Tempo di lettura: 2 minutiSempre più il settore della sanità si accorge del valore offerto dalle soluzioni di Big Data, specialmente nella ricerca “omica” e nell’estrazione dati dalle cartelle cliniche. Tuttavia, gli investimenti attuali sono focalizzati sulla risposta alle esigenze immediate degli investitori, che spesso sono settoriali e con benefici incrementali, a differenza di una riprogettazione organizzativa strategica dell’approccio ai dati che offre ritorni sull’investimento esponenziali. Gli operatori del settore, compresi governi, contribuenti, fornitori e consumatori, devono sviluppare strategie di Big Data con obiettivi chiari per migliorare processi specifici, come il coinvolgimento dei pazienti, il processo decisionale in ambito clinico, la gestione della salute e del rischio della popolazione e il miglioramento degli esiti. Solo così si può raggiungere la visione futura di un sistema sanitario predittivo e prescrittivo, incentrato sul paziente.
Lo studio “Growth Opportunities for Healthcare Big Data—An Analysis of Global Case Studies” fa parte del programma Connected Health Growth Partnership Service. «A livello globale, il settore della sanità si sta muovendo verso modelli di cura preventivi e basati sul valore, sebbene a diversi livelli in diversi paesi», lo spiega Natasha Gulati, analista del gruppo Transformational Health di Frost & Sullivan. «Nei prossimi cinque anni – dice – diversi paesi in Europa e nella regione Asia-Pacifico adotteranno modelli di cura che premiano il personale clinico che migliora gli esiti a lungo termine nei pazienti, specialmente per le malattie croniche, piuttosto che il volume delle cure erogate. Questo cambiamento degli indicatori chiave di performance richiederà una migliore aggregazione, analisi e conformità dei dati ottenuti dal personale clinico».
Nella sua recente analisi di questo mercato in continua evoluzione, Frost & Sullivan valuta un ampio insieme di case study relativi all’uso dei Big Data in ambito sanitario, per identificare i soggetti interessati e i segmenti che offriranno opportunità interessanti per le soluzioni Big Data in futuro. I case study comprendono Soluzioni Big Data IBM per gli sforzi umanitari del governo africano per combattere Ebola, gli sforzi per identificare le frodi assicurative del North Carolina Department of Health and Human Services, gli sforzi del Children’s Hospital di Seattle e le partnership nel settore mirate a sviluppare nuove soluzioni per la cura del diabete con Medtronic e app per la salute personale sui dispositivi smart di Apple. Strumenti di analisi di SAS per gli HealthPartners per ridurre i costi e migliorare le cure erogate ai pazienti, partnership di prodotto di Elsevier con il fornitore di assicurazione pubblica tedesco, spectrumK, il fornitore sanitario indiano Medanta e il Cathay General Hospital di Taiwan.
Una forza lavoro e una base clienti sempre più attente ai dati chiedono degli strumenti di analisi dei dati on-the-go per gestire meglio le cure. Se da una parte l’interesse dei consumatori e degli utenti finali è elevato, un elemento critico mancante a livello enterprise è una strategia di gestione del cambiamento che vada oltre la formazione del personale clinico sugli strumenti di Big Data.
In definitiva, l’obiettivo è rendere la sanità più predittiva e prescrittiva attraverso informazioni e approfondimenti significativi. I principali ambiti di applicazione dei Big Data e degli strumenti di analisi saranno: gestione della salute della popolazione (PHM, Population Health Management), supporto alle decisioni cliniche (CDS, Clinical Decision Support) e dati del mondo reale. Entro il 2020, si prevede che le entrate globali del mercato di Big Data e strumenti di analisi in ambito sanitario raggiungeranno quota 7,50 miliardi di dollari, con in testa leAmeriche, l’Europa a stretta distanza e l’Asia più lontana al terzo posto.
Influenza? Ecco come ci si difende
News Presa, PrevenzioneInfluenza? Meglio non abusare di antipiretici e antinfiammatori, il primo rimedio è sempre il riposo. A dirlo sono i medici di medicina generale, consapevoli del grande abuso di farmaci ormai molto diffuso. Vediamo allora come interpretare correttamente le indicazioni del termometro e come comportarci.
37.5
Quando il termometro sale un po’, diciamo a 37.5, sappiamo che è in atto un processo infiammatorio, che può essere influenza o altro. L’errore più comune in questi casi, purtroppo molto praticato, è quello di ricorrere all’automedicazione. L’idea è che con antibiotici o antipiretici molto forti si possa stroncare l’influenza sul nascere. Invece, bisognerebbe concedersi un po’ di riposo, idratare correttamente l’organismo bevendo e mangiando frutta ed evitare di assumere immediatamente farmaci.
38.5
Quando il termometro segna 38.5 meglio consultare il medico di famiglia, sarà lui a dirci come comportarci. Il rapporto che esiste con il medico di medicina generale consente quasi sempre una diagnosi completa e immediata. Solitamente, per un 38.5 prescriverà il paracetamolo che non è gastro-lesivo ed è perfetto per far abbassare la febbre.
39 o più
A questo punto è importate capire che tipo di febbre sia. E’ possibile che si tratti solo di un picco isolato, ma se si notano sintomi associati, ad esempio un coinvolgimento serio delle vie respiratorie, potrebbe essere il caso di accedere al pronto soccorso. Ma sempre e solo dopo una visita del medico di famiglia. Questa piccola scala di valori ricorda un po’ la famosa scena del film Non ci resta che piangere, ma al contrario del dialogo con Leonardo da Vinci, in questo caso i consigli sono ben ponderati.
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I vaccini
Come di si può mettere al riparo dai colpi dell’influenza? Gli esperti spiegano che l’epidemia influenzale si prevede tra la fine di novembre e i primi giorni di gennaio. Per la prevenzione è bene dividere gli adulti tra sani e in piena salute e quelli con preesistenti “problemi” (diabetici o infartuati, ad esempio). Questi soggetti sono da considerarsi a rischio e per loro può esserci un concreto pericolo di acutizzazione. Il vaccino è l’unico modo per difendersi, e va per tempo. Diciamo non più tardi della metà di novembre per dare la possibilità all’organismo di attivare gli anticorpi.
Big Data, verso una sanità intelligente
Economia sanitaria, News PresaSempre più il settore della sanità si accorge del valore offerto dalle soluzioni di Big Data, specialmente nella ricerca “omica” e nell’estrazione dati dalle cartelle cliniche. Tuttavia, gli investimenti attuali sono focalizzati sulla risposta alle esigenze immediate degli investitori, che spesso sono settoriali e con benefici incrementali, a differenza di una riprogettazione organizzativa strategica dell’approccio ai dati che offre ritorni sull’investimento esponenziali. Gli operatori del settore, compresi governi, contribuenti, fornitori e consumatori, devono sviluppare strategie di Big Data con obiettivi chiari per migliorare processi specifici, come il coinvolgimento dei pazienti, il processo decisionale in ambito clinico, la gestione della salute e del rischio della popolazione e il miglioramento degli esiti. Solo così si può raggiungere la visione futura di un sistema sanitario predittivo e prescrittivo, incentrato sul paziente.
Lo studio “Growth Opportunities for Healthcare Big Data—An Analysis of Global Case Studies” fa parte del programma Connected Health Growth Partnership Service. «A livello globale, il settore della sanità si sta muovendo verso modelli di cura preventivi e basati sul valore, sebbene a diversi livelli in diversi paesi», lo spiega Natasha Gulati, analista del gruppo Transformational Health di Frost & Sullivan. «Nei prossimi cinque anni – dice – diversi paesi in Europa e nella regione Asia-Pacifico adotteranno modelli di cura che premiano il personale clinico che migliora gli esiti a lungo termine nei pazienti, specialmente per le malattie croniche, piuttosto che il volume delle cure erogate. Questo cambiamento degli indicatori chiave di performance richiederà una migliore aggregazione, analisi e conformità dei dati ottenuti dal personale clinico».
Nella sua recente analisi di questo mercato in continua evoluzione, Frost & Sullivan valuta un ampio insieme di case study relativi all’uso dei Big Data in ambito sanitario, per identificare i soggetti interessati e i segmenti che offriranno opportunità interessanti per le soluzioni Big Data in futuro. I case study comprendono Soluzioni Big Data IBM per gli sforzi umanitari del governo africano per combattere Ebola, gli sforzi per identificare le frodi assicurative del North Carolina Department of Health and Human Services, gli sforzi del Children’s Hospital di Seattle e le partnership nel settore mirate a sviluppare nuove soluzioni per la cura del diabete con Medtronic e app per la salute personale sui dispositivi smart di Apple. Strumenti di analisi di SAS per gli HealthPartners per ridurre i costi e migliorare le cure erogate ai pazienti, partnership di prodotto di Elsevier con il fornitore di assicurazione pubblica tedesco, spectrumK, il fornitore sanitario indiano Medanta e il Cathay General Hospital di Taiwan.
Una forza lavoro e una base clienti sempre più attente ai dati chiedono degli strumenti di analisi dei dati on-the-go per gestire meglio le cure. Se da una parte l’interesse dei consumatori e degli utenti finali è elevato, un elemento critico mancante a livello enterprise è una strategia di gestione del cambiamento che vada oltre la formazione del personale clinico sugli strumenti di Big Data.
In definitiva, l’obiettivo è rendere la sanità più predittiva e prescrittiva attraverso informazioni e approfondimenti significativi. I principali ambiti di applicazione dei Big Data e degli strumenti di analisi saranno: gestione della salute della popolazione (PHM, Population Health Management), supporto alle decisioni cliniche (CDS, Clinical Decision Support) e dati del mondo reale. Entro il 2020, si prevede che le entrate globali del mercato di Big Data e strumenti di analisi in ambito sanitario raggiungeranno quota 7,50 miliardi di dollari, con in testa leAmeriche, l’Europa a stretta distanza e l’Asia più lontana al terzo posto.
Pillola contraccettiva, ora anche lo spettro della depressione
News Presa, PrevenzioneLa pillola anticoncezionale può aumentare il rischio di cadere in depressione? Secondo uno studio danese sì. In particolare le conclusioni sono quelle dei ricercatori dell’Università di Copenhagen, pubblicate sulla rivista Jama Psychiatry. Secondo la ricerca il pericolo depressivo aumenta del 23 per cento per le donne di età compresa tra i 20 e i 34 anni che usano la pillola combinata di estrogeni e progesterone e del 34 per cento per le coetanee che assumono la minipillola progestinica. La ricerca prende in considerazione un milione di donne tra i 15 e i 34 anni che fanno uso della pillola anticoncezionale e rileva che in 133mila casi si sono manifestati i segni di una depressione. Di queste donne circa l’80% cento sono ragazze tra i 15 e 19 anni. Tuttavia la comunità scientifica ritiene azzardato associare l’aumento del rischio di depressione all’impiego della pillola anticoncezionale. Per Annibale Volpe, past president della Società Italiana della Contraccezione, i sensazionalismi non supportati da più che approfonditi dati scientifici non fanno altro che creare panico e distorcere la realtà.
L’interpretazione dei dati
«Bisogna far capire- spiega la dottoressa Franca Fruzzetti, membro del direttivo SIC – che l’uso della pillola contraccettiva non causa direttamente la depressione, non c’è alcuna chiara evidenza che lo provi. La ricerca danese non afferma in alcun modo che la pillola non sia un metodo contraccettivo adeguato, ricordiamo infatti che la sua efficacia (se assunta correttamente) è del 99% e che è possibile che altri fattori contingenti possano essere in qualche modo correlati alla depressione. Il messaggio importante che ci passa questo studio è che le donne dovrebbero essere informate in maniera adeguata e che, ancora una volta, è fondamentale il rapporto tra medico e paziente. E’ essenziale che i ginecologi siano molto chiari con le pazienti, soprattutto quando prescrivono contraccettivi orali».
Gli amici fanno bene, soprattutto alle donne. Lo dice la ricerca
News Presa, Psicologia, Ricerca innovazioneGli amici fanno bene, questo vale soprattutto per le donne. Dopo una lunga giornata di lavoro, infatti, una serata in compagnia può essere l’anti-stress ideale. Lo dice la ricerca, ma questo vale più per le donne che per gli uomini. I meccanismi per non farsi sopraffare dallo stress sarebbero diversi tra i sessi. In particolare le donne sembrano avere più bisogno degli amici, di una rete sociale, rispetto agli uomini. L’ipotesi viene da una ricerca della University of Calgary, in Canada, pubblicata sulla rivista eLife e svolta su topolini in laboratorio. Gli animali sono stati lasciati sia in gruppi dello stesso sesso che in coppie, oppure isolati per 16-18 ore. Il team ha poi esaminato gli effetti sulle cellule del cervello degli animali che controllano il rilascio di ormoni dello stress. Ne è emerso che i topi femmine erano più stressati se lasciati da soli. “Isolare i topi femmine per meno di un giorno ha portato al rilascio di corticosterone, sostanza chimica prodotta in risposta a situazioni di stress” spiega l’autrice dello studio Laura Senst. Una reazione identica è stata osservata, invece, tra topi maschi e femmine dopo una nuotata di 20 minuti, cosa che indicava una risposta simile tra i due sessi per quanto riguarda la reazione allo stress fisico.
“Molte specie, compreso l’uomo, utilizzano l’interazione sociale per ridurre gli effetti dello stress. La mancanza di una rete sociale stessa può essere stressante- spiega Jaideep Bains, autore senior della ricerca.
Bufale e false cure: ordine medici fa un sito per riconoscerle
Associazioni pazienti, News Presa, PrevenzioneArriva ‘Attenti alle bufale’ per informare i cittadini contro le ‘false cure’. La Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri) sta progettando un sito che avrà l’obiettivo di mettere in guardia da ciarlatani ed informazioni non controllate diffuse su internet (le cosiddette bufale).
”Oggi la Rete rappresenta per un numero crescente di persone uno strumento fondamentale per informarsi, ma anche – afferma la presidente Fnomceo Roberta Chersevani – un luogo dove cercare ‘cure’ e ‘terapie’. Purtroppo, però, in rete si pesca di tutto e, spesso, si corre il rischio di rimanere ‘impigliati’ in informazioni false, poichè sul web non vi è alcun controllo a garanzia della validità scientifica dell’enorme mole di informazioni veicolate”. L’obiettivo, del progetto, spiega, ”è dunque potenziare l’informazione ai cittadini, tenendo sempre presente che il Codice deontologico medico ha regole ben precise: il medico non può allontanarsi da posizioni validate scientificamente, pena la radiazione”. Ma il vero problema, afferma, ”è che spesso dietro tali false e costose terapie si nascondono solo interessi economici, e si gioca sulla debolezza delle persone malate”.
Il nuovo ‘portale’ sarà accessibile dal sito web della Fnomceo, il progetto dovrebbe partire entro un paio di mesi e prevede il coinvolgimento di esperti di fama nazionale che possano dare risposte chiare ai cittadini.
Lo specchio hi-tech che fa prevenzione
News Presa, PrevenzioneIn un futuro ormai prossimo sarà lo specchio a dirci se stiamo bene. Non è una bufala, la notizia arriva dagli Istituti di fisiologia clinica (Ifc) e di scienza e tecnologie dell’informazione A. Faedo (Isti) del Cnr. E’ proprio da qui che arriva “Wize mirror”, specchio intelligente frutto del progetto europeo Seomeoticons (Semeiotic Oriented Technology for Individual’s Cariometabolic Risk Self-Assessment and Self-Monitoring).
Stress e ansia
Per comprendere come possa uno specchio leggere il nostro stato di salute bisogna guardare ad un innovativo sistema multi-sensore che, grazie ad uno scanner 3D, a fotocamere multispettrali e sensori di profondità riesce ad esaminare il volto. In particolare analizza il tessuto cutaneo, le espressioni del volto e il colorito e individua specifici marcatori di stress o ansia. Tutto questo per segnalare la presenza di fattori di rischio cardio-metabolici.
«Il volto umano – dice Sara Colantonio dell’Isti-Cnr (coordinatrice del progetto) – è un prezioso rivelatore di informazioni cruciali sullo stato di salute delle persone. L’idea dalla quale siamo partiti è stata quindi quella di sfruttare il viso come indicatore di benessere, tracciando tratti di stato fisico ed espressivo». Per questo Wize mirror è stato dotato di sofisticati metodi di analisi per il riconoscimento facciale e l’estrazione di descrittori biometrici, morfometrici e colorimetrici del volto: uno scanner 3D a basso costo analizza la forma del viso per studiarne gli accumuli adiposi; software di analisi multispettrale stimano i livelli di frequenza cardiaca, la concentrazione di emoglobina, l’accumulo di colesterolo o grasso cutaneo e di prodotti avanzati di glicazione legati al rischio di diabete; sensori di gas analizzano il respiro per individuare composti legati al fumo o all’abuso di alcool.
Prevenzione
Lo specchio non può e non potrà mai sostituirsi al medico, lo scopo è invece quello di avere uno strumento in più che possa aiutarci nel fare prevenzione. Dopo che il software ha analizzato tutti gli elementi, all’utente viene infatti fornito un punteggio che indica lo stato di benessere in relazione al rischio cardio-metabolico, offrendo suggerimenti su come migliorare il proprio stile di vita.
Oltre al Cnr, Semeoticons ha riunito ricercatori e partner industriali provenienti da sette Paesi Ue: la Foundation for Research and Technology Hellas (Grecia), l’Università di Linköping (Svezia), l’Università del Central Lancashire (Regno Unito), l’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia (Norgevia), il Centro di Ricerca sulla Nutrizione Umana (Francia), Intecs (Italia), Forthnet (Grecia), Draco Systems (Spagna) e Cosmed (Italia)
Università, chi si tiene in forma l’affronta meglio
PrevenzioneUniversità, a miglia in questi giorni si sono presentati per sostenere (e si spera superare) le prove di selezione per accedere ai corsi di Medicina e di Odontoiatria. Un esercito di studenti che da Nord a Sud del paese presto si dovrà dedicare con impegno ad un’unica attività: lo studio. E sono moltissimi i ragazzi che per iniziare l’università abbandoneranno il “nido materno” e inizieranno una vita del tutto nuova. Quanti stanno per intraprendere una nuova vita lontano dalle comodità di casa possono fare tesoro dei consigli pubblicati dai Centers for Disease Control (CDC), una vera e propria lista di consigli mira a tenersi in salute.
Alimentazione
Si parte dall’alimentazione, perché è proprio dalla tavola che nasce il benessere quotidiano. L’ideale sarebbe realizzare un piano alimentare che ogni giorno ci consenta di variare i cibi, evitando quelli altamente clorici e ricchi di grassi saturi. Importante anche tenere a bada la quantità di zuccheri e sale e fare attenzione alle bibite con calorie extra.
Attività fisica
Al secondo posto di questa classifica di buoni consigli c’è il movimento. Per mantenersi attivi bastano 2 ore Non serve per forza andare in palestra, una buona idea potrebbe essere quella di rinunciare ad auto e moto e di scegliere una passeggiata o, prima dell’arrivo del freddo, la bici. In questo modo cala il rischio di problemi al cuore e addirittura di sviluppare alcune forme di tumori. in vista di esami e di prove universitarie è inoltre importante riuscire a gestire lo stress e mantenere l’equilibrio. Per questo è necessario dormire abbastanza, l’ideale sarebbero le canoniche 8 ore al giorno; evitare droghe e alcol, mantenere attivi i rapporti sociali e ritagliarsi sempre un po’ di tempo libero.
Questi sono solo alcuni dei consigli pubblicati dai Centers for Disease Control (CDC), consigli che oltre a mantenerci in salute possono aiutare a raggiungere più facilmente gli obiettivi prefissati.
App e smartphone ci aiutano a restare in salute
PrevenzioneDalle App agli apparecchi che indossiamo ogni giorno per monitorare la nostra attività fisica, la tecnologia ha stravolto il nostro modo di tenerci in forma e ha migliorato il nostro stato di salute. A dirlo è una ricerca condotta alla Washington University di Seattle, pubblicata dal Journal of the American Heart Association. Insomma, questo è uno dei pochi casi nei quali un business milionario si coniuga con l’interesse dei consumatori.
Lo studio
Il lavoro dei ricercatori è partito dalla revisione di ben 224 studi condotti tra il 1990 e il 2013 sull’efficacia di programmi via web, cellulare, sensori personali e fitness tracker orientati a tesi a migliorare la nostra dieta o a spingerci a dimagrire, fare più esercizio fisico o ad abbandonare alcol e sigarette.
Gli autori della ricerca sottolineano come i risultati ottenuti spingano a considerare gli interventi operati sul web e mobile come strumenti molto efficaci a modificare i comportamenti e le abitudini. Ashkan Afshin, uno dei principali autori dello studio, spiega: «Abbiamo notato anche che questi programmi sono più efficaci se includono qualche interazione con gli operatori sanitari».
I migliori risultati
Ma quali sono gli ambiti nei quali le App e gli apparecchi per allenarsi hanno dato, e danno, i migliori risultati? In generale gli interventi basati sul web si sono mostrati efficaci nel migliorare la dieta e l’attività fisica, sulla perdita di peso e sulla riduzione di tabacco e alcol. quelli invece basati su tecnologie basate su smartphone e tablet, comprese app e sms, hanno aiutato le persone a fare più esercizio fisico e a diminuire la massa grassa, ma si sono rivelati inefficaci negli altri settori.
Colesterolo, serve un approccio personalizzato
PrevenzioneIl colesterolo? E’ un killer silenzioso e ogni anno più di 4 milioni di persone muoiono per malattie cardiovascolari. Decessi che in gran parte potrebbero essere evitati seguendo stili di vita più sani e tenendo, appunto, il colesterolo sotto controllo. Assieme, la Società Europea di Cardiologia (ESC) e la Società Europea dell’Aterosclerosi (EAS) hanno redatto le nuove linee guida europee, linee guida che propongono per la prima volta un trattamento individuale, ben lontano dall’approccio tipicamente made in USA che punta tutto sull’uso delle statine.
Lotta ai lipidi
La parola d’ordine, come sottolineato alla stampa dal presidnete ESC Ian Graham è “lotta ai lipidi”, perché sono questi che nella stra grande maggioranza dei casi portano ad eventi spesso fatali. Sono insomma il principale fattore di rischio. Anzi la relazione tra colesterolo cattivo “LDL” e malattie cardiovascolari è talmente alta da mettere in questo senso in secondo piano anche il fumo, che certamente è un altro terribile killer. Pubblicate su European Heart Journal, le linee guida raccomandano qualcosa di molto diverso dal passato. Si punta infatti ad un limite massimo di colesterolo LDL, l’obiettivo per restare in salute si potrebbe dire, definito sulla base del rischio individuale a 10 anni di comorbilità e di eventi cardiovascolari fatali. Così, nel paziente ad alto rischio, iltarget di LDL viene fissati al di sotto dei 100 mg/dl. Addio anche ai digiuni prima delle analisi per la valutazione dei livelli dei lipidi, molto più importante è avere un’alimentazione sana e nutriente. In questo senso, non ci stancheremo mai di dirlo, la dieta Mediterranea resta imbattibile.
Il tema, che deve interessare tutti, per una gran parte degli italiani è ancor più pressante dopo un’estate di bagordi e di “peccati di gola”. L’errore più comune, però, è quello di pensare che un mese o due di dieta possano mettere tutto a posto. Sono infatti gli stili di vita a fare la differenza, non le diete estreme (che al limite fanno più danni che altro). Prendersi cura del proprio cuore e della propria salute è un compito quotidiano, un’attenzione costante che spesso fa la differenza.
Il micro robot da iniettare nel corpo umano
Ricerca innovazioneUn robot che si muove come un batterio, da iniettare nel corpo per combattere malattie e fare piccoli interventi chirurgici. Succede ancora una volta che la scienza segua a ruota quanto immaginato dalla fantascienza. L’idea sembra rubata al copione del film del 1987 Salto nel buio, (il titolo originale è Innerspace), nel quale il protagonista – a bordo di una navicella miniaturizzata – veniva iniettato nel corpo di un uomo. Miniaturizzazione a parte, la scienza sembra essere arrivata ad un traguardo molto simile. La scoperta è stata pubblicata dal Politecnico Federale di Losanna (Epfl) con il Politecnico di Zurigo (Ethz) sulla prestigiosa rivista Nature Communications e apre le porte ad applicazioni sino ad oggi impensabili. Il micro robot è fatto di “idorgel” un materiale biocompatibile che lo rende flessibile e gli permette il movimento anche senza un motore.
Nanoparticelle
La propulsione è legata alla funzionalità di “nanoparticelle magnetiche” che gli conferiscono una forma simile ad un’elica e che lo fanno muovere quanto viene sottoposto ad un campo magnetico. L’idea è che, proprio come un batterio, il robot possa muoversi nel flusso sanguigno per trasportare farmaci o magari per eliminare eventuali coaguli.
Siamo ancora ai primi passi per un campo del tutto inesplorato, ma è chiaro sin da ora quali possibili vantaggi potrebbero arrivare in futuro con questi piccolissimi robot. Prima di poter trovare applicazione in medicina il microrobot dovrà essere a lungo testato, anche per essere sicuri che non ci siano effetti collaterali. La speranza è che possa servire un giorno anche per affrontare malattie che oggi non trovano ancora una risposta efficace.