È alto in Italia il numero di minori che fumano. Uno su dieci è consumatore abituale, quasi la metà ha fumato, ha provato a fumare o fuma ogni tanto e tra quelli abituali più della metà fuma anche cannabis. Inoltre non diminuisce il numero totale dei fumatori che appare in leggero aumento. A dirlo sono i dati presentati dall’OSSFAD del Centro Nazionale Dipendenza e Doping dell’ISS in occasione della Giornata Mondiale senza tabacco di oggi. I ragazzi tra i 14 e i 17 anni accendono la prima sigaretta alle scuole secondarie di secondo grado e una piccola percentuale addirittura inizia a fumare alle scuole elementari (9-10 anni).
“E’ necessario potenziare sistemi di prevenzione primaria per scongiurare questa nuova linea di tendenza che vede il consumo di tabacco anche tra i giovanissimi – afferma il Presidente dell’ISS Walter Ricciardi – prima che a questa dipendenza se ne associno altre altrettanto o più pericolose”.
L’identikit del giovane fumatore abituale è tratteggiato nell’indagine EXPLORA realizzata su un campione rappresentativo di 15.000 ragazzi tra i 14 e i 17 anni. Sono soprattutto maschi, frequentano istituti professionali e licei artistici, i genitori hanno un livello di istruzione medio-basso e non controllano le spese dei figli, risultano propensi al rischio e hanno una percezione del proprio rendimento scolastico mediocre o appena sufficiente. I giovani fumatori abituali, inoltre, sono quelli che fanno meno sport e che bevono più energy drink. Il dato preoccupante, inoltre, fotografa un maggiore consumo di alcolici tra i fumatori abituali, fino a quattro consumazioni di birra e super alcolici a settimana. Addirittura un 12% dichiara di aver avuto episodi di binge drinking 3 o più volte nell’ultimo mese. Il dato cresce a dismisura sul consumo di droghe: più della metà dei fumatori abituali (il 65,6%) ha fumato almeno una volta anche cannabis nell’ultimo anno rispetto al 2% dei non fumatori.
L’indagine ISS-DOXA, realizzata su un campione nazionale di oltre 3.000 soggetti rappresentativo della popolazione italiana, ha confermato, una situazione di stallo, invece, nel numero totale dei fumatori: sono 12,2 milioni, in leggero aumento rispetto al 2017 (11,7 milioni).
Di contro aumenta invece il rispetto del divieto di fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro, anzi secondo l’indagine PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), derivati dal sistema di sorveglianza di popolazione condotta dalle ASL e coordinata dall’ISS, il rispetto a 15 anni dalla Legge Sirchia è quasi totale.
“La situazione generale sulla prevalenza dei fumatori si è cristallizzata – dice Roberta Pacifici, Direttore dell’OSSFAD e del Centro Nazionale Dipendenze e Doping – abbiamo registrato gli stessi dati del 2007, segno evidente che non si vede alcuna inversione di tendenza, anzi si registra un lieve incremento nella popolazione maschile. Per questo abbiamo acceso i riflettori sui giovani che rappresentano il serbatoio di riserva del tabagismo, sono quelli cioè che continuano ad alimentare la popolazione dei fumatori che non accenna a diminuire”.
Un capitolo a parte è dedicato al consumo della sigaretta elettronica. “La maggior parte degli svapatori è un consumatore duale – dice Silvio Garattini, Direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” – consuma cioè sia sigarette tradizionali che e-cig. Altro dato del rapporto è quello che riguarda i prodotti del tabacco di nuova generazione, il tabacco riscaldato: in tre anni la notorietà di questi prodotti è più che raddoppiata”.
Per la prima volta abbiamo anche il dato sul fumo passivo negli animali domestici: il 14% dei fumatori che ha un animale domestico fuma in loro presenza. Il 46% mai. Tra i non fumatori la percentuale di chi non espone al fumo passivo il proprio animale domestico sale all’ 87,6%.
Sintesi del Rapporto Nazionale sul Fumo 2018
Il consumo
Sono 12,2 milioni i fumatori in Italia e rappresentano il 23,3% della popolazione (22,3% nel 2017). Diminuiscono le donne tabagiste: il 19,2% rispetto al 20,8 dello scorso anno contro il 27,7% degli uomini rispetto al 23,9% del 2017. Gli ex fumatori sono invece il 12,9% e i non fumatori il 63,8%. Tra i 25 e i 44 anni abbiamo la prevalenza più alta di fumatori tra i maschi (35,7). Mentre nella fascia d’età 45-64 anni la prevalenza più alta è tra le donne (26,2). Oltre i 65 anni troviamo le prevalenze più basse in entrambi i sessi. Si fumano in media 12,3 sigarette al giorno. Rispetto all’area geografica la prevalenza di uomini fumatori è uguale su tutto il territorio. La prevalenza delle donne invece è più alta al Nord (22,6%) rispetto al Sud (17,8) e al Centro (13,8). Si fumano principalmente sigarette confezionate (92,3%) sebbene continui costantemente a crescere il consumo prevalente di sigarette fatte a mano (16,9%), significativamente più diffuso tra i giovani.
I giovani
L’indagine sui giovani tra i 14 e i 17 anni realizzata in collaborazione con EXPLORA, ha riguardato 15.000 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, mediante il sistema CAWI, e con una metodologia di campionamento a tre stadi: comuni, scuole, classi. Tra i giovani di età compresa tra 14 e 17 anni sono fumatori abituali l’11,1% (si stimano 254.000 giovani), fumatori occasionali il 13,9% e ragazzi che hanno comunque provato a fumare il 20,2%. Ci sono inoltre circa il 2 % di ex fumatori. Questo significa che oltre il 47% dei giovani minorenni è comunque venuto in contatto con i prodotti del tabacco e costituisce un vero e proprio serbatoio di riserva per la popolazione dei tabagisti. Il 51,8% di questi giovani fumatori, abituali o occasionali o ex, ha iniziato a fumare a 14 anni o più quindi durante la frequentazione delle scuole superiori, il 43,7% ha iniziato durante le scuole medie (tra gli 11 e 13 anni), e il 4,5% addirittura alle elementari tra i 9 e 10 anni di età. Rispetto alla tipologia di prodotto consumato osserviamo che il 65,1% utilizza sigarette confezionate e circa il 27% sigarette fatte a mano. Abbiamo in questa popolazione quasi il 4% sia di utilizzatori di sigarette elettroniche che di altri prodotti del tabacco. Nei giovani maschi il consumo di sigarette fatte a mano sale al 33,6% e a 7,5% quello delle e-cig. Rispetto agli istituti scolastici frequentati, il rapporto rileva che negli istituti professionali e nei licei artistici si trovano le prevalenze più alte di fumatori abituali (17,7% e 14,7%) mentre nei licei scientifici e classici si trovano le prevalenze più basse di fumatori abituali (8,1%). Rispetto al rendimento scolastico percepito si osserva che tra i fumatori abituali, rispetto ai non fumatori, è molto più alta la percentuale di chi dichiara un rendimento mediocre o insufficiente (17,5% vs 4,7%) e viceversa la percentuale più bassa di chi dichiara un rendimento ottimo o discreto (11% vs 33%). Rispetto al titolo di studio dei genitori osserviamo che le prevalenze più elevate di fumatori abituali si ritrovano tra i ragazzi che hanno i genitori con un titolo di studio più basso; con licenza elementare (16,2% madre, 16,8% padre) e con licenza media (13% madre, 12,8% padre). Rispetto alla spesa settimanale senza il controllo dei genitori si osserva che tra i ragazzi che spendono oltre 50 euro a settimana senza il controllo dei genitori si ritrovano le prevalenze più alte di fumatori abituali (35,6%) mentre tra i ragazzi che non spendono senza il controllo dei genitori si ritrovano le prevalenze più alte di non fumatori (72,8%).
Il dato preoccupante rileva che i fumatori abituali consumano anche altre sostanze.
I fumatori abituali, rispetto ai non fumatori, consumano birra più di 4 volte a settimana (9,3% rispetto allo 0,7%), consumano superalcolici più di 4 volte a settimana (5,4% rispetto allo 0,3%), perdono il controllo ubriacandosi 3 o più volte nell’ultimo mese (12% rispetto all’1,1%), consumano energy drink tutti i giorni della settimana (13,1% rispetto al 4,7%).
Rispetto al consumo di droghe si osserva che il 65,6% dei fumatori abituali ha fumato cannabis almeno una volta durante l’ultimo anno (stima popolazione circa 167.000 giovani), rispetto al 2% dei coetanei non fumatori. Il 4,7% dei fumatori abituali ha dichiarato di consumare smart drugs rispetto all’1,3% dei non fumatori.
Tra i fumatori abituali, rispetto ai non fumatori, c’è la più alta percentuale di chi non pratica attività sportiva (18,5% vs 12%) e la più bassa percentuale di chi pratica sport almeno 2 volte a settimana (54,7% vs 65,1%).
Rispetto alle caratteristiche di personalità si è osservato che la propensione al rischio, misurata con una scala specifica, aumenta in funzione del legame del giovane al prodotto del tabacco. Il valore medio di propensione al rischio di un non fumatore è di 16,7, sale a 20,1 nel fumatore occasionale e raggiunge il valore medio di 21,2 nel fumatore abituale.
La sigaretta elettronica e i prodotti del tabacco di nuova generazione
In Italia gli utilizzatori abituali e occasionali di e-cig sono circa 1,1 milioni. Di questi il 60,3% sono fumatori, il 32,3% sono ex-fumatori e il 7,4% non ha mai fumato. La maggior parte degli utilizzatori (75,3%) è rappresentata da consumatori duali che fumano le sigarette tradizionali e contemporaneamente l’e-cig, in particolare quelle contenenti nicotina. Per quanto riguarda l’uso dei prodotti del tabacco di nuova generazione (tabacco riscaldato), li ha provati il 2,7% della popolazione, circa 1,4 milioni di persone. Di questi il 54,5 sono fumatori, l’11,4 ex fumatori e il 34,1 non ha mai fumato. La notorietà di questi prodotti in tre anni è quasi triplicata passando dal 21,5% al 52,3%.
Fumo passivo: cosa ci dice l’indagine DOXA
Secondo il dati PASSI a quasi 15 anni dall’entrata in vigore della legge Sirchia, il rispetto del divieto di fumo nei locali pubblici e nei posti di lavoro non è ancora pienamente garantito e restano ancora significative differenze fra Nord e Sud a sfavore di quest’ultimo. L’estensione dei divieti sul fumo in auto in presenza di minori e di donne in gravidanza è quasi totale, più dell’80%.
Secondo l’indagine dell’ISS-DOXA quasi il 90% degli italiani e l’81,2% dei fumatori, è d’accordo con il divieto di fumare in macchina in presenza di minori e donne in gravidanza, in lieve calo rispetto al 2017. Il 3,2% dei fumatori ha dichiarato di aver fumato in auto con bambini o donne incinte, rispetto al 5,3 del 2017. Per quanto riguarda le abitazioni private quasi il 90% non lo consente tra i non fumatori e quasi il 60% tra i fumatori.
Le immagini shock
Le immagini forti e le avvertenze sui rischi riportate sui pacchetti non sono risultate indifferenti ai tabagisti. L’indagine rileva che sono stati notati dalla quasi totalità dei fumatori (91,1%). Nel 77,7% dei casi hanno portato a pensare ai rischi per la salute, nel 56,4% dei casi hanno fatto aumentare il desiderio di smettere e nel 37,7% dei casi hanno spinto a rinunciare ad accendere una sigaretta nell’ultimo mese. Tra quelli che hanno notato le immagini shock sui pacchetti il 32,8% dei non fumatori ha dichiarato che si è ulteriormente convinto che fa bene a non fumare, così come dichiarato dal 42,1 degli ex fumatori che si dicono sempre più convinti della scelta fatta.
Telefono Verde Fumo
In 15 anni di attività, il Numero Verde Fumo (TVF) 800 45 40 88 ha gestito circa 50.000 telefonate. Fino al 2012 gli operatori gestivano mediamente 1000 telefonate l’anno ma da ottobre del 2012, quando il numero verde è stato inserito sulle confezioni dei prodotti del tabacco, le telefonate sono aumentate fino a raggiungere oltre 15000 contatti nel solo anno 2017.
All’aumento del numero delle telefonate aumentano progressivamente anche i giovani che contattano il servizio. In questi ultimi anni, le caratteristiche dell’utenza sono cambiate e l’équipe del servizio propone interventi sempre più diversificati e personalizzati, trovandosi spesso ad offrire percorsi di counselling per coloro che desiderano smettere di fumare e che trovano difficoltà a raggiungere le strutture sanitarie di riferimento territoriali. Questo riflette probabilmente una carenza dell’offerta assistenziale sul territorio e risponde all’opportunità di fruire di in servizio in maniera totalmente anonima a gratuita.
L’analisi dei 15 anni di attività, tra il 2003 e il 2018, ha permesso di evidenziare che a chiamare sono stati soprattutto gli uomini (30,791 ovvero il 61,2%) e le persone di età compresa tra 45 e 64 anni (14.945 ovvero il 29,7%). A seguire persone tra 25 e 44 anni (22,8%), giovani al di sotto dei 25 anni (11,9%) e ultrasessantacinquenni (11,5%). Queste ultime due categorie, i giovani e gli anziani, hanno telefonato di più a partire dal 2016, fino a rappresentare rispettivamente il 15,7% e il 15,4% delle chiamate.
Chi telefona è quasi sempre un fumatore (l’85,8% pari a 43.180 telefonate), seguito da un familiare di un fumatore (2.875 chiamate pari al 5,7%). Gli utenti fumatori sono anche aumentati negli ultimi anni fino a realizzare il 93,7% delle chiamate.
Si chiama di più dal Sud e dalle Isole (16.377 chiamate pari al 32,5% di quelle totali), poi dal Nord (15.919, il 31,6%) ed infine dal Centro (10,271, il 20,4%). L’analisi, regione per regione, del tasso di chiamate rapportato alla prevalenza dei fumatori ha confermato che i valori più alti sono quelli relativi alle regioni meridionali e alle isole (e anche al Lazio): una fotografia che riflette, verosimilmente, la più alta prevalenza di fumatori nel Sud Italia.
La conoscenza del Telefono Verde Fumo è giunta per la stragrande maggioranza degli utenti dalle scritte sui pacchetti di sigarette (65,8%), mentre il 16,5% ha saputo del numero verde dal medico.
Linfociti killer programmati per “uccidere” i tumori
Ricerca innovazioneSi può fare, si può guarire da un tumore metastatico della mammella per il quale le cure “tradizionali” non avevano dato esiti. Non è fantascienza, è l’evoluzione di quelle che si chiamano immunoterapie. Andiamo con ordine. La notizia di questa vittoria sensazionale è legata ad uno studio clinico su una sola paziente, ma apre le porte a nuove prospettive di cura per il tumore del seno in stadio avanzato (con metastasi).
Immunoterapia
L’idea è quella di usare cellule immunitarie delle pazienti come killer della malattia. Qualcosa di teorizzato, di studiato e dibattuto. Ma ora si parla di fattibilità. Che questo approccio terapeutico si possa realizzare è stato dimostrato dal gruppo di Steven Rosenberg del National Institutes of Health di Bethesda in Maryland. I linfociti T della donna sono stati in grado di eliminare completamente il tumore e tutte le metastasi, offrendole una chance di cura laddove tutte le terapie convenzionali somministrate precedentemente avevano fallito.
Due approcci
A pubblicare l’esito della sperimentazione è stata la rivista Nature Medicine, e senza esagerare si tratta di un traguardo senza precedenti. La paziente è da due anni libera da malattia. Si tratta infatti della prima applicazione di successo della «immunoterapia a cellule T» per il cancro del seno in fase avanzata.
Attualmente sono due gli approcci più efficaci di immunoterapia – che è l’ultima frontiera della lotta ai tumori e si basa sull’uso delle difese del corpo del paziente per sconfiggere la malattia: il primo è l’attivazione delle cellule immunitarie del paziente direttamente nel suo corpo tramite farmaci (ad esempio anticorpi specifici), il secondo è una terapia basata sull’uso diretto di cellule immunitarie. In quest’ultimo approccio i linfociti T del paziente sono isolati dal suo sangue o dal tumore stesso e poi gli oncologi selezionano solo le cellule di difesa in grado di riconoscere e attaccare la neoplasia. Questi linfociti T specifici per il tumore vengono coltivati in provetta e poi iniettati nuovamente nel corpo del paziente.
Nuove prospettive
Il successo delle cure immunoterapiche varia molto in funzione del tipo di tumore che si vuole vincere. Ad oggi ad esempio le sperimentazioni cliniche basate sull’uso di farmaci immunoterapici non avevano avuto dato prova di efficacia nel trattamento del cancro al seno. Rosenberg e colleghi hanno tentato la terapia con cellule immunitarie su una paziente in fase avanzata di malattia, con metastasi che era risultata incurabile con le terapie convenzionali. Hanno isolato i suoi linfociti T, scelto quelli specifici contro il tumore attivandoli in provetta per renderli più efficaci, e li hanno infine iniettati nuovamente nel corpo della paziente. È stato un successo, le cellule T hanno eliminato il tumore e le metastasi, infatti la donna risulta libera da malattia da due anni pur non facendo più cure oncologiche. Gli esperti hanno studiato a fondo dal punto di vista molecolare l’identità di queste cellule T killer tumorali, e sulla base di questi studi ritengono che questa terapia cellulare abbia ampie possibilità di successo anche per altre pazienti con cancro al seno, cosa che naturalmente dovrà essere confermata in nuovi studi clinici più ampi.
Editoria: partnership ItaliaOggi-PreSa
News Presa, SpecialiItaliaOggi e il network PreSa hanno sottoscritto un accordo per la realizzazione di uno speciale dedicato a salute, sanità e prevenzione, pubblicato il quarto giovedì del mese all’interno del quotidiano.
“La sanità, pubblica e privata, è una realtà che coinvolge una quantità enorme di risorse, economiche e morali, del Paese. Un’attenzione a questo mondo, che sappia tenere insieme i temi sanitari e quelli normativi è l’obiettivo principale di questa nuova iniziativa editoriale in cui ItaliaOggi crede fermamente. Con la speranza di contribuire a migliorare quella che è una dimensione essenziale del vivere civile di un Paese moderno”, dice Marino Longoni, condirettore di ItaliaOggi.
“Daremo voce a tutti e ascolteremo i cosiddetti «decisori», convinti, però, che alla politica spettino gli indirizzi legislativi e normativi per poi fare un passo indietro rispetto a vecchie logiche di lottizzazione che hanno portato, tra commissariamenti delle regioni e deficit, a un’Italia a due velocità anche nella sanità”, aggiunge Marco Trabucco Aurilio, direttore scientifico di PreSa.
Rapporto Oms per ridurre malattie non trasmissibili, prime cause di morte
News PresaCancro, diabete, malattie polmonari e malattie cardiache uccidono in tutto 41 milioni di persone ogni anno e rappresentano il 71 per cento di tutti i decessi a livello globale, 15 per cento dei quali si verificano tra i 30 e i 70 anni. Queste malattie non trasmissibili (NCD), rappresentano una delle sfide, indicate dalla Commissione indipendente di alto livello dell’Organizzazione mondiale della sanità nell’ultimo rapporto, pubblicato il 1° giugno. L’obiettivo è ridurre del 30% le malattie non trasmissibili entro il 2030. Il rapporto focalizza l’attenzione anche sulle crescenti, ma spesso trascurate, problematiche dei disturbi mentali e dell’obesità.
“L’Oms è stata fondata 70 anni fa con la convinzione che la salute è un diritto umano di essere goduto da tutte le persone, e non un privilegio per pochi”, ha detto il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Le raccomandazioni di questo rapporto rappresentano un passo importante verso la realizzazione di questo diritto prevenendo la sofferenza e la morte causate da malattie non trasmissibili”.
Il rapporto è stato anche pubblicato sulla rivista medica The Lancet. Le malattie non trasmissibili (NCD), comprese le malattie cardiovascolari, il cancro, il diabete, le malattie respiratorie croniche e i disturbi mentali, durano anni, rovinano la qualità della vita e sono il risultato di una combinazione di fattori genetici, fisiologici, ambientali e comportamentali. I fattori di rischio principali sono il fumo, l’inattività fisica, l’uso dannoso di alcol e diete malsane, ma l’Oms include tra i fattori di rischio critico anche l’inquinamento atmosferico.
Nel 2015, i paesi hanno concordato la sostenibilità degli Obiettivi di sviluppo, che includono anche la riduzione di un terzo di mortalità prematura per le NCD entro il 2030, ma nonostante i numerosi interventi e gli impegni assunti per combattere le malattie non trasmissibili, i progressi sono stati lenti e irregolari. Per questo motivo la Commissione ha concordato sei raccomandazioni chiave indirizzate ai governi in tutto il mondo.
Federico II, visita facile grazie ad un’App
Ricerca innovazioneIn un’App tutti i servizi e le indicazioni che normalmente si fatica a trovare quando ci si trova in un Policlinico Universitario. Grazie a questa piccola rivoluzione informatica, i cittadini potranno orientarsi tra i padiglioni del Policlinico Federico II in modo semplice e veloce usando il cellulare e, allo stesso tempo, potranno anche ricevere consigli medici sulle aree specialistiche di interesse. La Federico II è la prima Azienda Ospedaliera Universitaria a fare qualcosa di simile, sfruttando le tecnologie mobili per andare in contro alle esigenze dei pazienti.
L’App
Il progetto innovativo si chiama «Visita facile», ed è stato realizzato in collaborazione con JoinTag, società milanese specializzata in proximity marketing, sostenuta dal contributo incondizionato di Pfizer. L’App è dedicata all’esperienza del paziente e dei suoi accompagnatori all’interno della struttura federiciana. Tutti la possono usare purché siano nell’area del Policlinico di Napoli, non serve alcuna registrazione ed è gratuita. L’App rispetta la privacy degli utenti e permette di geolocalizzarsi.
Beacon
Grazie all’utilizzo della tecnologia beacon, piccoli sensori che funzionano tramite bluetooth e che sono posizionati in alcune aree interne dell’ospedale, i cittadini potranno essere guidati nel reparto di interesse e ricevere direttamente sull’App notifiche e informazioni relative al Dipartimento in cui si trovano. Inoltre, in una sezione apposita chiamata «La mia Visita Facile», l’utente potrà fotografare analisi, esami, prescrizioni e segnare appuntamenti, per poter tenere traccia del proprio percorso di cura, nel più totale e garantito anonimato.
Pizza e carni, attenti a non “bruciare”
AlimentazionePizze troppo cotte (con il “cornicione” bruciato) ma anche carni alimenti che, cotti alla brace, se non adeguatamente preparati aumentano il rischio di tumore. Il problema è legato alle modalità di cottura, che spesso non sono adeguate agli standard fissati dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). A richiamare l’attenzione su questo problema è l’Associazione House Hospital onlus, per voce del direttore generale Sergio Canzanella. «Prendendo ad esempio la pizza, quando il calore è troppo l’impasto brucia – spiega – e nel processo di combustione si formano idrocarburi policiclici aromatici, un gruppo di composti considerati contaminanti critici in primo luogo dall’EFSA e dal Decalogo sugli interferenti endocrini del Ministero dell’Ambiente e dell’Istituto Superiore di Sanità perché collegati all’aumento del rischio di tumori, compresi quelli associati a squilibri ormonali».
La pizza
Quando arriva in tavola bruciata, sia che la causa sia la fretta, sia che si tratti di imperizia, il problema è la scarsa professionalità. «In troppi – dice Canzanella – si improvvisano pizzaioli senza un’adeguata preparazione. Sembra un problema di poco conto, ma non lo è”.
Il disciplinare
L’argomento è trattato anche nel Disciplinare della Pizza Napoletana approvato a Bruxelles che ha ottenuto la denominazione di marchio collettivo dove si legge: “Il pizzaiolo deve controllare la cottura della pizza sollevandone un lembo, con l’aiuto di una pala metallica e ruotando la pizza verso il fuoco, utilizzando sempre la stessa zona di platea iniziale per evitare che la pizza possa bruciarsi a causa di due differenti temperature. È importante che la pizza venga cotta in maniera uniforme su tutta la sua circonferenza”. Il concetto è ribadito nel Decalogo della vera pizza napoletana in cui si precisa che “il cornicione di 1-2 cm della pizza deve essere gonfio, di colore dorato, e privo o con pochissime bolle o bruciature. Sollevando la pizza la parte inferiore deve essere anch’essa dorata e priva di bruciature evidenti.”» In ogni caso quando è bruciata è un diritto del cliente chiederne un’altra senza tracce nere sul bordo o sul fondo.
Il corso
Per cercare di rimediare al problema, l’Associazione House Hospital onlus, l’Accademia della Conoscenza e la Cooperativa Percorsi per Crescere onlus presentano a Lusciano in Via Fratelli Cervi 3 il 1 corso di educazione sanitaria in Regione Campania «Mangiare sano fa bene alla salute». 50 ore per formare gli operatori che lavorano in pizzeria, nelle bracerie, nei ristoranti e nelle trattorie. «La prevenzione oncologica e la tutela della salute dei cittadini – conclude Canzanella – inizia a tavola e nelle scuole».
Giulia Grillo, medico legale, ministro della Salute
Economia sanitariaÈ Giulia Grillo, medico 43enne della Sicilia e attualmente capogruppo alla Camera, a ricoprire l’incarico di ministro della Salute. Nata a Catania il 30 maggio 1975, una laurea in medicina e chirurgia con specializzazione in medicina legale, in Parlamento è arrivata con il Movimento 5 Stelle per la prima volta alle elezioni del 2013. Nel 2008 è stata candidata alle regionali siciliane. In Sicilia è stata in prima fila nella lotta contro le trivellazioni in Val di Noto, contro le privatizzazioni dell’acqua pubblica nel ragusano, fino alla nascita del comitato Addio Pizzo di Catania. Nella precedente legislatura di governo Giulia Grillo, che non ha nessun legame di parentela con il fondatore del Movimento, è stata vice capogruppo e capogruppo alla Camera e Capogruppo M5S Commissione Affari Sociali.
Si è posizionata terza per produttività fra tutti i deputati siciliani nella classifica Openpolis 2016 – l’indice che misura la produttività parlamentare – e 56esima su 630 deputati nazionali. La Grillo, nella 17ma legislatura ha fatto approvare 3 mozioni a sua prima firma su governance farmaceutica, sblocco turn-over del personale sanitario, revisione della disciplina sull’intramoenia e governo delle liste d’attesa. Inoltre ha depositato 4 proposte di legge e 213 atti di indirizzo e controllo alla Camera. Una delle sue battaglie portate avanti durante questi anni in Parlamento è stata quella per il ‘giusto’ prezzo dei farmaci innovativi.
Fumatori in aumento in Italia. Minori: 1 su 10 fuma abitualmente
Stili di vitaÈ alto in Italia il numero di minori che fumano. Uno su dieci è consumatore abituale, quasi la metà ha fumato, ha provato a fumare o fuma ogni tanto e tra quelli abituali più della metà fuma anche cannabis. Inoltre non diminuisce il numero totale dei fumatori che appare in leggero aumento. A dirlo sono i dati presentati dall’OSSFAD del Centro Nazionale Dipendenza e Doping dell’ISS in occasione della Giornata Mondiale senza tabacco di oggi. I ragazzi tra i 14 e i 17 anni accendono la prima sigaretta alle scuole secondarie di secondo grado e una piccola percentuale addirittura inizia a fumare alle scuole elementari (9-10 anni).
“E’ necessario potenziare sistemi di prevenzione primaria per scongiurare questa nuova linea di tendenza che vede il consumo di tabacco anche tra i giovanissimi – afferma il Presidente dell’ISS Walter Ricciardi – prima che a questa dipendenza se ne associno altre altrettanto o più pericolose”.
L’identikit del giovane fumatore abituale è tratteggiato nell’indagine EXPLORA realizzata su un campione rappresentativo di 15.000 ragazzi tra i 14 e i 17 anni. Sono soprattutto maschi, frequentano istituti professionali e licei artistici, i genitori hanno un livello di istruzione medio-basso e non controllano le spese dei figli, risultano propensi al rischio e hanno una percezione del proprio rendimento scolastico mediocre o appena sufficiente. I giovani fumatori abituali, inoltre, sono quelli che fanno meno sport e che bevono più energy drink. Il dato preoccupante, inoltre, fotografa un maggiore consumo di alcolici tra i fumatori abituali, fino a quattro consumazioni di birra e super alcolici a settimana. Addirittura un 12% dichiara di aver avuto episodi di binge drinking 3 o più volte nell’ultimo mese. Il dato cresce a dismisura sul consumo di droghe: più della metà dei fumatori abituali (il 65,6%) ha fumato almeno una volta anche cannabis nell’ultimo anno rispetto al 2% dei non fumatori.
L’indagine ISS-DOXA, realizzata su un campione nazionale di oltre 3.000 soggetti rappresentativo della popolazione italiana, ha confermato, una situazione di stallo, invece, nel numero totale dei fumatori: sono 12,2 milioni, in leggero aumento rispetto al 2017 (11,7 milioni).
Di contro aumenta invece il rispetto del divieto di fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro, anzi secondo l’indagine PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), derivati dal sistema di sorveglianza di popolazione condotta dalle ASL e coordinata dall’ISS, il rispetto a 15 anni dalla Legge Sirchia è quasi totale.
“La situazione generale sulla prevalenza dei fumatori si è cristallizzata – dice Roberta Pacifici, Direttore dell’OSSFAD e del Centro Nazionale Dipendenze e Doping – abbiamo registrato gli stessi dati del 2007, segno evidente che non si vede alcuna inversione di tendenza, anzi si registra un lieve incremento nella popolazione maschile. Per questo abbiamo acceso i riflettori sui giovani che rappresentano il serbatoio di riserva del tabagismo, sono quelli cioè che continuano ad alimentare la popolazione dei fumatori che non accenna a diminuire”.
Un capitolo a parte è dedicato al consumo della sigaretta elettronica. “La maggior parte degli svapatori è un consumatore duale – dice Silvio Garattini, Direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” – consuma cioè sia sigarette tradizionali che e-cig. Altro dato del rapporto è quello che riguarda i prodotti del tabacco di nuova generazione, il tabacco riscaldato: in tre anni la notorietà di questi prodotti è più che raddoppiata”.
Per la prima volta abbiamo anche il dato sul fumo passivo negli animali domestici: il 14% dei fumatori che ha un animale domestico fuma in loro presenza. Il 46% mai. Tra i non fumatori la percentuale di chi non espone al fumo passivo il proprio animale domestico sale all’ 87,6%.
Sintesi del Rapporto Nazionale sul Fumo 2018
Il consumo
Sono 12,2 milioni i fumatori in Italia e rappresentano il 23,3% della popolazione (22,3% nel 2017). Diminuiscono le donne tabagiste: il 19,2% rispetto al 20,8 dello scorso anno contro il 27,7% degli uomini rispetto al 23,9% del 2017. Gli ex fumatori sono invece il 12,9% e i non fumatori il 63,8%. Tra i 25 e i 44 anni abbiamo la prevalenza più alta di fumatori tra i maschi (35,7). Mentre nella fascia d’età 45-64 anni la prevalenza più alta è tra le donne (26,2). Oltre i 65 anni troviamo le prevalenze più basse in entrambi i sessi. Si fumano in media 12,3 sigarette al giorno. Rispetto all’area geografica la prevalenza di uomini fumatori è uguale su tutto il territorio. La prevalenza delle donne invece è più alta al Nord (22,6%) rispetto al Sud (17,8) e al Centro (13,8). Si fumano principalmente sigarette confezionate (92,3%) sebbene continui costantemente a crescere il consumo prevalente di sigarette fatte a mano (16,9%), significativamente più diffuso tra i giovani.
I giovani
L’indagine sui giovani tra i 14 e i 17 anni realizzata in collaborazione con EXPLORA, ha riguardato 15.000 studenti delle scuole secondarie di secondo grado, mediante il sistema CAWI, e con una metodologia di campionamento a tre stadi: comuni, scuole, classi. Tra i giovani di età compresa tra 14 e 17 anni sono fumatori abituali l’11,1% (si stimano 254.000 giovani), fumatori occasionali il 13,9% e ragazzi che hanno comunque provato a fumare il 20,2%. Ci sono inoltre circa il 2 % di ex fumatori. Questo significa che oltre il 47% dei giovani minorenni è comunque venuto in contatto con i prodotti del tabacco e costituisce un vero e proprio serbatoio di riserva per la popolazione dei tabagisti. Il 51,8% di questi giovani fumatori, abituali o occasionali o ex, ha iniziato a fumare a 14 anni o più quindi durante la frequentazione delle scuole superiori, il 43,7% ha iniziato durante le scuole medie (tra gli 11 e 13 anni), e il 4,5% addirittura alle elementari tra i 9 e 10 anni di età. Rispetto alla tipologia di prodotto consumato osserviamo che il 65,1% utilizza sigarette confezionate e circa il 27% sigarette fatte a mano. Abbiamo in questa popolazione quasi il 4% sia di utilizzatori di sigarette elettroniche che di altri prodotti del tabacco. Nei giovani maschi il consumo di sigarette fatte a mano sale al 33,6% e a 7,5% quello delle e-cig. Rispetto agli istituti scolastici frequentati, il rapporto rileva che negli istituti professionali e nei licei artistici si trovano le prevalenze più alte di fumatori abituali (17,7% e 14,7%) mentre nei licei scientifici e classici si trovano le prevalenze più basse di fumatori abituali (8,1%). Rispetto al rendimento scolastico percepito si osserva che tra i fumatori abituali, rispetto ai non fumatori, è molto più alta la percentuale di chi dichiara un rendimento mediocre o insufficiente (17,5% vs 4,7%) e viceversa la percentuale più bassa di chi dichiara un rendimento ottimo o discreto (11% vs 33%). Rispetto al titolo di studio dei genitori osserviamo che le prevalenze più elevate di fumatori abituali si ritrovano tra i ragazzi che hanno i genitori con un titolo di studio più basso; con licenza elementare (16,2% madre, 16,8% padre) e con licenza media (13% madre, 12,8% padre). Rispetto alla spesa settimanale senza il controllo dei genitori si osserva che tra i ragazzi che spendono oltre 50 euro a settimana senza il controllo dei genitori si ritrovano le prevalenze più alte di fumatori abituali (35,6%) mentre tra i ragazzi che non spendono senza il controllo dei genitori si ritrovano le prevalenze più alte di non fumatori (72,8%).
Il dato preoccupante rileva che i fumatori abituali consumano anche altre sostanze.
I fumatori abituali, rispetto ai non fumatori, consumano birra più di 4 volte a settimana (9,3% rispetto allo 0,7%), consumano superalcolici più di 4 volte a settimana (5,4% rispetto allo 0,3%), perdono il controllo ubriacandosi 3 o più volte nell’ultimo mese (12% rispetto all’1,1%), consumano energy drink tutti i giorni della settimana (13,1% rispetto al 4,7%).
Rispetto al consumo di droghe si osserva che il 65,6% dei fumatori abituali ha fumato cannabis almeno una volta durante l’ultimo anno (stima popolazione circa 167.000 giovani), rispetto al 2% dei coetanei non fumatori. Il 4,7% dei fumatori abituali ha dichiarato di consumare smart drugs rispetto all’1,3% dei non fumatori.
Tra i fumatori abituali, rispetto ai non fumatori, c’è la più alta percentuale di chi non pratica attività sportiva (18,5% vs 12%) e la più bassa percentuale di chi pratica sport almeno 2 volte a settimana (54,7% vs 65,1%).
Rispetto alle caratteristiche di personalità si è osservato che la propensione al rischio, misurata con una scala specifica, aumenta in funzione del legame del giovane al prodotto del tabacco. Il valore medio di propensione al rischio di un non fumatore è di 16,7, sale a 20,1 nel fumatore occasionale e raggiunge il valore medio di 21,2 nel fumatore abituale.
La sigaretta elettronica e i prodotti del tabacco di nuova generazione
In Italia gli utilizzatori abituali e occasionali di e-cig sono circa 1,1 milioni. Di questi il 60,3% sono fumatori, il 32,3% sono ex-fumatori e il 7,4% non ha mai fumato. La maggior parte degli utilizzatori (75,3%) è rappresentata da consumatori duali che fumano le sigarette tradizionali e contemporaneamente l’e-cig, in particolare quelle contenenti nicotina. Per quanto riguarda l’uso dei prodotti del tabacco di nuova generazione (tabacco riscaldato), li ha provati il 2,7% della popolazione, circa 1,4 milioni di persone. Di questi il 54,5 sono fumatori, l’11,4 ex fumatori e il 34,1 non ha mai fumato. La notorietà di questi prodotti in tre anni è quasi triplicata passando dal 21,5% al 52,3%.
Fumo passivo: cosa ci dice l’indagine DOXA
Secondo il dati PASSI a quasi 15 anni dall’entrata in vigore della legge Sirchia, il rispetto del divieto di fumo nei locali pubblici e nei posti di lavoro non è ancora pienamente garantito e restano ancora significative differenze fra Nord e Sud a sfavore di quest’ultimo. L’estensione dei divieti sul fumo in auto in presenza di minori e di donne in gravidanza è quasi totale, più dell’80%.
Secondo l’indagine dell’ISS-DOXA quasi il 90% degli italiani e l’81,2% dei fumatori, è d’accordo con il divieto di fumare in macchina in presenza di minori e donne in gravidanza, in lieve calo rispetto al 2017. Il 3,2% dei fumatori ha dichiarato di aver fumato in auto con bambini o donne incinte, rispetto al 5,3 del 2017. Per quanto riguarda le abitazioni private quasi il 90% non lo consente tra i non fumatori e quasi il 60% tra i fumatori.
Le immagini shock
Le immagini forti e le avvertenze sui rischi riportate sui pacchetti non sono risultate indifferenti ai tabagisti. L’indagine rileva che sono stati notati dalla quasi totalità dei fumatori (91,1%). Nel 77,7% dei casi hanno portato a pensare ai rischi per la salute, nel 56,4% dei casi hanno fatto aumentare il desiderio di smettere e nel 37,7% dei casi hanno spinto a rinunciare ad accendere una sigaretta nell’ultimo mese. Tra quelli che hanno notato le immagini shock sui pacchetti il 32,8% dei non fumatori ha dichiarato che si è ulteriormente convinto che fa bene a non fumare, così come dichiarato dal 42,1 degli ex fumatori che si dicono sempre più convinti della scelta fatta.
Telefono Verde Fumo
In 15 anni di attività, il Numero Verde Fumo (TVF) 800 45 40 88 ha gestito circa 50.000 telefonate. Fino al 2012 gli operatori gestivano mediamente 1000 telefonate l’anno ma da ottobre del 2012, quando il numero verde è stato inserito sulle confezioni dei prodotti del tabacco, le telefonate sono aumentate fino a raggiungere oltre 15000 contatti nel solo anno 2017.
All’aumento del numero delle telefonate aumentano progressivamente anche i giovani che contattano il servizio. In questi ultimi anni, le caratteristiche dell’utenza sono cambiate e l’équipe del servizio propone interventi sempre più diversificati e personalizzati, trovandosi spesso ad offrire percorsi di counselling per coloro che desiderano smettere di fumare e che trovano difficoltà a raggiungere le strutture sanitarie di riferimento territoriali. Questo riflette probabilmente una carenza dell’offerta assistenziale sul territorio e risponde all’opportunità di fruire di in servizio in maniera totalmente anonima a gratuita.
L’analisi dei 15 anni di attività, tra il 2003 e il 2018, ha permesso di evidenziare che a chiamare sono stati soprattutto gli uomini (30,791 ovvero il 61,2%) e le persone di età compresa tra 45 e 64 anni (14.945 ovvero il 29,7%). A seguire persone tra 25 e 44 anni (22,8%), giovani al di sotto dei 25 anni (11,9%) e ultrasessantacinquenni (11,5%). Queste ultime due categorie, i giovani e gli anziani, hanno telefonato di più a partire dal 2016, fino a rappresentare rispettivamente il 15,7% e il 15,4% delle chiamate.
Chi telefona è quasi sempre un fumatore (l’85,8% pari a 43.180 telefonate), seguito da un familiare di un fumatore (2.875 chiamate pari al 5,7%). Gli utenti fumatori sono anche aumentati negli ultimi anni fino a realizzare il 93,7% delle chiamate.
Si chiama di più dal Sud e dalle Isole (16.377 chiamate pari al 32,5% di quelle totali), poi dal Nord (15.919, il 31,6%) ed infine dal Centro (10,271, il 20,4%). L’analisi, regione per regione, del tasso di chiamate rapportato alla prevalenza dei fumatori ha confermato che i valori più alti sono quelli relativi alle regioni meridionali e alle isole (e anche al Lazio): una fotografia che riflette, verosimilmente, la più alta prevalenza di fumatori nel Sud Italia.
La conoscenza del Telefono Verde Fumo è giunta per la stragrande maggioranza degli utenti dalle scritte sui pacchetti di sigarette (65,8%), mentre il 16,5% ha saputo del numero verde dal medico.
Chirurgia robotica, l’Italia tra i leader in Europa
Ricerca innovazioneUna decina di anni fa sarebbe stato impensabile immaginare di farsi operare da un robot, oggi la chirurgia robotica non solo è molto diffusa, ma consente anche di ottenere brillanti risultati. Una premessa, a questi punto, è d’obbligo: la chirurgia robotica non esclude il fattore umano. Il robot è uno strumento, che il chirurgo utilizza per migliorare la precisione dell’intervento ed evitare errori. Grazie alla risoluzione in 4K degli schermi e delle telecamere utilizzati e grazie anche alla possibilità di muovere arti robotici che non seguono l’anatomia umana, i medici possono realizzare con la massima precisione ogni movimento. Un esempio? Si pensi al polso umano. Nessuno può ruotare la mano di 360 gradi, un robot può farlo. E se il medico dovesse avere un sussulto inaspettato il robot riesce a capirlo e impedisce di trasferire al bisturi questo movimento.
I numeri
Nel 2017 sono stati circa 18mila in Italia gli interventi di chirurgia robotica, quasi 12mila in ambito urologico (soprattutto per la cura di tumore di prostata, ma anche rene e vescica), 14% in più del 2016, e con un incremento, sempre costante, dell’83% a partire dal 2006. Con questi numeri l’Italia è tra le nazioni leader in Europa in questo campo. Con l’installazione del centesimo robot Da Vinci, al policlinico di Catania, raggiunge infatti la Francia con la quale ora condivide il primo posto del podio, seguita da Germania e Regno Unito. E l’Europa, con 742 robot Da Vinci installati, si piazza al secondo posto dopo gli Stati Uniti, con 2862. Nel mondo, dopo la ginecologia, è proprio la chirurgia urologica ad essere la principale area di intervento con il robot.
Urologia
In Italia, invece, resta l’urologia a farla da padrona, con il 67% di interventi, seguita dalla chirurgia generale (16%), quindi dalla ginecologia (10%) e da altri settori minori (7%). In urologia i motivi di tale successo sono molti e molto semplici: la precisione del robot consente maggiore facilità di accesso alle anatomie più complesse, una impeccabile precisione demolitiva e ricostruttiva, una minore perdita di sangue, una riduzione della degenza post operatoria e una diminuzione degli effetti collaterali (disfunzione erettile ed incontinenza). A questo si aggiungono caratteristiche come la visione tridimensionale immersiva in grado di moltiplicare fino a 10 volte la normale visione dell’occhio umano. Dopo qualche anno di attesa, oggi quasi tutte le Regioni italiane sono dotate di robot in sala operatoria, ed è oramai avviato un percorso di uniformizzazione tra Nord e Sud, negli ultimi tre anni infatti la robotica al Sud sta viaggiando veloce, con centinaia di interventi ogni mese. Certamente c’è ancora da lavorare per ottimizzare i sistemi, ma le basi strutturali (scuole di specializzazione e formazione) sono state poste e stanno dando ottimi risultati.
Febbre mediterranea: trovata cura per 3 malattie autoinfiammatorie
Ricerca innovazioneUn nuovo farmaco efficace per 3 malattie autoinfiammatorie rare, recentemente scoperte e caratterizzate da episodi ricorrenti di febbre e infiammazione. La sua efficacia è stata valutata durante una sperimentazione clinica a livello mondiale coordinata dai medici della Reumatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica The New England Journal of Medicine.
Le tre malattie coinvolte nel trial sono la febbre mediterranea familiare (FMF), il deficit di mevalonato chinasi (MKD) e la sindrome periodica associata al recettore 1 del fattore di necrosi tumorale (TRAPS). La FMF è la più diffusa delle tre, nasce in Medio Oriente ed è ben nota nel bacino del mediterraneo. Le altre due sono malattie molto rare e definite di recente. Tutte e tre sono genetiche, causate dalle mutazioni di tre geni coinvolti nella risposta infiammatoria.
Bambini o adulti, colpiti da queste patologie, hanno episodi febbrili ricorrenti: la frequenza può variare da una volta ogni 15 giorni a una ogni qualche mese. La durata degli episodi è variabile da una malattia all’altra: si va dai 2-4 giorni nella FMF fino a diverse settimane nella TRAPS. Assieme alla febbre questi pazienti possono avere artrite, pleurite, pericardite, peritonite e rash cutanei. La qualità di vita è compromessa.
Qualche anno fa era stato scoperto nel meccanismo delle 3 malattie il ruolo centrale di una molecola dell’infiammazione, l’interleuchina 1, che viene prodotta in eccesso in conseguenza delle mutazioni genetiche. «Da questo dato ottenuto in laboratorio e trasportato al letto dei pazienti è stato disegnato il trial clinico che, in maniera assolutamente innovativa – spiega il dottor Fabrizio De Benedetti, responsabile di reumatologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e coordinatore mondiale del trial clinico – ha messo insieme le tre malattie in un’unica sperimentazione costruita su misura. Le conoscenze dei meccanismi molecolari delle malattie permettono infatti oggi di disegnare approcci innovativi basati, non tanto sulla diagnosi di ogni malattia, ma piuttosto sul meccanismo molecolare, Il target, che si vuole specificatamente colpire».
È stato usato un anticorpo specifico, che agisce in maniera mirata bloccando l’attività biologica dell’interleuchina 1 (nome scientifico canakinumab). I pazienti inclusi nel trial sono 181, provenienti da 59 istituti di 15 Paesi. «Soprattutto nel campo delle malattie genetiche, che hanno esordio in età pediatrica, studiare i bambini permette di acquisire informazioni utili anche nel trattamento dell’adulto – aggiunge De Benedetti – Se è vero che i bambini non sono piccoli adulti, è vero però che gli adulti sono grandi bambini». I risultati hanno dimostrato una straordinaria efficacia in tutte e tre le malattie con la pressoché totale scomparsa degli episodi febbrili, migliorando decisamente la qualità della vita dei pazienti. I pazienti con FMF sono passati da una media di 20/25 episodi febbrili all’anno a 1 e mezzo, quelli con MKD da 15 a 1 mentre i pazienti con TRAPS da 10 a 1.
«Per la FMF esiste una terapia, la colchicina, ma il 5%-10% dei pazienti non risponde a questo trattamento. Per la TRAPS e la MKD invece non esisteva un trattamento efficace – spiega il dottor Fabrizio De Benedetti – Per questo motivo era essenziale trovare una nuova modalità di trattamento per queste tre malattia orfane. I risultati dello studio, in termini di efficacia e di sicurezza del farmaco hanno permesso di ottenere la sua autorizzazione sia dall’EMA (Agenzia Europea del Farmaco), sia dall’FDA (Food and Drug Administration). Il farmaco dovrebbe essere presto disponibile anche in Italia».
RiminiWellness. Al via fiera dedicata a sport e sana alimentazione
News PresaAl via domani la tredicesima edizione di RiminiWellness, la fiera europea dedicata a fitness, benessere, sport e sana alimentazione. La manifestazione organizzata da Italian Exhibition Group andrà avanti fino a domenica 3 giugno. Al taglio del nastro, fissato per le ore 12, assieme al sindaco di Rimini Andrea Gnassi e al presidente di IEG Lorenzo Cagnoni, ci saranno anche Sofia Goggia, campionessa olimpica di discesa libera a Pyeongchang 2018 e detentrice della Coppa del Mondo di discesa libera nel 2018; Dorothea Wierer, biatleta, vincitrice della Coppa del Mondo individuale nel 2016 e Peter Fill, vincitore di due medaglie iridate, di due Coppe del Mondo di discesa libera e di una Coppa del Mondo di combinata.
Nel pomeriggio la tuffatrice Tania Cagnotto presenterà in anteprima il libro ´Oro, Argento e Tania´ edito da Mondadori Electa e in libreria dal 12 giugno. Sarà presente anche Simone Sabbioni, il riminese nuotatore olimpico e primatista italiano nei 100 metri dorso. Durante le quattro giornate della Riminiwellness ci saranno momenti di formazione organizzati con i partner italiani e internazionali – tra cui CONI, Università italiane, Assosport, ANIF-Eurowellness, Edi.Ermes, l’associazione internazionale IDEA Health and Fitness Association e la tedesca DSSV Arbeitgeberverband deutscher Fitness- und Gesundheits-Anlagen, che porterà 200 operatori del comparto, e tanti altri – rivolti a gestori, trainer e corpo docente del mondo fitness (25 le sale dedicate a convegni e seminari).
In Italia sono 18 milioni le persone coinvolte e frequentatrici delle strutture che propongono il ‘movimento’, con un giro d´affari annuo stimato in 10 miliardi di euro. Solo nei primi 4 mesi dello scorso anno gli italiani hanno speso in attività fitness e wellness 258 milioni di euro, considerando solamente i pagamenti con carta di credito, con un aumento dell´8,1% sull´anno precedente.