Antibiotici usati male: nel 2050 in Italia batteri resistenti saranno prima causa di morte
L’antibiotico-resistenza è tra le prime dieci minacce per la salute globale. La Settimana mondiale della consapevolezza antimicrobica, promossa dall’OMS, è iniziata ieri. Entro il 2050 sono previsti 39 milioni di morti a causa di infezioni batteriche resistenti agli antibiotici. In Europa, l’AMR provoca ogni anno oltre 35.000 decessi, con l’Italia tra i paesi più colpiti. Il problema assume contorni gravi nel nostro Paese, dove l’uso improprio di antibiotici alimenta un fenomeno che rischia di provocare, entro il 2050, più vittime dei tumori.
I vaccini, secondo l’Oms, sono un mezzo efficace per contrastare il fenomeno, perché riducono le infezioni di origine virale, per le quali si prendono spesso gli antibiotici, in maniera impropria. Lo ha ricordato il prof. Massimo Andreoni, in occasione dell’Health Innovation Show della Fondazione Mesit. In una popolazione che invecchia, le vaccinazioni riducono il rischio di ospedalizzazioni e quindi di entrare in contatto con germi resistenti.
L’antibiotico-resistenza in Italia
Nel nostro Paese il consumo di antibiotici non rallenta, favorendo la diffusione di batteri sempre più resistenti alle cure. Secondo l’ultimo rapporto dell’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie), ogni anno nel nostro Paese si registrano circa 12mila decessi legati a infezioni da batteri resistenti, un terzo del totale europeo.
Questa “pandemia silente” potrebbe, entro il 2050, diventare la principale causa di morte in Italia, superando nella triste classifica i tumori. L’uso massiccio e spesso inappropriato di antibiotici alimenta la diffusione di batteri resistenti, creando una spirale che colpisce pazienti, strutture sanitarie e sistemi economici.
Infezioni ospedaliere in aumento
Nel biennio 2022-2023, circa 430mila pazienti italiani hanno contratto infezioni durante la degenza ospedaliera, pari all’8,2% dei ricoverati, ben sopra la media europea del 6,5%. Peggio dell’Italia fa solo il Portogallo (8,9%). Tra i principali responsabili ci sono batteri come la Klebsiella pneumoniae (mortalità fino al 50%) e lo Pseudomonas aeruginosa (mortalità al 70%).
L’impatto sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN) si quantifica in 2,7 milioni di posti letto occupati per infezioni resistenti, con un costo stimato di 2,4 miliardi di euro all’anno. Le differenze tra regioni sono marcate anche in questo caso: dalla Valle d’Aosta, con 500 infezioni ogni 15mila dimessi, alle 70 registrate in Abruzzo.
Consumo di antibiotici: Italia maglia nera
Il consumo di antibiotici in Italia resta tra i più alti d’Europa. Secondo il rapporto ECDC, nel 2023 il 35,5% della popolazione ha assunto almeno un antibiotico, contro il 32,9% del periodo 2016-2017. Al Sud si registrano i consumi più elevati: 44,8% della popolazione contro il 30,9% del Nord. Le penicilline con inibitori delle beta-lattamasi rappresentano la classe più utilizzata (36% del totale), ma preoccupa il crescente uso di antibiotici di seconda linea, a maggior impatto sulle resistenze.
Le sfide del sistema sanitario
La prevenzione delle infezioni ospedaliere è ancora insufficiente. Molte infezioni potrebbero essere evitate migliorando l’igiene delle mani, dei dispositivi medici e dei sistemi di ventilazione, spesso obsoleti. Secondo la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit), il 30% delle infezioni ospedaliere potrebbe essere prevenuto con interventi mirati. Un altro punto critico è la pulizia degli ambienti ospedalieri. Nuovi detergenti probiotici, come il PCHS, potrebbero ridurre la proliferazione di batteri nocivi fino a 24 ore, rispetto all’efficacia limitata di alcol e candeggina.
Obiettivi europei e strategie italiane
L’ECDC ha fissato obiettivi ambiziosi per l’Italia entro il 2030, tra cui:
• ridurre del 18% il consumo di antibiotici per uso umano;
• aumentare al 65% la quota di antibiotici di prima scelta (Access);
• ridurre del 12% le infezioni da Escherichia coli resistenti alle cefalosporine di terza generazione.
Nonostante alcuni progressi, l’Italia è lontana dal raggiungere questi traguardi. Dal 2019 al 2023, l’uso di antibiotici a livello europeo non ha mostrato un calo significativo, e in Italia i tassi restano superiori alla media UE.
Nuove prospettive per la ricerca
Il presidente di AIFA, Robert Nisticò, sottolinea la necessità di una legge per incentivare la ricerca di nuovi antibiotici. “Le industrie farmaceutiche investono poco in questo settore, data la scarsa redditività a lungo termine. Occorre spingere la ricerca con incentivi simili a quelli dei farmaci orfani, favorendo lo sviluppo e l’approvazione di antimicrobici innovativi”.
Il Governo ha stanziato 21 milioni di euro per una campagna di sensibilizzazione sull’uso consapevole degli antibiotici. Inoltre, si stanno esplorando incentivi per rendere il mercato più attrattivo, utilizzando fondi esistenti per i farmaci innovativi.
Antibiotici in veterinaria e rischi alimentari
L’uso di antibiotici negli animali destinati alla produzione alimentare contribuisce alla diffusione della resistenza batterica. Gli stessi farmaci usati in medicina umana vengono somministrati ad animali, favorendo la trasmissione di batteri resistenti.
Secondo un rapporto EFSA/ECDC, l’Italia registra alti livelli di resistenza in batteri come Salmonella e Campylobacter, particolarmente diffusi negli allevamenti di tacchini e polli. Per contrastare il fenomeno, il Ministero della Salute ha introdotto linee guida che promuovono un uso più prudente degli antibiotici negli allevamenti.
Un rischio globale
L’antibiotico-resistenza è una sfida globale che richiede interventi coordinati. Come ricorda Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, “Ci sono circa 100 antibiotici e 155 vaccini in sviluppo a livello globale. L’industria farmaceutica sta facendo la sua parte, ma la risposta alla pandemia silente richiede uno sforzo collettivo”
“ ‘Educate. Advocate. Act now.’ è il tema sottolineato dall’OMS quest’anno. Ed è proprio così. È fondamentale un’educazione costante e capillare. Così come sostenere l’impegno degli attori della salute e adottare azioni concrete in risposta alla resistenza antimicrobica. Per questo c’è più che mai bisogno di rafforzare l’azione sinergica internazionale e nazionale, coniugando incentivi a livello europeo con misure per favorire l’accesso nei singoli Paesi.
L’AMR è una delle prime dieci minacce per la salute globale. Entro il 2050 sono previsti 39 milioni di morti a causa di infezioni batteriche resistenti agli antibiotici. In Europa, l’AMR provoca ogni anno oltre 35.000 decessi, con l’Italia tra i paesi più colpiti. Una sfida quindi da affrontare con determinazione per individuare strategie sempre più efficaci e incisive anche con misure a favore di investimenti per la R&S e per l’accesso ai nuovi antibiotici Reserve, come peraltro il Governo sta prevedendo nella prossima legge di bilancio” conclude Cattani.
Senza azioni immediate, il costo umano ed economico continuerà a crescere, rendendo sempre più difficile contrastare un problema che già oggi uccide decine di migliaia di persone in Europa e milioni nel mondo.