L’etichetta di ogni prodotto rappresenta il suo DNA. Spesso il cibo nasconde insidie per la salute e l’unico modo per difendersi è imparare a leggere l’etichetta, che è una carta d’identità di ciò che arriva a tavola. Un libro aiuta a orientarsi tra gli scaffali dei supermercati, lo ha scritto Enrico Cinotti “E’ facile fare la spesa, se sai leggere l’etichetta”, pubblicato da Newtono Compton. Ci sono, ad esempio, sei tra i principali additivi che sarebbe meglio evitare, ma che a volte sono nascosti dietro misteriose sigle.
Allergeni: in etichetta devono essere distinti dagli altri ingredienti “per dimensione, stile o colore”. I più noti sono latte, cereali contenenti glutine, uova, soia, frutta a guscio.
Ma anche i solfiti, riportati sul vino solo se superiori a 10 mg/l e utilizzati a volte per “correggere” la non elevata qualità della materia prima.
Edulcoranti: sostituiscono lo zucchero, hanno meno calorie ma qualche problema in più per la salute. Come l’aspartame (E951), che “secondo la Fondazione Ramazzini di Bologna può avere effetti cancerogeni, l’acesulfame K (E950) sulla quale si addensano dubbi di tossicità, il sucralosio (E955), secondo parte del mondo scientifico non proprio innocuo”, ricorda Cinotti, giornalista della rivista ‘Il Salvagente’.
Esaltatori di sapidità: il più noto è il glutammato di sodio (E621) aggiunto nei cibi spesso per mascherarne i difetti di qualità. Sono fonte di possibili allergie, tra le quali la cosiddetta “sindrome da ristorante cinese”, caratterizzata da mal di testa, vampata e affaticamento.
Coloranti: usati per rendere i cibi attraenti, alcuni sono innocui come curcumina e carotene o cocciniglia, ma altri no.
Come il giallo chinolina(E104) e il rosso allura (E129) accusato di provocare disturbi sul comportamento dei più piccoli, che può essere presente nelle carni e nei crostacei. Da evitare anche il biossido di titanio (E171) e l’alluminio (E173), usati nei dolci.
Conservanti: aiutano ad evitare la proliferazione dei microrganismi ma è bene non abusarne. È il caso del nitrato di potassio (E252), del nitrito di potassio (E249) e del nitrito di sodio (E250). Aggiunti nelle carni, fresche e insaccate, per evitare lo sviluppo del botulino e evitare che diventino grigie, una volta ingeriti, si trasformano in N-nitrosammine, sostanze cancerogene. Molti insaccati, come i prosciutti dop, li vietano.
Aromi: spesso sono l’ultimo ingrediente della lista. Ma “in una sola, parola si nasconde un mondo del tutto sconosciuto ai consumatori. Ne esistono quasi 3.000 a disposizione dell’industria” ma l’unica informazione in etichetta riguarda se quelli presenti siano aromi di sintesi (identificati semplicemente con la dicitura “aromi”), oppure naturali.
Il sushi può essere più calorico di un pasto da fast food, una notizia che non farà piacere alle centinaia di migliaia di consumatori abituali di uramaki, nigiri, hosomaki o futomaki vari. Ma non si può comunque girare la testa dall’altra parte. La domanda che tutti si faranno a questo punto è: «Come può un tocco di riso, qualche pezzetto di pesce e magari qualche alga essere alla stregua di un panino con hamburger e patatine?». La spiegazione, anzi le spiegazioni, sono tutte legate ai quantitativi e al condimento.Calorie sushi
Per fare la prova del nove il primo passo è quello di leggere i valori nutrizionali dei menu giapponesi. Si scopre allora che ogni singolo pezzetto di sushi (ad esempio un nigiri) vale cinquantina di calorie. Il che significa che una porzione da 8 vale all’incirca 400 calorie. Il problema è che in una cena a base di sushi difficilmente si consumano otto pezzi. In media si arriva anche a 14. Fare il conto è semplice, solo così si arriverebbe a circa 700 calorie. Per avere un’idea un po’ più completa diciamo che un nigiri salmone vale circa 50kcal/pz, ventresca di tonno (parte grassa) 70 kcal/pz, tonno (parte magra) 44,5 kcal/pz, unaghi (anguilla) 80 kcal/pz, orata 43,4 kcal/pz, branzino 35 kcal/pz, anguilla grigliata 62,5 kcal/pz, sgombro 60 kcal/pz. Questo solo per citare i più appetibili.Birra, vino e salse
A far aumentare il conto delle calorie in una cena a base di sushi sono gli alcolici, solitamente birra o vino bianco, e le varie creme e salse che possono essere usate per condimento. Una di queste è la maionese, che come tutti sanno non è esattamente la più raccomandata nelle diete. In 33 cl di birra ci sono poi circa 110 calorie e in due calici di vino anche 160. Tutto questo se paragonato alla più classica delle accoppiate da fast food “hamburger + patatine fritte” (circa 850 calorie) ci fa capire che in fin dei conti nel conteggio calorico il sushi non è al primo posto. Detto ciò, un buon sushi è decisamente più sano di hamburger e patatine. Ma come sempre l’unica regola che vale è il buon senso. E perché no, scegliere i piatti della nostra bella Italia. Buoni e nella maggior parte dei casi anche sani.