Tumore al pancreas in aumento, incide familiarità e mutazioni geni
Il tumore al pancreas potrebbe diventare la seconda causa di morte per neoplasia a livello mondiale entro il 2030. L’allarme è stato lanciato dagli specialisti che hanno creato una campagna per sensibilizzare sulla prevenzione. Le proiezioni, infatti, non rassicurano e si stimano oltre 560mila casi al mondo nel 2025. Un quadro che è confermato dal progressivo incremento dei numeri anche nel nostro Paese. Secondo i dati dell’Associazione Italiana Registro Tumori sono state circa 14.500 nel 2022 le nuove diagnosi in Italia. Numeri che sono in aumento rispetto agli anni passati. L’incremento complessivo nei 2 sessi è del 3% e un ulteriore incremento è atteso per il 2025 del 5% con una diminuzione dell’età media dei malati.
Sintomi difficili da intercettare
Il tumore al pancreas è una neoplasia silente, aggressiva e ancora poco conosciuta. Nell’80% dei casi viene diagnosticata soltanto in fase avanzata. Infatti i sintomi sono spesso assenti o senza specificità. L’assenza di un iter diagnostico ben definito, inoltre, allunga i tempi della presa in carico del paziente. La ricerca ha fatto passi importanti, individuando alcuni gruppi di persone più a rischio di sviluppare la malattia per familiarità. Si tratta di situazioni in cui ci sono più casi di tumore al pancreas in famiglia. Inoltre, il rischio è maggiore per individui portatori di mutazioni a geni quali BRCA, CDKN2A e altri coinvolti anche nello sviluppo del tumore del pancreas.
Tumore al pancreas, diabete fattore di rischio
Secondo studi recenti, la presenza di diabete di recente insorgenza o di vecchia data non più ben compensato con la terapia in uso dal paziente, è un altro fattore di rischio. L’evidenza degli studi pubblicati in letteratura dimostra che l’identificazione e la sorveglianza dei soggetti più a rischio di sviluppare il tumore al pancreas, può portare a diagnosi precoci. Di conseguenza può aumentare la percentuale di casi resecabili e la sopravvivenza dei malati.
La presa in carico
“Occorre sviluppare strategie di presa in carico dei pazienti sul territorio in modo da garantire equità delle cure ed il ‘diritto alla salute’ su tutto il territorio nazionale – ha messo in luce Francesca Gabellini, Presidente di Oltre la Ricerca ODV – Gli inderogabili doveri di solidarietà sociale sanciti dalla nostra Costituzione si attuano anche con la messa in campo dei livelli essenziali di assistenza, che dovrebbero essere garantiti ovunque secondo criteri di uniformità attraverso un intervento di regolazione da parte dello Stato”.
“Ad oggi – ha continuato Federica Valsecchi, Presidente della Fondazione Nadia Valsecchi – sono poche le strutture che hanno attivato protocolli di sorveglianza attiva riferiti ai soggetti ad aumentato rischio di sviluppare la patologia, o Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) standardizzati. Mancano risorse e strategie a questo dedicate da parte del SSN, così come andrebbero implementati a livello Europeo i fondi dedicati alla ricerca scientifica su questa patologia”.
Team multidisciplinare
“Il percorso per la diagnosi e il trattamento del tumore del pancreas è molto complesso, e richiede, oltre alle risorse tecnologiche adeguate, la presa in carico da parte di un team multidisciplinare che racchiuda in sé tutte le competenze specialistiche che si occupano di pancreas”. Lo ha ribadito Silvia Carrara, Presidente dell’AISP – Associazione Italiana Studio Pancreas e gastroenterologa all’IRCCS Istituto Clinico Humanitas. “La creazione di un percorso standardizzato di diagnosi e trattamento, e di un coordinamento a rete fra i centri esperti (chiamati Hub) e quelli meno esperti (spoke) è fondamentale per garantire cure più adeguate ai malati”, ha continuato.
Tumore al pancreas, tasso di sopravvivenza più basso
Gli specialisti sottolineano la necessità di mettere a sistema i sintomi che, anche se generici e aspecifici, possono fondare il sospetto per l’avvio di indagini specifiche. Il tumore al pancreas ha il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi più basso tra tutte le patologie oncologiche. Si attesta attorno al 10-12%, ben distante dall’88% del tumore al seno. Ad oggi è una sfida con cui il mondo medico e scientifico è chiamato a confrontarsi, hanno ribadito gli specialisti.
“Quanto pesano 80 grammi?”
Fondazione Valsecchi e Associazione Oltre la Ricerca ODV hanno stretto, in vista della Giornata Mondiale del Tumore al Pancreas che celebra il 16 novembre, due collaborazioni. Sono realizzate con Federfarma, la federazione che unisce oltre 19mila farmacie su tutto il territorio nazionale, e con SIMG – Società Italiana di Medicina Generale. Inoltre è stata creata una campagna di comunicazione: “Quanto pesano 80 grammi?”. Ottanta grammi è infatti il peso medio del pancreas. Si tratta di un organo piccolo, ma di grande importanza, con un “peso” dunque di gran lunga superiore alle sue dimensioni fisiche.
Tumore al pancreas, gli score diagnostici
“La maggioranza dei pazienti con tumore del pancreas inizia il proprio percorso diagnostico presentando i sintomi al proprio medico curante”, ha spiegato Claudio Cricelli, Presidente SIMG. “Si rende necessaria sempre più la diffusione del sospetto e l’applicazione di strategie volte a raggiungere diagnosi precoci – ha continuato. “A tal scopo, ad esempio, il modello ENDPAC (score recentemente sviluppato) può fornire utili indicazioni, come altri score diagnostici. I MMG richiedono sempre più supporti di questo tipo, in assenza di marcatori precoci, per identificare i pazienti a rischio che necessitano di ulteriori approfondimenti”.
Prevenzione anche in farmacia
“Fare prevenzione e screening rientra nelle quotidiane attività della farmacia di comunità. Per questo appoggiamo con convinzione la campagna Quanto pesano 80 grammi? organizzata nell’ambito della giornata mondiale del tumore al pancreas”, ha dichiarato Marco Cossolo, Presidente di Federfarma. “Ogni giorno i farmacisti in farmacia accolgono e ascoltano le persone che si rivolgono loro con fiducia per essere orientate e ottenere consigli sui propri problemi di salute, svolgendo così il ruolo di informatori e formatori in stretta collaborazione con gli altri professionisti sanitari che operano sul territorio. Con l’obiettivo, anche in collaborazione con le società scientifiche e le associazioni di malati, di creare percorsi multidisciplinari ed integrati che mettano il paziente al centro”.