Tempo di lettura: 2 minutiI cesarei si riducono, ma solo dello 0,47% nel 2016 rispetto all’anno precedente (fonte Sdo2016). Se ne sono fatti 12.355 in meno su un totale nel 2016 di 464.477, il 34,9% di tutti i parti: oltre una donna su tre finisce sotto i ferri e il 21,7% per un primo cesareo (era il 22,2 nel 2015).
Se i cesarei sono pressoché stabili da un anno all’altro, ma non hanno subito riduzioni evidenti negli ultimi 10 anni (sono il 34,9% nel 2016, erano il 35,4% nel 2015, il 38,2% nel 2010 e il 38,4% nel 2007), le Regioni variano molto e c’è chi scende (poco) e chi sale negli interventi chirurgici per un parto.
La situazione è peggiore nel Sud del Paese (dal Lazio in giù per l’esattezza), con la Campania che quasi raddoppia la media nazionale dei cesarei e la Regione che nel 2016 (solo nel 2016) sta meglio è l’Abruzzo, in media nazionale. Tutti gli altri sono al di sopra della media e ben distanti dalle Regioni del Centro Nord (vanno un po’ peggio, ma in media negli ultimi due anni, Liguria e Marche) con performance che si avvicinano alle percentuali indicate a livello internazionale (l’Italia con la Polonia e l’Ungheria è il paese europeo con la percentuale più alta con il 35,7% di cesarei nel 2014, mentre c’erano paesi come la Finlandia e la Svezia fermi rispettivamente al 15,8% e 17%.
Le riduzioni in termini percentuali rispetto al 2015 sono maggiori lo scorso anno a Trento, che già ben sotto la media nazionale, riduce ancora del -3,17% i cesarei nell’ultimo anno. In Campania con il – 2,16% che però non riesce a far scendere la Regione al di sotto del 59% di cesarei su tutti i parti effettuati e l’Abruzzo che fa registrare il -1,48% di parti in sala operatoria.
Vanno in senso contrario, invece, altre otto Regioni (Valle d’Aosta, Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria) dove, al contrario, le percentuali salgono. Il picco massimo di aumento è in Valle d’Aosta (+2,43%) e quello minimo in Friuli Venezia Giulia (+0.09%). Sono sopra l’1% Basilicata e Calabria (che sfiora il 2%), mentre le altre Regioni registrano aumenti comunque dal +0,58% (Molise) in giù.
In linea generale, cartina alla mano, il Nord si ferma al 26,3% di media dei cesarei, il Centro sale al 31,6% (ancora sotto la media nazionale, quindi), ma il Sud, nonostante i cali di alcune Regioni, resta al 42,3% di media, 7,4 punti percentuali in più della media italiana. Tuttavia, il calo più vistoso negli anni è proprio quello del Sud, passato da una media del 48,1% di cesarei nel 2007 al 42,3% del 2016, che resta però al di sopra della media nazionale del 7,4% nel 2016 mentre era al +9,7% rispetto alla media nazionale nel 2007. Una riduzione quindi in 10 anni del 2,3%, lo 0,23% l’anno.
Non considerando i valori assoluti che ovviamente fanno prevalere le strutture di ricovero pubbliche, nel 2016 i cesarei sono stati il 37,2% dei parti nelle Aziende Ospedaliere, Aziende Ospedaliere Universitarie e Policlinici pubblici, Irccs pubblici e fondazioni pubbliche, il 30,6% negli ospedali a gestione diretta delle Asl, il 36,7% nei policlinici privati, Irccs privati e fondazioni private, ospedali classificati, presidi Usl ed Enti di ricerca, ma balzano al 53,2% dei parti effettuati nelle case di cura accreditate (la maggior parte nel Sud) e al 67,9% in quelle non accreditate (poche e tutte nel Centro-Nord: Piemonte, Lombardia, Toscana e Lazio e del tutto assenti nel Sud).
Epatite virale e cirrosi, picchi preoccupanti in Campania
News Presa, Prevenzione«Grazie al Piano di eradicazione dell’infezione da HCV, l’Agenzia Italiana del Farmaco consente il trattamento con i nuovi farmaci ad azione antivirale diretta a tutti i pazienti, indipendentemente dalla gravità della malattia di fegato. Il 75% dei soggetti con infezione da HCV può presentare manifestazioni extraepatiche quali diabete, demenza, problemi cardiovascolari, danno renale ed ematologici; l’eradicazione dell’ HCV si traduce in un beneficio clinico globale ed ad una riduzione della mortalità». Le parole sono quelle di Ernesto Claar, presidente dell’Aigo Campania, l’associazione nazionale di gastroenterologi ospedalieri, e motore di nuo degli eventi più attesi dell’anno in tema di formazione. In questi, sul lungomare di Napoli (al centro Congressi Federico II in via Partenope), si sta infatti discutendo Strategie di eliminazione radicale del virus C e sostenibilità economica, manifestazioni extra-epatiche dell’infezione da HCV e delle loro possibili terapie e, infine, steatosi epatica non alcolica (NAFLD o “fegato grasso”) che rappresenta l’aspetto epatico della sindrome metabolica (la vera, grande e crescente epidemia dell’era moderna). Il corso «L’Epatologia nel terzo millennio» è promosso dall’Ospedale Evangelico Betania.
La Campania
Nella nostra regione la mortalità per cirrosi epatica e per epatocarcinoma è più alta rispetto alla media nazionale. La stima è di circa 100 mila soggetti portatori di infezione da HCV. L’obiettivo è quello di creare sempre maggiori sinergie tra specialisti, a partire dai medici di base, anche per spingere quanti più soggetti possibile ad effettuare i test e far emergere la malattia “sommersa”. Aspetto sanitario ma anche sociale: con l’aumentare dell’immigrazione non è semplice fare previsioni perché queste persone potrebbero costituire una variabile da non sottovalutare. Grazie all’impiego delle nuove terapie e l’impegno dei clinici e delle istituzioni, negli ultimi tre anni sono stati guariti dall’infezione 97.300 pazienti in Italia, di cui quasi 13.000 in Campania. Le percentuali di successo grazie ai nuovi regimi terapeutici per la cura della epatite C raggiunge il 98%.
Test immediati per i cittadini
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato il programma “Towards the elimination of epatitis B e C by 2030”, che ha come obiettivo quello di assicurare nei prossimi 13 anni la terapia dell’HBV e dell’HCV all’80% dei pazienti, con una previsione di ridurre del 90% le nuove infezioni e del 65% il tasso di mortalità entro il 2030. All’esterno della sede congressuale l’AIGO Campania, in collaborazione con l’Associazione dei pazienti EpaC e l’Asl Napoli 1 Centro, mette a disposizione unità informative allo scopo di sensibilizzare la popolazione e allo stesso tempo effettuare, ai soggetti interessati, i test salivari per l’individuazione dell’Epatite C.
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Vaccini, è polemica tra Medici e Comune
News PresaDa un lato il Comune di Napoli, dall’altro l’Ordine dei Medici. Nel mezzo la scelta dell’amministrazione di patrocinare un convegno che, almeno nelle premesse, appare dichiaratamente «no vax» (contro i vaccini). Dal web alla carta stampata la polemica è infuocata, e sono in molti i cittadini che iniziano a sentirsi disorientati tra due voci contrastanti: quella di chi non ha dubbi e promuove le vaccinazioni (come del resto prevede la legge) e quella di chi invece ritiene che sul tema ci sia ancora molto da parlare e da capire.
L’Ordine dei Medici
Opinioni a confronto
Un fatto gravissimo
La replica
Il sindaco
La meditazione fa bene, c’è la prova scientifica
PrevenzioneLa ricerca scientifica conferma: l’uso delle tecniche orientali di meditazione aiuta a prevenire e curare molte malattie.
Durante la pratica si acquisisce consapevolezza del proprio corpo “qui ed ora”.
Se fino agli Anni ’50 la meditazione era prerogativa dei monaci, con i Beatles diventò pratica dei figli dei fiori, seguiti negli anni successivi da calciatori e attori per poi arrivare anche agli amministratori delegati di grandi multinazionali. Medita persino Dmitry A. Medvedev, primo ministro della Federazione Russa.
Oggi la tecnica non si occupa più solo di “benessere psicologico”, ma è entrata negli ospedali con molte applicazioni: dal controllo del dolore all’immunologia, dalla cura dell’ipertensione al rallentamento del declino cerebrale.
Una trentina di anni fa fu Jon Kabat Zinn fondatore del Center for Mindfulness all’University of Worcester (Uk) a usare la meditazione come strumento terapeutico. I suoi vantaggi oggi sono provati: aiuta a migliorare l’attenzione, le abilità cognitive e la memoria, riduce l’ansia e i sintomi depressivi. Non solo.
Alla Brown University di Providence (Usa), Catherine Kerr sfrutta la meditazione per il suo effetto analgesico. Meditare consente un maggior controllo sul sistema sensoriale e permette di scegliere su cosa focalizzare l’attenzione. Riesce a far mettere in secondo piano quello che non si vuole sentire, come ad esempio, i dolori cronici.
Fadel Zeidan, neurobiologo della Wake Forest Baptist University (Usa), ha persino quantificato l’effetto della meditazione rispetto al potere analgesico della morfina: «Potrebbe ridurre del 40% l’intensità del dolore e del 57% la sua spiacevolezza, contro una riduzione del solo 25% ottenuta con la morfina» sostiene Zeidan.
promuoviamo salute
Violenza di genere. Studio traccia profilo dell’autore dei reati contro le donne
PsicologiaUno studio ha tracciato il profilo dell’imputato per reati di violenza di genere: è italiano, ha 42 anni, disoccupato e alcolista. Si tratta di reati come maltrattamenti contro familiari o conviventi, stalking e violenza sessuale. I dati provengono dai Tribunali di Milano (sezioni nona e quinta), Como e Pavia. Nel 40% dei procedimenti l’imputato viene assolto/prosciolto. La ricerca è stata realizzata nell’ambito di un progetto che ha visto in campo Regione Lombardia, l’Ordine degli avvocati milanesi e il Tribunale di Milano, questi ultimi rappresentati dall’avvocato Silvia Belloni e dal magistrato Fabio Roia. Sono stati presi in considerazione 120 procedimenti a partire da gennaio e fino al 31 luglio 2017. La relazione tra imputati e parti offese è di conviventi (61%), separati/divorziati (27%) e partner (12%).
Netto il ‘primato’ degli italiani con il 59%. Dall’Europa orientale proviene il 12% degli imputati, il 10% dal Nord Africa, l’8% dall’Asia e dall’America Latina. Il dato sulla condizione lavorativa vede la prevalenza di disoccupati (31%) e operai (25%). Seguono impiegati (11%), artigiani/commercianti (5%), dirigenti/professionisti (3%). Tra le caratteristiche dell’imputato tracciate da questa indagine figura quella della dipendenza da alcol e droghe (40%).
Nella maggior parte dei casi, i presunti autori dei reati hanno precedenti penali, il 14% sulla stessa vittima, il 28% per reati contro la persona. Stupisce l’elevatissima soglia di ‘sopportazione’ della donna, infatti, i maltrattamenti durano 5 anni nel 31% dei casi. Dall’altra parte è il ricorso ai centri anti – violenza, solo nel 25% dei casi. Le parti offese preferiscono rivolgersi alle forze dell’ordine (60%) e agli ospedali (58%) e poi in maggioranza non si costituiscono parti civili (solo il 42% lo fa).
Il dato dei proscioglimenti e delle assoluzioni sfiora il 40%. È colpevol il 63% degli imputati per violenza sessuale, il 61,5% per stalking e il 62% per maltrattamenti. Per quanto riguarda i maltrattamenti, le assoluzioni sono motivate da mancanza del dolo (14%) mancanza di abitualità (22%), mancanza di riscontri esterni (11%), assenza di credibilità della parte offesa (10%), ritrattazione (7%). Per quanto riguarda la media delle pene è di 1 anno e tre mesi per lo stalking, 6 anni e otto mesi per la violenza sessuale, 2 anni e sei mesi per i maltrattamenti.
promuoviamo salute
Una siringa per dire addio al colesterolo
News Presa, Ricerca innovazioneIl sogno di milioni di persone che ogni giorno lottano con un’alimentazione spartana per di cercare di tenere a bada il colesterolo sembra essersi realizzato. Costruiti in laboratorio minuscoli, precisissimi, efficaci: i farmaci più innovativi per combattere colesterolo e trigliceridi alti sono piccoli “sabotatori” che vanno a intralciare il metabolismo dei lipidi impedendo che i livelli nel sangue diventino eccessivi. Si chiamano oligonucleotidi antisenso e ne hanno discusso gli esperti riuniti per il Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI), sottolineando come questi piccolissimi frammenti di RNA siano molto efficaci nel bloccare “dall’interno” la produzione di proteine implicate in numerose malattie come le coronaropatie, l’arteriosclerosi o anche il cancro. Le sperimentazioni cliniche di fase 2 su vari oligonucleotidi antisenso mirati al controllo dei lipidi, hanno infatti dimostrato che con questo approccio è possibile ridurre fino al 70% trigliceridi e colesterolo in eccesso con minor costi rispetto agli anticorpi monoclonali e meno effetti collaterali delle statine. Ulteriori studi (circa una trentina) sono attualmente in corso o in fase di avvio con gli oligonucleotidi in varie malattie, in quanto l’approccio è universale e si può adattare a moltissimi disturbi metabolici.
Un meccanismo semplice
«Parliamo di piccoli frammenti di RNA costruiti in laboratorio usando molecole, i nucleotidi, acidi nucleici identici a quelli che compongono sia DNA che l’RNA ma con una sequenza invertita, per questo si chiamano ‘antisenso’», spiega Domenico Girelli, docente di medicina interna dell’Università di Verona, coinvolto nell’individuazione dei bersagli molecolari e in una sperimentazione in fase di avvio anche in Italia. «In altre parole si utilizzano gli stessi mattoni ma si costruisce un muro alla rovescia. Quando questa catena si inserisce in quella vera, crea una serie di errori che bloccano la proteina PCSK9 responsabile della concentrazione del colesterolo cattivo. Infatti, quando entra in circolo la PCSK9 degrada una seconda proteina ‘spazzina’ incaricata di rimuovere l’LDL nel sangue: mettendo fuori uso la PCSK9 i livelli di LDL restano bassi proteggendo dalle malattie cardiovascolari correlate al colestrolo».
Nuove prospettive
In passato le terapie con oligonucleotidi antisenso, studiate anche in oncologia come possibili antitumorali, fallivano perché spesso non si riusciva a portare il farmaco dove necessario prima che venisse degradato dall’organismo; gli oligonucleotidi antisenso di seconda generazione sono modificati chimicamente per essere più resistenti e vengono associati a molecole che li aiutano ad arrivare agli organi bersaglio, come fegato, cuore e muscoli. Le sperimentazioni cliniche di fase 1 e 2 con i nuovi oligonucleotidi antisenso mostrano riduzioni di colesterolo e trigliceridi fino al 70%, sono perciò molto promettenti. «Lo sono anche perché i costi di realizzazione del farmaco sono stimati in circa un decimo rispetto agli anticorpi monoclonali – interviene Franco Perticone, presidente SIMI – Inoltre, si tratta di farmaci con una durata d’azione molto lunga: nel caso dell’oligonucleotide antisenso mirato a PCSK9 due, tre somministrazioni l’anno con iniezione sottocute sono sufficienti a ottenere un effetto anti-colesterolo simile a quello delle statine. Soprattutto, sono terapie estremamente selettive e quindi con il potenziale di un’ottima sicurezza e tollerabilità: gli oligonucleotidi antisenso possono legarsi solo al loro bersaglio, una volta individuato il target giusto possiamo costruire farmaci super-selettivi certi che non influenzeranno negativamente nessun altro organo o sistema. Esiste già un farmaco a base di oligonucleotidi antisenso approvato dalla Food and Drug Administration: si tratta di mipomersen, indicato per l’ipercolesterolemia familiare. Molti sono gli studi in corso con altri prodotti, la speranza è avere in un prossimo futuro nuove armi per combattere le iperlipidemie e ridurre così il rischio cardiovascolare, sia nei casi in cui c’è una predisposizione genetica, sia nei pazienti in cui il problema dipende soprattutto da uno scorretto stile di vita».
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Autismo, un libro che racconta un mondo
News PresaMolto spesso si sente parlare di autismo, ma la verità è che altrettanto spesso «autismo» resta per molti una parola vuota. Una parola della quale non si conosce il vero significato. Provare a spiegare almeno in una piccola parte cos’è l’autismo può aiutare a far cadere la diffidenza, e spesso anche il muro della solitudine, che circonda questo universo. Lo fa da sempre il papà di una ragazza con autismo, Scipione Pagliara, che ha scelto di utilizzare l’inchiostro (anche quello digitale) per creare uno squarcio di luce, per regalarci uno spaccato di sentimenti autentici. Da oggi in edicola, e in versione digitale, il libro (Armando Curcio Editore) si intitola «Mi hanno detto che sono affetto da autismo», con la prefazione del presidente della Fondazione Italiana per l’Autismo (FIA), Davide Faraone. Il ricavato sarà devoluto al Centro per l’Autismo di Avellino.
La storia
I protagonisti Miriam e Sean sono due persone come tante. Lui è affetto da autismo ad alto funzionamento, lei lo capisce e lo comprende e con la razionalità lo aiuta a superare le sue difficoltà. Sean è misterioso, sincero, spontaneo, non conosce né la menzogna né l’inganno; è molto intelligente, l’ascolta, la segue. Lei rimane incantata dalla sua purezza e dalla sua immensità. Dunque l’amore, in tutte le sue forme, può cambiare la vita, può fare miracoli e rendere tutto possibile. Questa la storia nata dalla penna di Scipione Pagliara, medico endocrinologo, è padre di Francesca, 31 anni autistica. Altro libro scritto n passato è: «Ad Ulisse andò anche meglio» (Youcanprint, 2016), in cui racconta le battaglie di un’associazione e l’esperienza personale di un genitore in una vita cambiata dal destino. Testimonianza e denuncia. Per questo ha iniziato a scrivere: per mettersi alla ricerca dei valori perduti. «Mi hanno detto che sono affetto da autismo» è la prima opera edita da Armando Curcio Editore.
Con occhi diversi
Chi è autistico vede il mondo con occhi diversi. Solitudine, isolamento sono parole pronunciate spesso da chi vive con una persona con sindrome dello spettro autistico. Dalle ultime stime degli Stati Uniti un bambino su 68 ha questo tipo di disturbo, un dato che è cresciuto di 10 volte negli ultimi 40 anni. Per questo la Fondazione Italiana Autismo (organizzazione senza scopi di lucro nata nel 2015) promuove, sostiene e potenzia le attività di ricerca, istruzione, formazione, riabilitazione e cura nell’ambito delle disabilità ed in particolare dei disturbi dello spettro autistico.
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Ecco come ritrovare il benessere psicologico
PsicologiaAttacchi di panico, ansia, depressione. Sono solo alcuni dei problemi che si possono sperimentare in una società esigente come quella moderna, nella quale i rapporti interpersonali sono sempre più complessi. Il paradosso è quello di restare soli nella società globale. Per questo occasioni come quella della «Settimana del benessere psicologico» sono imperdibili. Puntuale come sempre, l’appuntamento torna anche quest’anno dal 6 al 12 novembre, promossa dall’Ordine degli Psicologi della Campania. Novità di quest’anno, la settimana coinvolgerà, oltre ai Comuni, anche le scuole.
Solitudine e bullismo
L’iniziativa è nata nel 2010, un momento di promozione della professione tra i cittadini che è diventato ormai un appuntamento fisso, utile anche a stimolare una riflessione condivisa. Quest’anno si è scelto di discutere del valore delle relazioni come momento di incontro e di crescita, delle modalità della convivenza, del rapporto con ciò che è l’altro da noi. In questa cornice, soprattutto nell’ambito scolastico si accenderanno i riflettori su un fenomeno dilagante come quello del bullismo e del cyber bullismo. Del resto le indagini condotte negli ultimi anni in Campania rivelano dati allarmanti: due studenti su tre sono vittime di questo tipo di comportamenti, in particolare alle scuole elementari e medie, con una netta prevalenza al femminile.
Il programma
La Settimana del benessere si aprirà il 6 novembre alle 20.30 con «Note di Benessere», il concerto di Sanitansamble, l’orchestra giovanile del quartiere popolare Sanità che ha fatto da apripista in Italia alla pratica di associare lo studio della musica a quella del coinvolgimento dei giovani. Si entra quindi nel vivo con circa 400 appuntamenti, tra dibattiti, conferenze, seminari, workshop, focus group, organizzati dagli psicologi su tutto il territorio campano (clicca qui per il programma completo). Sono 380 gli istituti che hanno aderito all’iniziativa Scuole amiche del benessere e che ospiteranno un momento di confronto e di riflessione sulla tematica individuata dall’Ordine. Si conferma l’appuntamento con le Città amiche del benessere, che negli anni ha visto il coinvolgimento di oltre 400 Comuni. Questa ottava edizione della Settimana del benessere psicologico è organizzata in collaborazione con l’Anci, l’assessorato regionale alle Politiche sociali e l’Ufficio scolastico regionale.
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Cancro, così si curano i sopravvissuti
News Presa, Psicologia, RubricheLa diagnosi di una malattia oncologica come il cancro è sempre un momento traumatico, molto importante e significativo, che mette in crisi gli equilibri psichici anche della persona apparentemente più forte e meno vulnerabile. Intorno al malato oncologico tutto cambia: crollano tutte le sicurezze, acquisite in tanti anni, i valori, le priorità, gli amici più stretti e i familiari da cui ci si aspetta continui sforzi e dimostrazioni d’affetto, spesso al di fuori delle normali possibilità, che mettono quest’ultimi in una
condizione di costante frustrazione e senso d’inutilità per non aver fatto abbastanza.
Meccanismi di adattamento
Dal punto di vista psicologico il malato di cancro mette in atto dei processi di adattamento alla sua condizione che, nella maggior parte dei casi, fa sviluppare una sintomatologia psicopatologica più o meno severa. La letteratura in questo ambito è molto vasta e quasi tutti gli studi hanno rilevato che circa il 50% dei pazienti oncologici sviluppa un disturbo psichiatrico clinicamente rilevante durante la sua malattia. I disturbi dell’adattamento colpiscono la maggior parte dei pazienti e sono connessi con il senso di fallimento ed impotenza nei confronti della malattia.I disturbi dell’umore, invece, per la loro frequenza, in particolare per il disturbo depressivo maggiore, rappresentano la sintomatologia psichiatrica più diffusa in oncologia. Quando si parla di depressione maggiore, viene quasi automatico pensare al rischio suicidario che, effettivamente, in questi pazienti è molto alto sia nelle fasi iniziali che terminali della malattia, quando vi è una grave debilitazione fisica, o quando c’è uno scadente supporto
familiare e sociale. I disturbi d’ansia, infine, rappresentano la risposta fobica alla chemioterapia, caratterizzata da nausea e vomito anticipatori.
I survivors
Allo stato attuale, un numero sempre maggiore di pazienti guarisce o, per lo meno, sopravvive sempre più a lungo. Basti pensare che dal 1970 ad oggi si è passati a percentuali di guarigione che vanno da zero ad oltre il 90% per i tumori al testicolo, al seno e alcune forme di leucemia nei bambini. Ecco che è nato un nuovo tipo di paziente nel vastissimo panorama dell’oncologia, i survivors, letteralmente i sopravvissuti”, tutti quei pazienti cioè che non trattano la malattia da più di 5 anni e che in Italia sono circa un milione. La condizione di survivors ci mette davanti ad un’altra questione: il ritorno alla normalità. In una società che ci vuole sempre pronti, sempre attivi e produttivi, tornare a lavoro per queste persone è un problema di non poco rilievo.Vivono infatti con una costante paura per il futuro, in cui si rinuncia a progetti ambiziosi e a lungo termine proprio per timore che il cancro si possa ripresentare, il tutto accompagnato da forti sensi di colpa per essere sopravvissuti rispetto a tanti altri malati meno fortunati. Dopo questo quadro è quindi doveroso parlare della psiconcologia perché, come abbiamo visto, il cancro non è solo una malattia del corpo che riguarda il singolo individuo, ma coinvolge
la vita del paziente a tutti i livelli, sociali, familiari ed emotivi. La figura dello psicologo dovrebbe essere sempre presente per sostenere in primo luogo il paziente e poi chi gli sta intorno. Il suo aiuto è di fondamentale importanza in tutte le fasi della malattia, a partire dalla diagnosi. Anche se molti medici sono a favore della comunicazione chiara di diagnosi e prognosi, la percentuale di pazienti veramente consapevole della propria malattia è ancora troppo bassa. In questa situazione l’intervento dello psicologo aiuterebbe all’accettazione della propria condizione che, evitando la negazione, attiverebbe delle reazioni emotive funzionali all’affrontare il problema, migliorando notevolmente la qualità della vita.
Caregivers
Quando ci si ammala di cancro ad “ammalarsi” è tutta la famiglia: su di essa grava gran parte del “peso della cura”. Assistere i caregivers aiuta a prevenire un senso di scoraggiamento patologico. In questo modo, fissando anche degli obiettivi di assistenza, i familiari avrebbero davvero la sensazione di essere utili e, nel caso in cui la malattia dovesse avere il sopravvento, non rimarrebbero con un continuo senso di colpa per non aver fatto abbastanza. Clicca qui per leggere altri articolo dello speciale
Luigi Gazzillo
Novità nel campo della chirurgia estetica: intervista al Prof. Grella
Benessere, Medicina estetica, PodcastCesarei calano, ma poco. Campania (59%) ancora al doppio della media nazionale
BambiniI cesarei si riducono, ma solo dello 0,47% nel 2016 rispetto all’anno precedente (fonte Sdo2016). Se ne sono fatti 12.355 in meno su un totale nel 2016 di 464.477, il 34,9% di tutti i parti: oltre una donna su tre finisce sotto i ferri e il 21,7% per un primo cesareo (era il 22,2 nel 2015).
Se i cesarei sono pressoché stabili da un anno all’altro, ma non hanno subito riduzioni evidenti negli ultimi 10 anni (sono il 34,9% nel 2016, erano il 35,4% nel 2015, il 38,2% nel 2010 e il 38,4% nel 2007), le Regioni variano molto e c’è chi scende (poco) e chi sale negli interventi chirurgici per un parto.
La situazione è peggiore nel Sud del Paese (dal Lazio in giù per l’esattezza), con la Campania che quasi raddoppia la media nazionale dei cesarei e la Regione che nel 2016 (solo nel 2016) sta meglio è l’Abruzzo, in media nazionale. Tutti gli altri sono al di sopra della media e ben distanti dalle Regioni del Centro Nord (vanno un po’ peggio, ma in media negli ultimi due anni, Liguria e Marche) con performance che si avvicinano alle percentuali indicate a livello internazionale (l’Italia con la Polonia e l’Ungheria è il paese europeo con la percentuale più alta con il 35,7% di cesarei nel 2014, mentre c’erano paesi come la Finlandia e la Svezia fermi rispettivamente al 15,8% e 17%.
Le riduzioni in termini percentuali rispetto al 2015 sono maggiori lo scorso anno a Trento, che già ben sotto la media nazionale, riduce ancora del -3,17% i cesarei nell’ultimo anno. In Campania con il – 2,16% che però non riesce a far scendere la Regione al di sotto del 59% di cesarei su tutti i parti effettuati e l’Abruzzo che fa registrare il -1,48% di parti in sala operatoria.
Vanno in senso contrario, invece, altre otto Regioni (Valle d’Aosta, Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria) dove, al contrario, le percentuali salgono. Il picco massimo di aumento è in Valle d’Aosta (+2,43%) e quello minimo in Friuli Venezia Giulia (+0.09%). Sono sopra l’1% Basilicata e Calabria (che sfiora il 2%), mentre le altre Regioni registrano aumenti comunque dal +0,58% (Molise) in giù.
In linea generale, cartina alla mano, il Nord si ferma al 26,3% di media dei cesarei, il Centro sale al 31,6% (ancora sotto la media nazionale, quindi), ma il Sud, nonostante i cali di alcune Regioni, resta al 42,3% di media, 7,4 punti percentuali in più della media italiana. Tuttavia, il calo più vistoso negli anni è proprio quello del Sud, passato da una media del 48,1% di cesarei nel 2007 al 42,3% del 2016, che resta però al di sopra della media nazionale del 7,4% nel 2016 mentre era al +9,7% rispetto alla media nazionale nel 2007. Una riduzione quindi in 10 anni del 2,3%, lo 0,23% l’anno.
Non considerando i valori assoluti che ovviamente fanno prevalere le strutture di ricovero pubbliche, nel 2016 i cesarei sono stati il 37,2% dei parti nelle Aziende Ospedaliere, Aziende Ospedaliere Universitarie e Policlinici pubblici, Irccs pubblici e fondazioni pubbliche, il 30,6% negli ospedali a gestione diretta delle Asl, il 36,7% nei policlinici privati, Irccs privati e fondazioni private, ospedali classificati, presidi Usl ed Enti di ricerca, ma balzano al 53,2% dei parti effettuati nelle case di cura accreditate (la maggior parte nel Sud) e al 67,9% in quelle non accreditate (poche e tutte nel Centro-Nord: Piemonte, Lombardia, Toscana e Lazio e del tutto assenti nel Sud).