Tempo di lettura: 2 minutiÈ Anna Maria Mastrangelo, la ricercatrice del CREA Cerealicoltura e Colture Industriali di Bergamo che si è posizionata al secondo posto, dopo una collega del Regno Unito, nella prima edizione del Premio Carlotta Award 2018. L’evento si tiene il 14 e 15 giugno 2018, nell’ambito del convegno internazionale “Wheats&Women“, presso la sala Marconi del CNR, piazzale Aldo Moro 7, a Roma. Il premio istituito da ENEA e Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, premia giovani scienziate impegnate nella ricerca sul grano, tra gli alimenti principali nella dieta della popolazione umana.
Il premio è intitolato a Carlotta Parisani, moglie e collaboratrice del grande genetista Nazareno Strampelli, per il suo contributo alla ricerca e allo sviluppo economico del Paese nei primi del ‘900, grazie ai suoi incroci rivoluzionari e i successi conseguiti nello sviluppo varietale del grano.
In particolare, è stato riconosciuto l’impegno della ricercatrice del CREA, che ha operato per oltre 15 anni presso il Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di Foggia, per l’individuazione e la mappatura di geni coinvolti nella resistenza del grano duro agli stress ambientali, come siccità, eccesso di sale e malattie. Da diversi anni la Dott.ssa Mastrangelo è coordinatrice di un progetto finanziato dal MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) in collaborazione con l’Università del Minnesota e la Washington State University. Nell’ambito di tale progetto, si è concentrata sullo studio delle malattie fungine del grano al fine di identificare fonti di resistenza e geni che consentano alle nuove varietà di grano di essere più produttive in campo.
Mediante approcci di mappatura per associazione in frumento duro, sono state individuate 8 varietà altamente resistenti alla ruggine gialla e nera, già pronte per essere impiegate dagli agricoltori. Sono, inoltre, stati mappati diversi geni resistenti sia in cultivar di frumento duro che in farri coltivati e selvatici, i quali potranno essere trasferiti in cultivar di pregio suscettibili ai patogeni fungini, mediante approcci di selezione assistita da marcatori molecolari, che consentono di selezionare le piante resistenti analizzando direttamente il loro DNA. Per due di questi geni, che sembrano particolarmente promettenti, sono attualmente in corso esperimenti che porteranno, nei prossimi anni, alla determinazione della loro sequenza e del meccanismo di azione.
“Negli ultimi anni – afferma Anna Mastrangelo – complici anche i cambiamenti climatici, stiamo assistendo a una notevole diffusione anche in Italia di nuove razze di patogeni fungini, come la ruggine gialla e la ruggine nera, che provocano danni pesantissimi alle produzioni di grano in termini di quantità e qualità. Lo sviluppo e l’adozione di nuove varietà di grano, geneticamente resistenti a queste malattie, consentirà di ottenere produzioni più elevate, riducendo notevolmente l’applicazione di pesticidi e i loro effetti negativi sull’ambiente e sulla salute dell’uomo”.
Incontinenza. L’accordo tra le Regioni e il Ministero della Salute
AnzianiIn Italia 5 milioni di persone soffrono di incontinenza. Un numero che tenderà ad aumentare sempre più, considerato che nel 2030 il 26% della popolazione sarà over 65 anni. A sei mesi di distanza dalla firma di un documento da parte del Ministero della Salute e delle Regioni, è tempo di primi bilanci per il nuovo iter della patologia. In occasione dell’appuntamento annuale della Giornata Nazionale dell’Incontinenza (giovedì 28 giugno), il Gruppo di Lavoro del tavolo ministeriale ha deciso di fare un primo punto, divulgando un “Documento tecnico di considerazioni e proposte” per favorire l’attuazione di quanto contenuto nel documento di Accordo Stato/Regioni.
Sono ottimi i risultati ottenuti da alcune regioni e si auspica che gli stessi possano essere realizzati anche dalle altre. Ma per aderire all’accordo con il Ministero per la gestione dell’incontinenza, cosa deve fare una Regione?
“Deve, come prima cosa, attivare una commissione tecnica finalizzata alla costituzione di una Rete regionale di Centri per la prevenzione, diagnosi e cura dell’incontinenza – precisa Roberto Carone, membro del Tavolo Tecnico Ministeriale per l’incontinenza e Past President SIU (Società Italiana di Urologia) – Il recente accordo Stato/Regioni rappresenta un importantissimo risultato. Grazie al lavoro compatto e determinato di molti rappresentanti delle associazioni pazienti, clinici ed esperti del settore, il 24 gennaio è stato sancito un documento che elenca in modo chiaro e preciso obiettivi e azioni da sviluppare nei confronti di questa invalidante patologia. A distanza di 6 mesi dalla firma con Il Ministero della Salute, posso confermare l’impegno di alcune regioni con successi davvero significativi. Un esempio è la regione Piemonte (la prima ed ad oggi la sola regione che ha attivato una Rete integrata di Centri per la cura dell’Incontinenza), che proprio a seguito dell’Accordo sancito ha incrementato l’attività di una commissione permanente regionale per l’incontinenza con l’obiettivo di realizzare tutto quanto previsto nella Intesa Stato/Regioni. Anche altre Regioni stanno lavorando in tal senso ed in particolare il Veneto, la Basilicata e la Sardegna. E’ giusto porsi l’ambizioso traguardo di una massiccia adesione di tutte le Regioni italiane che dovranno poi essere monitorate e aggiornate costantemente sia a livello locale sia nazionale”.
L’impegno delle Regioni è visibile anche in occasione della giornata del 28 giugno, promossa da FINCO (Federazione Italiana Incontinenti)
“Continua con successo la nostra iniziativa che vede coinvolte molte piazze italiane al fine di sensibilizzare la popolazione a un disagio che colpisce in Italia 5 milioni di persone e che tenderà ad aumentare – precisa Francesco Diomede, Presidente Finco – Viene offerta la possibilità di approfondire la tematica, anche attraverso visite gratuite”.
Esportare dunque in tutte le regioni il modello descritto nel Documento di Accordo Ministeriale significa omologare le procedure per la prevenzione, la cura e il trattamento dell’incontinenza, superando quindi la gestione autonoma delle singole regioni che si è dimostrata finora poco agevole per il paziente e poco conveniente per la spesa sanitaria.
“Altro importante obiettivo è quello di cercare di omogenizzare e razionalizzare la distribuzione degli ausili per l’incontinenza (pannoloni e cateteri). Per semplificare i 3 passaggi fondamentali necessari per attuare il programma, utilizzo spesso l’acronimo OAB . Tale acronimo non fa riferimento a quello frequentemente utilizzato in medicina (Overactive Bladder, una delle cause di incontinenza urinaria) ma sta per Omogenizzazione/Appropriatezza/Bonus – aggiunge Carone – Innanzitutto la necessità di Omogeneizzazione delle procedure di acquisizione e distribuzione degli ausili; Appropriatezza prescrittiva finalizzata a definire la gravità dell’incontinenza secondo parametri uniformi ed oggettivi; introduzione del Bonus come libera scelta del paziente per l’acquisto degli ausili con un tetto di spesa da stabilire per ogni classe di gravità.
Purtroppo quest’ultimo modello distributivo, anche in un’eccellenza come quella piemontese, non risulta essere ancora del tutto operativo. Si aggiunge il fatto che questo modello essendo stato valutato come una soluzione efficace e innovativa, dovrebbe poter rientrare come risposta alle “soluzioni innovative” indicate nel Documento di Accordo”.
La volontà di proseguire il lavoro è molto alta. Ma serve un controllo e una supervisione di tanti aspetti indicati nell’Accordo che devono essere messi in pratica.
“Ci sono ancora molti aspetti da considerare e nell’interesse comune che non devono in qualche modo cadere in prescrizione – conclude Carone – Innanzitutto sollecitare una Commissione Permanente Ministeriale in grado di monitorare e implementare tutte le attività delle regioni coinvolte e da coinvolgere; inoltre stimolare la campagna di informazione e sensibilizzazione dei cittadini sottoscritta dal Ministero; e intervenire attivamente sulle modalità di distribuzione degli ausili anche eventualmente attraverso “soluzioni innovative” con l’intento di sollevare la spesa sanitaria che ora grava per oltre 400 milioni all’anno ed al tempo stesso migliorare la qualità di vita della popolazione”.
Premio “Carlotta Award 2018”. Ricerca al femminile: CREA al 2º posto
News PresaÈ Anna Maria Mastrangelo, la ricercatrice del CREA Cerealicoltura e Colture Industriali di Bergamo che si è posizionata al secondo posto, dopo una collega del Regno Unito, nella prima edizione del Premio Carlotta Award 2018. L’evento si tiene il 14 e 15 giugno 2018, nell’ambito del convegno internazionale “Wheats&Women“, presso la sala Marconi del CNR, piazzale Aldo Moro 7, a Roma. Il premio istituito da ENEA e Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, premia giovani scienziate impegnate nella ricerca sul grano, tra gli alimenti principali nella dieta della popolazione umana.
Il premio è intitolato a Carlotta Parisani, moglie e collaboratrice del grande genetista Nazareno Strampelli, per il suo contributo alla ricerca e allo sviluppo economico del Paese nei primi del ‘900, grazie ai suoi incroci rivoluzionari e i successi conseguiti nello sviluppo varietale del grano.
In particolare, è stato riconosciuto l’impegno della ricercatrice del CREA, che ha operato per oltre 15 anni presso il Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di Foggia, per l’individuazione e la mappatura di geni coinvolti nella resistenza del grano duro agli stress ambientali, come siccità, eccesso di sale e malattie. Da diversi anni la Dott.ssa Mastrangelo è coordinatrice di un progetto finanziato dal MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) in collaborazione con l’Università del Minnesota e la Washington State University. Nell’ambito di tale progetto, si è concentrata sullo studio delle malattie fungine del grano al fine di identificare fonti di resistenza e geni che consentano alle nuove varietà di grano di essere più produttive in campo.
Mediante approcci di mappatura per associazione in frumento duro, sono state individuate 8 varietà altamente resistenti alla ruggine gialla e nera, già pronte per essere impiegate dagli agricoltori. Sono, inoltre, stati mappati diversi geni resistenti sia in cultivar di frumento duro che in farri coltivati e selvatici, i quali potranno essere trasferiti in cultivar di pregio suscettibili ai patogeni fungini, mediante approcci di selezione assistita da marcatori molecolari, che consentono di selezionare le piante resistenti analizzando direttamente il loro DNA. Per due di questi geni, che sembrano particolarmente promettenti, sono attualmente in corso esperimenti che porteranno, nei prossimi anni, alla determinazione della loro sequenza e del meccanismo di azione.
“Negli ultimi anni – afferma Anna Mastrangelo – complici anche i cambiamenti climatici, stiamo assistendo a una notevole diffusione anche in Italia di nuove razze di patogeni fungini, come la ruggine gialla e la ruggine nera, che provocano danni pesantissimi alle produzioni di grano in termini di quantità e qualità. Lo sviluppo e l’adozione di nuove varietà di grano, geneticamente resistenti a queste malattie, consentirà di ottenere produzioni più elevate, riducendo notevolmente l’applicazione di pesticidi e i loro effetti negativi sull’ambiente e sulla salute dell’uomo”.
Salute Donna, così si impara a fare prevenzione
News PresaSono molti gli studi scientifici che hanno mostrato come diverse tipologie di tumore della mammella e di tumore ovarico sono causati da mutazioni ai geni BRCA1 e BRCA2, che possono essere trasmesse in maniera ereditaria da entrambi i genitori. D’obbligo però una precisazione: ad essere trasmessa non è la malattia, ma unicamente la predisposizione. Per far comprendere l’importanza dei passi in avanti fatti dalla scienza in campo genetico per prevenire il tumore ovarico e alla mammella e approfondire il ruolo dei test genetici BRCA1 e BRCA2, “Salute Donna Onlus” insieme al Policlinico Federico II hanno ideato e promosso una giornata di approfondimento dal titolo «Tumore ovarico e tumore della mammella: come i test genetici BRCA1 e BRCA2 hanno rivoluzionato la storia dei tumori femminili», in programma oggi alle 14 presso l’Aula Cral dell’AOU Federico II (Via Pansini, 5).
Salute Donna Onlus
Si chiama così l’associazione nata presso l’Istituto dei Tumori di Milano, dove ancora oggi opera, e che nel corso degli anni ha attivato numerose sezioni in tutta Italia, tra cui la sede inaugurata lo scorso 20 marzo proprio al Policlinico Federico II. Il convegno sarà introdotto da Sabino De Placido, Direttore del DAI di Ematologia, Oncologia, Anatomia Patologica, Diagnostica per immagini e Medicina Legale dell’AOU, Anna Maria Mancuso, Presidente Salute Donna Onlus e Antonella Esposito, Responsabile scientifico Nazionale Salute Donna Onlus. «La prevenzione è l’arma migliore che le donne hanno a disposizione – commenta Anna Maria Mancuso – conoscere, informarsi e intraprendere stili di vita sani e corretti sono fondamentali nella lotta ai tumori. Così come essere aggiornati sui passi in avanti fatti dalla scienza». Al tavolo dei relatori si susseguiranno figure istituzionali nazionali e regionali, medici ed esperti che illustreranno i diversi aspetti del tema e risponderanno alle domande dei presenti. La partecipazione all’evento è gratuita ed aperta a tutta la cittadinanza. Per iscriversi è necessario contattare l’associazione Salute Donna Onlus allo 02/6470452 o tramite mail all’indirizzo info@salutedonnaonlus.it.
Spalla lussata? Oggi c’è un intervento rivoluzionario
News PresaCosa accomuna il campione mondiale di paracadutismo Giuseppe Cossu, il calciatore Alessandro Rossi o il quattro volte campione italiano di Judo Walter Facente? Campioni sportivi che hanno avuto problemi alla spalla. Oggi per intervenire c’è una nuova tecnica chirurgica. Si tratta di una tecnica operatoriautile a trattare la lussazione della spalla per via artroscopica, nei casi di instabilità cronica. Una procedura più efficace di altri trattamenti chirurgici, meno invasiva e tutta “made In Italy”, con una ripresa funzionale a tre mesi dall’intervento e una bassissima percentuale di recidive.
Asa
La tecnica in questione è l’Augmentation artroscopico del sottoscapolare (Asa) e ad averla ideata e sviluppata è il professor Marco Maiotti, ortopedico, specialista in diagnosi e chirurgia della spalla e del ginocchio,attivo alla Clinica Mediterranea, Napoli e Casa di Cura Pio XI (Roma). «Questa tecnica permette di trattare pazienti anche molto giovani (dai 15 anni in su), soprattutto quando il tradizionale intervento di riparazione artroscopica espone ad un’elevata percentuale di recidive e l’intervento di Latarjet è sovra-indicato – spiega il professor Marco Maiotti. Come nel caso del campione di paracadutismo, la lussazione di una spalla poteva rappresentare anche un rischio fatale nel caso fosse avvenuta durante il volo o può seriamente compromettere l’attività sportiva nelle altre discipline. Per questo motivo è importante intervenire chirurgicamente il prima possibile. L’intervento con tecnica Asa può restituire la giusta stabilità alla spalla, senza comprometterne la mobilità articolare e senza dover eseguire interventi più complessi e a cielo aperto che, seppur efficaci per il ripristino della stabilità, prevedono l’utilizzo di viti o placche di metallo che se mal posizionati possono determinare gravi complicazioni come nel caso dell’intervento di Latarjet».
Ottimi risultati
Con la tecnica Asa sono stati già trattati in Italia, circa 600 pazienti negli ultimi 9 anni. La percentuale complessiva di recidive si attesta intorno al 3%, avvenute comunque dopo un evento traumatico ad alta energia e cosa assolutamente da non sottovalutare non sono state riferite ad oggi complicazioni legate all’intervento. Studi scientifici hanno permesso di osservare un buon recupero articolare senza significative limitazioni della rotazione esterna. Le controindicazioni di tale intervento emergono quando la TC evidenzia un danno osseo glenoideo importante. «Molti, soprattutto i giovanissimi – conclude Marco Maiotti – non si sottopongono all’intervento perchè prima dell’A.S.A l’intervento tradizionale artroscopico non dava garanzie di stabilità soprattutto in sport di contatto o estremi come il paracadutismo e l’intervento di Latarjet è di difficile esecuzione e mal accettato dal paziente perché a cielo aperto. Molti quindi abbandonavano lo sport. L’innovativa tecnica A.S.A garantisce, soprattutto agli sportivi, un ritorno alle attività in pochi mesi dopo l’intervento, con un rischio davvero basso di recidiva».
Radioterapia, 30milioni alla Campania per l’innovazione
News PresaCure sempre meno invasive e più precise, veloci ed efficaci e prevenzione: sono queste le sfide reali da affrontare in fatto di tumori se si vogliono offrire ai pazienti maggiori possibilità e una migliore qualità di vita. Un tema declinato in tutti i suoi aspetti in occasione di un incontro che ha visto assieme i maggiori esperti della campania. Tra gli interventi quello del professor Paolo Muto (primario del reparto di radioterapia dell’Istituto per la lotta ai tumori Pascale) e di Filippo Alongi (professore associato all’Università di Brescia e direttore della struttura complessa di Radioterapia Oncologica all’Ospedale Sacro Cuore – Don Calabria, di Negrar, Verona).
Richiesta di salute
A mettere in evidenza i dati del 2017, Paolo Muto, che ha spiegato come le statistiche mostrino in Italia «mille nuovi malati di cancro all’anno, 650 di questi hanno bisogno di radioterapia. In Campania, sono circa 38 mila i pazienti ammalati, di cui circa il 60% ha necessità di terapia. È necessaria una distribuzione sul territorio con apparecchiature moderne che possano curare l’integrazione della terapia farmacologica per il cancro». Sulla stessa lunghezza d’onda Filippo Alongi, che ha spiegato quanto sarebbe importante realizzare in Campania un investimento sostanzioso, che «consentirebbe alle strutture della Regione di raggiungere uno standard che possa garantire un adeguato trattamento per i pazienti oncologici. L’uso di questi nuovi macchinari – ha aggiunto il professor Alongi – che io stesso ho avuto la possibilità di testare nel centro che dirigo, può condurre a potenziali miglioramenti clinici e ad una importante diminuzione degli effetti collaterali. Con la tecnologia “HyperArc” abbiamo ottenuto il 90% di risposta sulle lesioni metastatiche trattate, un risultato straordinario, se si pensa che la terapia non risulta invasiva, né tantomeno dolorosa, e dura solo pochi minuti».
180 giorni
In occasione di questo incontro tra esperti, presente anche Antonio Postiglione, direttore generale per la Tutela della salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario regionale. E’ stato lui a chiarire che i 180 giorni che il Decreto ministeriale dà come termine per presentare il piano di acquisti saranno utilizzati dalla Regione per il dialogo con gli stakeholder: direzioni ospedaliere, radioterapisti, fisici, associazioni dei pazienti ed esperti potranno dare il loro contributo per arrivare ad un piano che tenga conto di tutte le esigenze. Valeria Ciarambino, Presidente della I Commissione speciale per la Trasparenza della Regione Campania, ha sottolineato l’importanza della programmazione, specificando come, ad un utilizzo della risorsa pubblica, debba corrispondere un effettivo miglioramento dei servizi.
Biodiversità: tutte le novità della ricerca nel XII Convegno Nazionale
News PresaLa biodiversità è un “capitale naturale” da tutelare, per la salvaguardia dell’ambiente e della nostra salute.
Si parlerà di questo nel XII° Convegno Nazionale sulla Biodiversità, che si terrà a Teramo dal 13 al 15 giugno, dal titolo “Biodiversità, Ambienti, Salute” e avrà un focus in particolare sulle interazioni tra gli ambienti terrestri e acquatici.
L’incontro è organizzato dall’Università degli Studi di Teramo in collaborazione con il CREA, le Università degli Studi dell’Aquila e “G.D’Annunzio” di Chieti-Pescara, il CNR e l’Accademia delle Scienze della Biodiversità Mediterranea, che prosegue il dialogo avviato ormai da 23 anni, tra scienziati, referenti istituzionali e politici, per promuovere l’avanzamento delle conoscenze scientifiche in materia e le implicazioni pratiche nell’interesse della collettività.
La ricerca, infattibili, è sempre più attenta alla diversità biologica di un ecosistema, in cui tutte le popolazioni presenti, vegetali, animali, microbiche, si influenzano reciprocamente per raggiungere e mantenere quegli equilibri “olistici” ottimali che costituiscono la specificità di un territorio. Nella 3 giorni, gli scienziati, sulla base delle loro evidenze, forniranno indicazioni per una innovativa strategia di salvaguardia della biodiversità, che abbraccia ambienti naturali terrestri ed acquatici, aree rurali ed urbane e che offre un patrimonio unico di risorse inattese da applicare agli ambiti più differenti dall’agricoltura alla zootecnia all’acquacoltura, dalla genetica alla bioinformatica, alla salute. Conoscenze che permettono non solo di affrontare le grandi sfide della sostenibilità e del cambiamento climatico con nuove tecniche e nuove varietà, ma che incidono direttamente sulla vita di tutti, dalla qualità del cibo che mangiamo a quella dell’aria che respiriamo.
“Applicando all’Italia le stime del 2010 di Unep (il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) e Banca mondiale – spiega Michele Pisante, presidente del Comitato scientifico e componente del Cda del Crea – emerge che la biodiversità e gli ecosistemi forniscono servizi per un valore di 2365 miliardi di dollari, il 12% in più del PIL. Un dato su cui devono confrontarsi non solo gli scienziati, ma anche gli economisti, i decisori tecnici e politici – conclude Pisante – Dobbiamo migliorare la consapevolezza e la rilevanza che rivestono i servizi ecosistemici a favore della collettività, come la tutela della flora e della fauna, la conservazione della diversità biologica, l’uso sostenibile delle sue componenti e la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche”.
Ipovedenti, iridi in mostra con Annalaura di Luggo
News PresaSi chiama “blind vision” la mostra Annalaura di Luggo che vuole sensibilizzare l’opinione pubblica sulle difficoltà degli ipovedenti. La mostra terrà banco sino al 15 giugno, organizzata dalla rappresentanza permanente dell’Italia alle Nazioni Unite, in occasione della Conferenza mondiale della disabilità. Il solo show si terrà nell’area 1b Neck Area – il centro nevralgico delle Nazioni Unite e saranno 15 le opere in esposizione, 15 iridi dei protagonisti non vedenti accompagnate dalle frasi di ciascuno. Due schermi proietteranno le immagini dell’installazione multimediale e del documentario. Domani (13 giugno) ci sarà un nuovo opening in cui l’artista farà l’eye shooting a chi vorrà realizzare la propria opera d’arte dell’occhio.
Degenerazione maculare
In Italia ci sono circa 360.000 non vedenti e oltre 1,5 milioni di ipovedenti; di questi ultimi oltre il 60% ha un’età superiore a 50 anni. Tra il 2010 ed il 2030 si prevede un aumento di non vedenti di circa il 25% a causa dell’invecchiamento della popolazione. Degenerazione maculare legata all’età, glaucoma, retinopatia diabetica rappresentano le cause più frequenti di cecità e ipovisione nei Paesi industrializzati.
Percezione
Blind Vision è un progetto nato dalla volontà dell’artista di esplorare l’universo di quelle persone che percepiscono il mondo con sensi alternativi alla vista. Il progetto non solo è una ricerca artistica e sociale sulla percezione umana, ma cerca anche di riaffermare i valori e i contributi di un gruppo di individui che sono una parte attiva della società. L’obiettivo è quello di realizzare un’integrazione sociale e culturale di persone con diversa abilità visiva.
Frammenti di vita
In questa installazione gli occhi dei non vedenti si accompagnano a frammenti della loro vita. Si tratta di donne, uomini e ragazzi che hanno perso la vista, testimonianze di vita vera che rivelano al visitatore le difficoltà quotidiane di una vita al buio. Rabbia, paura, malinconia, ma anche una straordinaria voglia di vivere. Si viene catapultati in un viaggio sensoriale ed emotivo, un viaggio di luce che possa essere capace di “illuminare le menti” nei confronti di un mondo abbandonato ingiustamente nell’oscurità.
Farmaci e visite gratuite, Napoli è solidale
News PresaSolidarietà e prevenzione, sono questi i pilastri che sorreggono l’azione dell’Ordine dei farmacisti di Napoli che sta raggiungendo traguardi incredibili grazie al progetto «Un farmaco per tutti». Il dato è di tutto rispetto: sono stati appena consegnati medicinali e presìdi per un valore di 140mila euro in Burkina Faso, dove rappresenteranno una risorsa sostanziale per la sopravvivenza della popolazione. Il progetto, promosso assieme al cardinale Crescenzio Sepe, permette a ciascuno di devolvere medicine, presìdi medico-chirurgici, integratori e dispositivi a chi non può avere accesso alle cure.
In Italia e non solo
Si tratta di farmaci non ancora scaduti, provenienti dalla donazione spontanea da parte di cittadini, aziende e privati che non hanno più bisogno del farmaco anche a seguito del cambio o della fine di una terapia o del decesso di un parente. I medicinali raccolti all’interno delle farmacie sono smistati ai vari enti assistenziali che hanno aderito all’iniziativa. Le confezioni sono già state distribuite a Emergency, Croce Rossa, Unitalsi, Elemosiniere del Santo Padre, La Tenda, le Suore della Carità di Madre Teresa di Calcutta, La Casa di Tonia. E ora oltre i confini nazionali, nel Burkina Faso e in Benin. «In Italia è in crescita la povertà sanitaria. Nel 2015 la richiesta di medicinali da parte degli enti caritativi è risultata in aumento del 6,4% rispetto allo scorso anno. Più di 400mila le persone che non sono più in grado di permettersi i farmaci di cui hanno bisogno; gli italiani in difficoltà oggi sono oltre 183mila», spiega Vincenzo Santagada, presidente dell’Ordine dei farmacisti della provincia di Napoli. «Accanto a questo progetto l’Ordine dei farmacisti opera anche con “Una visita per tutti” dedicando ogni mese alla prevenzione di una malattia.
Insufficienza venosa
Giugno è incentrato sull’insufficienza venosa. Con il camper della salute verranno garantiti screening gratuiti a tutti. Gli appuntamenti sono mercoledì 13 giugno in piazza Vittorio Emanuele a Sant’Antonio Abate dalle 10 alle 18, alla stessa ora venerdì 15 giugno in via Cesare Battista a Torre del Greco, venerdì 22 giugno dalle 10 alle 13,30 nella villa comunale di Villaricca; martedì 26 giugno a Frattaminore: in piazza Atella dalle 10 alle 13 e in piazza San Maurizio dalle 15 alle 18; a Napoli mercoledì 27 giugno dalle 10 alle 18,30 in via Leopardi a Fuorigrotta e infine a Bacoli, nella Villa Vanvitelliana, venerdì 29 giugno dalle 10 alle 18,30.
Sanità. Fondazione Gimbe: sprechi per 21mld di euro nel 2017
News PresaLa spesa sanitaria italiana del 2016 secondo le stime del rapporto sulla sostenibilità del SSN, della fondazione Gimbe, ammonta a 157,613 miliardi di euro; di cui: 112,182 miliardi di spesa pubblica. «La vera sfida – spiega il presidente Nino Cartabellotta – è identificare il ritorno in termini di salute delle risorse investite (value for money): le nostre stime preliminari dimostrano che il 19% della spesa pubblica, almeno il 40% di quella out-of-pocket ed il 50% di quella intermediata non producono alcun ritorno in termini di salute».
«La Fondazione GIMBE – continua – ribadisce che non esiste alcun disegno occulto di smantellamento e privatizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, ma continua a mancare un piano preciso di salvataggio. Nella consapevolezza che la sanità rappresenta sia un considerevole capitolo di spesa pubblica da ottimizzare, sia una leva di sviluppo economico da sostenere, il Rapporto valuta con una prospettiva di medio termine il tema della sostenibilità del SSN, ripartendo dal suo obiettivo primario: promuovere, mantenere e recuperare la salute delle persone».
Nella sezione dedicata a Spechi e inefficienze, le stime sull’impatto degli sprechi sulla spesa sanitaria pubblica nel 2017, ammontano a oltre 21 miliardi di euro, erosi da sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate (€ 6,48 mld), frodi e abusi (€ 4,75 mld), acquisti a costi eccessivi (€ 2,16 mld), sottoutilizzo di servizi e prestazioni efficaci e appropriate (€ 3,24 mld), complessità amministrative (€ 2,37 mld), inadeguato coordinamento dell’assistenza (€ 2,59 mld). Rispetto alle stime 2016, si riconosce un recupero complessivo di oltre € 1,3 miliardi, grazie ai numerosi interventi messi in atto.
Rispetto alla rivalutazione della “prognosi” del SSN al 2025 secondo le stime del Rapporto GIMBE il fabbisogno del SSN sarà di 220 miliardi di euro: un incremento stimato della spesa sanitaria totale nel periodo 2017-2025 di 27 miliardi (€ 9 miliardi pubblica e € 18 miliardi privata) permetterebbe di raggiungere nel 2025 una cifra di poco superiore ai 184 miliardi. A questi si aggiungerebbero circa 15 miliardi dal recupero graduale di risorse dal disinvestimento da sprechi e inefficienze (per complessivi € 70 miliardi complessivi nel periodo 2017-2025).
Il Rapporto si chiude con il “piano di salvataggio” del SSN elaborato dalla Fondazione GIMBE: «Visto che le azioni del prossimo Esecutivo saranno cruciali per il futuro del SSN – conclude Cartabellotta – i 12 punti programmatici del “piano di salvataggio” costituiranno il riferimento dell’Osservatorio GIMBE per monitorare il programma di Governo per la sanità perché il diritto alla tutela della salute degli italiani è oggi più che mai condizionato da scelte politiche. Se si intende realmente preservare la più grande conquista dei cittadini italiani, oltre ad aumentare il ritorno in termini di salute del denaro investito in sanità, è indispensabile invertire la rotta sul finanziamento pubblico. In alternativa, occorrerà governare adeguatamente la transizione ad un sistema misto, al fine di evitare una lenta involuzione del SSN che finirebbe per creare una sanità a doppio binario, sgretolando i princìpi di universalismo ed equità che da 40 anni costituiscono il DNA del nostro Servizio Sanitario Nazionale».
La versione integrale del 3° Rapporto GIMBE è disponibile all’indirizzo web: www.rapportogimbe.it
Pe(n)sa differente. Festival dell’espressione creativa e della bellezza autentica
News PresaTorna il Festival dell’espressione creativa e della bellezza autentica: Pe(n)sa differente. Festeggia il tuo peso naturale! Dal 14 al 16 giugno a Lecce ci saranno incontri scientifici, eventi culturali e artistici, istallazioni, teatro, danza, musica e mostre.
Conosciuta a livello internazionale, la campagna di sensibilizzazione “Pe(n)sa differente” nasce per ridurre l’incidenza di patologie che riguardano un’alterata percezione del sé, emozionale e corporeo. Negli anni la riflessione è divenuta più larga fino ad abbracciare altre “in-differenze” e l’espressione creativa del sè individuale e collettivo. Progettata e organizzata dall’associazione scientifico-culturale ONLUS Salomè e dal laboratorio di comunicazione Big Sur con la direzione scientifica di Caterina Renna, ha quale obiettivo quello di sensibilizzare sul peso naturale, sulla sana alimentazione, sull’attività fisica salutare, sui messaggi ambigui relativi all’immagine corporea proposti dai media e dal mondo della moda, dello spettacolo e della bellezza, in definitiva sulla differenza intesa come valore.
Pe(n)sa differente promuove la cura di sé e vuole essere un invito a un percorso di costruzione personale che passi attraverso la resistenza alle attuali forme di mercificazione e omologazione. Celebra la soggettività e l’alterità che si manifestano come diritto al pensiero critico, alla differenza e alla variazione, per valorizzare l’unicità e la novità che ogni persona essenzialmente è, con le proprie possibilità espressive e la propria peculiare bellezza.
Il Festival rappresenta il momento culmine della Campagna. È strutturato quale format che propone una narrazione complessa e impiega molti linguaggi su differenti piani di senso al fine di stimolare dialogo, riflessione e creare community.
“Il titolo dell’11a edizone ‘La bellezza non è tutto’ – si legge in una nota – ci ricorda che oltre all’apparire c’è una dimensione dell’essere che aspetta di germogliare, di essere accudita e valorizzata, che aspetta di mostrarsi e di essere condivisa attraverso esperienze, riflessioni, scambi, crescita personale e collettiva. In un mondo dominato dalle logiche dell’apparire, dove tutto ci spinge a indossare la maschera di una perfezione fatta di corpi scolpiti, volti senza rughe e vestiti griffati, la bellezza è intesa come valore assoluto e indiscutibile che deve essere conquistato a suon di fitness, diete, cosmetici, chirurgia estetica. Ma un altro tipo di bellezza è possibile, una bellezza più intima e profonda. Una bellezza che ci abita e che non è né da costruire né da conquistare, ma solo da scoprire e da vivere. E l’unica cosa che chiede è di amare e amarci per quello che si è”.
Con Pe(n)sa differente, Onlus Salomè e Big Sur desiderano dare il loro contributo alla prevenzione del disagio, promuovendo stili di vita salutari e relazioni di senso.