quello che va dal Natale all’Epifania, può essere molto stressante. Può essere addirittura destabilizzante. Allo stesso modo, persone che vivono disturbi alimentari si possono sentire angosciati all’idea di dover stare per ore a tavola, per di più in situazioni di grande prossimità con l’altro».
In famiglia
Di situazioni di questo tipo, soprattutto con l’approssimarsi delle feste, lo psicologo ne affronta moltissime.
«C’è chi si sente inadeguato o incompreso. In molte famiglie, la reazione più comune è quella di colpevolizzare chi, suo malgrado, diventa un elemento dissonante. Purtroppo, anche nella cerchia degli affetti più cari, si tende molto a banalizzare la sofferenza psicologica». E’ così che l’altra faccia del Natale rischia di prendere il sopravvento, di schiacciare sotto il peso di una felicità imposta quanti non hanno gli strumenti per gestire un carico emotivo tanto pesante. «Addirittura – continua lo psicologo – fare i regali può diventare motivo di ansia e di sofferenza».
Tempo di bilanci
De Luca ricorda anche che per molti il Natale è un momento di bilancio della propria vita. Con l’approssimarsi della fine dell’anno, anche in maniera inconsapevole, siamo portati a valutare ciò che abbiamo fatto. «Altro problema è che queste valutazioni avvengono in uno stato d’animo alterato, potremmo dire eccessivamente critico. In questi momenti di depressione, transitoria o meno che sia, non c’è la capacità di valutare in maniera obbiettiva i risultati raggiunti. E da valutazione negativa non può che scaturire ulteriore tristezza e senso di inadeguatezza. Un cane che si morde la coda, insomma».
Come difendersi
Esiste un modo per proteggersi da questa “sindrome natalizia”? Per De Luca «l’errore più comune è quello di andare contro le proprie esigenze, di lasciarsi schiacciare dalle istanze che provengono dall’esterno. E’ bene – spiega – cercare di entrare in sintonia con i propri bisogni ed essere motivati nel crearsi una propria zona di comfort». Ciò che serve, in parole povere, è un cambio di prospettiva. Se la fine d’anno è un momento di bilanci, è bene considerarla anche come un momento di programmazione e di nuovo inizio. «I classici “buoni propositi” per l’anno nuovo possono essere elementi estremamente positivi, addirittura propulsivi. L’importante, anche in questo caso, è non banalizzare e non fare il passo più lungo della gamba. Ciascuno deve porsi traguardi che siano in linea con le risorse disponibili, e in questo l’aiuto di un terapeuta può essere importante. Non ci si deve sentire obbligati a “fare”, a “vivere questa forte prossimità”, certamente non ci si deve sentire obbligati a “sorridere a tutti i costi”. Fingendo si finisce solo per costruirsi una maschera, e sotto quella maschera si rischia di soffocare. Questo non significa, ovviamente, che ci si deve chiudere al mondo esterno, ma solo che è bene imparare a sostituire il “devo” con il “voglio”. In definitiva, è bene capire che non esiste una sola strada giusta».