Tempo di lettura: 3 minutiGli obesi in Campania sono oggi 500.000 e le comorbilità legate a questa patologia destano sempre maggiore preoccupazione. L’obesità grave, infatti, incide pesantemente sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette riducendo le aspettative di vita di quasi 15 anni. A questo si aggiunge il rischio di morte per le comorbilità, come le malattie cardiovascolari che aumentano di oltre il 50% la mortalità e il diabete che determina il 40% di possibilità di decesso. Tra le malattie croniche connesse all’obesità vi sono anche le artropatie e i problemi della colonna vertebrale. In aumento anche i tumori a carico di vari organi. La ripercussione in termini economici è notevole. I costi sanitari diretti per il paziente obeso aumentano di oltre il 50% rispetto a quelli sostenuti per un paziente normopeso, mentre quelli indiretti ammontano ad oltre 300 euro per persona l’anno con un aumento del costo pro-capite dell’8% per ogni punto di indice di massa corporea (dati del Ministero della Salute sulle strategie di intervento 2016-2019). Per la sola regione Campania quindi, la voce “obesità” comporta una spesa di circa 900 milioni di euro.
PDTA
Nasce da qui il dibattito “Reti per la gestione del paziente obeso alla luce della nuova governance sanitaria in Regione Campania”, che si è svolto ieri 15 giugno a Napoli. Ad aprire la giornata è stato Giorgio Garofalo, Presidente ONS – Obesità, Nutrizione e Salute, una realtà di oltre 3mila pazienti, nata circa un anno fa per supportare i pazienti obesi – con una lettera aperta al Governatore della Campania Vincenzo de Luca affinché si migliorino i percorsi diagnostico terapeutici dedicati al paziente obeso, confermando la volontà di non andare fuori Regione e di voler essere curati nei centri di eccellenza del territorio.
Chirurgia bariatrica
Secondo la comunità scientifica la chirurgia bariatrica rappresenta la soluzione più efficace, che consente un calo di peso significativo, con ripercussioni positive sulle comorbilità e di conseguenza anche sui costi sociali. Lo conferma anche un’analisi del Centro di Studio e Ricerca sulla Sanità Pubblica (CESP) dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, in cui viene dimostrato che il rapporto di costo-efficacia della chirurgia bariatrica in Italia è molto più vantaggioso rispetto ad un approccio non chirurgico, nel medio e nel lungo periodo. Lo studio afferma che, con la chirurgia bariatrica si può ottenere un guadagno per paziente di oltre tre anni di vita vissuta in condizioni di salute ottimali e una riduzione della spesa per paziente di 8.649 euro. Un dato a conferma dell’aumento degli interventi di chirurgia dell’obesità in Italia: oltre 11.000 nel 2015 contro gli 8000 del 2014. Dei 130 centri riconosciuti in Italia, una decina si trova in Campania. Quelli indicati dalla SICOB come centri di riferimento sono:
1. San Giovanni Bosco – Napoli;
2. A.O.U. Università Degli Studi Di Napoli “Federico II”, Dipartimento Di Medicina Clinica e Chirurgia;
3. Presidio Ospedaliero – Pineta Grande di Castelvolturno,
4. A.Cardarelli – Uosd Chirurgia Bariatrica e Metabolica – Napoli,
5. Università degli studi di Salerno A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona Ospedale G. Fucito- Salerno,
6. Azienda Policlinico Universitario –Sun – Napoli,
7. Seconda Università di Napoli;
8. Villa Betania – Napoli
Ciò nonostante, continua incessante la migrazione sanitaria. Su 1.684 pazienti operati nel 2016 il 20% è andato fuori regione. L’appello è dunque destinato ad interrompere il turismo sanitario, non giustificato in una Regione come la Campania, come spiega Luigi Piazza, Presidente della SICOB. «La Campania offre un sistema più che adeguato per la ricezione e la cura dei pazienti grazie alle sue strutture di eccellenza e ai validi professionisti presenti. Il problema oggi sono le liste di attesa troppo lunghe. Sono queste, infatti, che inducono i pazienti ad andare fuori Regione. Nonostante ciò, nel 2016, i centri di chirurgia bariatrica campani hanno effettuato oltre 1.000 interventi ed un follow-up di pazienti operati pari a circa 4.000. Occorre quindi individuare i centri di eccellenza, investire su di loro e potenziarli. Questo però compete esclusivamente alla politica. Siamo certi, infatti, che l’implementazione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) finalizzato alla valorizzazione di centri di eccellenza, consentirebbe, entro un anno, di dimezzare la migrazione sanitaria».
“Un paziente obeso ha infatti bisogno di una rete assistenziale con un approccio multidisciplinare che lo prenda in carico, lo accompagni e lo guidi nel suo percorso di cura fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’intervento chirurgico. Per potersi sottoporre all’intervento, però, occorre seguire un iter fatto di dieta e psicoterapia, al fine di raggiungere il calo ponderale necessario. Si tratta di un percorso lungo, difficile e pieno di ostacoli che può essere superato.
Psoriasi, in pochi sanno che le cure ci sono
PrevenzioneArriva l’estate e la psoriasi tende a ‘placarsi’ grazie al sole, ma il problema resta, più grave che mai. Sui quasi tre milioni di malati in Italia, una gran parte è costretta per tutto il resto dell’anno ad una estenuante ricerca di una terapia efficace, che si trasforma in un pellegrinaggio continuo tra medici di famiglia e dermatologi territoriali. Una ricerca che non passa mai per i centri di riferimento, con il risultato di una delusione che tocca l’84% dei casi e un abbandono delle cure che arriva al 90% e la grave conseguenza che l’80% dei malati viene colpito anche da depressione. A scattare questa impietosa fotografia, basata su 5.278 schede compilate dai pazienti e 2560 dai medici specialisti, è stata l’ADIPSO, l’Associazione per la Difesa degli Psoriasici, che ha presentato i risultati della propria indagine durante un convegno che si è concluso sabato a Roma. Le schede sono state raccolte dall’associazione lo scorso 29 ottobre durante l’Open Day del WPD (World Psoriasis Day), in 93 cliniche di riferimento regionali (ex Psocare) che hanno aperto le loro porte per fornire informazioni sulla malattia e svolgere visite e consulti gratuiti. «Fare qualcosa per questi pazienti – dice la presidente dell’ADIPSO Mara Maccarone – è d’obbligo. Oggi ci sarebbero tutti i mezzi per curarsi, ma molti non ci riescono, e questo è enorme danno per il paziente e per la società. Le schede che abbiamo raccolto fotografano perfettamente la situazione generale, basti pensare che nei centri di riferimento in pochi anni siamo scesi da 12mila a 6mila pazienti, segno tangibile che qualcosa non va e non per colpa dei malati».
Pochi pazienti nei centri di riferimento
Uno dei dati emersi è che delle persone visitate o intervistate all’Open Day solo 102 erano state trattate da un centro di riferimento. Forse anche per questo hanno manifestato una forte delusione per le terapie ricevute. Inoltre la ricerca ha messo in luce una forte richiesta dei farmaci biotecnologici da parte dei pazienti, nonostante ci siano molte alternative prima di arrivare a questa risorsa.
Per Nicola Balato, che dirige la dermatologia del Policlinico Federico II di Napoli, «il problema della terapia si risolve con una migliore comunicazione. Dobbiamo impostare un percorso di istruzione del paziente per fare in modo che segua il più possibile le terapie che proponiamo, anche spiegandogli che magari la prima può non funzionare ma che in quel caso ci sono delle altre ‘armi’ che si possono usare». Una caratteristica dei pazienti emersa dalle schede è la presenza frequente di comorbidità, con le principali che sono risultate l’obesità (il 26% di chi aveva una malattia associata alla psoriasi) e la depressione (23%), oltre che il diabete (13%). Un problema per chi prende in carico il paziente, perché queste patologie fanno in modo che il paziente non possa usare certi farmaci.
Poca attenzione dalle istituzioni in tutte le Regioni
Durante il convegno sono stati illustrati i numeri e le esperienze delle diverse regioni italiane, da cui sono emersi diversi punti comuni, purtroppo negativi, diffusi su tutto il territorio nazionale. Quasi tutti i responsabili delle cliniche dermatologiche (ex Psocare) presenti al convegno hanno lamentato una carenza di attenzione da parte delle Istituzioni, che da un lato non forniscono sufficienti risorse umane per una gestione ottimale dei centri, e dall’altra mettono paletti e ostacoli burocratici all’utilizzo dei più recenti farmaci innovativi. Tutto questo avviene anche quando la prescrizione dello specialista risulta appropriata, al solo scopo di risparmiare, contravvenendo all’art. 32 della Costituzione, che dichiara il diritto alla salute di tutti i cittadini, e dal decreto dell’OMS inviato a tutte le nazioni, dove si dichiara che la psoriasi è una malattia grave e che il paziente va preso in carico e curato. A questo si aggiunge la spesa, onerosa per il paziente, dovuta agli alti costi del ticket, per le prestazioni diagnostiche che servirebbero a monitorare la malattia in corso. Quasi tutti, infine, hanno lamentato uno scarso coordinamento con gli altri attori del sistema, dai medici di famiglia ai dermatologi privati, e delle Asl, che porta ad avere pochi pazienti nei centri di riferimento preposti, per competenza, dalla Regione, per una migliore gestione della patologia, spesso sottovalutata dalle Istituzioni.
Vaccinazioni: l’Asl di Caserta promuove la prevenzione
Prevenzione«I vaccini? funzionano. Proteggono la salute in ogni fase della vita». Questo lo slogan della Settimana Europea della Vaccinazione, uno slogan che focalizza l’attenzione sul bisogno e l’importanza delle vaccinazioni ad ogni età. Il primo obiettivo è quello di sensibilizzare la popolazione, gli operatori sanitari e gli stakeholder su come i vaccini tutelano non solo la salute del singolo individuo, ma anche della collettività da malattie infettive gravi e talvolta mortali, ponendo ancora una volta l’accento sulla indispensabilità della vaccinazione di massa per raggiungere «l’effetto gregge» (heard immuniy) nelle popolazioni target, ovvero le coperture di sicurezza raccomandate dall’OMS per il contenimento della diffusione delle malattie infettive.
Il calendario vaccinale
L’importanza della vaccinazione in ogni età è dimostrata dal calendario vaccinale del PNV 2017/2018 approvato dal Ministero della Salute, che rappresenta «il Calendario per la Vita», visto che ha previsto l’introduzione in offerta «attiva» gratuita di nuovi vaccini non solo in età pediatrica e nell’adolescenza, come accade per il Meningocco B nei bambini entro il I° anno di vita o il vaccino anti Papilloma virus anche negli adolescenti (undicenni) maschi; ma anche nuovi vaccini destinati ai agli anziani di età superiore ai 65 anni (tra queste la vaccinazione anti pneumococcica e la vaccinazione contro il virus dell’Herpes Zoster). Grazie alla vaccinazione e all’aumento delle coperture vaccinali nella popolazione, come è noto, alcune malattie molto gravi e loro complicanze sono diminuite fino alla scomparsa, come nel caso della poliomielite o addirittura eradicate come nel caso del vaiolo. Vaccinarsi, inoltre, è un atto d’amore e di solidarietà non solo verso se stessi, ma anche verso gli altri, perché serve anche a proteggere quei soggetti che non possono essere vaccinati in quanto affetti da gravi patologie (es. patologie del sistema immunitario) e che pertanto non avrebbero risposta al vaccino.
L’impegno dell’Asl di Caserta
Nell’ambito delle attività dedicate alla promozione delle vaccinazioni, anche quest’anno l’Asl di Caserta ha intrapreso iniziative in occasione della Settimana Europea della Vaccinazione, proprio per rimarcare il valore della vaccinazione quale strumento di prevenzione primaria e quale adempimento LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Il Direttore del Servizio di Epidemiologia e Prevenzione, MariaLuigia Trabucco,il responsabile della UO di Educazione alla Salute del Dipartimento di Prevenzione, Flavia Bergamasco (in collaborazione con la Coordinatrice Area Materno- Infantile) hanno organizzato una serie di eventi rivolti agli operatori sanitari del Territorio e dei Presidi Ospedalieri, anche quali destinatari della vaccinazione stessa, agli alunni, genitori, dirigenti scolastici e docenti, in modo da fornire corretta informazione/formazione in materia di vaccinazioni. In particolare sull’efficacia e sicurezza dei vaccini, al fine di sfatare i falsi miti e contrastare la disinformazione che hanno determinato a livello nazionale la sfiducia nelle vaccinazioni e di conseguenza il calo delle coperture vaccinali, nonché i recenti fenomeni epidemici di Morbillo, specie nella fascia di età dei giovani adulti.
Un polo per l’educazione alimentare
AlimentazioneUn polo scientifico per la salute e il benessere e che abbia come cardini la ricerca e l’educazione alimentare. E’ questa la proposta emersa durante l’importante tavola rotonda sul diritto al cibo sano che si è svolta a Corbara, cittadina dell’Agro Nocerino Sarnese e porta della Costiera Amalfitana. L’ambizioso progetto è stato condiviso dal sindaco Pietro Pentangelo che ha detto: «Gettiamo le basi per costruire percorsi condivisi e per valorizzare reti tra diverse realtà scientifiche e culturali, puntando sulle nostre eccellenze e peculiarità territoriali. L’obiettivo è fare tesoro delle ricerche scientifiche e risultati ottenuti in campo medico sanitario per diffondere la cultura della sana alimentazione, difendendo e preservando le nostre produzioni tipiche ed eccellenze agroalimentari».
Effetto antitumorale
Ed è proprio partendo dal potenziale antitumorale del «Corbarino», il particolare pomodorino di collina, coltivato sul territorio e del pomodoro San Marzano, entrambi oggetti della ricerca condotta da Giordano che si è imperniato il dialogo tra gli esperti intervenuti. «Analizzando le proprietà antiossidanti e la quantità di singoli componenti di queste due varietà di pomodoro – ha detto Giordano – abbiamo scoperto che il loro effetto antitumorale non sembra essere correlato alla presenza di specifiche molecole, come il licopene». Piuttosto «i nostri dati suggeriscono che i pomodori debbano essere considerati nella loro interezza e che specie distinte possono esercitare effetti diversi su stadi diversi di sviluppo tumorale».
La ricerca
A quanto pare entrambi gli estratti di pomodoro, San Marzano e Corbarino «sono stati in grado di inibire la crescita e la capacità di formare cloni in mezzo semisolido, caratteristica tipica delle cellule maligne, di tre linee cellulari tumorali gastriche. Il trattamento con tutti gli estratti di pomodoro ha inoltre influenzato processi cellulari chiave. E’ stato visto infatti che ostacolano la capacità di migrazione delle cellule cancerose, arrestano il ciclo cellulare attraverso la modulazione delle proteine della famiglia del retinoblastoma e di inibitori specifici del ciclo cellulare, e infine inducono la morte delle cellule tumorali attivando l’apoptosi».
Apnee notturne, curarle fa bene al cuore
PrevenzioneLe apnee notturne incidono sulla qualità del sonno e sul metabolismo, alzando i livelli di glicemia nel sangue e fanno male alla salute dell’apparato cardiovascolare. Il loro trattamento è una strategia elettiva per evitare queste complicazioni. Lo dimostra un recente studio dell’Università di Baltimora.
Insomma, trattare in modo corretto le apnee notturne (OSA – Obstructive Sleep Apnea) produce benefici a livello cardiaco e sulla glicemia. Lo studio è coordinato da Jonathan Jun, della Johns Hopkins University di Baltimora. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism.
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno preso in considerazione 31 persone con OSA da moderata a grave, note per utilizzare regolarmente il cPAP. I partecipanti hanno dormito due notti in laboratorio, utilizzando l’apparecchio solo una notte. Durante il sonno, i ricercatori hanno raccolto campioni di sangue ogni 20 minuti. Jun e colleghi hanno visto prima di tutto che nella notte in cui non veniva utilizzato il cPAP, le apnee notturne tornavano. In queste persone, inoltre, venivano registrati bassi livelli di ossigeno nel sangue, sonno disturbato e un aumento della frequenza cardiaca. Mentre dai campioni di sangue sarebbe emerso un aumento dei livelli di acidi grassi, del glucosio e dell’ormone dello stress, il cortisolo. I ricercatori hanno anche evidenziato un aumento della pressione sanguigna e della rigidità arteriosa, collegati con un rischio cardiaco.
HIV – Epatite C: in Italia 20mila coinfetti. A luglio la campagna
PrevenzioneIn Italia, tra le persone positive all’Hiv ci sarebbero almeno 15-20 mila pazienti con infezione da Epatite C (Hcv) ancora attiva. Ogni anno, dei 4 mila nuovi casi di infezione da Hiv, 250 soggetti hanno anche l’infezione da Hcv. L’Hiv influisce negativamente sull’evoluzione dell’infezione da Hcv: ne fa aumentare la sua carica virale e il tasso di progressione verso fibrosi e cirrosi e la mortalità Hcv‐correlata. I pazienti con la coinfezione hanno una più alta prevalenza di infezione da genotipo 1a e 3 di Hcv, nonché una più alta prevalenza del cofattore di danno da alcol.
Da poco si è conclusa la IX edizione di Icar, l’Italian Conference on Aids and Antiviral Research che ha coinvolto, all’Università di Siena, oltre mille specialisti. Al termine del Congresso è stata presentata la nuova campagna, che partirà a luglio, per combattere l’epatite C (Hcv) nei pazienti coinfetti con Hiv. In Italia ci sono almeno 15-20 mila pazienti di questo tipo. Le nuove terapie sono in grado di eradicare l’epatite C in oltre il 95% dei casi.
La nuova campagna di eradicazione dell’epatite C (Hcv) nei pazienti coinfetti con Hiv è promossa da Simit, la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali.
L’obiettivo della Simit è eliminare l’Hcv in questa popolazione nell’arco di un triennio. Per ottenere questo risultato, vuole coinvolgere in un lavoro comune le Associazioni dei pazienti. È in corso inoltre un’importante sinergia con la Fondazione Icona, che sta sviluppando una progettualità di ricerca su questo tema, a supporto e a validazione dei risultati del piano di eradicazione. Lo scopo è di implementare il supporto assistenziale al paziente, attraverso programmi che facilitino l’assunzione dei farmaci. Secondo gli organizzatori della campagna, serve sostenere i centri di minori dimensioni, favorendo l’accesso ai Daa (direct acting antiviral) dei pazienti ad essi afferenti, favorendo il coordinamento dei maggiori centri erogatori.
“La coinfezione Hiv/Hcv – ha spiegato Massimo Galli, Vicepresidente Simit, Professore Ordinario di Malattie Infettive all’Università di Milano – determina interazioni patogenetiche che causano nelle persone colpite una maggior incidenza di malattie cardiovascolari, danno renale, malattie metaboliche e un’accelerazione della progressione dell’infezione da Hcv. Per tutti questi motivi l’eradicazione tempestiva dell’infezione da Hcv nelle persone con infezione da Hiv è da considerarsi una priorità, indipendentemente dal grado di compromissione epatica raggiunto. I risultati della terapia con Daa nelle persone con Hiv dimostrano inoltre percentuali di successo del tutto analoghe a quelle registrate negli Hiv-negativi, anche nei casi definibili come ‘difficili’, nei pregressi fallimenti a terapie antivirali basate sull’interferone e nei cirrotici”.
“In Italia – ha detto Andrea De Luca, Direttore Malattie Infettive Università di Siena – il fenomeno della coinfezione, cioè di pazienti che hanno infezione sia da Hcv che da Hiv, costituisce una percentuale abbastanza alta: il 25% delle persone con Hiv ha anche l’epatite C. Oggi però ci sono nuovi trattamenti per l’epatite C: i dati presentati ad Icar presentano come, soprattutto in Italia, queste nuove terapie sono in grado di eradicare l’epatite C anche in chi è affetto da Hiv in oltre il 95% dei casi. Sono risultati addirittura superiori agli studi clinici, a dimostrazione che nei centri infettivologici italiani si fa una terapia molto attenta, fatta da personale molto esperto e mirata sul paziente”.
“La maggior parte dei pazienti coinfetti – ha aggiunto De Luca – è nota ai centri ed è già seguita, rendendo più rapidamente praticabile questo processo rispetto all’eradicazione generale. Ciò è molto importante perché una parte di trasmissione dell’epatite C in Italia avviene proprio nell’ambito della popolazione coinfetta e nei pazienti affetti da Hiv l’epatite C fa molti più danni a tutti gli organi. È dunque una priorità. Simit si sta impegnando molto e ICAR sarà un punto cruciale perché raccoglie tutti gli attori coinvolti in questo processo. L’obiettivo ambizioso è quello di verificare se nell’ambito del prossimo anno sia possibile intraprendere il trattamento nel 90% di questi pazienti”.
I grandi obesi in fuga verso il Nord
News PresaGli obesi in Campania sono oggi 500.000 e le comorbilità legate a questa patologia destano sempre maggiore preoccupazione. L’obesità grave, infatti, incide pesantemente sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette riducendo le aspettative di vita di quasi 15 anni. A questo si aggiunge il rischio di morte per le comorbilità, come le malattie cardiovascolari che aumentano di oltre il 50% la mortalità e il diabete che determina il 40% di possibilità di decesso. Tra le malattie croniche connesse all’obesità vi sono anche le artropatie e i problemi della colonna vertebrale. In aumento anche i tumori a carico di vari organi. La ripercussione in termini economici è notevole. I costi sanitari diretti per il paziente obeso aumentano di oltre il 50% rispetto a quelli sostenuti per un paziente normopeso, mentre quelli indiretti ammontano ad oltre 300 euro per persona l’anno con un aumento del costo pro-capite dell’8% per ogni punto di indice di massa corporea (dati del Ministero della Salute sulle strategie di intervento 2016-2019). Per la sola regione Campania quindi, la voce “obesità” comporta una spesa di circa 900 milioni di euro.
PDTA
Nasce da qui il dibattito “Reti per la gestione del paziente obeso alla luce della nuova governance sanitaria in Regione Campania”, che si è svolto ieri 15 giugno a Napoli. Ad aprire la giornata è stato Giorgio Garofalo, Presidente ONS – Obesità, Nutrizione e Salute, una realtà di oltre 3mila pazienti, nata circa un anno fa per supportare i pazienti obesi – con una lettera aperta al Governatore della Campania Vincenzo de Luca affinché si migliorino i percorsi diagnostico terapeutici dedicati al paziente obeso, confermando la volontà di non andare fuori Regione e di voler essere curati nei centri di eccellenza del territorio.
Chirurgia bariatrica
Secondo la comunità scientifica la chirurgia bariatrica rappresenta la soluzione più efficace, che consente un calo di peso significativo, con ripercussioni positive sulle comorbilità e di conseguenza anche sui costi sociali. Lo conferma anche un’analisi del Centro di Studio e Ricerca sulla Sanità Pubblica (CESP) dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, in cui viene dimostrato che il rapporto di costo-efficacia della chirurgia bariatrica in Italia è molto più vantaggioso rispetto ad un approccio non chirurgico, nel medio e nel lungo periodo. Lo studio afferma che, con la chirurgia bariatrica si può ottenere un guadagno per paziente di oltre tre anni di vita vissuta in condizioni di salute ottimali e una riduzione della spesa per paziente di 8.649 euro. Un dato a conferma dell’aumento degli interventi di chirurgia dell’obesità in Italia: oltre 11.000 nel 2015 contro gli 8000 del 2014. Dei 130 centri riconosciuti in Italia, una decina si trova in Campania. Quelli indicati dalla SICOB come centri di riferimento sono:
1. San Giovanni Bosco – Napoli;
2. A.O.U. Università Degli Studi Di Napoli “Federico II”, Dipartimento Di Medicina Clinica e Chirurgia;
3. Presidio Ospedaliero – Pineta Grande di Castelvolturno,
4. A.Cardarelli – Uosd Chirurgia Bariatrica e Metabolica – Napoli,
5. Università degli studi di Salerno A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona Ospedale G. Fucito- Salerno,
6. Azienda Policlinico Universitario –Sun – Napoli,
7. Seconda Università di Napoli;
8. Villa Betania – Napoli
Ciò nonostante, continua incessante la migrazione sanitaria. Su 1.684 pazienti operati nel 2016 il 20% è andato fuori regione. L’appello è dunque destinato ad interrompere il turismo sanitario, non giustificato in una Regione come la Campania, come spiega Luigi Piazza, Presidente della SICOB. «La Campania offre un sistema più che adeguato per la ricezione e la cura dei pazienti grazie alle sue strutture di eccellenza e ai validi professionisti presenti. Il problema oggi sono le liste di attesa troppo lunghe. Sono queste, infatti, che inducono i pazienti ad andare fuori Regione. Nonostante ciò, nel 2016, i centri di chirurgia bariatrica campani hanno effettuato oltre 1.000 interventi ed un follow-up di pazienti operati pari a circa 4.000. Occorre quindi individuare i centri di eccellenza, investire su di loro e potenziarli. Questo però compete esclusivamente alla politica. Siamo certi, infatti, che l’implementazione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) finalizzato alla valorizzazione di centri di eccellenza, consentirebbe, entro un anno, di dimezzare la migrazione sanitaria».
“Un paziente obeso ha infatti bisogno di una rete assistenziale con un approccio multidisciplinare che lo prenda in carico, lo accompagni e lo guidi nel suo percorso di cura fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’intervento chirurgico. Per potersi sottoporre all’intervento, però, occorre seguire un iter fatto di dieta e psicoterapia, al fine di raggiungere il calo ponderale necessario. Si tratta di un percorso lungo, difficile e pieno di ostacoli che può essere superato.
Un test unico per scoprire le allergie. È stato creato a Napoli
Ricerca innovazioneSi chiama ‘Faber‘ ed è uno strumento diagnostico che consente con un unico test di verificare la sensibilità a 244 allergeni. A idearlo è stato il team guidato da Maria Antonietta Ciardiello dell’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Ibbr-Cnr).
Il marchio è stato recentemente registrato presso l’ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale. Gli aspetti tecnici, clinici, diagnostici e professionali del test – frutto di un lavoro in collaborazione con i Centri associati di allergologia molecolare (Caam), l’Allergy Data Laboratories (Adl) e con il supporto dell’azienda austriaca MacroarrayDx – saranno portati al meeting della European Academy of Allergology and Clinical Immunology in corso a Helsinki dal 17 al 21 giugno 2017.
“Faber è stato sviluppato grazie all’uso delle nanotecnologie: gli allergeni sono infatti accoppiati a piccolissimi supporti (nanobeads), utilizzando diversi tipi di legami chimici e ottimizzando la coniugazione delle proteine allergeniche con il supporto. Il dispositivo è costituito da un biochip sul quale sono immobilizzate 244 preparazioni allergeniche: 122 molecole e 122 estratti caratterizzati, provenienti da circa 150 differenti fonti allergeniche (alimenti, pollini, acari, epiteli, muffe, lattice, veleni di api e vespe, tessuti), che attraverso un unico test sierologico permettono di analizzare contemporaneamente la sensibilità a tutti gli allergeni”, spiega Ciardiello. “Nella raccolta di preparazioni allergeniche sono presenti componimenti esclusivi, realizzati e controllati costantemente dal gruppo Ibbr-Cnr, mentre il test, che prevede l’uso di siero o plasma umano e di un anticorpo anti-Immunoglobina E (IgE), viene eseguito dagli allergologi del Caam diretti da Adriano Mari”. Il Caam fornisce anche i risultati al paziente online tramite la cartella clinica elettronica ‘InterAll’ e attraverso il Caam Digital Reporting System (Cdrs): “La documentazione e l’interpretazione dei risultati, a differenza di un normale referto cartaceo, si aggiornano costantemente sulla base dei nuovi dati scientifici estratti dalla banca dati degli allergeni Allergome creata da Adl (www.allergome.org). Una versione professionale del software, Cdrs pro permette l’accesso agli specialisti, così da aggiornarli sulle novità del test, seguire tutorial e confrontarsi con casistiche reali. La documentazione del sito, accessibile da smartphone, tablet e pc, è disponibile in nove lingue, incluso il cinese”, prosegue la ricercatrice Cnr.
L’allergia, definita dall’Organizzazione mondiale della sanità “una patologia non trasmissibile fuori controllo“, negli ultimi dieci anni ha subito un notevole incremento, coinvolgendo quasi il 40% della popolazione mondiale. Influenzata dalla posizione geografica e dalle condizioni climatiche può, in alcune forme, essere causa di malattie croniche a rischio per la vita stessa dei soggetti allergici. “Faber rappresenta uno strumento diagnostico tecnologicamente avanzato e conta su un’ampia collezione di allergeni”, conclude Ciardiello. “Il test non necessita del digiuno preventivo da parte del paziente e non è influenzato dall’assunzione di farmaci, neanche di quelli prescritti per il trattamento dell’allergia. Necessita di 4 ore per l’esecuzione e la pubblicazione dei risultati è immediata”.
Ricercatori italiani scoprono come fermare i tic motori
Ricerca innovazioneUn gruppo di ricercatori italiani ha scoperto un ‘interruttore’ dei tic, il meccanismo neurale che gli dà origine, studiando la ‘sindrome di Tourette’. Un risultato molto importante, pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Lo studio è stato condotto da Marco Bortolato della University of Utah e Graziano Pinna della University of Illinois a Chicago. La ricerca suggerisce anche una possibile via di cura con farmaci che spengano l”’interruttore” del disturbo, farmaci già in uso con altre indicazioni mediche.
La sindrome di Tourette (un disturbo neurologico che esordisce nell’infanzia), spiega Pinna all’ANSA, è associato a molti tic motori e almeno uno vocale, ma esistono altri disturbi da tic e nell’insieme si stima che il 4-5% dei bambini soffra di disturbi da tic. Nella sindrome di Tourette vi è un’estrema variabilità dei tic, che si presentano con significative variazioni di intensità e frequenza. Il tutto si aggrava quando il paziente è in condizioni di stress e tensione. “La nostra ricerca (su modelli animali) – afferma Bortolato – ha dimostrato che lo stress acuto aumenta le manifestazioni simili ai tic tramite l’aumento di ‘allopregnanolone'”, un ormone dello stress prodotto nel cervello. Infatti gli esperti hanno visto che somministrando allopregnanolone agli animali, aumenta il disturbo, e che, al contrario, farmaci che fermano la sintesi di questo ormone riducono frequenza e intensità dei movimenti involontari. “La scoperta apre a nuovi sviluppi terapeutici, e si allinea con precedenti risultati ottenuti in collaborazione con l’Università di Cagliari”, prosegue Bortolato. Questi studi hanno mostrato che farmaci che bloccano la sintesi dell’allopregnanolone riducono i tic in pazienti che non rispondono ad altre terapie. “Studi futuri saranno condotti su nuovi farmaci che possano ridurre la produzione e quindi l’azione dell’allopregnanolone”, conclude Pinna, sì da migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Ematologia, Avellino si candida a polo di riferimento
News Presa«L’Irpinia si candida a diventare polo europeo per la cura del paziente ematologico e la ricerca in campo medico». La novità emerge dal convegno organizzato dalla sezione irpina dell’Ail e tenutosi ieri al convento di San Francesco a Folloni a Montella.E’ in questa occasione che si sono confrontati medici, ricercatori, amministratori e cittadini su quello che potrebbe essere un nuovo modello di cure domiciliari. Ad aprire i lavori, è stato Ettore Volpe, primario emerito della divisione di ematologia dell’azienda ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino, che ha illustrato le tappe per la creazione di una rete della solidarietà, ormai trentennale, capace di supportare la ricerca e le attività tese a migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da patologie oncologiche.
Nuovi traguardi
Il dottor Antonio Volpe, dirigente medico del Moscati, ha poi spiegato quali sono le nuove tecniche di trapianto di midollo osseo, una realtà decennale consolidata nel contesto nazionale: «Curarsi in Irpinia è un vantaggio. Avellino rappresenta un’eccellenza indiscussa e grazie al contributo di tutti possiamo farla diventare centro europeo del settore». Nel corso del dibattito è intervenuta anche la dottoressa Anna Marro, in rappresentanza della Asl di Avellino, che ha chiarito quali siano i nuovi piani dell’azienda sanitaria locale per quanto riguarda l’organizzazione dell’assistenza domiciliare, a partire da quelli che saranno gli investimenti rivolti alle nuove tecnologie. «In un contesto eterogeneo come quello irpino, l’innovazione è basilare per offrire un servizio più capillare per le comunità».
fare rete
Angelo Percopo, direttore dell’azienda ospedaliera San Giuseppe Moscati, rispondendo all’appello di Ferruccio Capone, sindaco di Montella, ha rimarcato invece l’importanza di effettuare maggiore programmazione rispetto a quelle scelte che toccano la sanità. «E’ necessaria una maggiore collaborazione tra gli ospedali e chi opera sui territori. Non bisogna dividere le risorse, ma guardare a lungo termine, partendo dalle positività e non badando all’immediato». Un appello rivolto ai giovani amministratori, rappresentati nel tavolo da Alberto Bilotta, consigliere comunale di Avellino, che ha concluso l’assise, ribadendo l’impegno della nuova classe dirigente a confrontarsi e raccogliere sempre più le richieste provenienti dai territori.
Cancro dello stomaco, ora si può battere
Ricerca innovazioneIl cancro dello stomaco è sempre stato un “nemico insidioso”, ma ora è diventato un avversario battibile. Aumenta infatti la sopravvivenza per questo tipo di cancro (GEJ) che è la quinta forma più comune al mondo e la terza principale causa di morte per tumore. I numeri “Giovanni Paolo II” non mentono: 440 sono i pazienti trattati in oltre un decennio, 40 solo nell’ ultimo anno e mezzo, con una morbidità e mortalità sovrapponibile ai risultati della letteratura nazionale e internazionale.
Chirurgia mininvasiva
Se l’Irccs barese sta diventando uno dei nosocomi da segnare sulla mappa delle eccellenze, si deve soprattutto all’impiego delle metodiche mininvasive più moderne e all’introduzione della laparoscopia per tutti i tumori addominali, tecniche diventate routine proprio con l’arrivo in Istituto del dottor Michele Simone che, dopo aver studiato in Francia è ora a capo dell’Unità Complessa di Chirurgia Generale ad indirizzo Oncologico. E questo non è l’unico motivo di vanto per l’Istituto tumori. Il secondo alleato dei pazienti è rappresentato dai team multidisciplinari, uno strumento di lavoro che caratterizza le realtà sanitarie più evolute e che permette di affrontare il cancro gastrico a 360°. Meno disagi e più vantaggi: scongiurati gli eventi avversi legati ad errata comunicazione tra figure specialistiche diverse, favorito il confronto sui casi clinici complessi e l’ottimizzazione del percorso di cura del paziente.
Presa in carico globale
Ma dalle parti di via Orazio Flacco hanno pensato a tutto. Considerato che un’altra problematica frequente (circa 50% dei casi) della gestione peri-operatoria dei pazienti con carcinoma gastrico è lo stato di malnutrizione che si associa a maggiori complicanze dopo l’intervento chirurgico, è presente in Istituto, già da qualche tempo, un team multidisciplinare delle neoplasie gastro-esofagee con il compito di valutare lo stato di nutrizione dei pazienti, per poi avviarli a un trattamento di supporto alimentare personalizzato. I dati ufficiali sull’impiego di successo delle nuove metodologie per debellare il “big killer” all’interno dell’Istituto di ricerca, saranno resi noti da un consesso di oltre 50 specialisti durante il primo workshop dal titolo “Update nel trattamento multidisciplinare del carcinoma gastrico”, presieduto dal dottor Simone. «Questa patologia si sviluppa lentamente, di solito nel corso di molti anni, e spesso passa inosservata» spiega il dottor Simone. «La chirurgia gastrica presso l’Irccs oggi si avvale dell’acquisizione delle linee guida dell’Associazione Giapponese sul Cancro Gastrico. Inoltre, un particolare supporto al malato oncologico è l’applicazione di dispositivi per l’accesso venoso centrale, sia per la chemioterapia che per la nutrizione parenterale. Le indicazioni relative con particolare riferimento ai sistemi totalmente impiantabili (Port) vengono assicurate anch’esse dai team multidisciplinari».