Tempo di lettura: 3 minutiLa Longevity Run, la corsa nata per sensibilizzare sul tema della prevenzione è alla sua seconda edizione. Si terrà a Roma venerdì 10 maggio e metterà a disposizione di tutti check-up gratuiti e la possibilità di fare sport. L’evento è promosso dal Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Università Cattolica di Roma.Madrina della corsa quest’anno sarà Sofiia Yaremchuk, campionessa di mezzofondo, intervenuta durante la presentazione presso il cinema Trevi di Roma.
“Per rendere questa iniziativa ancora più capillare sul territorio italiano abbiamo avviato un percorso di sviluppo della manifestazione che porterà alla realizzazione di altre due tappe della Longevity Run dopo quella di Roma: il 26 maggio a San Gabriele di Piozzano e il 3 agosto a Madonna di Campiglio – ha dichiarato il professor Marco Elefanti, Direttore Ammministrativo dell’Università Cattolica e Direttore Generale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS -. Uno dei punti di forza della Longevity Run è quello di portare grandi ricercatori a contatto con la popolazione per sensibilizzarla ai corretti stili di vita e a una vita in salute”.
“Gli italiani hanno un’aspettativa di vita alta, ma non basta – ha detto il professor Roberto Bernabei, Ordinario di Medicina interna all’Università Cattolica e Direttore del Dipartimento Scienze dell’invecchiamento, neurologiche, ortopediche e della testa-collo della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – è necessario fare vera prevenzione e acquisire uno stile di vita sano per arrivare a essere anziani, ma in salute”.
“La Longevity Run – ha detto il professor Francesco Landi – docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e Direttore UOC Riabilitazione e Medicina Fisica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – intende promuovere attività volte ad indagare e diffondere le evidenze scientifiche su una longevità in buona salute fisica e mentale. Per invecchiare bene è importante prendersi cura di se stessi già da giovani e da adulti. La longevità infatti non è un dono di natura, ma si conquista passo dopo passo con uno stile di vita corretto e con una adeguata prevenzione”.
Le tappe della corsa
Dopo Roma, sono previste altre due tappe in Emilia Romagna il 26 maggio a San Gabriele Piozzano (Piacenza) e Trentino Alto Adige il 3 agosto a Madonna di Campiglio (Trento).
A Roma, a partire dalle 10 del mattino e fino alle 19, l’equipe di medici del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS sarà a disposizione dei partecipanti per offrire a tutti un check-up gratuito sui 7 parametri di salute cardiovascolare: misurazione della pressione arteriosa, della glicemia e del colesterolo, calcolo dell’indice di massa corporea, valutazione dello stile di vita e delle abitudini alimentari e analisi di alcuni parametri di performance funzionali, come la forza muscolare e la funzione respiratoria. Questi gli elementi che concorreranno a comporre lo screening e che saranno poi registrati in una scheda di valutazione personale che conterrà tutti i risultati, ma soprattutto i consigli e le raccomandazioni per perseguire un corretto stile di vita. Al termine delle visite, dalle 19.30, avrà inizio l’attività sportiva: un circuito che combinerà elementi di fitness, ciclismo e corsa, messo a punto da Purosangue, progetto internazionale di running solidale. È possibile iscriversi alla Longevity Run attraverso il sito. Per prenotare i check up è sufficiente scrivere all’indirizzo mail: longevityrun@gmail.com. L’iniziativa è resa possibile grazie al patrocinio e alla collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, l’Innovative Medicines Initiative (IMI-Comunità Europea), Roma Capitale, la Federazione Italiana di Atletica Leggera, l’Associazione Italia Longeva e la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria.
Allergie, ecco come difendersi
PrevenzioneSarà anche vero che non c’è più la mezza stagione, ma di certo ci sono le allergie che in primavera ci rendono la vita impossibile. Molti dei nostri lettori ci scrivono per avere consigli o per capire meglio cosa provochi tanti starnuti, lacrime e pruriti. Dunque, iniziamo col dire che il grande aumento delle allergie, registrato in Occidente negli ultimi anni, ha una ragione ben precisa.
PERCHE’ AUMENTANO
Una delle cause è sicuramente lo stile di vita, il vivere cioè per gran parte del giorno all’interno di ambienti sigillati ed inquinati dal fumo di tabacco e da altri agenti chimici. Spesso senza che ci sia un adeguato ricambio d’aria, o magari con e finestre aperte su strade inquinate e trafficate. Un altro aspetto importante è il progressivo ridursi delle infezioni, soprattutto della prima infanzia. Il sistema immunitario dell’uomo moderno, non più stimolato dagli agenti infettanti quali batteri e micobatteri, ma da numerose sostanze ad attività allergenica per compensazione, invece di produrre anticorpi protettivi, produce le IgE che mediano appunto le reazioni allergiche.
IL VERDE
Esistono poi dei fattori ambientali legati al verde urbano. All’indice, in questo caso, ci sono le betulle, le cupressacee (soprattutto cipresso ma anche altre specie di questa famiglia), le oleacee (olivo, ma anche ligustro e altre specie). Sarebbe certo meglio se venissero piantate pinacee, le palmacee e altre piante come ad esempio l’ippocastano, che hanno scarso potere allergenico. Ci sono poi a causare problemi molte piante “urticacee”, tra le quali la parietaria. Come spiegato sul bollettino pollini di Pollinieallergia.net «la specie più importante è la Parietaria, molto comune, cresce sui ruderi e sui muri, lungo le strade e i fossi. Fiorisce da marzo ad ottobre. La concentrazione di questo polline è molto alta nelle regioni del Sud Italia ed in Liguria. La pollinazione, in queste aree geografiche, è praticamente presente durante tutto l’arco dell’anno, con due picchi di fioritura: uno maggiore, in marzo-aprile, un secondo, di minore grandezza, in settembre. La prevalenza di questa sensibilizzazione è intorno al 60-70 % nelle aree del Sud, Isole ed in Liguria (che costituisce un’eccezione, tra le regioni settentrionali). Nelle regioni del Nord la prevalenza oscilla tra il 20 e il 40%. Il polline di Parietaria è di piccole dimensioni (10-15 micron), sferico, triporato ovvero dotato di tre aperture sferoidali denominate “pori”. Questi sono isodiametrici ed in posizione equatoriale. In corrispondenza dei pori lo strato più interno della parete diventa più spesso, formando degli onci. Il polline dell’Urtica dioica è molto simile a quello della Parietaria, ma è raramente sensibilizzante ed in questi casi non esiste cross-reattività tra le due specie».
COME DIFENDERSI
Sebbene non esista una formula magica per far sparire le allergie si possono rispettare le 10 regole d’oro:
Longevity Run, a Roma check-up gratuiti sui 7 parametri di salute cardiovascolare
News PresaLa Longevity Run, la corsa nata per sensibilizzare sul tema della prevenzione è alla sua seconda edizione. Si terrà a Roma venerdì 10 maggio e metterà a disposizione di tutti check-up gratuiti e la possibilità di fare sport. L’evento è promosso dal Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Università Cattolica di Roma.Madrina della corsa quest’anno sarà Sofiia Yaremchuk, campionessa di mezzofondo, intervenuta durante la presentazione presso il cinema Trevi di Roma.
“Per rendere questa iniziativa ancora più capillare sul territorio italiano abbiamo avviato un percorso di sviluppo della manifestazione che porterà alla realizzazione di altre due tappe della Longevity Run dopo quella di Roma: il 26 maggio a San Gabriele di Piozzano e il 3 agosto a Madonna di Campiglio – ha dichiarato il professor Marco Elefanti, Direttore Ammministrativo dell’Università Cattolica e Direttore Generale della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS -. Uno dei punti di forza della Longevity Run è quello di portare grandi ricercatori a contatto con la popolazione per sensibilizzarla ai corretti stili di vita e a una vita in salute”.
“Gli italiani hanno un’aspettativa di vita alta, ma non basta – ha detto il professor Roberto Bernabei, Ordinario di Medicina interna all’Università Cattolica e Direttore del Dipartimento Scienze dell’invecchiamento, neurologiche, ortopediche e della testa-collo della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – è necessario fare vera prevenzione e acquisire uno stile di vita sano per arrivare a essere anziani, ma in salute”.
“La Longevity Run – ha detto il professor Francesco Landi – docente presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica e Direttore UOC Riabilitazione e Medicina Fisica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS – intende promuovere attività volte ad indagare e diffondere le evidenze scientifiche su una longevità in buona salute fisica e mentale. Per invecchiare bene è importante prendersi cura di se stessi già da giovani e da adulti. La longevità infatti non è un dono di natura, ma si conquista passo dopo passo con uno stile di vita corretto e con una adeguata prevenzione”.
Le tappe della corsa
Dopo Roma, sono previste altre due tappe in Emilia Romagna il 26 maggio a San Gabriele Piozzano (Piacenza) e Trentino Alto Adige il 3 agosto a Madonna di Campiglio (Trento).
A Roma, a partire dalle 10 del mattino e fino alle 19, l’equipe di medici del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS sarà a disposizione dei partecipanti per offrire a tutti un check-up gratuito sui 7 parametri di salute cardiovascolare: misurazione della pressione arteriosa, della glicemia e del colesterolo, calcolo dell’indice di massa corporea, valutazione dello stile di vita e delle abitudini alimentari e analisi di alcuni parametri di performance funzionali, come la forza muscolare e la funzione respiratoria. Questi gli elementi che concorreranno a comporre lo screening e che saranno poi registrati in una scheda di valutazione personale che conterrà tutti i risultati, ma soprattutto i consigli e le raccomandazioni per perseguire un corretto stile di vita. Al termine delle visite, dalle 19.30, avrà inizio l’attività sportiva: un circuito che combinerà elementi di fitness, ciclismo e corsa, messo a punto da Purosangue, progetto internazionale di running solidale. È possibile iscriversi alla Longevity Run attraverso il sito. Per prenotare i check up è sufficiente scrivere all’indirizzo mail: longevityrun@gmail.com. L’iniziativa è resa possibile grazie al patrocinio e alla collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, l’Innovative Medicines Initiative (IMI-Comunità Europea), Roma Capitale, la Federazione Italiana di Atletica Leggera, l’Associazione Italia Longeva e la Società Italiana di Gerontologia e Geriatria.
HPV, come prevenire il virus silenzioso associato al carcinoma
News PresaIl virus dell’HPV (papillomavirus umano) è responsabile della formazione di condilomi ed è una patologia benigna molto diffusa, solo in Italia sono circa 130.000 i casi diagnosticati. Quando l’infezione da HPV non viene diagnosticata e quindi non trattata in modo tempestivo, può arrivare anche a causare neoformazioni altamente maligne, come il tumore del collo dell’utero, della vulva, della vagina, del pene, dell’ano, e di alcuni tumori della testa e del collo. Nel mondo circa il 5% di tutti i tumori (o carcinomi) sono causati dall’HPV. I casi di carcinoma causati dall’HPV sono circa 600.000 in tutto il mondo. Il virus infetta entrambi i sessi, ma il maschio sembra essere più suscettibile all’infezione, con una prevalenza di circa il 60%, in qualunque fascia di età.
Il progetto
Nell’ambito del progetto HIV e screening patologie correlate ad HPV, presso il Dipartimento di Malattie Infettive, diretto dal Prof. Vincenzo Vullo, è stato attivato da pochi mesi un ‘Ambulatorio per lo screening e la prevenzione del carcinoma squamo-cellulare del canale anale’, spesso associato ad infezione da HPV. Ambulatorio che però non è rivolto solo agli uomini, ma è aperto a tutti. Infatti, è importantissimo che le donne effettuino questo tipo di screening: “l’indicazione ufficiale, da Linee Guida nazionali sulla cura dell’HIV, è che le donne con infezione da HIV alle quali venga riscontrato la presenza di una displasia al Pap-test a livello cervicale del collo dell’utero, effettuino lo screening anche a livello anale ed è proprio questo quello che facciamo” ha spiegato il Dott. Eugenio Nelson Cavallari, vincitore di Dottorato di Ricerca presso il Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive della Sapienza. “Abbiamo attivato una Rete, collaboriamo con i colleghi della chirurgia proctologica e abbiamo contatti con il ginecologo, ma anche con l’odontostomatologo, l’otorino e l’urologo per quanto riguarda la parte maschile. Stiamo lavorando alla creazione di un PDTA che venga poi riconosciuto a livello aziendale e regionale per facilitare la Rete di screening e prevenzione” ha concluso il ricercatore della Sapienza che nel 2018 è stato premiato dal CROI (Conferenza Internazionale sulle Malattie Infettive) che si è tenuta a Boston, per lo studio condotto sui danni miocardici sub-clinici correlati all’infezione da HIV.
La vaccinazione
Recentemente è stata introdotta la vaccinazione gratuita nei maschi che fanno sesso con i maschi. Per i giovanissimi, resta valido lo schema vaccinale previsto dal Ministero della Salute. Nella prevenzione rientra l’adozione di stili di vita sani, inoltre l’unica barriera per prevenire il contagio dell’HPV, come dell’HIV resta il preservativo.
Creme solari, alcune potrebbero fare male
PrevenzioneCon l’arrivo della bella stagione la raccomandazione dei dermatologi è sempre la stessa: al sole sì, ma con moderazione e sempre con la protezione. Il problema è che, a quanto pare, anche alcune creme solari possono avere effetti “indesiderati” sulla salute. Ad avere più di qualche dubbio sulla sicurezza di determinati prodotti è l’Fda americana, che proprio per questo ha proposto uno studio che ora dovrà essere approfondito.
VALORI ANOMALI
A minare le certezze degli “incrematori” di tutto il mondo è proprio una ricerca fatta dalla Food and Drug Administration (Agenzia americana per gli alimenti e i medicinali). I risultati? Le sostanze chimiche più usate nelle creme e negli spray solari non restano in superficie sulla pelle, ma entrano in circolo nel sistema sanguigno e nell’organismo in meno di 24 ore dall’applicazione. La sicurezza per la salute delle sostanze sperimentate in uno studio della stessa Food and drug admnistration Usa (Fda,) non è stata accertata. I livelli di avobenzone, ossibenzone, ecamsule e octocrylene, identificati nei 24 volontari che hanno partecipato alla ricerca pilota, sono risultati anche 40 volte più alti rispetto ai limiti sopra i quali è consigliato condurre test di sicurezza dei prodotti. Le quattro sostanze chimiche fanno parte di una categoria sulla quale la Fda ha sollecitato più studi delle case produttrici per determinare la loro sicurezza ed efficacia. Secondo l’indagine pubblicata su JAMA, la concentrazione nel sangue dei composti continua inoltre a salire con le applicazioni ripetute delle creme solari. E ci vogliono 24 ore perché vengano smaltite dall’organismo. I volontari hanno utilizzato sia lozioni che spray applicati su 75% del corpo.
COSA FARE
Questo non significa che le creme solari in commercio non siano sicure, o che non si debba usare un’adeguata protezione prima di crogiolarsi al sole. Premesso che l’esposizione ai raggi solari non dovrebbe mai avvenire nelle ore più clade della giornata, e comunque più di 30 o 40 minuti, una protezione con fattore 50 è indispensabile. Come fare a non incappare in qualche prodotto poco raccomandabile? Beh, mai scegliere prodotti sottocosto o di dubbia provenienza. Meglio spendere qualcosa in più per una crema di protezione solare che si prenda veramente cura della nostra pelle.
Caffè allunga la vita, proteggendo il cuore. Nuovo studio
Stili di vitaSecondo un nuovo studio il caffè contrasta processi deleteri per il cuore. La bevanda, elisir del risveglio, stimolerebbe la longevità contrastando un processo infiammatorio nell’organismo ritenuto dannoso per il cuore. Lo studio condotto da David Furman della Stanford University in California è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine. Non è la prima volta che un team di ricercatori fa luce sull’argomento. Già un altro studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, condotto da ricercatori del National Cancer Institute presso i National Institutes of Health americani, aveva evidenziato che il consumo abituale di caffè riduca il rischio di morte per molte cause, tra cui malattie cardiache, ictus, infezioni, lesioni o incidenti.
Lo studio
Nell’ultima ricerca sono stati indagati i motivi. Gli esperti hanno analizzato un campione di individui di 20-30 anni e un altro gruppo di individui anziani dai 60 anni in su sottoponendoli a visite periodiche. È emerso che nel sangue degli individui anziani, ma non in quello dei giovani, è presente un eccesso di attività di due famiglie di geni legate a un processo infiammatorio molto forte, a sua volta collegato a pressione alta e rigidità delle pareti dei vasi sanguigni (che sono fattori di rischio per il cuore).
Gli scienziati californiani hanno poi visto che in alcuni anziani questi processi infiammatori sono maggiori, in altri meno. Gli anziani con bassi livelli di infiammazione in atto, erano consumatori abituali di caffè e altre bevande contenenti caffeina. In seguito gli scienziati hanno testato in laboratorio due ‘sottoprodotti’ della caffeina, la teofillina e la teobromina, e visto che effettivamente le due sostanze sono in grado di tenere a bada questo processo infiammatorio dannoso per la salute del cuore.
Protesi al seno, il timore delle donne
News PresaUn intervento di mastoplastica può aumentare il rischio di sviluppare un tumore? È la domanda che moltissime donne si stanno ponendo in questi giorni, preoccupate per la morte di una paziente (ad inizio anno) colpita da linfoma anaplastico a grandi cellule (associato, a quanto pare ad alcuni tipi di protesi al seno). Si tratta del primo caso registrato in Italia e la paziente era in cura al Policlinico Umberto I di Roma. A destare preoccupazione, creando un vero e proprio caso, è l’associazione che fonti mediche (riprese da alcuni media) hanno fatto con la presenza di alcune particolari protesi. La donna a ottobre era stata sottoposta a un intervento di rimozione delle protesi, ma la malattia era già in stato molto avanzato e, nonostante le terapie, ha portato in poche settimane al decesso. L’impianto risaliva a 12 anni fa. Stando ai dati del ministero i casi di linfoma anaplastico a grandi cellule associato a protesi al seno in Italia sono saliti a 41, ma altri starebbero emergendo. Decessi, però, non si erano mai registrati.
IL MINISTRO
Giulia Grillo è intervenuta con decisione sul caso, spiegando che «la decisione di ritirare o meno dal commercio queste protesi verrà presa in base al parere che ci fornirà il Consiglio superiore di sanità» e «entro fine maggio vorrei riuscire a predisporre tutti gli atti necessari. Senza fare allarmismi – ha aggiunto il ministro – perché si parla di casi rarissimi, è corretto alzare l’attenzione e informare adeguatamente chi già ha avuto impiantata questa protesi e, soprattutto, chi nel futuro abbia intenzione di farlo». Per questo, ha proseguito, «sto prendendo seriamente la questione: non solo ho chiesto al Consiglio Superiore di Sanità un parere articolato su come approcciare la questione, ma ho chiesto anche di accelerare». Per quanto «il rischio sia basso, comunque esiste ed è giusto che, specialmente quando si tratta di un intervento voluttuario, si sappia che può esserci».
CONTROLLI ANNUALI
La vicenda merita la massima attenzione, ma non deve creare inutili allarmismi per tutte le donne che si sono sottoposte ad un intervento di mastoplastica additiva. Del resto, anche in Italia il potenziale rischio legato a particolari tipologie di protesi non è una novità. In una circolare del 2010 il Ministero della Salute aveva già invitato gli operatori sanitari a non usare le protesi ritirate precedentemente in Francia e di segnalare eventuali incidenti che avessero una possibile relazione con l’impianto di una di queste protesi. La direttiva è stata immediatamente recepita e i centri di eccellenza hanno messo in atto procedure utili a salvaguardare la salute delle donne: all’Istituto Europeo di Oncologia, per esempio, tutte le donne portatrici di protesi a rischio sono state contattate e invitate a recarsi presso IEO stesso per effettuare gratuitamente un’ecografia mammaria e una visita con il chirurgo plastico. E analoga procedura è stata seguita in altri ospedali. Proprio l’ecografia, da ripetere annualmente, è un valido strumento di controllo per poter valutare lo stato delle protesi impiantate. Sull’esigenza o meno di ritirare le protesi dal mercato italiano bisognerà aspettare che il ministero prenda una decisione.
HIV, chi segue la terapia non può contagiare per via sessuale
PrevenzioneNon ci sono rischi di contagio per via sessuale da uomini sieropositivi che seguono le attuali terapie. I rapporti non protetti non possono trasmettere il virus, grazie all’efficacia dei nuovi farmaci contro l’Hiv. Lo ha dimostrato uno studio pubblicato dalla rivista Lancet. Secondo gli autori è possibile in teoria bloccare l’epidemia in corso nel mondo trattando tutti i pazienti.
Lo studio
L’analisi, coordinata dall’University College di Londra, ha seguito circa mille coppie omosessuali in cui uno dei partner era sieropositivo e in trattamento e l’altro sieronegativo. Lo studio è durato per circa sette anni, durante cui sono stati riportati dai soggetti quasi ottantamila rapporti sessuali non protetti, senza che si sia verificato alcun contagio. Soltanto 15 persone sono state infettate, ma per rapporti esterni alla coppia.
“I nostri risultati – affermano gli autori – danno la prova conclusiva che il rischio di trasmissione tramite rapporto sessuale quando la carica virale è soppressa è effettivamente zero. Questo potente messaggio può aiutare a far terminare la pandemia prevenendo la trasmissione dell’Hiv e combattendo lo stigma e la discriminazione che molte persone con Hiv devono affrontare”.
HIV e sintomi
L’Hiv indebolisce progressivamente il sistema immunitario fino a renderlo inefficace. Per questo motivo, dopo alcuni anni senza sintomi, possono manifestarsi malattie. Solo questo stadio dell’infezione da Hiv si chiama Aids. Alcune di queste malattie – per esempio polmoniti, tubercolosi e determinati tipi di cancro – possono comportare un pericolo per la vita.
L’unico modo per diagnosticare l’infezione è il test per l’Hiv. La persona che ha contratto il virus Hiv è detta sieropositiva e quindi non significa che sia malata di Aids. Oggi le terapie sono in grado di contrastare l’evolversi dell’infezione ma non è ancora disponibile una cura definitiva per l’eradicazione del virus. I farmaci disponibili devono essere presi per tutta la vita, ogni giorno a orari stabiliti.
Dopo l’infezione da HIV, molte persone presentano sintomi simili a quelli influenzali. La prima fase viene chiamata «primoinfezione». Le persone infettate di recente sono molto più contagiose nelle prime settimane che in seguito. Una terapia immediata potrebbe contribuire a ridurre i danni di un’infezione da HIV e, nel lungo periodo, a migliorare il controllo del sistema immunitario.
Fibrosi Polmonare, un Goal per la vita
Associazioni pazientiUn evento di beneficenza destinato a sensibilizzare e raccogliere fondi per il supporto psicologico ed economico a pazienti affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF), una rara patologia che colpisce i polmoni di cui soffrono 150.000 persone in Italia, 1500 delle quali in Campania. L’evento si terrà lunedì 13 maggio (ore 17), al centro medico “ONE” di Amorosi (BN) di Alfonso de Nicola, responsabile dello staff medico della SSC Napoli. «Un goal per l’IPF» è organizzato dall’Associazione Pazienti “RespiRARE Campania Onlus”, in partnership con la SSC Napoli, con il contributo non condizionato di Boehringer Ingelheim.
REALTA’ DIFFICILE
Saranno invitati anche tutti i Centri Ospedalieri di riferimento della Campania, le Autorità Regionali e le Associazioni RespiRARE Sicilia e Puglia, al fine di creare un network più forte e capillare per “dar voce” ai pazienti affetti da Fibrosi Polmonare Idiopatica e per sensibilizzare la popolazione su questa terribile malattia: «Si stima che la prevalenza di questa malattia sia di 30/50 casi ogni 100.000 abitanti- spiega Massimo Montisano, Presidente di RespiRARE Campania Onlus. Il percorso diagnostico è spesso tortuoso con latenza nella diagnosi di oltre 2 anni dalla prima visita medica. Inoltre, la sua complessità, assieme alla prognosi infausta -circa il 25% dei pazienti sopravvive a 4 anni dalla diagnosi- rende indispensabile un percorso diagnostico integrato tra diverse figure specialistiche». Conoscere la Fibrosi Polmonare Idiopatica e i suoi sintomi quindi è fondamentale per agevolare una diagnosi precoce e per mettere in atto percorsi riabilitativi efficaci: «Il paziente IPF necessita di un percorso assistenziale completo che lo supporti dal punto di vista psicologico ed economico che prevede spese mediche, concentratori di ossigeno, spese per trasferte e alloggio in città dove è attivo un Centro Trapianti polmone. Per questo il tempismo nella diagnosi, alla luce delle opportunità terapeutiche oggi disponibili può rallentarne lo sviluppo della malattia e allungare le aspettative di vita del paziente, oltre alla qualità. In questa ottica è fondamentale implementare un percorso di “Disease Awareness” e di sensibilizzazione rivolto non solo agli specialisti del settore ma anche alla popolazioni».
I SINTOMI
Campanelli d’allarme possono essere sintomi abbastanza comuni, quali ad esempio tosse secca e stizzosa, mancanza di fiato lentamente progressiva (nelle fasi iniziali della malattia questa sensazione si manifesta per sforzi moderati o intensi come correre, salire le scale. Man mano che la malattia progredisce compare per sforzi lievi fino a manifestarsi a riposo).
Altri segni che si possono manifestare sono: dita a bacchetta di tamburo e unghie a vetrino d’orologio, cianosi. Durante il decorso della malattia possono svilupparsi: insufficienza respiratoria, insufficienza cardiaca, embolia polmonare, sovrapposizioni infettive, sangue nell’espettorato (Emottisi/Emoftoe) che non è tipico della malattia ma che deve fare pensare ad una possibile complicanza come lo sviluppo di un tumore polmonare.
Inquinamento luminoso responsabile di insonnia. Lo studio
News PresaSi chiama inquinamento luminoso, riguarda l’eccesso di luce notturna ed è presente soprattutto nelle grandi città. Questa problematica potrebbe essere responsabile di una particolare forma di insonnia. Ci sono molti fattori ambientali che interferiscono con l’addormentamento e un sonno effettivamente fisiologico e ristoratore: tra cui il rumore, la temperatura dell’ambiente e l’illuminazione. Quando uno di questi elementi, o più di uno, è in eccesso il sonno è compromesso. Per quanto riguarda l’inquinamento luminoso, lo ha dimostrato un recente studio. Kyoung-bok Min, professore associato nel Department of Occupational and Environmental Medicine alla National University College of Medicine di Seoul (Corea del Sud) nel suo lavoro ”Outdoor Artificial Nighttime Light and Use of Hypnotic Medications in Older Adults: A Population-Based Cohort Study” ha sottolineato core un aumentato livello di esposizione nelle ore notturne alla luce artificiale esterna porti una deprivazione di sonno.
Lo studio
La ricerca ha utilizzato i dati raccolti dal 2002 al 2013 dal National Health Insurance Service-National Sample Cohort (NHIS-NSC) basato su un vasto campione di popolazione della Corea del Sud, da cui sono stati esclusi i soggetti con disturbo del sonno già in precedenza diagnosticato. Il campione esaminato durante la ricerca (una coorte di 52.027 individui di età pari o superiore a 60 anni) era sottoposto a una esposizione luminosa diversa in base alla zona di residenza. Il 22% dei partecipanti assumeva farmaci ipnotici e i dati hanno rilevato che proprio questi erano esposti ad una illuminazione più intensa confermando l’importanza della light pollution, inteso come un uso eccessivo di luce artificiale durante le ore notturne all’interno oppure all’esterno. L’insonnia non è l’unico rischio connesso all’inquinamento luminoso. Infatti, i ricercatori spiegano come la light pollution induca una alterazione del ritmo circadiano che potenzialmente predispone ad una serie di malattie croniche, fra le quali diabete, depressione e obesità.
Alex, su Facebook un ringraziamento che commuove
News Presa«Ho combattuto come un guerriero, mi sono aggrappato alla vita con tutte le mie forze, così come giorno dopo giorno lo stanno facendo tanti altri bambini e malati che impavidi stanno combattendo battaglie estenuanti». Sono le commuoventi parole che si leggono in un post Facebook sulla pagina di Alessandro Maria Montresor. Parole che i genitori del piccolo hanno voluto, ancora una volta, scrivere in prima persona. Come se a pronunciarle fosse proprio Alessandro Maria. Quattro mesi fa, al Bambino Gesù di Roma, Alex era stato sottoposto ad un trapianto per combattere una malattia genetica. Ora che il miracolo sembra essere avvenuto, si pensa alla sua ripresa.
NUOVA VITA
«Non è stato semplice – si legge – sono stato lontano da tutto e da tutti, ma adesso che il catetere venoso centrale, collegato al mio cuoricino per permettere l’infusione dei farmaci oltre che delle cellule staminali di papà, è stato tolto ed abbiamo avuto conferma dagli ultimi esami che le cellule del mio papà hanno completamente sostituito quelle mie malate, posso finalmente intraprendere una nuova avventura: vivere come i bimbi delle mia età».
SOLIDARIETA’
Quando su Facebook si diffuse il primo post fatti dai genitori di Alex, in breve partì la gara di solidarietà per cercare un donatore compatibile. Il bimbo era in carico ad un ospedale inglese, ma in Italia migliaia di persone si misero in coda nelle piazze per fare test del DNA e trovare una compatibilità. Si cercava il proverbiale ago nel pagliaio. A Napoli, in Piazza del Plebiscito, la gara di solidarietà divenne addirittura commuovente. Migliaia di giovani si risposero all’appello restando in coda dalle prime ore del mattino sino alla sera, solo per dare una speranza ad Alex. Alla fine la compatibilità non fu trovata, ma si decise di provare comunque con le cellule del papà. Decisione che si è poi mostrata vincente. Grazie al caso di Alessandro Maria i campioni raccolti hanno ampliato il registro nazionale dei donatori e, non meno, hanno accesso un faro sull’importanza della donazione. Ora che il piccolo sta tornando a nuova vita si può finalmente parlare di storia a lieto fine, ma è bene che le donazioni non si fermino mai. Perché di Alex in attesa di un miracolo ce ne sono molti altri.