Epatite C, la malattia sta arretrando
La lotta all’ epatite C va avanti spedita grazie ai nuovi farmaci antiretrovirali, così l’Italia sta affrontando la battaglia, ma i pazienti che aspettano di essere curati sono ancora circa 200mila. A loro vanno sommati altri 100mila circa che, pur essendo stati contagiati, non hanno scoperto l’infezione (il cosiddetto sommerso). Queste sono le stime di quest’anno (raffrontate con quelle del 2015) contenute nell’indagine «Epatite C: stima del numero di pazienti con diagnosi nota e non nota residenti in Italia». Lo studio è dell’associazione EpaC Onlus in collaborazione con l’Eehta del Centro di studi economici e internazionali (Ceis) dell’Università Tor Vergata di Roma.
Le terapie
La rivoluzione nella lotta all’ epatite C è avvenuta soprattutto negli ultimi tre anni grazie alla disponibilità dei nuovi farmaci ad azione antivirale diretta che permettono di curare la maggior parte dei pazienti a prescindere dallo stadio della malattia. I farmaci che si usano oggi non solo sono più efficaci, ma sono anche molto più tollerabili. Il tutto con terapie che durano pochi mesi. Addirittura oggi è possibile eradicare il virus in poco più di 2 mesi, a seconda dei genotipi virali.
Le stime
Al primo gennaio 2018 la stima del numero di pazienti con diagnosi nota della patologia in attesa di essere curati è di circa 240mila. Il primo gennaio 2019, invece, la stima è data ancora in ribasso: circa 160mila. «I risultati di questa nuova indagine, evidenziano e confermano un aspetto sul quale insistiamo da diverso tempo: ormai, la maggior parte dei pazienti da curare vanno cercati in serbatoi al di fuori delle strutture autorizzate – dice Ivan Gardini, presidente Epac -. Sono necessari piani di eliminazione regionali in grado di organizzare la presa in carico e l’avvio al trattamento dei pazienti da curare tramite il coinvolgimento di tutti gli stakeholders interessati (carceri, SerD, Medici di Famiglia, ecc.) e l’adozione di micro e macro Pdta funzionali a tale obiettivo. Purtroppo, sono ancora troppo poche le Regioni che si stanno organizzando in questa direzione, nonostante vi siano risorse vincolate per l’acquisto di farmaci anti Hcv, raccomandazioni dell’Oms, e quantità industriali di studi clinici che evidenziano la necessità di curare tutti i pazienti il prima possibile».