Tempo di lettura: 2 minutiIsolamento sociale e perdita del senso della realtà: sono solo alcuni sintomi della dipendenza dal gioco online e dai mondi virtuali. Una condizione ormai sempre più diffusa, quella della dipendenza da internet, che include il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo, l’information overload addiction (la tendenza a ricercare in modo compulsivo informazioni online), il cybersexual addiction (l’uso compulsivo di siti pornografici) la cyber relational addiction, ovvero la tendenza a instaurare relazionali amicali e sentimentali sul web.
I numeri del gioco online
Nel 2016 è cresciuto del 25% il mercato del gioco d’azzardo on line. Un milione e 800mila sono stati gli italiani vi hanno puntato soldi, una o più volte. Ma le persone che hanno il loro nome registrato sui siti sono ben 3,4 milioni. Il bilancio finanziario dei ricavi dei giochi on line regolamentati con vincita in denaro in Italia è stato pari a 1,03 miliardi di euro, e incide per il 5,4% sul valore complessivo del settore. Continua inoltre la crescita sul web dei Casinò Games (+35%, per raggiungere i 441 milioni di euro in termini di margine riservato al “banco”). I dati arrivano dall’Osservatorio gioco on line del Politecnico di Milano
Gli effetti sul cervello
Secondo recenti studi di neuroimaging, il circuito cerebrale che media il desiderio indotto dai videogiochi online è simile a quello provocato dalle sostanze di abuso. Il craving, desiderio improvviso e incontrollabile di assumere una sostanza, insieme all’astinenza, sensazione di irrequietezza associata a sintomi fisici e psicologici in caso di impossibilità a giocare, e alla tolleranza, necessità di aumentare progressivamente la quantità di tempo trascorso giocando, sono i tre costrutti fondamentali su cui si basa anche la dipendenza da gioco.
Quali rischi
L’assorbimento in mondi virtuali può portare anche allo sviluppo di veri e propri sintomi dissociativi. Inoltre, la dipendenza patologica da giochi online è associata ad obesità, disturbi dell’umore, squilibrio emotivo e allo sviluppo di dipendenza da sostanze.
Quando è patologico?
I videogiochi possono davvero indurre una dipendenza tale da compromettere la salute? Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sì. Tanto da aver inserito nella prossima versione del manuale diagnostico International Classification of Diseases (Icd) il gaming disorder alla voce “disordini dovuti a comportamenti di dipendenza”. La nuova Icd verrà pubblicata quest’anno (la versione precedente risale a 27 anni fa, nel 1990).
Si parla di dipendenza quando i giochi online diventano la principale attività della giornata, con sintomi di astinenza, come ansia, irritabilità, tristezza, quando si è impossibilitati a giocare. C’è una perdita di interesse verso gli altri hobby. Essere dipendenti dal gioco online porta all’incapacità di ammettere quanto tempo si è trascorso davanti al pc a giocare: si è disposti piuttosto a mentire.
Promoviamo salute
Sì alla pasta nella dieta, è sana e ha un basso indice glicemico. Lo studio
AlimentazioneI carboidrati non sono tutti uguali, ma per quanto riguarda la pasta, quest’ultima può essere parte integrante di un regime alimentare sano. A dirlo è la scienza. A differenza della maggior parte dei carboidrati “raffinati” rapidamente assorbiti nel flusso sanguigno, la pasta ha un basso indice glicemico che provoca minori aumenti dei livelli di zucchero nel sangue rispetto a quelli causati dal consumo di cibi che invece hanno un livello alto di questo indice. A dirlo per ultimo è uno studio del St. Michael’s Hospital, in Canada, pubblicato su BMJ Open. Tra gli autori della ricercatrice anche l’italiana Laura Chiavaroli. Lo studio ha rilevato che la pasta non ha contribuito all’aumento di peso o all’aumento del grasso corporeo, ha spiegato l’ autore principale, John Sievenpiper. Le analisi hanno mostrato una leggera perdita di peso, quindi la pasta potrebbe essere parte di una dieta sana come ad esempio quella a basso indice glicemico. Le persone coinvolte nello studio hanno mangiato in media 3,3 porzioni di pasta alla settimana invece di altri carboidrati. Ne è emerso che avevano perso circa mezzo chilo in 12 settimane.
Lo studio si basa su una revisione sistematica e una meta-analisi di tutte le prove disponibili provenienti da studi randomizzati controllati, identificando 30 ricerche che hanno coinvolto quasi 2.500 persone che hanno mangiato pasta invece di altri carboidrati come parte di una dieta sana a basso indice glicemico. Tuttavia, spiegano gli autori, sono necessarie maggiori ricerche per determinare bene la relazione tra perdita di peso e la pasta come parte di altre diete salutari.
Promoviamo salute
Perché stress cronico e turni di notte fanno ingrassare. Lo studio
PrevenzioneNon bastavano le calorie dei cibi, da oggi per restare in forma bisognerà tenere bene d’occhio lo stress. A spiegare il perché è uno studio appena pubblicato su Cell Metabolism che fornisce la prima prova ‘molecolare’ del motivo per cui alcuni individui aumentino di peso quando sono in una condizione di stress continuo (giorno e notte), di ritmi circadiani disturbati o anche di terapie a base di glucocorticoidi. Il filo che lega questi tre elementi starebbe nell’alterazione del ritmo circadiano del cortisolo, l’ormone dello stress.
Secondo i ricercatori della Stanford University School of Medicine e autori di questo studio è possibile controllare il peso corporeo, controllando gli intervalli di tempo dei ‘picchi’ ormonali.
In una persona normale, le concentrazioni ematiche di glucocorticoidi oscillano verso il basso o verso l’alto nelle 24 ore del giorno, con il picco più alto verso le 8 di mattina e le concentrazioni più basse verso le 3 di notte. Lo zenith di concentrazione verso le otto di mattina è una sorta di segnale di ‘sveglia’ per il corpo. In condizioni di stress, i glucocorticoidi possono mantenere concentrazioni elevate, a prescindere dal naturale ritmo circadiano. Se uno stress di breve durata (ad esempio una corsa) provocherà dei picchi di glucocorticoidi nel sangue di breve durata e quindi non rischiosi per la linea, uno stress cronico, produrrà un grande aumento di concentrazione di questi ormoni e quindi un aumento di peso.
In altre parole, i glucocorticoidi scatenano la conversione degli elementi precursori in cellule adipose. I ricercatori si sono chiesti cos’è che normalmente impedisce ai precursori di convertirsi in cellule adipose, nei normali picchi circadiani di glucocorticoidi (ad esempio delle 8 di mattina) o ai brevi picchi legati a stress a breve termine (es.quelli generati da una corsa o passando da un ambiente riscaldato, al freddo dell’ inverno) e come mai, invece, stress cronico, jetlag o le alterazioni del ritmo circadiano (come nei turnisti) sono correlati all’aumento di peso.
La risposta è nell’orario in cui avviene lo stress. La perdita del normale ritmo circadiano dei glucocorticoidi, porta secondo la
ricerca affettata sui topi ad un raddoppio della massa grassa dell’animale.
“Questo studio dimostra che il ‘timing’ dello stress è molto importante – spiega Mary Teruel, professore associato di biologia chimica e dei sistemi –. Anche se si è molto stressati o se si devono assumere glucocorticoidi in terapia, si può riuscire a non aumentare di peso, a patto che stress o somministrazione di glucocorticoidi si verifichino solo di giorno. Al contrario se lo stress è continuativo e ci perseguita anche di notte, o se si assumono glucocorticoidi anche durante le ore notturne, la perdita delle normali fluttuazioni circadiane del cortisolo produrrà un significativo aumento di peso”.
E i ricercatori della Stanford guardano già avanti. Il prossimo passo sarà valutare le interazioni tra cibo, insulina e glucocorticoidi.
Russare fa venire la carie
News PresaNon solo mangiare dolci, ma anche russare, può aumentare il rischio di carie. A dirlo sono i più recenti studi in materia, studi che mettono in correlazione le gravi roncopatie con il calo del Ph del cavo orale. Questo metterebbe dunque a rischio lo smalto, facilitando la comparsa delle carie. L’allarme arriva dall’Accademia Italiana di Odontoiatria Conservativa e Restaurativa (AIC), che sottolinea come il rischio sia consistente soprattutto in chi soffre della cosiddetta sindrome delle apnee ostruttive notturne (OSAS), e che trascorre gran parte della notte respirando in modo incostante. Inoltre, il pericolo aumenta ancora di più se si parla dei bambini: il 15% dei più piccoli, di notte, passa l’80% del tempo respirando a bocca aperta per colpa di frequenti raffreddori e allergie.
I rischi
«Il nostro organismo è strutturato in modo che la respirazione avvenga dal naso, quando non succede nell’ambiente del cavo orale si crea uno squilibrio pericoloso», spiega il professor Lorenzo Breschi, Presidente AIC e Professore Ordinario di Odontoiatria Conservativa presso l’Università di Bologna. «Infatti, il fisiologico Ph del cavo orale cala in modo significativo portando ad un netto aumento dell’acidità della bocca: un ambiente più acido e un pH basso favoriscono l’erosione e l’indebolimento dello smalto, anticamera dello sviluppo della carie». Molti studi su adulti e bambini hanno confermato i rischi associati ad una scorretta respirazione in quanto lo squilibrio del Ph intra orale dovuto alla ridotta capacità di neutralizzare un ambiente acido porta alla distruzione dei tessuti dentali esistenti così come dei materiali utilizzati per il loro restauro.
Il ruolo degli anticorpi
Il rischio di sviluppo della patologia cariosa è aumentato di oltre il 37% rispetto ai soggetti che non soffrono di disturbi respiratori – aggiunge Breschi – Respirare a bocca aperta infatti “asciuga” il cavo orale. Il continuo passaggio di aria all’interno della bocca secca le mucose facendo evaporare il sottile strato protettivo di saliva che, grazie a enzimi antibatterici, anticorpi e sali minerali in essa contenuti assicura con il suo flusso regolare una buona detersione delle superfici dentali, il bilanciamento del pH e, di conseguenza, la rimineralizzazione dello smalto. La saliva inoltre ha il compito di contrastare i batteri che producono gli acidi: la secchezza orale quindi contribuisce a far salire i livelli di acidità e parallelamente altera la flora batterica orale, favorendo oltre alle carie anche la comparsa di irritazioni, stomatiti, afte e infiammazioni gengivali».
La prevenzione
La maggiore prevalenza di lesioni cariose e di infiammazione gengivale è stata riportata da diverse ricerche condotte sui bambini che mostrano come respirare male di notte, per esempio per colpa di allergie e asma, aumenta notevolmente la percentuale di esperienza di carie sui denti decidui. «Per evitare conseguenze sulla salute orale è perciò molto importante risolvere i disturbi che compromettono una buona respirazione durante il sonno sia negli adulti che nei bambini – sottolinea Breschi – Spesso, purtroppo, il 75-80% dei casi di patologie del sonno non viene diagnosticato, sarebbe invece essenziale riconoscere il problema per risolvere non solo i disturbi della respirazione e ridurre i rischi cardiovascolari ad essi correlati , ma anche per ridurre i rischi per la salute dei denti».
Obesità infantile emergenza sanitaria. 25% adolescenti italiani in sovrappeso
Adolescenti, Benessere, One health, Pediatria, PrevenzioneIl fenomeno sta assumendo le forme di un’epidemia, il 25% degli adolescenti italiani è sovrappeso e il 13% è obeso. L’obesità tra i bambini e gli adolescenti continua ad aumentare non soltanto nei Paesi industrializzati ma anche in quelli in via di sviluppo, come l’India o il Sud America. Negli Stati Uniti l’ obesità infantile è diventata una questione di “salute pubblica” con il 32% degli adolescenti in sovrappeso mentre una percentuale tra l’8 e il 17%, a seconda del gruppo etnico di appartenenza, è obesa. Secondo alcune proiezioni entro il 2025 i bambini in sovrappeso passeranno dagli attuali 41 milioni a 70 milioni.
Europa e Italia
In Europa si calcola che un bambino su tre, tra i 6 e i 9 anni, è in sovrappeso oppure obeso. Anche in Italia il fenomeno sta assumendo le forme di un’epidemia con cifre allarmanti anche se non omogenee sul territorio.
Secondo le ultime stime dell’osservatorio “OKkio alla SALUTE” dell’Istituto Superiore di Sanità, circa il 20% dei bambini tra gli 8 e i 9 anni in Italia è sovrappeso e il 9,8% è obeso. Dal report emergono anche alcuni dati significativi sulle abitudini alimentari.
In particolare, l’8% dei bambini salta la prima colazione, mentre il 25% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e/o verdura e il 41% che i propri figli assumono abitualmente bevande zuccherate e/o gassate.
Fegato grasso: rischi per la vista
L’ aumentare del numero di bambini in sovrappeso e obesi porta con sé la diffusione, in proporzioni epidemiche, della steatosi epatica non alcolica (NAFLD), ovvero l’accumulo di grasso nel fegato. Circa il 15% dei bambini ne è affetto, percentuale che sale fino a superare il 50% se si considera la popolazione di bambini obesi.
La steatosi epatica non alcolica, comunemente detta “fegato grasso”, ha tra le sue conseguenze lo sviluppo della sindrome metabolica, oltre al possibile sviluppo, nel corso della vita adulta, di cardiopatie, diabete, cirrosi epatica, ipertensione, retinopatie.
Secondo uno studio del Bambino Gesù, condotto su 1000 bambini nell’arco di due anni, esiste un’associazione tra obesità infantili, danni alla vista da alterazioni del microcircolo retinico e sviluppo della sindrome metabolica. Le alterazioni del microcircolo nella retina sono state infatti correlate all’insulino resistenza, al diabete di tipo II, all’ipertensione e allo sviluppo della sindrome metabolica. La percentuale di bambini che presentavano alterazioni della retina è stata del 9% a fronte di una percentuale prossima allo zero nella popolazione pediatrica normopeso.
Gioco online: aumenta dipendenza. I numeri
PrevenzioneIsolamento sociale e perdita del senso della realtà: sono solo alcuni sintomi della dipendenza dal gioco online e dai mondi virtuali. Una condizione ormai sempre più diffusa, quella della dipendenza da internet, che include il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo, l’information overload addiction (la tendenza a ricercare in modo compulsivo informazioni online), il cybersexual addiction (l’uso compulsivo di siti pornografici) la cyber relational addiction, ovvero la tendenza a instaurare relazionali amicali e sentimentali sul web.
I numeri del gioco online
Nel 2016 è cresciuto del 25% il mercato del gioco d’azzardo on line. Un milione e 800mila sono stati gli italiani vi hanno puntato soldi, una o più volte. Ma le persone che hanno il loro nome registrato sui siti sono ben 3,4 milioni. Il bilancio finanziario dei ricavi dei giochi on line regolamentati con vincita in denaro in Italia è stato pari a 1,03 miliardi di euro, e incide per il 5,4% sul valore complessivo del settore. Continua inoltre la crescita sul web dei Casinò Games (+35%, per raggiungere i 441 milioni di euro in termini di margine riservato al “banco”). I dati arrivano dall’Osservatorio gioco on line del Politecnico di Milano
Gli effetti sul cervello
Secondo recenti studi di neuroimaging, il circuito cerebrale che media il desiderio indotto dai videogiochi online è simile a quello provocato dalle sostanze di abuso. Il craving, desiderio improvviso e incontrollabile di assumere una sostanza, insieme all’astinenza, sensazione di irrequietezza associata a sintomi fisici e psicologici in caso di impossibilità a giocare, e alla tolleranza, necessità di aumentare progressivamente la quantità di tempo trascorso giocando, sono i tre costrutti fondamentali su cui si basa anche la dipendenza da gioco.
Quali rischi
L’assorbimento in mondi virtuali può portare anche allo sviluppo di veri e propri sintomi dissociativi. Inoltre, la dipendenza patologica da giochi online è associata ad obesità, disturbi dell’umore, squilibrio emotivo e allo sviluppo di dipendenza da sostanze.
Quando è patologico?
I videogiochi possono davvero indurre una dipendenza tale da compromettere la salute? Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sì. Tanto da aver inserito nella prossima versione del manuale diagnostico International Classification of Diseases (Icd) il gaming disorder alla voce “disordini dovuti a comportamenti di dipendenza”. La nuova Icd verrà pubblicata quest’anno (la versione precedente risale a 27 anni fa, nel 1990).
Si parla di dipendenza quando i giochi online diventano la principale attività della giornata, con sintomi di astinenza, come ansia, irritabilità, tristezza, quando si è impossibilitati a giocare. C’è una perdita di interesse verso gli altri hobby. Essere dipendenti dal gioco online porta all’incapacità di ammettere quanto tempo si è trascorso davanti al pc a giocare: si è disposti piuttosto a mentire.
Promoviamo salute
Cannabis: numeri ed effetti della sostanza più usata al mondo
PrevenzioneCanne, fumo, marijuana, ganja: ci sono tanti modi per chiamarla, ma la sostanza è sempre la stessa. La Cannabis è la sostanza stupefacente più consumata al mondo. Lo dicono i dati pubblicati dall’Osservatorio Europeo delle droghe e delle Tossicodipendenze del 2017. In Europa l’hanno provata 87,7 milioni di persone e di questi, 17,1 milioni di persone di età compresa tra i 15 e i 34 anni ne hanno fatto uso almeno una volta nell’ultimo anno.
Fra i più giovani il rapporto tra sesso maschile e femminile è di 2 a 1. Secondo una ricerca pubblicata su The Lancet Psychiatry del 2014, il 17% dei consumatori adolescenti di cannabis ne diventa dipendente e la percentuale aumenta fino alla metà quando viene consumata quotidianamente.
Gli effetti delle canne
La cannabis viene normalmente assunta dal fumo, il sistema cardio-respiratorio è il primo ad essere danneggiato. Inoltre il più importante principio attivo della cannabis, il delta 9 tetraidrocannabinolo (THC), agisce su diverse zone del cervello causando effetti negativi sulla memoria e sull’apprendimento (ippocampo), sui sistemi di regolazione dei movimenti (cervelletto e gangli della base), sui centri della fame (ipotalamo) e sui centri di regolazione del piacere (nucleo accumbens), creando dipendenza. Quando la cannabis viene fumata, gli effetti euforizzanti compaiono entro qualche minuto. Lo spazio può sembrare alterato e il tempo può apparire rallentato, improvvisamente si colgono dettagli (forme o colori) a cui non si aveva prestato attenzione, si sperimentano esperienze di distacco da sé (depersonalizzazione) e dalla realtà (derealizzazione). Al tempo stesso, si manifestano alterazioni della capacità di giudizio con messa in atto di comportamenti rischiosi, sospettosità, alterazioni del tono dell’umore, stati d’ansia fino al panico e sintomi psicotici come deliri e allucinazioni.
L’uso di marijuana in adolescenza è associato ad un aumentato rischio di sviluppare futuri disturbi psichiatrici, in particolare disturbi depressivi e psicotici, soprattutto se il consumo abituale avviene prima dei 16 anni, epoca in cui il cervello è ancora in fase di sviluppo.
Tuttavia, i livelli di Cannabis consumati dai giovani europei sono inferiori rispetto a quelli degli Stati Uniti, il consumo di cannabis è segnalato meno frequentemente di quello del tabacco. Per contro, gli studenti statunitensi consumano più cannabis che tabacco (il cui consumo è molto limitato). Ci sono differenze anche nei livelli di alcol: c’è un maggior numero di studenti europei, anche con maggiore intensità rispetto ai propri coetanei americani.
promuoviamo salute
App e salute, connubio da smartphone
Ricerca innovazioneDalle abitudini alimentari al fitness, sino al monitoraggio vero e proprio dei parametri vitali, le App per la salute sono ormai entrate a far parte del quotidiano di milioni di persone di ogni età: uomini e donne che per il proprio benessere scelgo la via del download. Da «pazienti», affezionati al proprio medico di famiglia, gli italiani si stanno rapidamente trasformando in «utenti». In linea, questo va detto, con quanto avviene nel resto d’Europa e del mondo.
Dottor Google
Che il ricorso a dottor Google sia ormai abituale lo dicono i dati: oggi un italiano su due ricerca attivamente informazioni relative alla salute. Fra questi, quasi la metà (circa 11milioni 500mila persone) usano strumenti e canali digitali per informarsi. Di qui il passo verso le App per la salute è breve. Un possessore di smartphone su tre si dichiara interessato a scaricare App o utilizzare wearable (dispositivi indossabili) per monitorare i parametri vitali (pressione, battito cardiaco e così via) e gli stili vita (ore di sonno, alimentazione, attività fisica, stress).
I temi più cliccati
I temi di ricerca tramite web, sempre in fatto di salute, sono i più vari: ovviamente le più ricercate sono le informazioni legate alle malattie (addirittura il 78%) e alle possibilità di cura (il 62%). Seguono a ruota informazioni sui farmaci (45%), su medici e centri di eccellenza specializzati (36%). Una larga fetta di utenti/pazienti è poi interessata al più ampio concetto di benessere, quindi: stili di vita (59%), farmaci da banco (32%), integratori (35%). In questo senso le App per smartphone funzionano un po’ come dei catalizzatori e una premessa e d’obbligo: alcune sono vere e proprie bufale digitali, altre sono molto utili e possono veramente incidere sul benessere e sulla salute di chi le usa. Leggi l’articolo cliccando QUI
Fake news: il primo portale dell’ISS contro le bufale è online
News PresaIl primo portale istituzionale contro le bufale è già online da quasi un mese. ISSalute è nato per dare una corretta informazione sulla salute in un linguaggio chiaro e accessibile a tutti, perché quello delle fake news è un terreno insidioso per molti.
All’indirizzo www.ISSalute.it gli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità hanno realizzato per il cittadino una vera e propria enciclopedia della salute digitale e interattiva che, con oltre 1700 schede redatte sulle cause, i disturbi, le cure, la prevenzione delle malattie e 150 fake news smascherate che diventeranno in breve tempo oltre 400. Il sito aggiornato offre ai visitatori una vera e propria bussola per orientarsi nel mare dell’informazione scientifica presente sul web.
“Il nostro portale nasce per spiegare ai cittadini il valore della ricerca e di tutta la conoscenza prodotta dall’ ISS e dall’intera comunità scientifica per renderla fruibile al maggior numero di persone possibile, senza discriminazione di reddito o di livello di alfabetizzazione. Scendiamo in campo contro le bufale online. Vogliamo offrire ai cittadini che sempre più spesso consultano il web per motivi di salute, trovando tutto e il contrario di tutto, un approdo sicuro, un punto di riferimento rigoroso e autorevole. – ha affermato Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità – È un’informazione certificata all’origine perché prodotta negli stessi luoghi in cui si fa ricerca e si produce conoscenza scientifica e un contributo all’equità e alla sostenibilità del nostro sistema sanitario”.
Il portale contro le fake news è stato costruito per fare in modo da promuovere nei cittadini scelte consapevoli e corrette in materia di salute perché coerenti con le evidenze scientifiche disponibili. Ma vuole essere anche uno strumento nelle mani dei cittadini perché possano diffondere e condividere i contenuti scientifici all’interno di canali disintermediati come blog e social network.
Secondo l’ultimo rapporto Censis ben un italiano su tre naviga in rete per ottenere informazioni sulla salute. Di questi, oltre il 90,4% effettua ricerche su specifiche patologie. Crescono i contatti dei quotidiani online (+2,6%) e degli altri portali web di informazione (+4,9%). In aumento la diffusione dei Social Network: a Facebook è iscritto il 50,3% dell’intera popolazione (il 77,4% dei giovani under 30), YouTube raggiunge il 42% di utenti (il 72,5% tra i giovani) e Twitter il 10,1%.
“Il portale della conoscenza è un altro dei pilastri che l’ISS sta costruendo per la diffusione della cultura scientifica ai cittadini nel nostro Paese. Si aggiunge al Museo della Scienza inaugurato alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella lo scorso anno e dove proprio oggi diamo il via alla mostra itinerante “Mondovaccini”, un viaggio alla scoperta di questi farmaci e del loro immenso valore terapeutico nella storia. Un museo e una mostra – ha sottolineato Ricciardi – che fanno parte a pieno titolo di un’operazione culturale e di un’educazione scientifica alla quale un’istituzione che promuove la sanità pubblica non può sottrarsi”.
promuoviamo salute
La pasta aiuta la linea, lo dice uno studio
Alimentazione, News Presa, PrevenzioneDieta con la pasta
Scagionata la pasta, l’alimento a base della dieta mediterranea non farebbe ingrassare. Anzi, le persone che la consumano con regolarità e moderazione (in media ca 50 grammi di pasta al dì, o il 10% delle calorie giornaliere totali) tendono a essere più in forma e più “magre” di chi, invece, ne limita i consumi.
A dirlo è uno studio condotto presso il Dipartimento di Epidemiologia dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli (Isernia), sfruttando i dati di due ampi progetti di ricerca – Moli-sani e INHES (Italian Nutrition & HEalth Survey).
Pubblicata sulla rivista Nutrition and Diabetes, la ricerca ha preso in esame oltre 23.000 persone, inserite nei due studi, ed è stata in parte finanziata da Barilla Spa. Gli esperti hanno analizzato le “misure” corporee dei partecipanti, peso, altezza, indice di massa corporea (IMC – che è il rapporto tra peso e altezza moltiplicata per se stessa e si usa per misurare se una persona è sovrappeso o obesa), girovita, rapporto vita/fianchi ecc. Le abitudini alimentari sono state studiate nel dettaglio.
Insomma, i risultati dicono che il consumo di pasta non si associa a un maggiore peso corporeo: mangiarla (la giusta quantità), al contrario si associa a un IMC più basso, minore circonferenza addominale e miglior rapporto vita-fianchi.
Da tempo c’è la tendenza a eliminare i carboidrati dalla dieta, sostituendoli con un consumo eccessivo di proteine. A lungo andare, avvertono gli esperti, può causare scompensi e disturbi ai reni. È sano invece fare una dieta varia ed equilibrata.
Cancro al seno: può raddoppiare entro il 2030 a causa del sovrappeso
Stili di vitaNegli ultimi anni, il cancro al seno è aumentato tra le donne con meno di 50 anni. Gli esperti mondiali ritengono che i casi di malattia vedranno un incremento sino a raddoppiare anche nelle donne più giovani, entro il prossimo decennio. Tra le cause, la prima incriminata è l’alimentazione e il conseguente aumento del sovrappeso e dell’obesità. Modelli dietetici virtuosi sono infatti riconosciuti come decisivi nella prevenzione primaria e secondaria del cancro: consumo regolare di frutta e verdura, adozione della dieta mediterranea, assunzione di sostanze antiossidanti come beta carotene e vitamina E, attività fisica costante, questi i pilastri della prevenzione. Invece, il consumo regolare di carni rosse sia fresche che lavorate durante l’adolescenza sono stati correlati ad un aumento del tumore alla mammella in età premenopausale.
Una strategia nutrizionale corretta ha ragione anche della prognosi ed è in grado di prevenire il ritorno della malattia. Strategia che non può essere improvvisata ma deve essere messa a punto da specialisti in Nutrizione Clinica che devono evitare che la donna sviluppi una malnutrizione per eccesso (un effetto piuttosto comune successivo alla malattia). L’importanza del peso come fattore di rischio oncologico é noto: il World Cancer Research Fund ha stimato che il 21% di 11 tipi di cancro potrebbe essere prevenuto se la popolazione mantenesse un indice di massa corporea (BMI) inferiore a <25.
Ma uno studio apparso da pochi giorni su Nature Communications ha sottolineato l’importanza della distribuzione del grasso corporeo individuando quello addominale come più forte predittore del rischio di sviluppare una neoplasia. La ricerca ha preso in esame BMI e circonferenza addominale di oltre 26mila soggetti che avevano partecipato all’Alberta Tomorrow Project. Uomini e donne con un BMI superiore a <30 mostravano rispettivamente il 33% e il 22% di rischio aumentato e la proporzione di casi di cancro attribuibili all’eccesso di peso era positiva per 7 siti: colon-retto, endometrio, esofago, cistifellea, pancreas e reni)
“La malnutrizione per eccesso (BMI <30) è stata additata come fattore di rischio per i tumori al seno positivi ai recettori ER nelle le donne in post menopausa” prosegue il Professor Muscaritoli “ma un nuovo studio ha preso in esame donne con BMI compreso tra 18 e 25 ”.
L’indagine di Iyengar pubblicata su Jama Oncology ha esaminato con la tecnica DXA (assorbimetria a raggi X a doppia energia) la composizione corporea e la presenza di tessuto adiposo in un campione di 3460 donne tra i 50 e i 79 anni di età. Durante il follow up della ricerca di 16 anni sono stati registrati 186 casi di tumore al seno, di cui 146 di tipo ER+. Il rateo di rischio calcolato è stato di 1.7 volte maggiore per le forme di cancro invasive nelle donne con maggiore massa grassa e di 1.9-2.1 volte maggiore per i tumori ER+.
“Il dato sconcertante è che anche un aumento di soli 5 kg è stato associato con un aumento del 35% del rischio e che quando la localizzazione era sul tronco il pericolo aumentava sino al 56%, con particolare incidenza delle forme più invasive” spiega Maurizio Muscaritoli “questo significa che dobbiamo estendere la nostra attenzione anche a forme di sovrappeso lieve e alla localizzazione del tessuto adiposo che funziona da vero e proprio ‘trigger’ tumorale”.