Diagnosi precoce decisiva contro il cancro al seno
Per il tumore al seno si è riusciti negli anni a far passare forte e chiaro il messaggio sul valore della prevenzione. Nonostante questo, in Italia, circa 55.000 donne (1 su 8) devono fare i conti con una diagnosi. Un dato che si traduce in una dura realtà: il carcinoma mammario è la prima causa di morte per tumore nel sesso femminile.
«Nonostante questi dati allarmanti, possiamo comunque constatare che la mortalità è in calo grazie alla diagnosi precoce e ai più innovativi trattamenti terapeutici», spiega Marcella Montemarano (radiologa e senologa responsabile del centro di screening mammario I e II Livello dell’ASL Napoli 1 Centro). Con la diagnosi precoce, infatti, la percentuale di guarigione a 5 anni è circa del 90%. Ma le cose cambiano drasticamente se c’è un ritardo diagnostico.
«In quel casi – prosegue – si passa da una sopravvivenza a 5 anni prossima al 100% in caso di stadio I (diagnosi molto precoce, ndr) a circa il 30% in caso di stadio IV (diagnosi tardiva con metastasi, ndr)». Ma come si fa prevenzione secondaria? In realtà basta uno screening mammario, tanto semplice quanto importante.
Tutte le donne asintomatiche nella fascia d’età compresa tra i 50 e i 69 anni (in Campania già a partire dai 45 anni), prosegue la specialista, dovrebbero sottoporsi gratuitamente a una mammografia ogni due anni, con lo scopo, scientificamente dimostrato, di ridurre la mortalità per cancro al seno. Montemarano avverte però che esiste un altro grosso limite dello screening mammografico: «Non si può considerare l’età come unico fattore di rischio, mettendo tutte le donne sullo stesso piano.
In realtà ci sono altri fattori di rischio importanti che devono essere presi in considerazione, come ad esempio l’elevata densità mammaria o la familiarità per questa patologia». Questo segnica che occorre creare dei percorsi di screening personalizzati, adatti a stratificare le donne in fasce di rischio basso, intermedio o elevato. «Solo in questo modo si può disegnare un percorso diagnostico adeguato da parte figure professionali dedicate e altamente specializzate come quelle presenti nei Centri di Screening». Un altro problema da affrontare è l’adesione delle donne ai programmi di screening.
In alcune regioni d’Italia, specie al Sud, e la Campania non fa eccezione, la partecipazione delle donne risulta ancora troppo bassa e le diagnosi tardive sono all’ordine del giorno. «È necessario incrementare le campagne di sensibilizzazione, di prevenzione primaria e secondaria – conclude la specialista – attraverso mass media, pagine social e App dedicate. Dobbiamo in tutti i modi arrivare a quante più donne possibile, anche le più giovani, per educarle alla cura di sé a partire dalla cosa più importante. Vale a dire la salute».
Articolo pubblicato su IL MATTINO il giorno 21 maggio 2023 con la collaborazione del network editoriale Presa – Prevenzione e Salute