Orticaria, sudore e alimentazione compici del malessere
Prurito, prurito e ancora prurito. Chi non ha mai sperimentato gli effetti dell’orticaria non può comprendere cosa significhi sentire l’esigenza di grattare la pelle (cosa decisamente sconsigliata) come se non ci fosse un domani. Beh, il caldo, il sole e il sudore, ma anche l’alimentazione (se si abusa di alimenti come pesche, fragole o vini che contengono solfiti) possono essere alla base di veri e propri attacchi di orticaria. Patologia che per queste ragioni in estate tende ad aumentare. In Italia la malattia coinvolge circa 5 milioni di persone, mentre sono 600mila quelli che hanno un’orticaria cronica spontanea, che dura a lungo e che non ha una causa identificata.
SOLUZIONE POSSIBILE
A sottolinearlo sono gli esperti della Società italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (Siaaic) in occasione del loro XXXII Congresso nazionale (a Milano da domani e fino al 29 giugno). Nel 30% dei casi l’orticaria è insensibile agli antistaminici e si deve ricorrere al cortisone. Per circa 5.000 pazienti, i più complessi, la soluzione potrebbe però essere una terapia con farmaci biologici, ma solo poco più di 2.000 persone la stanno seguendo. Erogare a tutti l’omalizumab, l’anticorpo monoclonale approvato per l’orticaria cronica, costerebbe secondo i medici da 15 milioni a un massimo di 25 milioni di euro, mentre i costi diretti e indiretti di un’orticaria trattata in maniera inefficiente ammontano a circa 40 milioni di euro l’anno fra eventi avversi da cortisonici e assenze dal lavoro per i disagi provocati dal prurito che non passa mai.
I RIMBORSI
A oggi, proseguono i medici, il Sistema sanitario rimborsa la terapia per un massimo di 11 mesi, che per alcuni casi più complessi possono essere insufficienti. «Dopo proteste dei pazienti, Aifa – dicono dalla Società scientifica – si è impegnata a verificare se la rimborsabilità possa essere estesa oltre i 12 mesi in casi specifici e Siaaic lancia un appello perché i piani terapeutici possano essere allungati e sia così tutelata al meglio la salute dei pazienti». «Il Servizio sanitario nazionale non rimborsa oltre e quindi i casi veramente gravi, che non passano, sono costretti a ritornare ai precedenti trattamenti con scarso controllo della malattia con tutti i disagi che ne conseguono – osserva Mario Di Gioacchino, vicepresidente Siaaic – Alcuni pazienti che ne hanno la possibilità sono costretti ad acquistare di tasca propria il farmaco, a un costo di circa 500 euro al mese che può essere insostenibile per molti»