Antibiotico, il ciclo completo potrebbe essere dannoso
L’antibiotico va preso fino alla fine, anche se l’infezione è passata. Probabilmente tutti se lo sono sentito dire almeno una volta nella vita, ma se non fosse così. Anzi, se questa «regola» fosse addirittura dannosa per la salute? La domanda è lecita alla luce di uno studio molto recente che arriva dal Regno Unito, uno studio per il quale portare a temine il ciclo di cura stabilito dal medico anche se «dopo i primi giorni di assunzione del farmaco i sintomi iniziano a ridursi o scompaiono» non sarebbe la scelta giusta.
Cambio di prospettiva
Molto presto questa regola potrebbe diventare un ricordo, come detto secondo un articolo sul British Medical Journal non vi sono evidenze scientifiche a sufficienza su cui fondare l’attendibilità di tale raccomandazione clinica. Anzi, secondo gli autori dell’articolo, Martin Llewelyn presso la Brighton and Sussex Medical School e colleghi, potrebbe addirittura essere vero il contrario, e cioè potrebbe essere più sano per il singolo e per la comunità interrompere la terapia prima del termine della prescrizione, non appena i sintomi dell’infezione sono scomparsi. Inoltre, sempre secondo la lettera sul BMJ, aumentano le evidenze scientifiche secondo cui più sicuri cicli brevi di terapia (3 giorni) che non cicli lunghi come oggi spesso è prescritto (5-7 giorni o multipli di questi).
Antibiotico-resistenze
La raccomandazione del medico curante che sicuramente ognuno si sarà riportato a casa insieme a una ricetta per antibiotici è quella di finire la cura anche se a metà del ciclo si avverte un miglioramento. Il monito è che terapie interrotte possono causare l’insorgenza di resistenze. Eppure quando Llewelyn è andato alla ricerca delle motivazioni che storicamente hanno portato a radicare nella pratica clinica questa raccomandazione ha avuto difficoltà a trovarne. Poche evidenze scientifiche la corroborano, anzi studi recenti – ad esempio uno del 2010 pubblicato sempre sul BMJ e basato sull’analisi di migliaia di pazienti con infezioni del tratto urinario e respiratorio – sempre più spesso dimostrano il contrario e cioè che terapie di 1-2 settimane danno luogo più spesso a infezioni antibiotico-resistenti nei pazienti cui sono prescritte.