Influenza, boom di ricoveri e assistenza a rischio
Chi ha paura dell’influenza? La domanda è più che legittima, visto che in questi giorni sono milioni gli italiani costretti a letto con dolori e brividi di freddo. La situazione, come spesso accade in questo periodo dell’anno è critica anche negli ospedali, e questo perché noi italiani siamo soliti correre in pronto soccorso al primo campanello d’allarme. Il problema è che con tanti accessi “impropri” i medici e gli infermieri si trovano schiacciati da una mole di lavoro talmente grande da non riuscire a tenere il passo. Non bastasse questo, anche i ricoveri (quelli necessari) sono saliti al punto da far tremare le direzioni generali di mezza Italia.
Aumento del rischio
Molti non sanno, o meglio non ricordano, che l’ambiente ospedaliero non è un toccasana per un sistema immunitario già debilitato. In altre parole, se non c’è una reale esigenza di ricevere cure ospedaliere sarebbe sempre meglio restare a casa, affidandosi ai consigli e alle cure del proprio medico di famiglia. L’aumento delle virosi è legato anche a questo fenomeno di contagio, molti anziani vengono trasportati in pronto soccorso al primo accenno di malore, ed è proprio in pronto soccorso che poi finiscono per contrarre il virus dell’influenza.
I pediatri
Una delle regioni maggiormente in difficoltà a causa dell’alto numeri di accessi in pronto soccorso è la Campania, regione che è anche sotto organico a causa di un decennale blocco del turnover. Sotto pressione anche il Santobono, chiamato come unico polo a rispondere alle emergenze pediatriche. Di qui la proposta dei pediatri di famiglia. Più volte Antonio D’Avino (segretario provinciale della Fimp) ha chiesto che il dibattito su questo tema portasse a delle modifiche sostanziali nell’organizzazione del sistema delle cure primarie pediatriche. «La risposta – dice – è il potenziamento del territorio, di cui si parla da tanti anni, attraverso interventi volti a rendere ancora più efficiente l’organizzazione dei pediatri di famiglia; due possibili azioni, che certamente migliorerebbero la risposta ai bisogni di salute dei cittadini, sono il riconoscimento del collaboratore di studio e dell’infermiere a tutti i pediatri territoriali della regione Campania».
Esempi virtuosi
E’ bene guardare anche ad altre regioni per comprendere come fronteggiano annualmente le epidemie di influenza che colpiscono l’apparato respiratorio, nei mesi invernali, e quello digerente, nei mesi estivi. Si tratta di considerevoli aumenti del carico di lavoro dei sanitari che operano sul territorio, prevedibili e che si presentano in modo ciclico, tali da poter essere facilmente gestiti con una corretta programmazione sanitaria. «Una ulteriore proposta – conclude D’Avino- è quella di attivare, anche in fase sperimentale, dei presidi territoriali di continuità dell’assistenza dei bambini, nelle giornate festive e prefestive, nei quali inserire giovani pediatri in attesa di impiego o pediatri territoriali su base volontaria. Ciò consentirebbe di evitare il sovraffollamento dei pronto soccorso ospedalieri attraverso il sistema di filtro che verrebbe garantito dai pediatri di famiglia, aumentando il livello di soddisfazione degli utenti. Troppo spesso, in tanti nosocomi cittadini, i nostri piccoli pazienti sono costretti a subire enormi disagi, dovuti a tempi di attesa interminabili. Per la tipologia del lavoro svolto, i pediatri di famiglia e i medici di medicina generale sono le uniche figure professionali del Servizio Sanitario Nazionale che possono abbattere, con una adeguata pianificazione, liste e tempi di attesa».