Un milione e 200 mila pazienti con fragilità severa in Italia, virus un rischio
Per chi ha un sistema immunitario compromesso o una immunodeficienza congenita e al vaccino non risponde allo stesso modo della popolazione generale, il virus SARS-CoV-2 è ancora un rischio. Ci sono un milione e 200mila pazienti con fragilità severa in Italia: significa che il sistema immunitario non sempre riesce a difendersi efficacemente da virus e infezioni. La fragilità interessa un terzo della popolazione, non solo anziana.
Pazienti, clinici e istituzioni hanno fatto il punto durante il Convegno “Fragili! Proteggere con cura… Covid e infezioni virali, pericolo scampato?” realizzato dall’Associazione AIP OdV. Per loro, in caso di Covid-19, la terapia con antivirali o anticorpi monoclonali deve essere avviata al più presto – spiegano gli specialisti. Quest’ultima è indicata per i soggetti fragili in politerapia o che non possono assumere antivirali, grazie all’assenza di interazioni farmacologiche. L’obiettivo di queste terapie è quello di bloccare l’ingresso del virus prima che riesca ad entrare nella cellula ospite.
“I pazienti con immunodeficienze congenite e acquisite vivono con preoccupazione il prossimo arrivo della stagione influenzale: nonostante le nuove indicazioni vaccinali indicate nel Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 23-25, le informazioni corrette su come gestire le infezioni non sono adeguatamente diffuse. Abbiamo bisogno di essere maggiormente tutelati. Per noi non vale la ‘normalizzazione’ del virus come fattore endemico e paghiamo un prezzo altissimo anche per eventuali ospedalizzazioni che vanno evitate il più possibile” è l’appello di Alessandro Segato, Presidente di AIP – Associazione Immunodeficienze Primitive.
Virus un rischio con fragilità
“Per le persone con fragilità, in caso di sintomi riconducibili al Covid-19, è necessario accelerare i tempi della diagnosi, eseguendo immediatamente un tampone e avviare al più presto la terapia con antivirali e anticorpi monoclonali” spiega il professor Federico Perno, Direttore di Microbiologia Clinica e Diagnostica di Immunologia Ospedale Bambin Gesù di Roma. “Il virus cambia continuamente e il fatto che la diffusione sia stata contenuta dalla vaccinazione non significa che non sia più rischioso, specialmente per alcune categorie di persone. La fragilità interessa un terzo della popolazione, non solo anziana. Basti pensare che la stessa influenza, che non gode della stessa attenzione, provoca tantissimi decessi ogni anno. Valutare il coefficiente di rischio di ogni paziente e prendere le opportune precauzioni per salvaguardarli è obbligatorio”. Inoltre, nell’ambiente circolano decine di altri patogeni che mettono sotto attacco continuo chi ha un sistema più debole.
Mentre l’andamento del Covid-19 ci racconta di una normalizzazione e l’OMS ha dichiarato la fine della pandemia, per alcuni le malattie virali rimangono un elemento di allerta. In Italia, infatti, si contano ancora circa 30 morti al giorno per infezioni SARS-CoV-2.
Vaccino resta fondamentale
“La protezione individuale e collettiva tramite vaccinazione” ha sottolineato Filippo Cristoferi, Responsabile delle Relazioni Istituzionali di AIP OdV “la diagnosi precoce e tempestiva e una pronta somministrazione del farmaco monoclonale sono pertanto le semplici linee di azione che devono vedere una collaborazione sinergica di pazienti, medici e sanitari”.
Le istituzioni sanitarie, ed in particolare le Regioni, e la politica devono facilitare la conoscenza, tramite informazione e comunicazione dedicata e multicanale, e interventi che semplifichino il percorso di accesso alle terapie.
Chi sono i fragili in Italia
I pazienti ‘fragili’ italiani sono quelli individuati dal Piano Nazionale Vaccini anti-Covid-19 per rischio elevato di sviluppare forme gravi della malattia, a causa di un danno d’organo, una malattia rara, gravi disabilità fisiche o compromissione della risposta immunitaria (come nel caso delle persone con Immunodeficienza Primitiva).