Medici di famiglia: «Non mandarci all’inferno. Già ci siamo».
Prima celebrati come eroi, subito dopo additati come fannulloni. E’ la triste sorte dei medici di medicina generale, in una pandemia che ad un certo punto ha richiesto il sacrificio di capri espiatori. Già, perché quando il sistema ha delle falle, o si trovano i colpevoli o – cosa più semplice – si getta la croce addosso all’anello debole. Cosa che è puntualmente avvenuta. Così la sezione partenopea della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale FIMMG ha pensato di mettere in campo una campagna di sensibilizzazione che presto sarà ben visibile nelle strade di Napoli e negli studi dei medici di famiglia. Dal 21 dicembre al 14 gennaio, manifesti 6 per 3 metri parleranno ai cittadini.
GLI SLOGAN
«Per molti siamo invisibili, ma chi ci è vicino ci riconosce ad occhi chiusi», «Non mandarci all’inferno. Già ci siamo», «Abbiamo giurato di aiutare gli altri. Quando ci insultate, ricordatevelo», «Ogni giorno viviamo esperienze che nessuno conosce. Forse è per questo che si dimenticano di ciò che facciamo». Quattro frasi che vanno dritte al cuore di chi le legge e ricordano come i camici bianchi, in particolare i medici di famiglia, siano coloro che in questa pandemia stanno pagando il prezzo più alto; chiamati al compito impossibile di rispondere ogni giorno a centinaia di chiamate e richieste di consulto con ogni mezzo possibile, dalle e-mail a Whast’App. «Un compito al quale nessuno di noi si è mai sottratto – ricorda Corrado Calamaro (FIMMG Napoli), ma che alla fine ci ha trasformati in capri espiatori di colpe che hanno altri. Noi medici non cerchiamo gloria, non vogliamo essere eroi, ma neanche possiamo accettare di essere additati come “fannulloni”, o peggio. Non lo possiamo accettare anche solo per rispetto di quelle famiglie che avendo in casa un medico di medicina generale ora non hanno altro che una foto sulla quale piangere». Stessa linea quella di Luigi Sparano (FIMMG Napoli), che è tra i medici che saranno ritratti nei manifesti che saranno distribuiti negli studi. «Questa campagna – ricorda – non serve a farci pubblicità, ma servirà a rinsaldare il rapporto con i nostro assistiti, un rapporto che alcuni hanno cercato di incrinare facendo cattiva informazione. Spesso neanche per malizia, solo per una grande ignoranza sul tema delle cure territoriali».