Tempo di lettura: 4 minutiNel 2016 in Italia oltre 950 minori hanno subito violenza sessuale e 6 su 10 sono bambine. Numeri impressionanti che sono cresciuti nell’ultimo anno. Delle 21 vittime d’omicidio volontario il 62% erano bambine, in un quadro in cui la pornografia e prostituzione minorile crescono: +20% dal 2015. Nella Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze che si celebra oggi, l’associazione Terre des Hommes ha presentato la sesta edizione del Dossier “Indifesa” per accendere i riflettori sui diritti negati a milioni di bambine in Italia e nel mondo.
Il numero totale dei minori vittime di reato non è mai stato così alto da un decennio, raggiungendo la cifra di 5.383 minori (+6% rispetto al 2015). I dati Interforze della Polizia di Stato sui minori vittime nel 2016 elaborati da Terre des Hommes sono stati illustrati alla presenza del Presidente del Senato, Pietro Grasso.
La maggior parte sono femmine: nel 2016 le vittime erano in media il 58%, ma questa percentuale aumenta in tutti i reati a sfondo sessuale. Le bambine sono l’83% delle vittime di violenze sessuali aggravate, l’82% dei minori entrati nel giro della produzione di materiale pornografico, il 78% delle vittime di corruzione di minorenne, ovvero bambine al di sotto dei 14 anni forzate ad assistere ad atti sessuali.
Colpisce il dato degli omicidi volontari consumati: più che raddoppiati in un anno (da 13 a 21 minori vittime) il 62% era una bambina o adolescente. Cresciuto del 23% il numero di vittime minori di abuso di mezzi di correzione o disciplina (266 nel 2016), ovvero botte fino ad andare in ospedale e arrivare a una denuncia. Più in calo rispetto al 2015 gli atti sessuali con minori di 14 anni (-11%), dove però le vittime sono ancora 366, per l’80% bambine, e la detenzione di materiale pornografico, che segna -12%, con 58 vittime, il 76% femmine.
Nella Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze, dai dati presentati da Unicef e Terre des Hommes emerge prima di tutto il legame tra situazioni di violenza e negato accesso all’istruzione, ecco perché l’Unpa, Fondo delle Nazioni Unite per le popolazioni, in un focus sulla situazione dei 125 milioni di bambine nate nel 2006 in tutto il mondo, ha dichiarato: “Il futuro del mondo sarà determinato dal destino delle ragazze di 10 anni”.
Il presidente del Senato Pietro Grasso ha posto l’attenzione soprattutto sul versante dell’accesso all’istruzione: “Colmare il gap tra i sessi e permettere a milioni di bambine di studiare meglio e più a lungo significa, in prospettiva, costruire un mondo più giusto e soprattutto più equo”. L’Unicef quest’anno approfondisce il tema ‘Empower girls’ ricordando che “1,1 miliardi di ragazze nel mondo rappresentano una risorsa di potere, energia e creatività e i milioni di ragazze in emergenza non costituiscono un’eccezione”. È però vero che durante i conflitti bambine e adolescenti “hanno una probabilità 2,5 volte maggiore di non frequentare la scuola rispetto ai ragazzi”. Invece è proprio l’educazione la prima arma contro la violenza.
“Serve un impegno sempre maggiore del Governo per trovare fondi per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere – ha dichiarato Raffaele K. Salinari, presidente di Terre des Hommes – che orienti gli interventi sia in Italia che nei Paesi in via di sviluppo”.
Nella fotografia scattata dalla sesta edizione del dossier, i diritti delle bambine e delle ragazze continuano ad essere negati. In alcuni settori e in alcune aree geografiche ci sono miglioramenti, ma non riescono a invertire il trend. Nel mondo quasi 2 bambine su 3 tra i 10 e i 14 anni subiscono regolarmente punizioni corporali, mentre circa 120 milioni di ragazze con meno di vent’anni sono vittime di rapporti forzati.
In base alle stime dell’OMS, le donne e le ragazze che hanno subito una mutilazione genitale sono circa 200 milioni e vivono prevalentemente in 30 Paesi. Il Paese dove sono più diffuse è la Somalia, dove interessa praticamente tutte le donne (98%). Il dossier punta i riflettori anche sul fenomeno dei matrimoni precoci, che coinvolge ogni anno almeno 15 milioni di bambine e adolescenti. Ogni due secondi una bambina o ragazza con meno di 18 anni diventa una baby sposa. Secondo un recente studio della Banca Mondiale, la scomparsa dei matrimoni precoci si tradurrebbe in un risparmio pari a 566 miliardi di dollari (nel 2030) dovuto alla riduzione delle spese per il welfare dei singoli Stati. Da baby spose a baby mamme il passo è breve: nel 2016 sono state registrate 21 milioni di gravidanze tra le ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni che vivono nei Paesi in via di sviluppo e nel 49% dei casi si tratta di gravidanze non cercate. Non solo: ogni anno, circa 70mila ragazze muoiono a causa del parto e delle complicanze legate alla gravidanza. Tra le violazioni dei diritti delle bambine ci sono anche quelle legate a conflitti e trafficking: sono circa 100mila le bambine soldato, mentre delle 2,4 milioni di persone vittime di tratta le bambine rappresentano ben il 20%. In base alle stime della Banca Mondiale, eliminare i matrimoni precoci permetterebbe di salvare la vita – entro il 2030 – a due milioni di bambini che riuscirebbero a sopravvivere oltre i cinque anni d’età, mentre altri 3,6 milioni non soffrirebbero di malnutrizione acuta.
A questi benefici si sommano quelli dell’aumento della frequenza scolastica. Secondo l’ultimo report dei Millennium Goals, tra il 2000 e il 2011 soprattutto, il numero di bambini esclusi dalle elementari si è quasi dimezzato, passando da 102 milioni a 57 milioni.
Infine un viaggio tra i banchi di scuola. L’Osservatorio sulla violenza e gli stereotipi di genere di Terre des Hommes ha raccolto il punto di vista di circa di 2mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni su violenza di genere, stereotipi e pericoli della rete. Secondo il 77,1% degli intervistati l’alibi della ‘provocazione’ da parte della donna sull’uomo maltrattante fortunatamente non regge. Solo che tra i maschi questa percentuale scenda al 66,8%, mentre il 53,9% dei ragazzi pensa che tutto sommato la ‘violenza è frutto di una perdita momentanea di controllo’.
La violenza di genere si combatte soprattutto partendo dagli stereotipi e dai comportamenti quotidiani. Il 24,3% di ragazzi pensa che gli uomini non debbano partecipare alle attività domestiche, mentre il 36,3% è convinto che occuparsi della casa e della famiglia è compito delle donne. “Queste percentuali – conclude il rapporto – sembrano mostrare un cammino ancora molto lungo da percorrere in un Paese che da anni discute di eguaglianza di genere e di violenza”.
Proteine in polvere, ecco la nuova moda italiana
AlimentazioneAltro che esercito del selfie, l’Italia è sempre più l’esercito delle proteine in polvere. A tutti sarà capitato di vedere, prevalentemente in palestra o nei negozi di sport, quei barattoloni dall’aspetto imponente, che promettono energia extra e muscoli d’acciaio. Ovviamente anche questa è una moda importata. Basti pensare che in America le proteine “macinate”, sono ormai nelle case di tutti. Persino gli anziani che mangiano poco e rischiano di deperire,adolescenti in crescita che devono formare muscoli e ossa, atleti, gente normale sempre di corsa alla ricerca di energia al volo, e malati oncologici. Di fronte al boom delle vendite delle proteine in polvere, alcuni esperti statunitensi hanno cercato di recente di valutarne i pro e contro con i media Usa. Le proteine – hanno sottolineato – sono necessarie a guarire l’organismo,rimetterlo in forza, aiutare non solo i muscoli ma anche le ossa e le cartilagini. Sia dopo procedure mediche,chirurgiche o radiazioni,sia per gli atleti.
I pro
Tra i pro, la specialista di oncologia e nutrizionista dell’università della Virginia, Carole Havrila, cita i benefici per chi è avanti con gli anni. «Gli anziani – ha spiegato – sono una parte della popolazione che perde muscolatura, ha poco appetito e diventa più fragile. Per loro quindi le bevande alle proteine sono più facili da ingerire e necessarie». Per Roberta Mohning, dietologa e nutrizionista di Washington, a favore delle polveri di proteine è anche il loro uso per vegetariani e vegani che in generale non mangiano abbastanza proteine. Altre categorie come adolescenti in rapida crescita e atleti, ha aggiunto ancora Havrila, possono beneficiare dagli shake proteici per sostenere il loro organismo sottoposto a stress particolari.
I Contro
Per Rebecca Mohning, «E’ assolutamente meglio assumere proteine dai cibi integrali». Gli alimenti naturali sono ricchi di fibre, di sostanze che aiutano la digestione, di vitamine per il sistema immunitario. Insomma hanno un po’ di tutto e non si concentrano in particolare su di un composto come le proteine. Gli shake alle proteine inoltre sono liquidi e non danno un immediato senso di sazietà. A sottolineare i rischi sulla dubbia qualità dei prodotti confezionati è Havrila. In Usa, la Food and drug administration non sottopone infatti ad analisi gli integratori dietetici come invece fa per quelli farmaceutici. In alcuni casi sono state trovate tracce di metalli,caffeina steroidi nelle polveri proteiche.Inoltre il loro contenuto di zuccheri o zuccheri da alcol non è sempre chiaro.Il consiglio degli esperti dunque è se si vogliono provare gli shake proteici,scegliere sempre una marca garantita anche se più costosa.
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Semi di lino nella dieta bovina e il latte diventa più ricco di Omega 3
AlimentazioneSecondo uno studio del CREA che verrà presentato alle Fiere Zootecniche di Cremona il 25 ottobre una dieta integrata al lino raddoppierebbe la presenza di Omega 3 presenti in un bicchiere di latte, con un incremento anche di CLA (acido linoleico coniugato) benefico per la salute umana. Proprio così: bovini alimentati con dieta tradizionale unifeed ma con l’integrazione di semi di lino possono produrre un latte due volte più ricco di Omega 3, acidi grassi dalle proprietà benefiche. È solo una delle conclusioni alle quali è giunto lo studio. La ricerca è stata compiuta dal CREA-ZA di Lodi (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria- Centro di Ricerca Zootecnia Acquacoltura) e ha dimostrato come modifiche significative dell’alimentazione animale possono portare a modifiche altrettanto significative della composizione del grasso del latte in termini sicuramente positivi dal punto di vista nutrizionale.
OMEGA 3 PIU’ CHE RADDOPPIATI – «Il latte e il grasso del latte, quindi il burro – spiega Giovanna Contarini, dirigente di ricerca presso CREA-ZA – sono spesso demonizzati per il loro contenuto di colesterolo e acidi grassi saturi. Questa è opinione diffusa, ma quello che si è già realizzato in alcune realtà e che ora si vuole far sapere è che una modifica dell’alimentazione degli animali, con l’introduzione nella dieta di semi di lino ad alto contenuto di acidi grassi polinsaturi, può migliorare la composizione del grasso di latte. Si tratta infatti di una tipologia di grassi considerati in senso positivo per la salute umana rispetto a quelli saturi».
Il CREA fa un esempio significativo, limitandosi ai soli acidi grassi Omega 3: «Se in un latte prodotto in alimentazione tradizionale della Pianura Padana (unifeed) la quota di Omega 3 presente è pari allo 0,3-0,4% su tutti gli acidi presenti – continua Contarini –, la stessa alimentazione tradizionale integrata a quella con semi di lino porta la quota fino all’1 o all’1,2%, quindi a più del doppio degli Omega 3. Questo numero non copre ovviamente il fabbisogno giornaliero, ma contribuisce in maniera importante ad aumentare la quota di acidi grassi positivi diminuendo quella negativa».
LATTE, PROTEINE E GRASSI: I MITI DA SFATARE – A sottolineare come aleggino una serie di falsi miti attorno al latte è sempre la stessa dirigente di ricerca del CREA-ZA: «Il latte è un alimento da non escludere dalla dieta, è un alimento completo perché dal punto di vista delle proteine è ad alto valore aggiunto: contiene tutti gli amminoacidi essenziali, mentre soia e altre fonti proteiche non sono così ben bilanciate o spesso non contengono amminoacidi essenziali. Per ciò che riguarda la frazione lipidica, poi, si è sempre fatto un ragionamento parziale, parlando genericamente di “acidi grassi” ma senza vedere esattamente quali questi acidi grassi fossero. Di grassi saturi ne esistono da molto corti a molto lunghi, diciamo da 4 a 18 atomi di carbonio. Il grasso di latte, il burro, è l’unico fra tutti i grassi che contengono acidi grassi saturi, ad averne di così corti, e cioè da 4, 6, 8 atomi. Questi, dal punto dell’alimentazione umana, si comportano da insaturi, perché non si depositano sulle arterie come accade invece per alcuni grassi vegetali come cocco e palma o i grassi idrogenati, tutti più lunghi. Stesso discorso per il colesterolo: per gli adulti giusto limitarsi se ci sono problemi di quel tipo, ma se parliamo di bambini, la presenza di colesterolo è importante per il corretto sviluppo ormonale. Anche per le vitamine il latte è assolutamente completo».
BENESSERE ANIMALE – Nel corso della presentazione a Cremona si parlerà di come è possibile modificare la composizione agendo sull’alimentazione dei bovini «nel pieno rispetto del benessere degli animali stessi», verranno inoltre mostrati i risultati ottenuti da una ricerca nel comprensorio del Parmigiano Reggiano, dove questo tipo di alimentazione è già consentito dal disciplinare dei formaggi DOP, in particolare Grana e Parmigiano: «Alcuni risultati dello studio compiuto dal CREA su grasso di latte – spiega ancora Contarini – mostrano l’incremento non solo di grassi Omega 3 ma anche del CLA, acido linoleico coniugato, che secondo evidenze scientifiche è anch’esso positivo per la salute umana».
IL BURRO NOBILE – Fra gli interventi previsti al convegno c’è anche quello di Luigi Tamburini, presidente della LattEmilia, cooperativa che già da qualche anno ha adottato questo tipo di regime e che fa parte del comprensorio del Parmigiano Reggiano. «Il Parmigiano viene fatto con latte parzialmente affiorato: la panna che affiora viene utilizzata per produrre del burro detto “nobile” proprio per le particolarità nutrizionali che possiede» conclude Contarini.
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Sigarette: con 10 aumenta 6 volte rischio di sviluppare un tumore
Stili di vitaChi fuma 10 sigarette al giorno ha un rischio 6 volte maggiore di sviluppare un tumore allo stomaco. In più raddoppia il rischio di attacco di cuore e di sviluppare malattie cardiovascolari. Inoltre, il fumo riduce del 72% i livelli di fertilità.
I formatori italiani sono il 22%. Quando si fuma una sigaretta si sprigionano più di 4000 sostanze chimiche, tra cui la nicotina che crea dipendenza, il catrame e altre sostanze che si accumulano nei polmoni e nelle vie respiratorie favorendo infezioni, enfisema e bronchiti croniche.
Fumare in gravidanza aumenta il rischio di aborto e di avere neonati sottopeso (-200 g in media). Inoltre può causare un ritardo nella crescita e nello sviluppo
mentale, oltre che polmonare. Il feto, infatti, è molto piu sensibile dell’adulto all’effetto nocivo del tabacco, perché i suoi organi
sono in fase di sviluppo. Non solo: i figli di madri fumatrici saranno maggiormente inclini a diventare futuri fumatori.
Ma cosa succede quando si smette di fumare?
L’aspettativa di vita si allunga di dieci anni per chi non fuma. Quando si smette di fumare, anche dopo molti anni, il rischio di sviluppare un tumore diminuisce; dopo venti anni sviluppare un tumore è una probabilità ridotta a quella di un non fumatore. I benefici di una vita senza fumo sono immediati: si respira meglio, si ha una maggiore luminosità della pelle, soprattutto del viso che appare più roseo, si ha una maggiore resistenza fisica e prontezza nei riflessi, si riducono le occhiaie e gli occhi sono piu limpidi e si dorme meglio.
Come dire addio al fumo?
La gestione del lavoro, della famiglia o i ritmi frenetici quotidiani possono portare a situazione di forte stress, il fumo a volte rappresenta una via di fuga che a lungo andare costa cara. Tuttavia smettere di fumare è sempre possibile. Gli ostacoli sono soprattutto psicologici e il più delle volte sono sopravvalutati. Gli esperti suggeriscono alcuni punti per superare quest’abitudine nociva.
Quando si smette di fumare, i sintomi dell’astinenza si riducono gia nella prima settimana. Il senso di rilassamento che provoca it fumo è solo l’inganno della nicotina sul cervello: già dopo 7 giorni senza fumo si ha una percezione di calma priva di mancanza e frustrazione. Il desiderio di “accendere una sigaretta” dura solo pochi minuti in cui il fumatore potrebbe adottare strategie per distrarsi, come ad esempio masticare una gomma o bere acqua. Se il peso aumenta quando si smette di fumare si possono migliorare le abitudini alimentari (meno cibo, bere molti liquidi e un’attivita fisica quotidiana).
Se non si riesce a smettere di fumare da soli, si può sempre consultare il proprio medico o un centro antifumo per cercare la strategia migliore in base alla propria personalità.
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Dieta mediterranea: italiani convinti di farla, ma è nel modo sbagliato
AlimentazioneQuello che si sa con certezza è che una dieta ricca di vegetali e frutta (come quella mediterranea) e una vita meno sedentaria hanno un effetto protettivo per la salute. Tuttavia, non sempre la percezione che la propria dieta sia corretta corrisponde alla realtà. Da alcune indagini emerge che una percentuale significativa di italiani crede di seguire la dieta mediterranea, senza che questo si traduca in fatti. Studi ufficiali hanno indagato i comportamenti alimentari nell’arco di tre decadi, e un quarto studio è stato avviato per aggiornare la base informativa risalente agli anni 2005-2006 (INRAN-SCAI 2005-06).
Cosa dicono i dati? Molto dipende dalla zona geografica di appartenenza, ma i numeri mostrano che la quota di popolazione con più di 3 anni che mangia almeno 5 porzioni al giorno di verdura, ortaggi e frutta non supera il 5%.
Eppure se intervistati, spesso, gli italiani esprimono buone intenzioni di adottare una dieta sana ed equilibrata, e comunque ritengono di seguire una dieta tradizionale/mediterranea (la quasi totalità ossia il 92% dei rispondenti con più di 15 anni). Questo puo significare che idealmente vorrebbero seguirla, anche se questo è lontano dalla realtà, soptattutto perché nel tempo gli indici di qualità della dieta si sono allontanati dal modello mediterraneo.
L’European Food Safety Authorithy (EFSA) promuove la raccolta dei dati in tutta Europa con il programma EU-MENU. Il CREA-Alimenti e Nutrizione è incaricato di realizzare il IV Studio sui Consumi Alimentari in Italia (IV SCAI) che ha visto Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità insieme al CREA-Alimenti e Nutrizione, mettere in opera un sistema di formazione innovativo per personale altamente specializzato per la raccolta dei dati.
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Le donne e la gratificazione del dare
Ricerca innovazioneDare ed avere è una questione di genere. Fa discutere un ricerca dell’Università di Zurigo secondo la quale le donne sarebbero più generose degli uomini. Condizionate sin da piccole al punto da modificare i propri schemi mentali. Stando ai ricercatori e ai risultati ottenuti, il cervello della donna si attiva di più nelle aree della gratificazione quando lei «dona» o fa qualcosa per gli altri. Al contrario, gli uomini, avrebbero un meccanismo inverso. Nel cervello maschile le aree della gratificazione si attivano più intensamente quando lui tiene qualcosa per sé, ad esempio una somma di denaro. Insomma a lei dà più soddisfazione e piacere donare, a lui tenere per sé.
Differenze acquisite
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Human Behavior e sembrerebbe avvalorare l’idea che vi siano inclinazioni femminili e maschili, lei verso attività rivolte agli altri (prosociali), lui più competitivo e individualista anche se, fa notare Alexander Soutschek che ha condotto il lavoro, questo studio non dimostra che tali differenze siano innate, ma piuttosto suggerisce che sin da piccoli siamo esposti a condizionamenti culturali così forti da rendere il cervello femminile più generoso e prosociale, quello maschile più egoista. Un tema, quello del rapporto tra uomini e donne, trattato più volte dal cinema nostrano e non solo. Si pensi ad esmpio alla pellicola «Maschi contro femmine».
Lo studio
Gli esperti hanno eseguito una serie di esperimenti in cui un campione di donne e uomini potevano condividere o tenere per sé somme di denaro: ebbene si è visto che le aree della gratificazione del cervello (in primis lo striato) femminile si attivano più intensamente quando lei condivide in maniera generosa, piuttosto che quando tiene per sé il denaro; nel cervello maschile avviene il contrario. In un secondo round di esperimenti in cui il sistema neurale di gratificazione viene messo Ko con farmaci (una sostanza usata per la schizofrenia), la donna assume comportamenti più egoistici e il maschio più altruisti.
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Malattia renale cronica, ecco cosa c’è da sapere
PrevenzioneA Napoli è di scena la prevention race, la maratona della prevenzione, inserita nel più ampio contesto di iniziative di prevenzione realizzate sul lungomare liberato. Ancora una volta a centinaia correranno per trasmettere un segnale forte sulla necessità di prevenire le malattie e adottare stili di vita salutari. Uno dei temi affrontati, sui quali si spingerà molti sino a domenica, è la malattia renale cronica. Un nemico insidioso e poco conosciuto. La malattia, non molti lo sanno, è in costante aumento, e la Campania non fa eccezione.
Rischi per il cuore
Uno dei grandi problemi per i pazienti colpiti da malattia renale cronica è quello di essere esposti ad un alto rischio di malattia cardiovascolare, che poi è la principale causa (40-50%) di morbilità e mortalità. Per questo è necessario individuare ed eliminare i fattori di rischio della malattia cardiovascolare, quali l’ipertensione arteriosa, il diabete consente di prevenire le complicanze loro correlate, anche dopo l’inizio del trattamento dialitico.
Uno scenario in evoluzione
I progressi della medicina e i cambiamenti “sociodemografici” degli tempi hanno profondamente cambiato lo scenario dei bisogni assistenziali nei paesi occidentali. Le malattie croniche spesso coesistenti tra loro, colpiscono una popolazione sempre più anziana. Individuare precocemente, questa sindrome, sia tra i diabetici che gli ipertesi, è importante perché consentire di procrastinare il loro ingresso in dialisi, prevenendo, inoltre, l’insorgenza di complicanze, prima tra tutte quella del cuore.
Prevenzione
Fare prevenzione significa combattere al meglio la malattia e abbattere i costi, evitando ad esempio ricoveri in emergenza. Ecco perché è bene che i cittadini siano informati sulla possibilità di uno screening dei fattori di rischio della malattia cardiovascolare nei pazienti diabetici e ipertesi. E’ cruciale che lo screening venga assicurato sul territorio, sia perché spesso ci si trova al cospetto di pazienti anziani che non sono autonomi negli spostamenti, sia perché in questo modo si possono realizzare test di screening di facile esecuzione e costo sostenibile, quale l’impedenziometria.
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Se l’aspettativa di vita arriverà sino ad un secolo
PrevenzioneI nostri nipoti, più verosimilmente i nostri pronipoti, avranno un’aspettativa di vita di un secolo. Secondo Claudio Franceschini, professore emerito dell’Università di Bologna, che ha tenuto oggi una lectio magistralis a Napoli «E’ possibile, malgrado quello che si dice sull’inquinamento e su altri fattori ambientali, l’aspettativa di vita tende ad aumentare, ovviamente ci sarà un limite ma noi vogliamo vivere non solo a lungo ma anche bene, senza grandi patologie». Franceschini chiarisce infatti che lo studio delle basi biologiche dell’invecchiamento, stanno andando molto avanti con grande interesse scientifico per le procedure che possono ritardare l’invecchiamento e diminuire l’incidenza delle patologie. Procedure basate sull’alimentazione e l’attività fisica ma anche su alcune sostanze che si son studiate su modelli animali e tra poco entreranno negli studi clinici sull’uomo.
Un nuovo progetto
Franceschini, assieme alla professoressa Colao, sta progettando la nascita di un’istituto sulla longevità. «Visto che i nostri stili di vita e la Dieta mediterranea sono molto efficaci e sono un modello da esportare, l’istituto renderebbe lo studio sulla longevità più robusto per ricercatori e medici e operare una diffusione di queste pratiche per vivere meglio e più a lungo». Intanto, domani si inaugura il alle 17 il Campus 3S, un grande ospedale da campo con oltre cento medici attivi per visitare gratuitamente la popolazione napoletana. Dalle 14 di domani, fino al tramonto di sabato si avrà l’opportunità di accedere all’area attrezzata con accettazione, visita ambulatoriale specialistica, diagnosi e referto proprio come in un vero ospedale.
Visite gratuite
Il lungomare cittadino nell’area pedonale dalla Rotonda Diaz sarà animato anche da un programma ricchissimo di eventi sportivi e musicali, aree dedicate ai bambini, food, solidarietà e tanto altro. La prevenzione è al centro del progetto promosso da Annamaria Colao, coordinatore scientifico e Tommaso Mandato, presidente di Sportform. Numerosissime le opportunità di visita per i cittadini: endrocrinologia, nefrologia, gastroenterologia, cardiologia, dermatologia, senologia, ortopedia, oculistica, metabolismo, andrologia, ginecologia, pneumologia, tiroide, nutrizione. Tra gli appuntamenti di domani “Prevenzione e sport, prevenire e non dimenticare”, l’evento che si svolgerà alle 17.30 in collaborazione con l’associazione “Ciro vive” di Antonella Leardi, che in occasione della gara Roma-Napoli consegnerà premi e riconoscimenti per promuovere i valori della solidarietà nello sport al presidente del CONI Giovanni Malagò, al presidente della Lega dilettanti Cosimo Sibilia, Gennaro Iezzo, Pierpaolo Marino, Alfonso De Nicola, Enzo De Caro, Luigi De Canio.
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Ginocchio del corridore. I rischi del correre nel modo sbagliato
SportQuasi un “runner” (chi si allena correndo) su due soffre di problemi ortopedici dovuti alla corsa. Spesso i dolori riguardano soprattutto le ginocchia. Queste ultime, infatti, assorbono l’impatto del corpo al suolo e lo trasformano in energia e forza propulsiva. Quando il sistema interconnesso di ossa, legamenti, tendini, muscoli, rotula e menischi non funziona più in sintonia, cominciano ad esserci dei problemi. Molti sportivi che praticano la corsa conoscono il problema. Si tratta di un dolore pungente all’esterno del ginocchio che all’inizio si presenta solo durante l’allenamento della corsa, poi si fa sentire anche nel percorrere le scale o camminando. Il ginocchio doloroso è detto sindrome della bandelletta ileotibiale ed è il problema principale dei podisti e coinvolge la zona ileotibiale, ossia l’ultimo tratto della fascia del femore che riveste i muscoli superficiali della coscia. Molto spesso i problemi sono dovuti a condizioni di tipo sportivo come una tecnica sbagliata di corsa, sovrallenamento o aumento improvviso del carico, ma anche a condizioni fisiche come per esempio muscoli sottosviluppati.
Il problema spesso invece riguarda i corridori occasionali, che fanno una vita prevalentemente sedentaria e in modo del tutto instabile di tanto in tanto corrono.
Una buona tecnica di corsa non si ottiene solo percorrendo tanti chilometri, anche perché con il passare degli anni anni le capacità motorie si deteriorano. Gli esperti suggeriscono che la prevenzione parte dalle dalle scarpe, che devono essere ben ammortizzanti, inoltre è consigliabile correre solo su superfici piane. Una vita sedentaria porta a perdere la tensione muscolare nel corpo e diventa necessario fare i giusti movimenti e iniziare ad allenarsi con gradualità, per non rischiare conseguenze, dando un carico eccessivo sulle ginocchia. Tra gli errori, c’è l’overstride (un passo troppo lungo) o altri problemi posturali. Se si conosce il proprio modo di correre, si può lavorare sui propri punti deboli. Basta anche essere ripresi da un amico mentre si corre per notare eventuali errori di postura o altri problemi. Per correre è importante allungarsi completamente così da attivare i muscoli dell’addome, spingere il bacino in posizione eretta e ridurre la tensione sulla fascia ileotibiale. Per ottimizzare la coordinazione si corre su percorsi off-road invece che sulle solite strade, questo migliora anche le capacità motorie.
Se si avvertono i primi dolori, con il giusto allenamento si può trattare il problema, ma non si deve ignorarlo. Prima di tutto si dovrebbe ridurre il volume di allenamento piuttosto che rischiare di subire un infortunio ed inoltre è importante avere un programma vario con una buona combinazione di esercizi di coordinazione, agilità e forza per equilibrare tutte le irregolarità muscolari.
Bambine. In Italia record di abusi sessuali su minori nel 2016
News PresaNel 2016 in Italia oltre 950 minori hanno subito violenza sessuale e 6 su 10 sono bambine. Numeri impressionanti che sono cresciuti nell’ultimo anno. Delle 21 vittime d’omicidio volontario il 62% erano bambine, in un quadro in cui la pornografia e prostituzione minorile crescono: +20% dal 2015. Nella Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze che si celebra oggi, l’associazione Terre des Hommes ha presentato la sesta edizione del Dossier “Indifesa” per accendere i riflettori sui diritti negati a milioni di bambine in Italia e nel mondo.
Il numero totale dei minori vittime di reato non è mai stato così alto da un decennio, raggiungendo la cifra di 5.383 minori (+6% rispetto al 2015). I dati Interforze della Polizia di Stato sui minori vittime nel 2016 elaborati da Terre des Hommes sono stati illustrati alla presenza del Presidente del Senato, Pietro Grasso.
La maggior parte sono femmine: nel 2016 le vittime erano in media il 58%, ma questa percentuale aumenta in tutti i reati a sfondo sessuale. Le bambine sono l’83% delle vittime di violenze sessuali aggravate, l’82% dei minori entrati nel giro della produzione di materiale pornografico, il 78% delle vittime di corruzione di minorenne, ovvero bambine al di sotto dei 14 anni forzate ad assistere ad atti sessuali.
Colpisce il dato degli omicidi volontari consumati: più che raddoppiati in un anno (da 13 a 21 minori vittime) il 62% era una bambina o adolescente. Cresciuto del 23% il numero di vittime minori di abuso di mezzi di correzione o disciplina (266 nel 2016), ovvero botte fino ad andare in ospedale e arrivare a una denuncia. Più in calo rispetto al 2015 gli atti sessuali con minori di 14 anni (-11%), dove però le vittime sono ancora 366, per l’80% bambine, e la detenzione di materiale pornografico, che segna -12%, con 58 vittime, il 76% femmine.
Nella Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze, dai dati presentati da Unicef e Terre des Hommes emerge prima di tutto il legame tra situazioni di violenza e negato accesso all’istruzione, ecco perché l’Unpa, Fondo delle Nazioni Unite per le popolazioni, in un focus sulla situazione dei 125 milioni di bambine nate nel 2006 in tutto il mondo, ha dichiarato: “Il futuro del mondo sarà determinato dal destino delle ragazze di 10 anni”.
Il presidente del Senato Pietro Grasso ha posto l’attenzione soprattutto sul versante dell’accesso all’istruzione: “Colmare il gap tra i sessi e permettere a milioni di bambine di studiare meglio e più a lungo significa, in prospettiva, costruire un mondo più giusto e soprattutto più equo”. L’Unicef quest’anno approfondisce il tema ‘Empower girls’ ricordando che “1,1 miliardi di ragazze nel mondo rappresentano una risorsa di potere, energia e creatività e i milioni di ragazze in emergenza non costituiscono un’eccezione”. È però vero che durante i conflitti bambine e adolescenti “hanno una probabilità 2,5 volte maggiore di non frequentare la scuola rispetto ai ragazzi”. Invece è proprio l’educazione la prima arma contro la violenza.
“Serve un impegno sempre maggiore del Governo per trovare fondi per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere – ha dichiarato Raffaele K. Salinari, presidente di Terre des Hommes – che orienti gli interventi sia in Italia che nei Paesi in via di sviluppo”.
Nella fotografia scattata dalla sesta edizione del dossier, i diritti delle bambine e delle ragazze continuano ad essere negati. In alcuni settori e in alcune aree geografiche ci sono miglioramenti, ma non riescono a invertire il trend. Nel mondo quasi 2 bambine su 3 tra i 10 e i 14 anni subiscono regolarmente punizioni corporali, mentre circa 120 milioni di ragazze con meno di vent’anni sono vittime di rapporti forzati.
In base alle stime dell’OMS, le donne e le ragazze che hanno subito una mutilazione genitale sono circa 200 milioni e vivono prevalentemente in 30 Paesi. Il Paese dove sono più diffuse è la Somalia, dove interessa praticamente tutte le donne (98%). Il dossier punta i riflettori anche sul fenomeno dei matrimoni precoci, che coinvolge ogni anno almeno 15 milioni di bambine e adolescenti. Ogni due secondi una bambina o ragazza con meno di 18 anni diventa una baby sposa. Secondo un recente studio della Banca Mondiale, la scomparsa dei matrimoni precoci si tradurrebbe in un risparmio pari a 566 miliardi di dollari (nel 2030) dovuto alla riduzione delle spese per il welfare dei singoli Stati. Da baby spose a baby mamme il passo è breve: nel 2016 sono state registrate 21 milioni di gravidanze tra le ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni che vivono nei Paesi in via di sviluppo e nel 49% dei casi si tratta di gravidanze non cercate. Non solo: ogni anno, circa 70mila ragazze muoiono a causa del parto e delle complicanze legate alla gravidanza. Tra le violazioni dei diritti delle bambine ci sono anche quelle legate a conflitti e trafficking: sono circa 100mila le bambine soldato, mentre delle 2,4 milioni di persone vittime di tratta le bambine rappresentano ben il 20%. In base alle stime della Banca Mondiale, eliminare i matrimoni precoci permetterebbe di salvare la vita – entro il 2030 – a due milioni di bambini che riuscirebbero a sopravvivere oltre i cinque anni d’età, mentre altri 3,6 milioni non soffrirebbero di malnutrizione acuta.
A questi benefici si sommano quelli dell’aumento della frequenza scolastica. Secondo l’ultimo report dei Millennium Goals, tra il 2000 e il 2011 soprattutto, il numero di bambini esclusi dalle elementari si è quasi dimezzato, passando da 102 milioni a 57 milioni.
Infine un viaggio tra i banchi di scuola. L’Osservatorio sulla violenza e gli stereotipi di genere di Terre des Hommes ha raccolto il punto di vista di circa di 2mila ragazzi tra i 14 e i 19 anni su violenza di genere, stereotipi e pericoli della rete. Secondo il 77,1% degli intervistati l’alibi della ‘provocazione’ da parte della donna sull’uomo maltrattante fortunatamente non regge. Solo che tra i maschi questa percentuale scenda al 66,8%, mentre il 53,9% dei ragazzi pensa che tutto sommato la ‘violenza è frutto di una perdita momentanea di controllo’.
La violenza di genere si combatte soprattutto partendo dagli stereotipi e dai comportamenti quotidiani. Il 24,3% di ragazzi pensa che gli uomini non debbano partecipare alle attività domestiche, mentre il 36,3% è convinto che occuparsi della casa e della famiglia è compito delle donne. “Queste percentuali – conclude il rapporto – sembrano mostrare un cammino ancora molto lungo da percorrere in un Paese che da anni discute di eguaglianza di genere e di violenza”.
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