Tempo di lettura: 2 minutiChe sia dolce o salato, l’80% del cibo preconfezionato contiene zucchero. Quest’ultimo ormai viene aggiunto in molti alimenti (non solo dolci), soltanto per renderli più saporiti. C’è un termine utilizzato in America, il cosiddetto “bliss point”, che indica il punto di beatitudine, cioè quel grado di dolcezza ottimale che le industrie alimentari ricercano per rendere un prodotto dolce al punto giusto e per creare una certa assuefazione così da indurre i consumatori a ricomprarlo.
Cosa succede al corpo quando viene assunto lo zucchero?
Si attivano i centri del piacere nel cervello e viene rilasciato un elemento chimico, la dopamina, responsabile del senso di piacere. Il problema però subentra quando si assumono grandi quantità di zuccheri in maniera inconsapevole attraverso cibi insospettabili.
Il dato di fatto è che l’80 per cento dei cibi preconfezionati contiene zuccheri aggiunti.
Se per motivi di salute o linea si vuole eliminare lo zucchero dalla dieta, è necessario fare attenzione allo zucchero nascosto.
La prima regola da sapere è che quello che finisce con “osio” è zucchero, ma non basta.
Salse, sughi pronti e condimenti, come ad esempio ketchup o salse barbecue contengono tantissimi zuccheri e persino alcune imprese che li producono consigliano in America di consumarli una volta alla settimana.
Persino le verdure, se sono in scatola, contengono lo zucchero, come piselli, fagioli, pomodori e altre verdure in scatola. Viene aggiunto non solo per insaporire, ma anche per allungare la durata del prodotto.
Anche i cibi dietetici non sono esclusi dai sospetti. Ci sono confezioni accattivanti e con un aspetto salutare che in realtà sono pieni di zuccheri, come le barrette energetiche. I cibi dietetici o che contengono pochi grassi possono essere ingannevoli, perché spesso il grasso eliminato viene proprio sostituito dallo zucchero.
I Cereali da colazione contengono tanti zuccheri nascosti. La colazione è un pasto fondamentale, ma va fatto con la consapevolezza delle proprietà degli ingredienti. Molti cereali che sembrano sani in realtà contengono più zucchero di una fetta di torta. Meglio non far impennare i livelli di zuccheri nel sangue di buon mattino.
Il sushi va di moda, molti credono che sia dietetico perché ha molto riso e pesce, ma in realtà il riso per sushi è preparato con lo zucchero.
Anche il pane, specialmente quello bianco, ma anche di altri tipi, ha lo zucchero. Meglio andare dal panettiere di fiducia o ancora meglio, farlo a casa.
Se la frutta fresca contiene il fruttosio naturale, quella essiccata invece contiene lo zucchero concentrato e meno fibre (che rallentano la digestione). Anche gli smoothie, che oggi sono uno dei simboli di uno stile alimentare sano, possono contenere zucchero, soprattutto quelli acquistati. Questi frullati sono ricchi di fruttosio e le fibre vengono polverizzate così che non possono agire da barriera e rallentare l’assorbimento degli zuccheri.
Ogni dieta sana si basa sull’equilibrio, non si tratta quindi di eliminare completamente dei prodotti dall’ alimentazione, ma di assumerli con moderazione.
promuoviamo salute
Zucchero nascosto. Ecco gli alimenti che ingannano
AlimentazioneChe sia dolce o salato, l’80% del cibo preconfezionato contiene zucchero. Quest’ultimo ormai viene aggiunto in molti alimenti (non solo dolci), soltanto per renderli più saporiti. C’è un termine utilizzato in America, il cosiddetto “bliss point”, che indica il punto di beatitudine, cioè quel grado di dolcezza ottimale che le industrie alimentari ricercano per rendere un prodotto dolce al punto giusto e per creare una certa assuefazione così da indurre i consumatori a ricomprarlo.
Cosa succede al corpo quando viene assunto lo zucchero?
Si attivano i centri del piacere nel cervello e viene rilasciato un elemento chimico, la dopamina, responsabile del senso di piacere. Il problema però subentra quando si assumono grandi quantità di zuccheri in maniera inconsapevole attraverso cibi insospettabili.
Il dato di fatto è che l’80 per cento dei cibi preconfezionati contiene zuccheri aggiunti.
Se per motivi di salute o linea si vuole eliminare lo zucchero dalla dieta, è necessario fare attenzione allo zucchero nascosto.
La prima regola da sapere è che quello che finisce con “osio” è zucchero, ma non basta.
Salse, sughi pronti e condimenti, come ad esempio ketchup o salse barbecue contengono tantissimi zuccheri e persino alcune imprese che li producono consigliano in America di consumarli una volta alla settimana.
Persino le verdure, se sono in scatola, contengono lo zucchero, come piselli, fagioli, pomodori e altre verdure in scatola. Viene aggiunto non solo per insaporire, ma anche per allungare la durata del prodotto.
Anche i cibi dietetici non sono esclusi dai sospetti. Ci sono confezioni accattivanti e con un aspetto salutare che in realtà sono pieni di zuccheri, come le barrette energetiche. I cibi dietetici o che contengono pochi grassi possono essere ingannevoli, perché spesso il grasso eliminato viene proprio sostituito dallo zucchero.
I Cereali da colazione contengono tanti zuccheri nascosti. La colazione è un pasto fondamentale, ma va fatto con la consapevolezza delle proprietà degli ingredienti. Molti cereali che sembrano sani in realtà contengono più zucchero di una fetta di torta. Meglio non far impennare i livelli di zuccheri nel sangue di buon mattino.
Il sushi va di moda, molti credono che sia dietetico perché ha molto riso e pesce, ma in realtà il riso per sushi è preparato con lo zucchero.
Anche il pane, specialmente quello bianco, ma anche di altri tipi, ha lo zucchero. Meglio andare dal panettiere di fiducia o ancora meglio, farlo a casa.
Se la frutta fresca contiene il fruttosio naturale, quella essiccata invece contiene lo zucchero concentrato e meno fibre (che rallentano la digestione). Anche gli smoothie, che oggi sono uno dei simboli di uno stile alimentare sano, possono contenere zucchero, soprattutto quelli acquistati. Questi frullati sono ricchi di fruttosio e le fibre vengono polverizzate così che non possono agire da barriera e rallentare l’assorbimento degli zuccheri.
Ogni dieta sana si basa sull’equilibrio, non si tratta quindi di eliminare completamente dei prodotti dall’ alimentazione, ma di assumerli con moderazione.
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Linea: quali sono i cibi che saziano più a lungo?
AlimentazioneCibi che saziano più a lungo
Mangiare sano non vuol dire non saziarsi. Lo scopo di una dieta sana è quello di evitare gli alimenti che destabilizzano i livelli di zuccheri nel sangue e causano senso di fatica e di fame intensa per ore. Ogni pasto deve soddisfare, anche se all’inizio di un cambiamento non è facile fare a meno di prodotti preconfezionati e ricchi di zuccheri, se fino a quel momento hanno fatto parte della dieta. Con il tempo invece diventa un’esigenza mangiare alimenti più naturali e che saziano più a lungo.
Ma quali sono, secondo i nutrizionisti, gli alimenti sani che saziano di più? Si tratta principalmente di cibi ricchi di fibre e di grassi sani: in entrambi i casi si digeriscono lentamente, non causano picchi di zucchero nel sangue e danno l’energia necessaria.
La frutta secca (oleosa), come le mandorle, gli anacardi, le noci, i pistacchi e le noci brasiliane non salati e non ricoperti di zucchero (nella quantità di una manciata) o un cucchiaio di burro di noci apportano grassi e proteine. Possono condire un’insalata o essere usati come snack. Il burro di noci può invece essere mangiato con una mela, una banana o su una galletta di riso.
La quinoa è un seme ed è senza glutine, quindi è un alimento proteico e ricco di fibre. In 185 g di quinoa cotta ci sono 5 g di fibre e 8 g di proteine. Inoltre, i carboidrati della quinoa sono del tipo complessi, che sono più sani di quelli semplici.
Le Patate dolci (o patate americane)
si gustano dolci o salate con delle uova sopra e sono ricche di vitamine. Una patata dolce media ha poco più di 100 calorie, 4 g di fibre e tantissima vitamina A.
L’avocado (che invece è una bacca), è ricco di acidi grassi monoinsaturi, i quali mantengono in salute il cuore e i vasi sanguigni. In circa 300 grammi di avocado ci sono 5 g di proteine e il doppio del potassio contenuto in una banana
Le lenticchie, ricche di proteine e fibre, sono alla base della dieta mediterranea, come molti altri legumi. Oggi sono un’alimento di riferimento nella dieta vegetariana e vegana. Una porzione di lenticchie (circa 100 g) contiene 8 g di fibre e 9 g di proteine. Vanno evitate solo prima di fare sport, perché causano gonfiore e sono lente da digerire (anche per questo saziano a lungo), ma sono perfette come qualsiasi altro pasto della giornata.
Hummus è anch’esso ricco di fibre e proteine provenienti dai ceci e di grassi buoni provenienti dalla salsa tahina (pasta di sesamo). Con 100 grammi di hummus si assumono 8 g di proteine e 4 g di fibre.
I broccoli fanno parte della famiglia delle verdure crocifere che sono associate ad un basso tasso di rischio di cancro. Circa 91 grammi di broccoli contengono 2 g di fibre e 3 g di proteine, il 100% del fabbisogno di vitamina C e K e una buona quantità di vitamina A, acido folico e potassio.
Orzo
Tra tutti i cereali, è quello vincente perché in una tazza sono contenuti 16 g di fibre e inoltre perché fornisce anche un’alta percentuale del fabbisogno giornaliero di manganese e di selenio.
Semi di chia
La maggior parte dei carboidrati che si trovano nei semi di chia sono fibre (in soli 28 grammi ce ne sono 11 g).
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Salute, gli italiani preoccupati consultano dottor Google
News PresaInternet? Per moltissimi italiani serve per cercare informazioni sul proprio stato di salute. E proprio la salute è tra le maggiori preoccupazioni, un vero e proprio cruccio, secondo solo a terrorismo e lavoro che non c’è. Il trend è in linea con quanto avviene anche nel resto del mondo, infatti, le paure di una malattia grave (41%), della diffusione di pandemie (36%) o di soffrire di Salute precaria (28%) pesano meno solo delle preoccupazioni legate a terrorismo (47%) e precarietà sul lavoro (43%). Oltre 1 italiano adulto su 3, infatti, ritiene che la propria condizione di salute non sia buona, ma solo “media” (27%) o “cagionevole” (7%). I dati sono quelli dell Consumer Attitudes Survey, studio internazionale realizzato dal gruppo assicurativo Aviva sulla percezione della propria Salute in 14 paesi del mondo.
Dottor Google
Nonostante in Italia la popolazione adulta utilizzi il web o le app come strumenti di pagamento o di gestione in misura minore rispetto agli altri paesi analizzati (-8%), quando si tratta di informarsi su sintomi o diagnosi mediche, gli italiani sono tra i più assidui nella ricerca di informazioni online (41%; +9%). Anzi, italiani e irlandesi (rispettivamente 41% e 39%) sono superati soltanto da turchi e indonesiani (rispettivamente 42% e 48%). Affidarsi al web per trovare questo genere di informazioni è una pratica meno diffusa in Cina (16%) e India (5%). Una curiosità: rispetto alla media degli altri Paesi analizzati, gli italiani sono anche più propensi a leggere su forum e social media le esperienze di altre persone con stessi sintomi, patologie o disturbi.
Ansia e preoccupazioni
Più in dettaglio, il 40% degli italiani adulti afferma di aver sofferto di ansia nel mese precedente all’indagine. Un dato inferiore solo a quello dell’India, dove i livelli di ansietà si attestano al 60%. Sentirsi meno stressati, ansiosi o depressi è in cima alle ambizioni di Salute degli italiani (33%). Seguono il desiderio di dormire meglio (28%) e quello di perdere peso/migliorare la propria forma fisica (25%). La causa principale dello stress? Per 2 italiani su 5 è il lavoro. Una situazione che si riflette anche nelle fasce d’età più giovani: il 35% delle persone tra i 18 e i 34 anni teme un aumento del livello di stress e depressione nel corso dei prossimi 12 mesi. In cima alla lista delle preoccupazioni degli italiani legate al proprio benessere fisico, ci sono le patologie gravi (30%), che preoccupano ben più degli effetti dell’invecchiamento sulla Salute (18%). Tuttavia meno di 1 partecipante al sondaggio su 10 afferma di possedere un prodotto assicurativo dedicato. I valori risultano invece più alti in altri Paesi europei come la Francia, in cui la percentuale sale al 34%. Nel dettaglio, tra gli italiani partecipanti al sondaggio, solo l’8% ha dichiarato di possedere un’assicurazione sanitaria privata e ancora meno – il 6% – afferma di avere una forma di copertura sulle malattie gravi.
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Nel Dna i segni di baci e carezze
Ricerca innovazioneI segni di baci e carezze
Baci, carezze e coccole sono elementi essenziali dello sviluppo. Ancora una volta la medicina conferma quello che l’istinto delle mamme conosce già, ma si tratta comunque di un’importante conferma. In campo, stavolta, i ricercatori della University of British Columbia e del British Columbia Children’s Hospital Research Institute. E’ proprio da questo da questo team che è arrivata una scoperta finita poi su Development and Psychopathology. Lo studio ha coinvolto 94 bambini sani. I ricercatori hanno chiesto ai genitori dei piccoli a 5 settimane di vita di tenere un diario del comportamento dei loro bambini (come dormivano e si nutrivano, se piangevano), nonché di specificare se ne prendessero cura con il contatto fisico e per quale durata.
Sviluppo
Baci e tenerezze varie non sono solo parte della sfera affettiva, sono come piccoli mattini che lasciano chiare tracce nei geni. Chi ha vissuto più stress da neonato e ha al tempo stesso ricevuto meno contatto fisico all’età di quattro anni e mezzo, risulta avere un profilo molecolare nelle cellule “sottosviluppato” per rispetto all’età, cosa che indica la possibilità che sia in “ritardo” biologico.
I test
Quando i bambini avevano circa 4 anni e mezzo, è stato prelevato un campione di Dna tamponando l’interno delle loro guance. Il team ha esaminato una modifica biochimica chiamata metilazione del DNA. Il risultato sono state differenze consistenti tra i bimbi che avevano ricevuto poco o molto contatto fisico, in particolare in cinque siti di Dna specifici in due dei quali rientrano dei geni: uno svolge un ruolo nel sistema immunitario e l’altro è coinvolto nel metabolismo. Non solo: coloro che avevano avuto un disagio più elevato ricevendo al contempo poco contatto fisico risultavano con un’età “epigenetica” inferiore a quella attesa. Gli studiosi vogliono ora esaminare ancora i bambini per capire esattamente le implicazioni sulla salute, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo psicologico.
Clown professionisti in Libano portano il sorriso ai bimbi rifugiati
BambiniC’è un gruppo di clown professionisti, si spostano in roulotte per tutto il Libano e portano gioia ai bambini rifugiati. Bambini traumatizzati dalla guerra, che hanno perso il sorriso, così come quelli che si trovano negli ospedali e devono fare i conti con malattie che alla loro età sono più difficili da accettare e appaiono ancora più crudeli e ingiuste.
La clownterapia è la disciplina che studia e applica l’effetto benefico del ridere e delle emozioni positive. Contribuisce all’umanizzazione dei servizi socio-sanitari e ha raggiunto risultati importanti da quando è stata introdotta. Applicata in un ospedale, può influire in maniera positiva sulle aspettative, sulle motivazioni e sui vissuti degli utenti e del personale: rende migliore la qualità della degenza dei bambini ricoverati e ne facilita le cure ospedaliere. Punta all’ottimizzazione relazionale, all’umanizzazione e migliora l’efficienza della struttura.
Sabine Choucair è una clown professionista e ha fondato “Clown Me In”, una comunità che si muove in roulotte per portare gioia, divertimento e risate ai bambini rifugiati del Libano.
Sabine Choucair racconta: “Basta un’ora per cambiare l’atmosfera”.
“Anche se stiamo con i bambini una sola ora – continua – sentiamo che l’atmosfera generale cambia”.
“Lavoriamo con le comunità svantaggiate – racconta Sabine su Huffington post – e per noi è molto importante. Registriamo le loro storie e cerchiamo che la loro voce venga ascoltata. Questa è una delle peggiori crisi che si stanno verificando adesso nel mondo e noi dobbiamo provare a fare qualcosa”.
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Autismo, l’allarme dei neuropsichiatri campani
News PresaIl tema è soprattutto quello dell’autismo, sull’assistenza neuropsichiatrica la Campania sta vivendo settimane (se non mesi) di grande incertezza. Tra gli addetti ai lavori molti definiscono la situazione «critica» per mancanza di risorse e per la necessità di riorganizzare, nonostante la forte crescita della domanda di assistenza. Sono n particolare i neuropsichiatri dell’infanzia e dell’adolescenza della Sinpia a denunciare le difficoltà dei pazienti e degli operatori in attesa che qualcosa cambi, e intanto, (la scorsa settimana) il governo ha impugnato la legge della regione Campania.
Le carenze
«Non entriamo nel merito del provvedimento di impugnazione del Consiglio dei Ministri delle motivazioni che lo hanno determinato – dice Goffredo Scuccimarra, segretario regionale della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza – con la Legge n.26 sono state evidenziate le gravi disfunzioni del sistema di cure del territorio regionale. Assenza di un reparto di neuropsichiatria infantile per ricoveri ordinari, servizi di neuropsichiatria privi di personale, presa in carico diagnostico-terapeutico-assistenziale carente ad ogni livello, sono solo alcune delle criticità a cui la norma ha voluto fornire risposta».
Il paradosso
Per la Sinpia la situazione è paradossale, a fronte di un costante aumento delle richieste (non solo per l’autismo) le risorse sono sempre più scarse. Nel 2015, secondo i dati nazionali, otto minori su cento hanno avuto almeno un contatto con le strutture territoriali con un aumento annuo di accessi pari a circa 7-8%: un trend costante, che negli ultimi 5 anni ha portato ad un aumento dell’utenza del 40-45%. In particolare si è registrato un incremento massiccio dei disturbi psichiatrici in adolescenza (+ 21 % degli accessi in pronto soccorso, + 28% dei ricoveri in un anno) ed un generale importante crescita del disagio sociale. Ciononostante, solo 1 utente su 3 riesce ad avere le risposte diagnostiche e terapeutiche di cui ha necessità.
Il rischio di uno stop
«Ci auguriamo – prosegue Scuccimarra – che con questo atto del governo non si blocchi il processo di organizzazione dei servizi territoriali e ospedalieri, che faticosamente è stato avviato già con i recenti atti aziendali, e non venga ulteriormente rallentata la definizione di percorsi di cura più organici ed efficaci per i disturbi neuropsichiatrici dell’età evolutiva».
Di lavoro si muore meno, ma aumentano le malattie professionali
Prevenzione, SpecialiLavoro e salute, un tema estremamente delicato, che negli anni ha svelato scenari spesso terribili. In Italia, che sta pagando ancora un conto molto salato per scelte del passato, una delle immagini che si materializzano agli occhi di tutti è quella degli operai delle grandi industrie. Molti di loro sono morti, o stanno morendo, a causa dell’amianto, oggi bandito. Nelle pieghe della storia industriale, l’amianto spunta in vicende che a volte sembrano surreali. Racconti dei quali molti non sanno, non immaginano neanche. È il caso, ad esempio, di quanto raccontato nel volume di Bruno Ziglioli “Sembrava nevicasse!. La Eternit di Casale Monferrato e la Fibronit di Broni: due comunità di fronte all’amianto (FrancoAngeli2016). Ricorrendo a fonti inedite, anche orali, Ziglioli ha ricostruito la storia della contaminazione da amianto in due casi fra i più gravi in Italia: quello di Casale Monferrato e quello meno noto di Broni, nell’Oltrepò Pavese. Un quadro vivido delle diverse modalità con cui opera il trade-off tra salute e lavoro nelle città industriali. Oggi fortunatamente il contesto è molto cambiato, l’attenzione al tema è massima e la prevenzione ha un ruolo determinante. Questo cambio di passo si riflette anche nelle differenze terminologiche con il passato. Lo spiega Francesco Saverio Violante, presidente della Società italiana di medicina del lavoro (Siml). «Oggi si parla più che altro di “patologie lavoro correlate” mentre prima eravamo costretti a parlare di malattie da lavoro. Una differenza che sottende un importante cambiamento, le malattie da lavoro non hanno, per così dire, “origine naturale”, sono esclusivamente legate al lavoro. Negli ultimi anni queste malattie si sono ridotte in maniera importante, alcune patologie da lavoro che prima erano molto frequenti, fortunatamente, sono quasi del tutto scomparse. Sono aumentate invece quelle malattie che sono già diffuse nella popolazione generale, ma che possono essere “correlate” ad alcuni lavori». Si tratta insomma di patologie per le quali non si può presumere da subito un legame con il lavoro. Ma, occorre un passo indietro. «Storicamente – spiega Violante-le conseguenze negative del lavoro sulla salute sono sempre state legate ad infortuni in servizio a malattie professionali. Nei primi sei mesi di quest’anno (dati Inail) le denunce d’infortunio pervenute all’Inail sono state 328.905, 3.356 in più rispetto allo stesso periodo del 2016 (+1,0%), per effetto di un aumento infortunistico dello 0,9% per i lavoratori (circa 1.900 casi in più) e dell’1,2% per le lavoratrici (quasi 1.500 in più). A livello territoriale, al Nord-Ovest, che vede aumentare le denunce mortali di 29 casi (Lombardia +11 decessi, Piemonte +10, Liguria, +8), si contrappongono il Centro, per il quale si registra un calo di 23 decessi – concentrato nelle Marche (-9 casi), nel Lazio (-7), in Toscana (-5) e in Umbria (-2) –e il Nord-Est, con sette denunce in meno. In quest’area si segnalano i dati del Veneto (-10 casi) e del Friuli Venezia Giulia (+5 decessi). Nel Sud (+1 per l’intera area geografica), il dato dell’Abruzzo (+15 casi) praticamente pareggia la diminuzione delle denunce registrata nelle altre regioni, mentre nelle Isole (+12 denunce), la Sicilia spicca peri suoi 15 casi in più. CONTINUA A LEGGERE
Politerapia. Su Jama la guida italiana per non sbagliare
News PresaPrendere tante pillole al giorno: è la politerapia, un fenomeno che aumenta anche per via dell’invecchiamento della popolazione. In Italia l’11% degli ultra 65enni prende 10 o più farmaci, circa il 50% assume tra 5 e 9 farmaci (farmaci diversi e/o somministrazioni ripetute dello stesso durante lo stesso giorno).
Da oggi c’è una guida per curarsi in sicurezza (evitando errori ed effetti collaterali): l’hanno redatta gli esperti dell’Università Cattolica e della Fondazione Policlinico A. Gemelli di Roma. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista internazionale JAMA e redatto dal Professor Graziano Onder, geriatra del Centro di Medicina per l’Invecchiamento di Università Cattolica e Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, e dalla Professoressa Alessandra Marengoni dell’Università di Brescia e Ospedali Civili di Brescia.
Mette insieme alcune strategie per ridurre i rischi della politerapia, come le interazioni tra farmaci, la ridotta efficacia delle terapie quando combinate, l’eccesso terapeutico. È importante chiedere consigli ai medici e farsi aiutare anche a casa, specie se si hanno problemi di memoria.
La guida è rivolta agli anziani in politerapia (l’assunzione di 5 o più farmaci) che hanno quindi più patologie, solitamente croniche, come l’ipertensione, l’osteoporosi, il diabete o la cardiopatia ischemica.
“È bene avere sempre uno schema preciso delle terapie assunte – spiega il Professor Onder – inclusi gli integratori e i prodotti erboristici che possono interferire con il corretto funzionamento di alcuni farmaci. Può essere utile coinvolgere un familiare o una persona di supporto (caregiver) nella gestione delle politerapie, specie per quei pazienti che hanno difficoltà di memoria e rischiano errori di somministrazione; ci si può aiutare anche con i dispenser giornalieri e settimanali in modo da non ripetere l’assunzione più volte o, al contrario, dimenticare le pillole”.
“Bisogna, inoltre, rivedere periodicamente con il proprio medico lo schema terapeutico – prosegue Onder – cercando insieme a lui di semplificare e ottimizzare il più possibile la terapia. È possibile, infatti, che dopo una visita specialistica il paziente riceva una prescrizione ridondante di un farmaco che già assume o che con il tempo uno o più dei farmaci assunti possano essere ‘deprescritti’, per esempio dando all’assistito opportuni consigli per modificare i propri stili di vita (dieta corretta, attività fisica costante, divieto di fumo), che possano almeno in parte rendere superflua l’assunzione di una certa medicina”.
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Asperger: la sindrome di cui nessuno parla. Milena Pilidoro stamane su Radio1
News PresaPerché in Italia i cosiddetti aspie non sono conosciuti e valutati per le loro esigenze mentre negli Stati Uniti sì? Ne ha parlato stamane a Radio 1, Rai Gr Parlamento, Milena Polidoro, presidente di ASA Italia, l’associazione che tutela i diritti e i bisogni di queste persone con un disturbo neurologico che li porta ad essere molto più intelligenti della media, ma portatori di gravi difficoltà a livello relazionale. In America questa sindrome è conosciuta, accettata e perfino valorizzata e ha dato origine a serie televisive come Monk interpretato da Tony Shalhoub. L’educazione protestante che è molto selettiva si basa anche sulla ricerca di eccellenze particolari durante i primi anni di scuola: questa selezione ha portato a una conoscenza del mondo Asperger da cui per esempio proviene Bill Gates.
La sindrome è caratterizzata da da difficoltà nelle interazioni sociali e da insoliti e ristretti modelli di comportamento e di interessi. È una categoria di disordine dello sviluppo relativamente nuova, essendo il termine entrato nell’uso comune solo 15 anni fa. In realtà un gruppo di bambini con questo quadro clinico sono stati descritti molto accuratamente nel 1940 da un pediatra viennese, Hans Asperger, ma la sindrome è stata ufficialmente riconosciuta nel 1994, ed è molto più comune di quanto non sia stato realizzato precedentemente. Si possono riassumere le caratteristiche dei bambini caratterizzati da Asperger in sette punti:
insistenza sulla monotonia
compromissione delle interazioni sociali
raggio ristretto di interessi
concentrazione limitata
limitata coordinazione motoria
difficoltà accademiche
vulnerabilità emotiva
Si tratta di bambini visti dai compagni come eccentrici e “particolari”, le cui scarse capacità sociali spesso li portano ad essere vittime o capri espiatori. La loro bizzarra presentazione è completata da goffaggine e interessi ossessivi in argomenti che interessano a pochi. Non solo. L’inflessibilità e incapacità di gestire i cambiamenti fa sì che questi individui siano facilmente stressati e vulnerabili emotivamente. Allo stesso tempo i bambini affetti da Asperger sono spesso di intelligenza nella media o sopra alla media e hanno una superiore capacità di memorizzazione, al punto che le loro singolari attività di interesse possono portare a dei grandi risultati più tardi nella vita.
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Suolo, il suo sviluppo influisce sulla nostra salute. Linee guida Fao
News PresaNonostante le numerose evidenze scientifiche e l’impegno della FAO, l’opinione pubblica ancora non è consapevole della valenza strategica del suolo nella conservazione di biodiversità e nel sequestro del carbonio, oltre ad essere fonte di produzione di cibo.
Il suolo e il suo uso sostenibile, infatti, sono una priorità delle politiche agro-climatico-ambientale dello sviluppo rurale, a cui i 21 PSR italiani dedicano oltre il 10% delle risorse dell’intero periodo di programmazione 2014-2020. In tal senso, l’agricoltura conservativa, la produzione integrata e quella biologica e l’imboschimento dei terreni sono solo alcuni degli interventi promossi dai PSR. Questioni più squisitamente climatiche (come carbon stock, carbon footprint) si sposano, pertanto, con quelle della sostenibilità agroambientale (contrasto al degrado, conservazione della biodiversità, uso efficiente delle risorse idriche) e con l’innovazione (investimenti aziendali, agricoltura di precisione).
Di questo si parlerà domani il 28 novembre in occasione del workshop Uso sostenibile del suolo, priorità dello sviluppo rurale: linee guida FAO e aspetti di integrazione con i PSR, organizzato dal CREA, con i suoi centri Agricoltura e Ambiente e Politiche e Bioeconomia, nell’ambito della Rete Rurale Nazionale 2014-2020. L’evento, in collaborazione con FAO e Rappresentanza Diplomatica Permanente d’Italia presso O.N.U. (Roma), si svolgerà a partire dalle ore 8:30, presso la sede del CREA, Via Po, 14 – Roma.
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