Tempo di lettura: 3 minutiIl miglior alleato della salute è la buona alimentazione: frutta e verdura a volontà, da consumare fresche e non sotto forma di succhi industriali e cereali integrali. Questi sono alcuni dei consigli suggeriti dai cardiologi americani per una dieta amica del cuore. In particolare, le diete gluten-free meglio lasciarle a chi soffre di celiachia o di intolleranza al glutine. L’olio d’oliva resta il re della dieta salva-cuore. Via libera, invece, alle carni magre, al pesce e ai latticini magri, ma solo in piccole dosi.
A ribadire tutto ciò ancora una volta è una revisione pubblicata su Journal of the American College of Cardiology, che ha analizzato una serie di studi focalizzati sulla nutrizione.
Lo studio dimostra un evidente beneficio per il cuore connesso a un consumo di grandi quantità di frutta, verdura, cereali integrali, legumi e noci (con moderazione).
Alcune diete ‘amiche del cuore’ prevedono anche limitate quantità di carni magre, pesce, prodotti caseari a basso contenuto di grassi e oli vegetali; ma in questi casi le evidenze di un beneficio sono più contrastanti.
“C’è tanta disinformazione intorno alle ‘mode’ dietetiche – afferma il principale autore dello studio Andrew Freeman, direttore della ‘prevenzione e wellness cardiovascolare’, divisione di cardiologia, National Jewish Health di Denver (USA) – come quelle che prevedono l’assunzione di pillole anti-ossidanti o le diete senza glutine o quelle a base di succhi. Tuttavia, una serie di pattern dietetici hanno data chiara prova di essere in grado di ridurre il rischio di molte patologie croniche, compresa la cardiopatia ischemica. Sta emergendo con sempre maggior forza il consenso circa il fatto che la migliore dieta per il cuore sia quella che comprende vegetali a foglia, cereali integrali, legumi e frutta”.
La revisione degli studi su cuore e nutrizione ha preso in esame tutti i gruppi alimentari e ha fatto un quadro dettagliato.
Partendo dalle uova e dal colesterolo: “è prudente – scrivono i cardiologi – consigliare ai pazienti di limitare il consumo di colesterolo dietetico proveniente dalle uova o da qualsiasi altra fonte”.
Tra gli oli vegetali, il più amico del cuore è in assoluto l’olio d’oliva, da consumare con moderazione, perché ricco di calorie. Sconsigliato, invece, olio di cocco e di olio di palma, visti i limitati dati ancora a disposizione.
Frutta e verdura sono la fonte più salutare e benefica di anti-ossidanti per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Non ci sono prove certe che l’aggiunta di supplementi dietetici anti-ossidanti possa essere di beneficio per la salute del cuore.
Le noci possono far parte di una dieta amica del cuore, ma senza esagerare, perché hanno molte calorie.
Tutta la frutta e i vegetali contenuti nei succhi sono salutari, ma il processo di produzione industriale dei succhi porta a concentrare le calorie e quindi si rischia di ingerirne troppe. Molto meglio consumare frutta e verdure fresche
Glutine.Le persone affette da celiachia o da intolleranza al glutine, devono evitare il consumo di cibi (grano, orzo, segale) che lo contengono. In tutti gli alti casi, il ricorso alle diete gluten-free non è sostanziato da prove scientifiche.
Anche se molte delle persone che consumano una dieta salutare tendono ad assumere anche una serie di altre abitudini salutari, come la pratica di un regolare esercizio fisico, dormire a sufficienza e non fumare, la dieta rivestire comunque un ruolo centrale per la
Salute. Già Aristotele scriveva: ‘fai che il cibo sia la tua medicina’.
“Purtroppo – afferma Freeman – nonostante questa sia un’opinione condivisa, la gran parte dei medici non ha grandi nozioni di dietetica. Se riuscissimo a convincere i medici, e più in particolare i cardiologi, dell’importanza della nutrizione nella pratica medica, potremmo ridurre le malattie cardiologiche in maniera più impattante. E certamente con una buona costo-efficacia”.
Seicento passi per tornare a respirare
News Presa, PrevenzioneSentirsi senza fiato al minimo sforzo. Può essere il sintomo di quella che in gergo si definisce broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). «Una malattia – spiega Giorgio Walter Canonica, professore di pneumologia all’Humanitas University di Milano – capace di compromette drasticamente la vita dei pazienti. Secondo recenti studi il 57% dei malati ha sintomi respiratori in ogni momento della giornata, il 90% li prova almeno in alcune situazioni. Per chi soffre di questa malattia al mattino è difficile farsi la doccia e asciugarsi, vestirsi, infilare calze e scarpe, rifare il letto o salire e scendere le scale.
Lo studio
Un’indagine condotta da GfK Eurisko sui caregiver di pazienti con BPCO mostra che l’85% di loro è consapevole di come l’assenza di attività fisica sia un problema e il 46% sa che può ripercuotersi in un peggioramento delle condizioni del malato. I limiti imposti dalla malattia sono molto evidenti per chi convive con i pazienti, che si accorge per esempio di come molti siano costretti a fermarsi per riprendere fiato dopo aver camminato per un po’ a un’andatura normale o abbiano il fiato corto se devono allungare il passo o fare una piccola salita”. Un paziente su due ha infatti pesanti limitazioni nel movimento, ma invertire la rotta è possibile ed è semplice come fare almeno 600 passi in più al giorno. Basta così poco, infatti, per ridurre del 30% il rischio di ricoveri.
Parola d’ordine “muoversi”
«L’importante è iniziare a muoversi, perché così facendo si innescano gli effetti positivi del movimento e si contrasta il deterioramento respiratorio – commenta Mario Cazzola, professore onorario di Malattie Respiratorie all’Università di Roma Tor Vergata. «Non è mai troppo tardi per farlo e l’ideale sarebbe fare almeno trenta minuti di moto al giorno, iniziando pian piano e facendosi guidare dalla sensazione di fiato corto per adattare lo sforzo alle proprie capacità. I pazienti dovrebbero avere un piccolo programma di “allenamento”, concordato con il proprio medico, per poter agire su tutte e tre le componenti essenziali della forma fisica e contrastare al meglio il decadimento della funzionalità respiratoria».
L’iniziativa
Tra aprile a dicembre in 132 centri di pneumologia sparsi su tutto il territorio nazionale saranno distribuiti 4.000 braccialetti contapassi e una app con cui i pazienti e i centri coinvolti potranno verificare il grado di attività e i progressi, condividendo i dati anche con gli altri pazienti, avere consigli di stile di vita personalizzati e gestire al meglio la terapia, ricevendo notifiche per non dimenticare di assumere i farmaci essenziali per ridurre la dispnea e facilitare l’attività fisica. «Si tratta di una strategia molto efficace – dice Francesco Blasi, presidente SIP . come conferma anche uno studio appena pubblicato sulla rivista Thorax secondo cui dopo 12 settimane di utilizzo di un contapassi e una app che funzioni come un “coach” dedicato, i pazienti aumentano il livello di attività fisica, muovendosi in media per dieci minuti in più ogni giorno e percorrendo oltre 1400 passi in più. Il medico, attraverso la app, potrà infatti stimolare i pazienti a implementare la propria attività fisica quotidiana, monitorata attraverso il rilievo immediato del contapassi e le visite di controllo saranno occasione per il paziente e il medico per valutare il miglioramento di qualità di vita e la gestione della patologia».
Bimbi e svezzamento. Pappe fatte in casa più sane di quelle pronte.
Alimentazione, Bambini, News Presa, PrevenzioneI bambini svezzati con pappe fatte in casa imparano ad avere una dieta più variata e sono più magri rispetto ai coetanei cresciuti a “pappe pronte”. Lo dice uno studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato dall’International Journal of Obesity.
Alcune ricerche, fatte in precedenza, suggeriscono che gli alimenti per l’infanzia prodotti industrialmente possono contenere elevate quantità di sodio e zucchero e possono avere una consistenza e un aspetto accattivanti che possono compromettere l’accettazione di nuovi alimenti da parte dei bambini. I cibi “home made”, al contrario, sono in grado di fornire una gamma più ampia di sapori e consistenze il che potrebbe incoraggiare i bambini col passare del tempo a mangiare una più ampia varietà di alimenti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ad esempio, raccomanda l’allattamento al seno esclusivo per i primi sei mesi di vita e quindi consiglia le madri di farsi assistere da personale specializzato durante l’avvio dello svezzamento a base di cibi solidi.
Elise Mok del Research Institute del McGill University Health Centre e del Montreal Children’s Hospitaler e colleghi hanno indagato se la fonte di cibo – fatto in casa o prodotto industrialmente – potesse in qualche modo influenzare il peso e la composizione corporea dei bimbi in base al sesso e a all’età. E’ stato evidenziato che i bambini che mangiano solo cibi fatti in casa avevano diete più variate in precedenza e una percentuale di massa grassa inferiore una volta giunti all’età di 1 e 3 anni. Per questo studio, i ricercatori hanno esaminato i dati relativi alle diete abituali di 65 neonati e le valutazioni di grasso corporeo dagli esami dei bambini effettuati all’età di 6, 9, 12 e 36 mesi.
Nella prima fase, a 9 mesi di età, 14 neonati (22% dei partecipanti), avevano ricevuto esclusivamente pappe fatte in casa e altri 14 avevano mangiato solo prodotti industriali in commercio. Premesso che la maggior parte dei bambini aveva mangiato un po’ degli uni e degli altri alimenti, è stato osservato che l’alimentazione dei primi mesi di vita non ha determinato evidenti differenze di lunghezza o di peso nel corso del tempo, nei diversi sottogruppi di bambini, e neppure vi erano differenze nelle quote caloriche e nei nutrienti delle porzioni di cibo che i bambini avevano mangiato nel corso del tempo.
Tuttavia, quando i ricercatori hanno preso nota delle diete dei neonati in base alla varietà degli alimenti che mangiavano dalle sette diverse categorie esistenti, si è visto che chi era abituato alla “cucina della mamma” raggiungeva punteggi superiori di almeno un’unità, rispetto ai bimbi abituati ai “preparati” da supermercato. Inoltre è stato osservato che, a un anno di età, i bambini svezzati con pappe fatte in casa avevano una minore percentuale di grasso corporeo rispetto agli altri.
Verso la giornata mondiale delle Malattie Rare
Associazioni pazientiLa dieta salva-cuore per i cardiologi americani è quella mediterranea, con più frutta e verdura
Alimentazione, PrevenzioneIl miglior alleato della salute è la buona alimentazione: frutta e verdura a volontà, da consumare fresche e non sotto forma di succhi industriali e cereali integrali. Questi sono alcuni dei consigli suggeriti dai cardiologi americani per una dieta amica del cuore. In particolare, le diete gluten-free meglio lasciarle a chi soffre di celiachia o di intolleranza al glutine. L’olio d’oliva resta il re della dieta salva-cuore. Via libera, invece, alle carni magre, al pesce e ai latticini magri, ma solo in piccole dosi.
A ribadire tutto ciò ancora una volta è una revisione pubblicata su Journal of the American College of Cardiology, che ha analizzato una serie di studi focalizzati sulla nutrizione.
Lo studio dimostra un evidente beneficio per il cuore connesso a un consumo di grandi quantità di frutta, verdura, cereali integrali, legumi e noci (con moderazione).
Alcune diete ‘amiche del cuore’ prevedono anche limitate quantità di carni magre, pesce, prodotti caseari a basso contenuto di grassi e oli vegetali; ma in questi casi le evidenze di un beneficio sono più contrastanti.
“C’è tanta disinformazione intorno alle ‘mode’ dietetiche – afferma il principale autore dello studio Andrew Freeman, direttore della ‘prevenzione e wellness cardiovascolare’, divisione di cardiologia, National Jewish Health di Denver (USA) – come quelle che prevedono l’assunzione di pillole anti-ossidanti o le diete senza glutine o quelle a base di succhi. Tuttavia, una serie di pattern dietetici hanno data chiara prova di essere in grado di ridurre il rischio di molte patologie croniche, compresa la cardiopatia ischemica. Sta emergendo con sempre maggior forza il consenso circa il fatto che la migliore dieta per il cuore sia quella che comprende vegetali a foglia, cereali integrali, legumi e frutta”.
La revisione degli studi su cuore e nutrizione ha preso in esame tutti i gruppi alimentari e ha fatto un quadro dettagliato.
Partendo dalle uova e dal colesterolo: “è prudente – scrivono i cardiologi – consigliare ai pazienti di limitare il consumo di colesterolo dietetico proveniente dalle uova o da qualsiasi altra fonte”.
Tra gli oli vegetali, il più amico del cuore è in assoluto l’olio d’oliva, da consumare con moderazione, perché ricco di calorie. Sconsigliato, invece, olio di cocco e di olio di palma, visti i limitati dati ancora a disposizione.
Frutta e verdura sono la fonte più salutare e benefica di anti-ossidanti per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Non ci sono prove certe che l’aggiunta di supplementi dietetici anti-ossidanti possa essere di beneficio per la salute del cuore.
Le noci possono far parte di una dieta amica del cuore, ma senza esagerare, perché hanno molte calorie.
Tutta la frutta e i vegetali contenuti nei succhi sono salutari, ma il processo di produzione industriale dei succhi porta a concentrare le calorie e quindi si rischia di ingerirne troppe. Molto meglio consumare frutta e verdure fresche
Glutine.Le persone affette da celiachia o da intolleranza al glutine, devono evitare il consumo di cibi (grano, orzo, segale) che lo contengono. In tutti gli alti casi, il ricorso alle diete gluten-free non è sostanziato da prove scientifiche.
Anche se molte delle persone che consumano una dieta salutare tendono ad assumere anche una serie di altre abitudini salutari, come la pratica di un regolare esercizio fisico, dormire a sufficienza e non fumare, la dieta rivestire comunque un ruolo centrale per la
Salute. Già Aristotele scriveva: ‘fai che il cibo sia la tua medicina’.
“Purtroppo – afferma Freeman – nonostante questa sia un’opinione condivisa, la gran parte dei medici non ha grandi nozioni di dietetica. Se riuscissimo a convincere i medici, e più in particolare i cardiologi, dell’importanza della nutrizione nella pratica medica, potremmo ridurre le malattie cardiologiche in maniera più impattante. E certamente con una buona costo-efficacia”.
Fare la spesa leggendo l’etichetta. I consigli per scegliere prodotti sani
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneL’etichetta di ogni prodotto rappresenta il suo DNA. Spesso il cibo nasconde insidie per la salute e l’unico modo per difendersi è imparare a leggere l’etichetta, che è una carta d’identità di ciò che arriva a tavola. Un libro aiuta a orientarsi tra gli scaffali dei supermercati, lo ha scritto Enrico Cinotti “E’ facile fare la spesa, se sai leggere l’etichetta”, pubblicato da Newtono Compton. Ci sono, ad esempio, sei tra i principali additivi che sarebbe meglio evitare, ma che a volte sono nascosti dietro misteriose sigle.
Allergeni: in etichetta devono essere distinti dagli altri ingredienti “per dimensione, stile o colore”. I più noti sono latte, cereali contenenti glutine, uova, soia, frutta a guscio.
Ma anche i solfiti, riportati sul vino solo se superiori a 10 mg/l e utilizzati a volte per “correggere” la non elevata qualità della materia prima.
Edulcoranti: sostituiscono lo zucchero, hanno meno calorie ma qualche problema in più per la salute. Come l’aspartame (E951), che “secondo la Fondazione Ramazzini di Bologna può avere effetti cancerogeni, l’acesulfame K (E950) sulla quale si addensano dubbi di tossicità, il sucralosio (E955), secondo parte del mondo scientifico non proprio innocuo”, ricorda Cinotti, giornalista della rivista ‘Il Salvagente’.
Esaltatori di sapidità: il più noto è il glutammato di sodio (E621) aggiunto nei cibi spesso per mascherarne i difetti di qualità. Sono fonte di possibili allergie, tra le quali la cosiddetta “sindrome da ristorante cinese”, caratterizzata da mal di testa, vampata e affaticamento.
Coloranti: usati per rendere i cibi attraenti, alcuni sono innocui come curcumina e carotene o cocciniglia, ma altri no.
Come il giallo chinolina(E104) e il rosso allura (E129) accusato di provocare disturbi sul comportamento dei più piccoli, che può essere presente nelle carni e nei crostacei. Da evitare anche il biossido di titanio (E171) e l’alluminio (E173), usati nei dolci.
Conservanti: aiutano ad evitare la proliferazione dei microrganismi ma è bene non abusarne. È il caso del nitrato di potassio (E252), del nitrito di potassio (E249) e del nitrito di sodio (E250). Aggiunti nelle carni, fresche e insaccate, per evitare lo sviluppo del botulino e evitare che diventino grigie, una volta ingeriti, si trasformano in N-nitrosammine, sostanze cancerogene. Molti insaccati, come i prosciutti dop, li vietano.
Aromi: spesso sono l’ultimo ingrediente della lista. Ma “in una sola, parola si nasconde un mondo del tutto sconosciuto ai consumatori. Ne esistono quasi 3.000 a disposizione dell’industria” ma l’unica informazione in etichetta riguarda se quelli presenti siano aromi di sintesi (identificati semplicemente con la dicitura “aromi”), oppure naturali.
Buona forma fisica riduce rischio di morte del 40 per cento
News PresaAllenarsi, aumentando la propria capacità di esercizio fisico, migliora l’aspettativa di vita. Lo rivela uno studio USA che ha osservato più di 10 mila persone in 18 anni.
Proprio così: il miglioramento della capacità massima di esercizio fisico nel corso del tempo può prolungare la vita. Lo studio statunitense è stato pubblicato nelle Mayo Clinic Proceedings. Nel trial le persone che hanno iniziato con un esercizio fisico modesto, ma che sono state in grado di portare la loro forma fisica ad un livello medio o alto, hanno ridotto il loro rischio di morte di circa il 40%.
“La capacità di esercizio massima dipende dalla nostra capacità di lavorare. Da essa dipende la salute del cuore, dei polmoni, del sangue e dei muscoli – ha detto l’autore dello studio Clinton Brawner dell’Edith and Benson Ford Heart and Vascular Institute all’Henry Ford Hospital a Detroit – Inoltre, cosa importante, una maggiore capacità di esercizio significa che un individuo è in grado di portare a termine le attività della vita quotidiana, come i lavori di casa, più facilmente e con meno fatica rispetto a chi ha una capacità di esercizio più bassa. Mentre vi è ricchezza di dati che descrivono il rapporto tra la forma fisica e le conseguenze che questa può avere sullo stato di salute, inclusa la morte prematura, sono pochi gli studi che hanno indagato se vi sia una relazione tra i cambiamenti della forma fisica e lo stato di salute, e nessuno di questi studi è stato condotto sulle donne”, ha detto Brawner.
Durante la ricerca, gli studiosi hanno analizzato i dati del progetto Henry Ford Exercise Testing (FIT) che ha coinvolto gli adulti di Detroit nel Michigan che sono stati sottoposti, su ordine del medico, a un test da sforzo su tapis roulant tra il 1991 e il 2009. Il gruppo di ricercatori ha esaminato più di 10.000 pazienti che hanno eseguito almeno due test da sforzo nell’arco di un anno. Dopo un follow up medio di 8,6 anni, il 9,5 per cento degli uomini e il 7,4 per cento delle donne erano morti. Rispetto a quelle che avevano mantenuto bassi livelli di forma fisica in entrambi i test, le donne che avevano migliorato la loro condizione fisica tra un test e l’altro – portandola a livelli medi o alti – vedevano ridotta del 37% la probabilità di morire.
Gli uomini che avevano migliorato i livelli di forma fisica – portandoli da bassi a medi o alti – mostravano circa il 44% in meno di probabilità di morire rispetto agli uomini la cui forma fisica era rimasta bassa.“Avere una scarsa forma fisica è un serio fattore di rischio di morte prematura, di conseguenza migliorare la forma fisica è importante per la salute”, ha detto Brawner. Migliorare la forma fisica è possibile attraverso la pratica regolare di esercizi, come ad esempio camminare o correre.
“L’invecchiamento in buona salute, in generale, non è un processo passivo. Dobbiamo essere attivi a questo proposito, fare progetti e prendere decisioni. Quanto emerso dallo studio fa la differenza”, ha commentato il dottor Jonathan Whiteson, assistente professore di medicina riabilitativa e medicina presso la NYU Langone Medical Center di New York, non coinvolto nello studio.
Tecnologie e arte, così il Gemelli cura il cancro
News Presa, Ricerca innovazioneSi scrive “Gemelli Art”, si legge tecnologie all’avanguardia per la radioterapia oncologica avanzata. Quell’Art che segue il nome del Policlinico Agostino Gemelli di Roma è infatti l’acronimo di “Advanced radiation therapy”, e inoltre sta a sottolineare che l’arte è oggi considerata un’arma in più al servizio della medicina. Ancor più in pazienti colpiti dal cancro. «Gemelli Art – spiega il dottor Enrico Zampedri, direttore generale del Gemelli – rappresenta uno dei punti più alti delle eccellenze del Policlinico, qui si fondono le migliori tecnologie oggi disponibili con il massimo dal punto di vista dell’umanizzazione dell’assistenza. Questo è l’esempio di tutti gli aspetti che fondano il nostro modo di volerci prendere cura delle persone malate di cancro».
Tecnologie
Tra le apparecchiature all’avanguardia che sono parte dell’arsenale del Gemelli Art c’è «MRIdian», una sofisticatissima macchina per i trattamenti di radioterapia oncologica combinata con la Risonanza magnetica. In questo modo è possibile acquisire 4 immagini al secondo durante la fase di terapia, per guidare il rilascio delle radiazioni di cura solo quando il tumore è nella posizione migliore per essere irradiato. Va detto che il Gemelli Art è il primo centro in Italia (il secondo in Europa) a poterle mettere a disposizione dei suoi pazienti dopo avere ottenuto le autorizzazioni dei Ministeri dell’Ambiente e della Salute.
Curare l’anima
Alle tecnologie d’avanguardia, il Gemelli Art associa anche il valore terapeutico della bellezza. La struttura propone ai pazienti colpiti dal cancro una serie di affascinanti immagini fotografiche di Roma e di riproduzioni artistiche di luoghi di Roma. Tra questi: l’Aventino, il Colosseo e villa Adriana, realizzate dall’artista Silvio Irilli. Gemelli Art dispone inoltre di quella che i camici bianchi hanno ribattezzato l’’area “magica”, perché dedicata ai piccoli pazienti oncologici. Corridoi colorati e una sala della terapia davvero particolare a forma di sommergibile fanno in modo che il bambino possa stare al timone e “giocare” mentre viene sottoposto alle cure.
Il valore della ricerca
Avveniristica e umanizzata, la struttura oncologica del Gemelli può contare anche su due laboratori (Laboratori KBO – Knowledge-Based Oncology, Oncologia Basata sulla Conoscenza) nei quali ingegneri, matematici, fisici, esperti di informatica e medici collaborano per estrarre, dai dati clinici biologici, di immagini diagnostiche e di trattamento dei pazienti con il cancro, suggerimenti alle decisioni da prendere per impostare ed eseguire le terapie oncologiche personalizzate. Questi programmi consentono infatti la produzione di supporti alla decisione clinica attraverso l’analisi continua di dati raccolti tra le varie istituzioni evitando qualsiasi scambio di dati sensibili dei pazienti, preservandone efficacemente la privacy. Il Gemelli Aart è anche un polo d’eccellenza nel campo dell’attività scientifica: i ricercatori del Centro sono inseriti in una rete scientifica nazionale e internazionale che supporta la qualità della ricerca, come testimoniano le oltre 260 pubblicazioni su riviste altamente qualificate prodotte negli ultimi 5 anni.
Amnèsia, i giovanissimi e le nuove droghe
News Presa, PsicologiaSi chiama Amnèsia ed è una delle nuove droghe che più spaventa medici e genitori. Simile alla marijuana, questa sostanza ha effetti devastanti sulla psiche di chi la assume. Uno degli aspetti più inquietanti di questa droga è che genera sintomi molto simili a quelli mostrati da pazienti psichiatrici. Di qui il dramma nel dramma. Succede infatti che i ragazzi che assumono questa sostanza finiscano per essere inviati in cura direttamente ai dipartimenti di salute mentale.
Acido per batterie
Gli effetti devastanti dell’Amnèsia sono legati alle sostanze che vengono usate per potenziarne gli effetti, in molti casi oltre al metadone anche eroina e altre sostanze chimiche. In questo modo si ottiene un prodotto capace di terribili effetti psicotropi, ma a basso costo. Il nome di questa droga richiama quello della Amnesia Haze, una qualità di cannabis geneticamente modificata e molto usata nei coffee shop d’Olanda. Con questa varietà di marijuana però l’Amnèsia non ha nulla in comune, la differenza la fanno le sostanze psicoattive e stupefacenti che fanno di questa terribile droga una bomba per il cervello di chi la usa. Tra le abitudini più scioccanti legate alla produzione c’è anche quella di tagliare la marijuana con l’acido di batteria, la sostanza che ne viene fuori provoca una momentanea perdita di memoria, ma anche effetti permanenti come mancanza di concentrazione, attacchi d’ansia e paranoia.
Inconsapevoli consumatori
Il dramma è che molti ragazzi non sanno a cosa vanno in contro fumando marijuana, ma addirittura si possono trovare ad acquistare marijuana che poi si rivela Amnèsia. Impossibile accorgersi della differenza, se non con i sintomi che arrivano solo dopo averla fumata. Chi la vende, del resto, non ha scrupoli e pensa solo al profitto.
Problemi psichiatrici
Visto che il legame tra droga e problemi di natura psichiatrica è inscindibile, le Unità operative che si occupano di nuove droghe e riabilitazione scelgono di puntare con forza su percorsi terapeutici che coinvolgano quanto più possibile anche le famiglie. L’uso esclusivo di farmaci antagonisti, come il metadone, non è sufficiente. Per essere realmente efficace, la terapia deve coinvolgere più aspetti della vita sociale di questi ragazzi. E’ una battaglia difficile e spesso impari, ma proprio per questo vale la pena combatterla
Gli italiani quanto consultano il proprio medico?
News Presa, Prevenzione, Ricerca innovazioneIn Europa si va in ordine sparso: in Ungheria si consulta il medico una volta al mese, in Svezia tre all’anno. In Italia, in media, una volta ogni due mesi. A diffondere i dati è l’Eurostat che ha pubblicato un’analisi sul ricorso dei cittadini ad un consulto medico in un anno. La media è compresa tra 4,1 e 8,7 consultazioni l’anno per cittadino nella maggior parte degli altri Stati membri. Livelli alti anche in Germania.
Insomma, il numero di visite ad un medico per cittadino varia notevolmente tra gli Stati membri dell’UE. Nella foto scattata dall’Eurostat viene analizzato il numero medio di consultazioni con un medico per persona all’anno (incluse le consultazioni presso lo studio medico, in casa del paziente, o nei reparti ambulatoriali negli ospedali o centri di assistenza sanitaria ambulatoriale). Dall’analisi sono escluse le consultazioni / visite durante un trattamento dovuto a ricovero o day hospital.
L’indagine rimarca come “tra gli Stati membri vi è una vasta gamma della frequenza con la quale vengono consultati i medici. A Cipro e in Svezia la media annua è inferiore a 3 consultazioni per abitante all’anno. La media è compresa tra 4,1 e 8,7 consultazioni nella maggior parte degli altri Stati membri, anche se la Germania, la Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria sono al di sopra di questa soglia con punte fino a 11 consultazioni l’anno. Italia in media con poco più di 6 consultazioni l’anno.
Ma Eurostat nota anche come “tra il 2009 e il 2014, il numero medio di consultazioni è aumentato in sette dei 19 Stati membri dell’UE per i quali i dati sono disponibili. I maggiori incrementi sono stati registrati in Germania e Lituania. In calo invece i dati di otto Stati in particolare in Lussemburgo e Slovacchia, mentre Estonia, Lettonia, Slovenia e Finlandia hanno riportato numeri stabili”.
Ecco perché il matrimonio salva la vita
News Presa, Ricerca innovazione“Questo matrimonio non s’ha da fare”. O invece sì? Secondo un recentissimo studio della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, chi ha scelto di indossare la fede vive una condizione di stress minore rispetto a chi invece vive da single. Benché sugli esiti di questo studio ci sarebbero migliaia di persone pronte ad una feroce contestazione, i dati scientifici non lasciano spazio a dubbi: gli individui sposati presentano un livello più basso di cortisolo, vale a dire dell’ormone associato allo stress. Secondo gli autori dello studio la ragione di questi valori sarebbe da ricondurre allo stress psicologico maggiore che le perone single (apparentemente più libere) si trovano a vivere. Lo stress prolungato è infatti associato a un aumento dei livelli di cortisolo, i quali “possono interferire con la capacità del corpo di regolare l’infiammazione, che a sua volta favorisce lo sviluppo e la progressione di molte malattie.
Relazioni sociali e salute
Per chi si chiedesse come abbiano fato gli scienziati a testare i livelli di cortisolo nelle persone, è presto detto. Per tre giorni non consecutivi, i ricercatori dell’Università statunitense hanno raccolto campioni di saliva da più di 500 adulti sani di età compresa tra i 21 e i 55 anni. Campioni multipli sono stati prelevati durante ogni periodo di 24 ore e testati per il cortisolo. «Questi dati – spiega il direttore di laboratorio e coautore dello studio Sheldon Cohen – ci danno informazioni importanti sul modo in cui le nostre relazioni sociali intime possono agire a livello sottocutaneo influenzando la nostra salute».
Essere single non è un male
I risultati questa ricerca non devono far pensare che essere single sia un problema. A controbilanciare lo studio dei ricercatori statunitensi è un altro lavoro, pubblicato su Society for Personality and Social Psychology. In questa ricerca sono state esaminate oltre 4 mila persone “allergiche” ai conflitti e agli scontri con il partner. Persone che sono risultate felici sia da sole che in coppia. Nel primo caso, infatti, si finisce per rimuovere alcuni dei detonatori dell’ansia che avvelenano il rapporto in queste persone. Problemi legati proprio agli scontri e ai dissidi con il compagno. Un effetto collaterale positivo, che invece non contagia le persone meno preoccupate all’idea di una relazione tormentata. Queste ultime, infatti, da single sono in genere meno felici e soddisfatte della propria vita rispetto a quando sono in coppia. Tra favorevoli e contrari, il matrimonio è sempre stato e continuerà ad essere uno dei temi più dibattuti. Non a caso il cinema di Hollywood ha fatto fortuna intrecciando destini e storie più o meno curiose basate sui rapporti di coppia.