Tempo di lettura: 2 minutiSono 32 milioni gli italiani che consumano integratori alimentari. Lo fanno abitualmente più di 18 milioni (tutti i giorni o qualche volta alla settimana) e più di 4 milioni qualche volta al mese. Li utilizzano maggiormente le persone in età attiva (il 62,8% degli utilizzatori ha tra 35 e 64 anni) e le donne (il 60,5%). Sono numeri che descrivono un consumo di massa trasversale rispetto a genere, età, livello di scolarità, territorio di residenza, condizione economica. Ad accomunare le scelte di usare gli integratori alimentari da parte di tante persone diverse è il contributo che viene da questi prodotti per la prevenzione e la tutela della salute. È quanto emerge dalla ricerca «Il valore sociale dell’integratore alimentare» realizzata dal Censis e presentata alla XX Convention di Federsalus.
Integratori alimentari. I numeri
Sul tema ci sono pareri contrastanti all’interno della comunità scientifica. Per alcuni esperti si tratta di una scorciatoia senza alcuna prova scientifica, per altri di un aiuto che può che fare la differenza. Il 57,3% degli italiani ha ricevuto il consiglio di utilizzare integratori alimentari. Tra questi, l’82,4% ha ricevuto il suggerimento da un medico (un medico di medicina generale o uno specialista) o da un farmacista. Per il restante 17,6% il consiglio arriva da canali diversi: familiari, amici, web, tv, riviste. Nel 2018 il 95% del mercato passa da farmacie (86%) e parafarmacie (9%), il residuale 5% dalla grande distribuzione organizzata. L’uso degli integratori alimentari non è l’esito di pulsioni consumiste, ma una tendenza diffusa ispirata dall’obiettivo della prevenzione e della tutela della salute, in cui il medico e il farmacista sono spesso riconosciuti come riferimenti nella scelta e nell’utilizzo. Il 74% degli italiani (l’80% tra i laureati, il 76,9% tra le donne, il 75,1% tra i 35-64enni) che hanno utilizzato integratori alimentari ne valuta positivamente le conseguenze sul proprio organismo. Solo l’1,7% lamenta esiti non positivi. Chi ha assunto integratori alimentari ha registrato effetti positivi in linea con gli obiettivi attesi. Il 58,1% di chi assume integratori gode di uno stato di salute ottimo o buono. Gli integratori alimentari diventano così una componente stabile di strategie individuali, con il riferimento del medico o del farmacista in gran parte dei casi, per assicurarsi una buona salute.
Il decollo del settore
In Italia il mercato degli integratori alimentari ha realizzato nel 2018 un valore di 3,3 miliardi di euro. Siamo al primo posto come quota del mercato europeo (23%), seguiti da Germania (13%), Francia (9%) e Regno Unito (8%). Il settore cresce grazie alla propensione degli italiani a consumare con responsabilità e con grande attenzione agli impatti sulla salute. Questo è il trend sociale che spiega il successo del settore: il valore dei consumi è cresciuto del 126% negli ultimi dieci anni (periodo 2008-2018), a fronte di una riduzione dello 0,8% dei consumi complessivi delle famiglie. Gli addetti del settore sono aumentati del 43,9% nel giro di tre anni (periodo 2014-2017), mentre nell’economia complessiva si registrava solo un +5,3% di occupati. L’export del settore è lievitato del 48,5% negli anni 2014-2017 a fronte del +12% riferito al totale del sistema economico. Se l’economia italiana stenta a ripartire, il settore degli integratori alimentari invece decolla, perché intercetta una nuova attenzione sociale, orientata dai professionisti della salute, a fare prevenzione nella vita quotidiana.
Hiv, ora il virus si può sconfiggere
Ricerca innovazioneL’ Hiv ha perso. Per due decenni si è atteso di poterlo dire e finalmente i ricercatori hanno individuato una cura definitiva. Come sempre in questi casi i primi successi sono quelli ottenuti su cavie. La ricerca, pubblicata su Nature Communications, è stato dimostrato che con una terapia antiretrovirale a lunga azione e lento rilascio, seguita dalla tecnica del “taglia e cuci” del Dna (per rimuovere il genoma virale nelle cellule infette), è possibile eradicare completamente il virus dell’Aids dal corpo di animali infetti, guarendoli in via definitiva dall’infezione.
DA FREDDIE A NUREYEV
Impressionanti sono i dati delle vittime colpite in Italia e nel mondo, cifre che sembrano più adatte ad un bollettino di guerra: in Italia si stimano ben oltre 44mila decessi, con più di 70mila casi. Dall’inizio dell’epidemia nel 1982 la malattia ha causato nel mondo il numero impressionante di 35 milioni di morti. Se si prende in considerazione solo il 2016, 120mila bambini sotto i 14 anni sono morti per cause legate all’Aids e ogni ora 18 bambini sono colpiti da Hiv, secondo le proiezioni dello Statistical Update on Children and AIDS 2017 sell’Unicef. Tra quanti non ci sono più, chiaramente, anche artisti di fama mondiale quali Freddie Mercury e Rudolf Nureyev. Commuoventi le parole lasciate al mondo da quest’ultimo in una lettera scritta prima di morire. In un passaggio Nureyev scrive: «Ora so che dovrò morire, perché questa malattia non perdona, ed il mio corpo è intrappolato su una carrozzina, il sangue non circola, perdo di peso. Ma l’unica cosa che mi accompagna è la mia danza la mia libertà di essere. Sono qui, ma io danzo con la mente, volo oltre le mie parole ed il mio dolore. Io danzo il mio essere con la ricchezza che so di avere e che mi seguirà ovunque: quella di aver dato a me stesso la possibilità di esistere al di sopra della fatica e di aver imparato che se si prova stanchezza e fatica ballando, e se ci si siede per lo sforzo, se compatiamo i nostri piedi sanguinanti, se rincorriamo solo la meta e non comprendiamo il pieno ed unico piacere di muoverci, non comprendiamo la profonda essenza della vita, dove il significato è nel suo divenire e non nell’apparire. Ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare».
LO STUDIO
Parole che oggi si possono leggere sotto una luce diversa. Lo studio è stato condotto da Kamel Khalili della Temple University a Philapelphia e dalla University of Nebraska Medical Center e vede tra gli autori anche gli italiani Pietro Mancuso, Pasquale Ferrante e Martina Donadoni, sempre presso la Temple University. Il virus dell’Aids viene trattato oggi con gli antiretrovirali, farmaci che impediscono la moltiplicazione del virus Hiv nel corpo della persona sieropositiva, in modo che l’infezione sia tenuta sotto controllo e non nuoccia al sistema immunitario. In questo modo si previene l’insorgenza dell’Aids, ma il paziente deve prendere la terapia per tutta la vita perché il virus non scompare dal suo corpo. Resta annidato nelle cosiddette riserve virali, con il suo codice genetico integrato nelle cellule infette e pronto a replicarsi se si interrompono i farmaci. Diverso sarebbe giungere a una cura definitiva che rimuova cioè definitivamente il virus da organi e tessuti. Solo l’uso combinato dei due approcci (farmaci a lunga azione ed editing genetico) permette l’eradicazione completa del virus. Grazie a questi risultati «adesso – hanno spiegato i ricercatori – abbiamo tracciato una via verso sperimentazioni prima su primati non umani e poi auspicabilmente su pazienti entro l’anno in corso»
Passi d’Argento, più difficile per gli anziani accedere ai servizi sociosanitari
News PresaUna persona su tre, fra gli ultra 65enni, ha difficoltà a recarsi dal proprio medico di famiglia o a raggiungere gli ambulatori della sua ASL. Difficoltà che aumenta con l’età e riguarda almeno due persone su tre dopo gli 85 anni, con un chiaro gradiente sociale e geografico che vede penalizzate le persone con bassa istruzione, con maggiori difficoltà economiche e residenti nelle regioni meridionali. Questo è solo uno degli aspetti importanti che emergono dai nuovi dati (aggiornati al 2018) del sistema di sorveglianza Passi d’Argento (PdA) sulla popolazione con 65 anni e più del nostro Paese. Questo Sistema di Sorveglianza, condotto da ASL e Regioni, e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, raccoglie continuamente informazioni su salute percepita, fattori di rischio comportamentali e alcune condizioni peculiari degli anziani, volte a descriverne lo stato di salute, la qualità di vita e i bisogni di cura e assistenza. “La tutela dell’accesso alle cure – afferma Maria Masocco, responsabile di PdA – e ai servizi socio-sanitari e la possibilità di vivere in un ambiente salubre costituiscono, a tutte le età, condizioni necessarie per garantire il diritto alla salute e rappresentano importanti strumenti per la lotta alle disuguaglianze. Fra le persone anziane, infatti, la difficoltà di acceso ai servizi sanitari, come lo studio del medico di famiglia o i servizi della ASL, può avere un impatto sulla salute maggiore dei determinanti socioeconomici noti, istruzione o disponibilità economiche, e persino dei determinanti legati agli stili di vita (come fumo, alcol, sedentarietà, obesità, diabete ipertensione)”.
“È di estrema importanza – conclude Masocco – che le persone anziane non abbiano difficoltà a raggiungere lo studio del medico di famiglia, o i servizi della Asl e che l’accesso a questi servizi non sia solo garantito ma anche facilitato e indipendente dalla capacità/autonomia economica delle persone anziane». Ottenere risultati nelle opportunità di salute, in termini di prevenzione delle cronicità e riduzione del rischio di disabilità, passa dunque anche attraverso azioni volte a garantire la tutela e l’equità nell’accesso ai servizi sociosanitari di cui l’anziano ha bisogno.
Online, sul sito di Passi d’Argento (https://www.epicentro.iss.it/passi-argento/), i nuovi dati su tutti gli argomenti indagati dalla sorveglianza.
Dottor Web&Mister Truffa, il nuovo libro di Gerardo D’Amico
Ricerca innovazione“Dottor Web & Mister Truffa”, si intitola così l’ultimo libro di Gerardo D’Amico. Sarà presentato domani, 3 luglio alle ore 11, presso il Museo dell’Istituto Superiore di Sanità. Nel Museo, creato oltre che per custodire la memoria storica dell’Ente anche per promuovere la corretta informazione scientifica, discuteranno con l’autore Walter Ricciardi (Pres. Fed. Mondiale Sanità Pubbliche), Piero Angela (Divulgatore scientifico), Silvio Garattini (Pres. Mario Negri), Antonio Di Bella (Dir. Rainews24), Alberto Villani (Pres. SIP), Mario Stirpe (Pres. Fondazione Bietti), Giovanni Scambia (Pres. SIGO), Enrico Bucci (Temple University USA), Fabio Firenzuoli (Dir. Cerfit Firenze), Riccardo Masetti (Dir. Centro Salute Donna Univ. Cattolica). Ad aprire il dibattito, moderato da Mirella Taranto, sarà Silvio Brusaferro, Commissario dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il libro, nato dall’impegno del giornalista Rai nel combattere la pseudoscienza e le mode salutari, è una interessante rassegna in forma di “case history” del ruolo che gioca la rete nello sviluppo di una pseudocultura scientifica animata da una piazza virtuale più vicina a una tifoseria che a un luogo di incontro, di confronto e di scambio di conoscenze. Con l’augurio che l’informazione giornalistica, attraverso il primo criterio che guida la professione e che è rappresentato dalla verifica della fonte, contribuisca alla crescita della conoscenza al servizio del cittadino e della tutela della sua salute, sarà dunque presentato il libro di D’Amico insieme alle voci più autorevoli della ricerca e della comunicazione per ribadire il valore della medicina basata sulle evidenze. Nel volume uno spazio è dedicato alle interviste con alcuni tra i più importanti rappresentanti del mondo della medicina e della ricerca scientifica.
Artrite psoriasica, un nuovo modello per testare e studiare farmaci
News PresaUn topolino geneticamente modificato che mostra tutti i sintomi dell’artrite psoriasica. È il frutto di una collaborazione scientifica internazionale che vede protagonista anche l’Università Cattolica di Roma. Il risultato è apparso sulla prestigiosa rivista The FASEB journal.
Artrite psoriasica, un nuovo traguardo
L’Università Cattolica – Sede di Roma nell’ambito di una collaborazione internazionale ha contribuito alla realizzazione del primo modello animale per lo studio dell’artrite psoriasica, una malattia infiammatoria che in Italia colpisce oltre centomila persone.
L’innovativo lavoro è stato svolto negli Stati Uniti e in Italia ed è il risultato di una collaborazione di più centri coordinata da Paul D. Robbins, professore di Biochimica, Biologia molecolare e Biofisica presso la University of Minnesota, dalla Professoressa Laura Niedernhofer, dal Dottor Raphael Flores, dalla Dottoressa Debora Colangelo nel suo periodo di ricerca allo Scripps Institute in Florida e dal Prof. Enrico Pola, ricercatore dell’Istituto di Clinica Ortopedica dell’Università Cattolica diretto dal Prof. Giulio Maccauro.
Pubblicato sulla rivista The FASEB journal (Federation of American Societies For Experimental Biology), tra le più citate al mondo in biologia, il lavoro rappresenta già una pietra miliare nella lotta all’artrite psoriatica (PsA).
Artrite psoriasica. La malattia
L’artrite psoriasica è una malattia infiammatoria cronica che riduce la mobilità e l’agilità dei pazienti, caratterizzata da dolore, gonfiore e rigidità delle articolazioni interessate, e che porta ad aumentato rischio di sviluppare il diabete di tipo II, compromettendo decisamente la qualità di vita dei pazienti e lo svolgimento delle normali attività connesse alla vita quotidiana.
Lo studio presenta un nuovo modello animale, unico nel suo genere, che ricapitola tutti gli aspetti dell’artrite psoriasica contemporaneamente (eritema, desquamazione ed ispessimento della pelle, degenerazione delle vertebre, ispessimento sinoviale e perdita di cartilagine articolare nel ginocchio), ottenuto attraverso modifiche genetiche (inserimento del gene “IL-23”, per l’interleuchina 23 proinfiammatoria).
“L’importanza del nuovo modello – dichiara il professor Pola – si concretizza nella possibilità di aprire finalmente un varco nell’approccio terapeutico in particolare della degenerazione discale e dell’artrite della colonna connesse a questa patologia e, quindi, di poter migliorare la qualità di vita dei pazienti”.
I topolini modificati geneticamente hanno sviluppato, già dopo una singola iniezione del gene, la malattia, con tutti i sintomi a partire dalle manifestazioni cutanee fino alle disfunzioni discali e articolari.
Lo sviluppo di questi sintomi fa di questo topo l’unico modello animale di PsA esistente al mondo e il trattamento con anticorpi specifici per l’IL-17 ha dimostrato un miglioramento dei sintomi della patologia, rimarcando l’importanza del lavoro per quanto riguarda lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici. “Questo rappresenta un eccellente modello di PsA che ripercorre tutti i sintomi della patologia dell’uomo”, spiegano gli autori. “Il modello può finalmente essere usato per testare le terapie per aiutare i nostri pazienti”, continuano.
“La patologia ha da sempre necessitato di un robusto modello animale per essere studiata e questo lavoro, finalmente, rappresenta una vera e propria svolta nel campo della ricerca biomedica” – commenta Thoru Pederson, caporedattore del The FASEB journal.
Integratori alimentari, utilizzati da 32 milioni di italiani. I dati Censis
AlimentazioneSono 32 milioni gli italiani che consumano integratori alimentari. Lo fanno abitualmente più di 18 milioni (tutti i giorni o qualche volta alla settimana) e più di 4 milioni qualche volta al mese. Li utilizzano maggiormente le persone in età attiva (il 62,8% degli utilizzatori ha tra 35 e 64 anni) e le donne (il 60,5%). Sono numeri che descrivono un consumo di massa trasversale rispetto a genere, età, livello di scolarità, territorio di residenza, condizione economica. Ad accomunare le scelte di usare gli integratori alimentari da parte di tante persone diverse è il contributo che viene da questi prodotti per la prevenzione e la tutela della salute. È quanto emerge dalla ricerca «Il valore sociale dell’integratore alimentare» realizzata dal Censis e presentata alla XX Convention di Federsalus.
Integratori alimentari. I numeri
Sul tema ci sono pareri contrastanti all’interno della comunità scientifica. Per alcuni esperti si tratta di una scorciatoia senza alcuna prova scientifica, per altri di un aiuto che può che fare la differenza. Il 57,3% degli italiani ha ricevuto il consiglio di utilizzare integratori alimentari. Tra questi, l’82,4% ha ricevuto il suggerimento da un medico (un medico di medicina generale o uno specialista) o da un farmacista. Per il restante 17,6% il consiglio arriva da canali diversi: familiari, amici, web, tv, riviste. Nel 2018 il 95% del mercato passa da farmacie (86%) e parafarmacie (9%), il residuale 5% dalla grande distribuzione organizzata. L’uso degli integratori alimentari non è l’esito di pulsioni consumiste, ma una tendenza diffusa ispirata dall’obiettivo della prevenzione e della tutela della salute, in cui il medico e il farmacista sono spesso riconosciuti come riferimenti nella scelta e nell’utilizzo. Il 74% degli italiani (l’80% tra i laureati, il 76,9% tra le donne, il 75,1% tra i 35-64enni) che hanno utilizzato integratori alimentari ne valuta positivamente le conseguenze sul proprio organismo. Solo l’1,7% lamenta esiti non positivi. Chi ha assunto integratori alimentari ha registrato effetti positivi in linea con gli obiettivi attesi. Il 58,1% di chi assume integratori gode di uno stato di salute ottimo o buono. Gli integratori alimentari diventano così una componente stabile di strategie individuali, con il riferimento del medico o del farmacista in gran parte dei casi, per assicurarsi una buona salute.
Il decollo del settore
In Italia il mercato degli integratori alimentari ha realizzato nel 2018 un valore di 3,3 miliardi di euro. Siamo al primo posto come quota del mercato europeo (23%), seguiti da Germania (13%), Francia (9%) e Regno Unito (8%). Il settore cresce grazie alla propensione degli italiani a consumare con responsabilità e con grande attenzione agli impatti sulla salute. Questo è il trend sociale che spiega il successo del settore: il valore dei consumi è cresciuto del 126% negli ultimi dieci anni (periodo 2008-2018), a fronte di una riduzione dello 0,8% dei consumi complessivi delle famiglie. Gli addetti del settore sono aumentati del 43,9% nel giro di tre anni (periodo 2014-2017), mentre nell’economia complessiva si registrava solo un +5,3% di occupati. L’export del settore è lievitato del 48,5% negli anni 2014-2017 a fronte del +12% riferito al totale del sistema economico. Se l’economia italiana stenta a ripartire, il settore degli integratori alimentari invece decolla, perché intercetta una nuova attenzione sociale, orientata dai professionisti della salute, a fare prevenzione nella vita quotidiana.
Colesterolo, le proteine della soia lo abbassano
AlimentazionePer alcuni a causa di un’alimentazione disordinata, per altri invece a causa di fattori genetici: qualunque sia la causa, il colesterolo è un problema che assilla milioni persone in Italia ed è anche un grave rischio per la salute. Ecco perché suona veramente come una buona notizia una recente scoperta fatta in Canada: le proteine della soia sono utili per abbassare il colesterolo e, quindi, ridurre il rischio cuore. Ad arrivare a questa conclusione è in particolare una vastissima meta-analisi di 47 trial clinici condotti sull’argomento, pubblicata sul Journal of the American Heart Association e diretta da esperti dell’Università di Toronto proprio mentre la Food and Drug Administration statunitense sta decidendo se attribuire a questi prodotti il “riconoscimento” di sostanze salutari e cardioprotettive.
MIX PER LA SALUTE
In tutte le sperimentazioni osservate in questa maxi-revisione, il consumo di proteine della soia si associa a riduzione sia de totale sia di quello cattivo. È importante notare che per quanto la riduzione del colesterolo conferita dalla soia sia inferiore al 5%, se ad essa si aggiunge il consumo di altri cibi di origine vegetale noti per ridurre il colesterolo (da frutta secca a fibre e altre proteine vegetali) si ottiene un effetto complessivo notevole, una riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare del 30%.
COS’È IL COLESTEROLO
E’ un grasso presente nel sangue che viene in gran parte prodotto dall’organismo, mentre in minima parte viene introdotto con la dieta. Mentre, in quantità fisiologiche, il colesterolo è coinvolto in diversi processi fondamentali per il funzionamento dell’organismo, quando è presente in quantità eccessiva costituisce uno dei fattori di rischio maggiori per le malattie cardiache. Il colesterolo in eccesso, infatti, tende a depositarsi sulle pareti delle arterie, provocando la formazione di lesioni che le ispessiscono e le irrigidiscono. Questo processo, chiamato aterosclerosi, può portare nel tempo alla formazione di placche vere e proprie, che ostacolano – o bloccano del tutto – il flusso sanguigno, con conseguenti rischi a carico del sistema cardiovascolare.
BUONO O CATTIVO
Il colesterolo presente nel sangue viene trasportato all’interno di strutture molecolari chiamate lipoproteine. Si riconoscono almeno due tipi principali di lipoproteine: le lipoproteine a bassa densità o LDL (Low Density Lipoprotein, da cui deriva la sigla), conosciute anche come colesterolo “cattivo”, perché trasportano l’eccesso di colesterolo dal fegato alle arterie e lo rilasciano nei vasi con conseguente aterosclerosi; le lipoproteine ad alta densità o HDL (High Density Lipoprotein), conosciute a loro volta come colesterolo “buono”, perché favoriscono la rimozione del colesterolo dal sangue e la sua eliminazione attraverso i sali biliari, proteggendo di fatto il cuore e i vasi. Il colesterolo totale che si misura nel sangue è a grandi linee la somma di LDL + HDL.
Al Monaldi di Napoli uno straordinario intervento al cuore
News PresaUno straordinario intervento chirurgico realizzato a Napoli ha salvato la vita di un 46enne e ha aperto una nuova strada nella lotta allo scompenso cardiaco terminale. L’ospedale dove l’uomo è stato operato è il Monaldi (uno dei tre dell’Azienda Ospedaliera dei Colli), i medici protagonisti di questo successo sono invece Andrea Petraio (responsabile della Uosd Assistenza meccanica al circolo e dei trapianti nei pazienti adolescenti) e Michelangelo Scardone (responsabile della Uosd Tecniche avanzate in cardiochirurgia). Fondamentale anche il supporto di Micheal Schoenbrodt del centro di Bad Oeynhausen e degli anestesisti afferenti all’Unità operativa complessa di Anestesia e Terapia intensiva post-operatoria, diretta dal dottor Antonio Corcione. Insomma, un team d’eccezione per un intervento che ha segnato un passo importante contro questa malattia.
TECNOLOGIE
Per questa operazione sono state impiegate tecnologie all’avanguardia, a partire dal nuovo Left Ventricular Assist Device di quarta generazione (heartmate 3). Come detto, l’uomo operato è un 46enne, affetto da cardiomiopatia dilatativa post ischemica terminale e inviato al Monaldi dai colleghi dell’Utic di Villa dei Fiori di Acerra. A causa della ridotta funzionalità cardiaca e dello scompenso cardiaco grave, il paziente è stato immediatamente inserito in lista per un trapianto cardiaco. Dato il progressivo peggioramento del quadro clinico, in attesa di un cuore compatibile, è stato necessario effettuare un intervento per l’impianto di un Left Vad di IV generazione. L’operazione è iniziata appena incassato il parere positivo anche del responsabile della Uosd Scompenso cardiaco e cardiologia riabilitativa del Monaldi, Giuseppe Pacileo,
TORNATO ALLA VITA
«Questi device – spiega il dottor Andrea Petraio -sono l’unica terapia possibile in un’era come quella attuale, dove la carenza cronica di donatori ormai ha aumentato sempre più il divario tra domanda ed offerta. Basti pensare che lo scompenso cardiaco end-stage ha una tale incidenza nella popolazione da poter stimare, nel mondo, un decesso pari a 150 persone al giorno. Ritengo che il gold standard resti pur sempre il trapianto. Ma, come nel caso del paziente trattato, la giovane età e la prospettiva di vita richiedono di intervenire celermente per cercar dar loro la possibilità di preservare gli altri organi in attesa di un cuore compatibile». Il paziente, a soli 19 giorni dall’intervento, è stato dimesso dopo un percorso complesso che, tuttavia, gli ridà speranza di vita. A causa della pre esistente malattia cardiovascolare diffusa, si trattava di un intervento particolarmente complesso che è stato possibile grazie alla presenza di un team multidisciplinare e internazionale. «Attivando collaborazioni e scambi di conoscenze con le principali strutture sanitarie internazionali – dice soddisfatto Antonio Giordano, commissario straordinario dell’Azienda Ospedaliera dei Colli – lavoriamo costantemente per rendere le prestazioni sanitarie dell’Azienda sempre più all’avanguardia».
Carenza farmaci. Grillo: convocato tavolo per superare questa piaga
News PresaLa carenza dei medicinali si ripresenta ciclicamente, mettendo a rischio la salute dei pazienti. Per superare questa problematica in maniera definitiva, il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha convocato per il 2 luglio al ministero della Salute un tavolo con le istituzioni e gli attori coinvolti nella produzione e distribuzione dei medicinali (Ministero, Aifa, Agenas, Regioni, Farmindustria, Assogenerici, Federfarma, distributori-grossisti).
Carenza di farmaci “serve un tavolo integrato”
“È necessario creare finalmente una strategia strutturale in grado di superare un problema non più tollerabile. La periodica carenza di farmaci è una piaga che spesso mette a rischio la salute dei pazienti. Chi ha bisogno di terapie non può vivere nell’angoscia di non avere a disposizione i medicinali per curarsi” dichiara il ministro.
“Per questo va fatto un lavoro integrato tra chi produce, chi distribuisce e i farmacisti – spiega – già nel Decreto Calabria, all’articolo 13, abbiamo previsto importanti norme su cui ho ricevuto il pieno sostegno da parte delle associazioni dei pazienti e dei rappresentanti delle aziende del settore. Sono certa che con il contributo di tutti potremo superare le criticità e garantire il diritto alla continuità terapeutica a ogni paziente. Adesso si tratta di passare dalle parole ai fatti” conclude.
Carenza medici. Il sottosegretario Coletto: “Bene aumento matricole Medicina”
News Presa“In questo momento di allarme per la carenza di medici specialisti, che andrà avanti per almeno altri 5 o 6 anni, è sicuramente necessario l’aumento delle borse formative post laurea, in numero proporzionato ai laureati in Medicina. Ma è altrettanto necessario che per qualche tempo aumentino anche le matricole in Medicina, che non significa aver tolto il numero chiuso, ma vuol dire garantire per il futuro copertura certa e programmazione meno problematica della dirigenza medica all’interno degli ospedali”.
Lo chiarisce il sottosegretario del Salute, Luca Coletto, che sottolinea come l’aumento dei posti per le matricole individuato dal decreto Miur sia in linea con i fabbisogni individuati dalle Regioni nell’accordo approvato oggi dalla Conferenza Stato-Regioni.
“L’aumento dei posti a Medicina per il prossimo anno accademico non è poi così importante da far pensare all’eliminazione del numero chiuso, ma, in parte, va a compensare quelli che sono gli abbandoni “fisiologici” da parte degli studenti durante il corso di studio. Anzi, il numero delle matricole è per la prima volta allineato con le necessità esposte dalle Regioni e dunque non c’è motivo di criticare l’operato del ministro Bussetti, che anzi va ringraziato insieme al ministro della Salute Grillo per la sensibilità e l’attenzione posta alla concreta soluzione del problema della mancanza dei medici rispetto al quale i precedenti governi sono stati assolutamente miopi”.
“Stiamo lavorando a un provvedimento che possa far accedere gli specializzandi al più presto nei reparti accreditati per la specialità, la cosiddetta rete formativa individuata dal Miur e dalla Salute. Questo Governo sta portando soluzioni a emergenze causate da anni di pessima programmazione, i cittadini presto vedranno il cambiamento” conclude il sottosegretario.
Calvizie, coltivati primi capelli che crescono naturali grazie al tutor
Benessere, Medicina estetica, News Presa, Ricerca innovazioneRaggiunto un nuovo traguardo della scienza che farà piacere soprattutto agli uomini interessati dalla perdita di capelli. Si tratta dei primi peli capaci di crescere attraverso la pelle con un aspetto naturale a partire da follicoli piliferi coltivati grazie a cellule staminali umane. Questo risultato apre una nuova e rivoluzionaria strada nella lotta alla calvizie.
Calvizie. La scoperta
Sono nati sulla schiena glabra di topi da laboratorio e sono cresciuti nella direzione giusta grazie a una microscopica impalcatura 3D dello stesso materiale dei punti riassorbibili, in grado di fare da tutor avvolgendo il bulbo sotto cute, secondo un protocollo sviluppato al Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute di La Jolla, in Califor, e presentato al convegno della Società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali (Isscr) dalla ricercatrice italiana Antonella Pinto che ha guidato lo studio. Lo stesso gruppo di ricerca coordinato da Alexey Terskikh alcuni anni fa aveva ricreato in laboratorio la papilla dermica. Si tratta dell’insieme di cellule che nel follicolo pilifero regola la crescita del pelo, era sempre stata ottenuta da staminali umane pluripotenti che con un processo incontrollato e tutto da ridefinire, aveva portato alla crescita di peli sottocute. Ora invece si tratta di un metodo ben controllato, capace di generare capelli grazie dall’aspetto naturale.