Tempo di lettura: 3 minutiI cibi che consumiamo potrebbero essere contaminati dall’ inchiostro delle confezioni in cui sono contenuti mettendo potenzialmente a rischio la nostra salute. È quanto emerge da un’analisi recentemente condotta da Altroconsumo insieme ad altre tre associazioni di consumatori europee.
Inchiostro nel cibo. I risultati delle analisi
Sono 76 i campioni di imballaggi in carta e cartone analizzati. Dai risultati dei test – che oltre che in Italia sono stati svolti in Danimarca, Norvegia e Spagna – 45 campioni sono risultati “puliti” mentre ben 31 sono quelli in cui gli imballaggi rischiano di trasmettere ai cibi queste sostanze chimiche. Tra questi ci sarebbe anche un prodotto italiano che fa parte della linea di stampi utilizzati da tanti consumatori per preparare muffin casalinghi: non hanno superato la prova per quanto riguarda le ammine aromatiche primarie. All’estero, invece, gli imballaggi che rischiano di trasmettere ai cibi queste sostanze chimiche sono addirittura di più.
I risultati dell’indagine hanno spinto l’associazione a richiedere con urgenza una legge europea in materia di imballaggi stampati che tuteli maggiormente i consumatori. In Italia in particolare esiste già una norma specifica sulla carta e cartone alimentare ma non c’è ancora nulla che riguardi gli inchiostri della stampa.
“Abbiamo presentato i risultati delle nostre analisi al Beuc – The European Consumer Organization. – spiega Ivo Tarantino, Responsabile relazioni esterne Altroconsumo – L’Associazione, che ci rappresenta in seno alle Istituzioni europee, ha ora in mano i nostri dati, che dimostrano la portata del problema e argomenti incisivi per chiedere finalmente una normativa sugli imballaggi alimentari di carta e cartone e sugli inchiostri, che scongiuri ogni rischio. La stessa Commissione Europea ha chiesto recentemente agli Stati membri di condurre controlli sulle sostanze rilasciate dagli imballaggi tra cui le ammine aromatiche primarie per valutare l’ipotesi di una nuova regolamentazione”.
I risultati lasciano trasparire una situazione non omogenea e, nonostante esistano già buone pratiche industriali per evitare che gli inchiostri vengano in contatto con gli alimenti (anche attraverso l’utilizzo di film plastici), purtroppo può comunque capitare che si verifichino migrazioni di alcune sostanze durante il periodo di conservazione dell’alimento o contaminazioni dei contenitori in altri momenti (per esempio bicchieri di carta stampati impilati gli uni dentro gli altri, o in fase di stampa del cartone).
L’Analisi in dettaglio
A fronte del numero sempre maggiore di segnalazioni di non conformità di prodotti destinati al contatto con alimenti fatte dal sistema di allerta rapido europeo (Ra-sff), insieme ad altre tre associazioni europee, sono stati analizzati 76 campioni di contenitori di carta e cartone stampati. Sono stati ricercati due tipi di sostanze presenti negli inchiostri: le ammine aromatiche primarie – alcune delle quali note o sospettate di avere proprietà cancerogene e mutagene per l’uomo – e diversi fotoiniziatori ovvero sostanze usate per dare brillantezza ai colori, su alcuni dei quali pende il dubbio che siano cancerogeni o perturbatori del sistema ormonale. Per fare le valutazioni, in assenza di una norma specifica sugli inchiostri, gli esperti si sono affidati a due punti di riferimento legislativi e scientifici: la legislazione svizzera che regolamenta l’uso degli inchiostri da utilizzare sugli imballaggi alimentari e il parere dell’ente governativo tedesco di valutazione dei rischi alimentari (Bfr) per quanto riguarda la possibile migrazione delle ammine aromatiche primarie da articoli in carta stampata. Innanzitutto sono stati ricercati e quantificati questi composti negli imballaggi. Poi è stata simulata una possibile migrazione secondo il principio del “peggior caso possibile”, una tecnica usata in laboratorio per stabilire l’entità teorica del rischio. Infine, per i campioni confezionati che sono risultati positivi sono stati eseguiti test sul cibo contenuto o su apposite sostanze “simulanti” nel caso dei monouso.
Per quanto riguarda le ammine aromatiche primarie 9 campioni (tra cui quello italiano) ne contenevano una quantità superiore alla raccomandazione del Bfr, mentre per quanto riguarda i fotoiniziatori 6 campioni avevano una migrazione al di sopra dei limiti stabiliti dall’ordinanza svizzera e 15 pur avendo un alto contenuto nell’imballaggio avevano una migrazione bassa o nulla nei cibi.
Creati i super antibiotici, ora test sull’uomo
Ricerca innovazioneCreati due nuovi super antibiotici, capaci di sconfiggere batteri pericolosissimi ma anche di evitare che si creino nuove resistenze. La notizia sta facendo il giro del mondo, ed è comprensibile visto che Oms e Onu parlano 700mila decessi ogni anno per infezioni resistenti agli antibiotici, numero destinato a crescere fino a 10 milioni l’anno nel 2050 se non verranno presi provvedimenti. E il problema riguarda diversi tipi di infezione. Ai 230mila morti dovuti soltanto alla tubercolosi resistente si aggiungono quelli per infezioni del tratto respiratorio, quelle sessuali e quelle legate alle procedure mediche invasive, oltre a quelle legate al cibo. Il problema delle resistenze agli antibiotici si fa sempre più stringente anche in ragione del fatto che negli ultimi anni il processo di isolamento di nuove molecole naturali ad azione antibiotica è rallentato enormemente e di fatto si cerca di sopperire all’assenza di nuovi farmaci con l’uso di combinazioni di antibiotici già in uso da tempo. Per questo trovare o sviluppare in laboratorio molecole del tutto nuove e potenti è un po’ il Santo Graal nella lotta all’antibiotico-resistenza.
LA SCOPERTA
Star del momento sono due nuove molecole che uccidono lo Stafilococco aureus multi-resistente. Create da scienziati francesi a partire da una tossina batterica, si tratta di due veri e propri super antibiotici, efficaci anche contro infezioni multi-resistenti ad antibiotici oggi in uso (ad esempio il famigerato Pseudomonas aeruginosa) e che per di più non sembrano a loro volta in grado di indurre lo sviluppo di nuove resistenze farmacologiche, quindi promettono di restare efficaci a lungo termine. Il lavoro è stato messo a punto dall’équipe francese di Brice Felden di Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale) e Université de Rennes 1 insieme a scienziati del Rennes Institute of Chemical Sciences (ISCR).
I TEST
Questo lavoro parte dalla scoperta fatta dallo stesso gruppo di ricerca francese nel 2011: «Abbiamo scoperto – spiega Felden – che una tossina prodotta dallo Stafilococco aureus, il cui ruolo è facilitare al batterio patogeno l’infezione, è anche allo stesso tempo capace di uccidere altri batteri presenti nel nostro corpo. Quindi abbiamo identificato una molecola con una duplice proprietà, da una parte tossica e dall’altra antibiotica». Nel nuovo lavoro gli esperti hanno creato, a partire dalla tossina, molecole che conservassero la sua funzione di antibiotico, senza però essere tossiche. Tra tutte le molecole create i ricercatori ne hanno isolate due che, testate su topolini con setticemia e con gravi infezioni cutanee, riescono a risolvere le infezioni senza dare tossicità. I due antibiotici super-potenti sono risultati non tossici nemmeno a dosi altissime (anche 50 volte più alte della dose minima efficace). Per di più, lasciati dei batteri per alcune settimane in contatto con i due nuovi antibiotici, i microrganismi non sono stati capaci di sviluppare farmaco-resistenze specifiche per le due molecole. «Pensiamo che queste molecole rappresentino promettenti candidati per lo sviluppo di nuovi antibiotici che possano fornire terapie alternative per le resistenze antimicrobiche», spiega Felden. Il prossimo passo sarà lanciare una sperimentazione clinica di fase I su esseri umani.
Ecco la carne di pollo “coltivata”, ottenuta dai vegetali
Ricerca innovazioneChi l’ha inventata la definisce carne di pollo coltivata. Già, coltivata. In sostanza è come se fosse un petto di pollo che si ottiene da un mix di proteine derivate dalla farina di piselli. A farla sembrare pollo è il colore bianco (simile a al petto di pollo a fette). La “planted chicken”, questo il nome in inglese, l’ha ottenuta una startup del Politecnico di Zurigo per dare un aiuto all’ambiente.
VEGETARIANA
Il progetto, di Lukas Boni e dei colleghi Pascal Bieri ed Eric Stirnemann fondatori della start-up Planted, nasce con l’intento di fornire una carne a base vegetale che sia un’alternativa al pollo prodotto dagli allevamenti intensivi. «A motivarci – ha rilevato Boni – non sono gli imperativi ideologici, ma quelli ecologici». Questo perché la produzione di carne genera circa il 18% dei gas serra globali, richiede grandi quantità di terra e foraggi, comporta un uso eccessivo di fertilizzanti. «Ecco perché – ha aggiunto – vogliamo offrire ai consumatori un sostituto della carne che sia rispettoso dell’ambiente e amico degli animali. Un prodotto che soddisfi anche la dimensione culturale del consumo di carne, cioè che piaccia al palato».
DALLA SCUOLA AL MERCATO
Tutto è nato da un progetto sulla rapa che risale a quando Boni, ora trentenne, ha realizzato quando studiava scienze alimentari al Politecnico di Zurigo. Lì ha notato che le proteine della rapa hanno la forma di lunghi filamenti e che, se schiacciate, le rape formano un purè che può assorbire grandi quantità di acqua. In questo modo il purè ottenuto somiglia alla carne, che è essenzialmente fibre proteiche e acqua. Ispirato da questo, Böni ha mescolato una farina di proteine di piselli con acqua creando un impasto simile a quello della pasta. Quindi lo ha cotto e poi pressato con una sorta di schiaccia patate che ha conferito all’impasto una struttura fibrosa. «Per ottenere le caratteristiche fibrose della carne di pollo – ha detto – dobbiamo controllare le proprietà del flusso dell’impasto quando viene pressato». La tecnologia permette di regolare le lunghezze delle fibre delle proteine e, secondo l’esperto, grazie a questa caratteristica potrebbe essere potenzialmente possibile imitare vari tipi di carne animale, dal manzo, fino al pesce.
Tracce di inchiostro nei cibi, Altroconsumo chiede una legge EU
AlimentazioneI cibi che consumiamo potrebbero essere contaminati dall’ inchiostro delle confezioni in cui sono contenuti mettendo potenzialmente a rischio la nostra salute. È quanto emerge da un’analisi recentemente condotta da Altroconsumo insieme ad altre tre associazioni di consumatori europee.
Inchiostro nel cibo. I risultati delle analisi
Sono 76 i campioni di imballaggi in carta e cartone analizzati. Dai risultati dei test – che oltre che in Italia sono stati svolti in Danimarca, Norvegia e Spagna – 45 campioni sono risultati “puliti” mentre ben 31 sono quelli in cui gli imballaggi rischiano di trasmettere ai cibi queste sostanze chimiche. Tra questi ci sarebbe anche un prodotto italiano che fa parte della linea di stampi utilizzati da tanti consumatori per preparare muffin casalinghi: non hanno superato la prova per quanto riguarda le ammine aromatiche primarie. All’estero, invece, gli imballaggi che rischiano di trasmettere ai cibi queste sostanze chimiche sono addirittura di più.
I risultati dell’indagine hanno spinto l’associazione a richiedere con urgenza una legge europea in materia di imballaggi stampati che tuteli maggiormente i consumatori. In Italia in particolare esiste già una norma specifica sulla carta e cartone alimentare ma non c’è ancora nulla che riguardi gli inchiostri della stampa.
“Abbiamo presentato i risultati delle nostre analisi al Beuc – The European Consumer Organization. – spiega Ivo Tarantino, Responsabile relazioni esterne Altroconsumo – L’Associazione, che ci rappresenta in seno alle Istituzioni europee, ha ora in mano i nostri dati, che dimostrano la portata del problema e argomenti incisivi per chiedere finalmente una normativa sugli imballaggi alimentari di carta e cartone e sugli inchiostri, che scongiuri ogni rischio. La stessa Commissione Europea ha chiesto recentemente agli Stati membri di condurre controlli sulle sostanze rilasciate dagli imballaggi tra cui le ammine aromatiche primarie per valutare l’ipotesi di una nuova regolamentazione”.
I risultati lasciano trasparire una situazione non omogenea e, nonostante esistano già buone pratiche industriali per evitare che gli inchiostri vengano in contatto con gli alimenti (anche attraverso l’utilizzo di film plastici), purtroppo può comunque capitare che si verifichino migrazioni di alcune sostanze durante il periodo di conservazione dell’alimento o contaminazioni dei contenitori in altri momenti (per esempio bicchieri di carta stampati impilati gli uni dentro gli altri, o in fase di stampa del cartone).
L’Analisi in dettaglio
A fronte del numero sempre maggiore di segnalazioni di non conformità di prodotti destinati al contatto con alimenti fatte dal sistema di allerta rapido europeo (Ra-sff), insieme ad altre tre associazioni europee, sono stati analizzati 76 campioni di contenitori di carta e cartone stampati. Sono stati ricercati due tipi di sostanze presenti negli inchiostri: le ammine aromatiche primarie – alcune delle quali note o sospettate di avere proprietà cancerogene e mutagene per l’uomo – e diversi fotoiniziatori ovvero sostanze usate per dare brillantezza ai colori, su alcuni dei quali pende il dubbio che siano cancerogeni o perturbatori del sistema ormonale. Per fare le valutazioni, in assenza di una norma specifica sugli inchiostri, gli esperti si sono affidati a due punti di riferimento legislativi e scientifici: la legislazione svizzera che regolamenta l’uso degli inchiostri da utilizzare sugli imballaggi alimentari e il parere dell’ente governativo tedesco di valutazione dei rischi alimentari (Bfr) per quanto riguarda la possibile migrazione delle ammine aromatiche primarie da articoli in carta stampata. Innanzitutto sono stati ricercati e quantificati questi composti negli imballaggi. Poi è stata simulata una possibile migrazione secondo il principio del “peggior caso possibile”, una tecnica usata in laboratorio per stabilire l’entità teorica del rischio. Infine, per i campioni confezionati che sono risultati positivi sono stati eseguiti test sul cibo contenuto o su apposite sostanze “simulanti” nel caso dei monouso.
Per quanto riguarda le ammine aromatiche primarie 9 campioni (tra cui quello italiano) ne contenevano una quantità superiore alla raccomandazione del Bfr, mentre per quanto riguarda i fotoiniziatori 6 campioni avevano una migrazione al di sopra dei limiti stabiliti dall’ordinanza svizzera e 15 pur avendo un alto contenuto nell’imballaggio avevano una migrazione bassa o nulla nei cibi.
Il Campus della Salute vola in Serbia
PrevenzioneUn filo rosso unisce l’Italia e la Serbia, si tratta del filo rosso dell’eccellenza della medicina che porta il Campus della Salute otre confine. I nostri medici si sono infatti dedicati per due interi giorni (realizzando più di 800 visite) ai cittadini serbi nel solco di una nuova collaborazione con la Facoltà di Medicina dell’Università di Belgrado. L’iniziativa vede la supervisione del Comune di Belgrado, il patrocinio dell’Ambasciata italiana ed è stata fortemente voluta dal console onorario di Serbia a Napoli, Marcello Lala. «Una bellissima iniziativa per i cittadini di Belgrado – dice l’ambasciatore d’Italia a Belgrado Carlo Lo Cascio – il Campus della Salute rafforza la nostra amicizia». L’appuntamento è stato preceduto da incontro che si sono tenuti alla Facoltà di Medicina con il Decano dell’Università e la lettura “Chronic endocrine-metabolic diseases: prevention programs and sustainability” da parte del Presidente del Campus Annamaria Colao, di recente eletta per il prossimo biennio presidente della Società italiana di endocrinologia. La giornata è proseguita con una visita dell’Ospedale di Belgrado e un focus in particolare con gli endocrinologi.
GLI AMBULATORI
Al Comune di Belgrado l’incontro con le istituzioni locali e la conferenza stampa. Poi le visite gratuite nel primo Campus Salute allestito a Belgrado, proprio di fronte al Comune di Belgrado dove c’era anche il vicesindaco Andreja Mladenovic. Sono stati attivati ambulatori di Nutrizione, Endocrinologia e Cardiologia con la presenza di medici del Campus e di medici del territorio. Presenti anche volontari del Campus e altri della Croce Rossa locale e dell’associazione HISPA. «La prevenzione e un corretto stile di vita – dice Annamaria Colao – sono al centro del nostro progetto. E siamo onorati di poter portare questa nostra iniziativa anche all’estero. In tal senso è stato molto importante poter contare sulla collaborazione del console onorario a Napoli».
IL PROGETTO
In questi dieci anni il Campus della Salute si è esteso in tutta la penisola. Solo nel 2018 ad esempio sono state effettuate 10.700 visite mediche, oltre 25mila prestazioni sanitarie, 20 eventi in tutta Italia, 6000 studenti coinvolti nelle varie discipline sportive che accompagnano in Italia il Campus. «Abbiamo potuto apprezzare a Napoli e non solo le grandi opportunità offerte dal Campus della Salute – prosegue la professoressa – e mi è sembrata una grande opportunità per il Paese che rappresento poter mettere insieme queste eccellenze che sono capaci di avere una grande attenzione al sociale, allo sport e ovviamente soprattutto alla salute».
Fb e YouTube cambiano algoritmo: stretta sulle “cure miracolose”
News PresaSu internet le fake news si diffondono a macchia d’olio, mettendo a rischio la salute dei cittadini. Uno dei pericoli principali viene dai rimedi alternativi propagandati come “miracolosi” che vengono proposti come alternativa alle cure convenzionali e scientificamente provate. I big di internet, come Facebook e YouTube hanno appena messo a punto un nuovo algoritmo contro queste “cure miracolose”, proposte per qualunque tipo di patologia, dall’obesità al cancro. A riportarlo è il Wall Street Journal: secondo il giornale il provvedimento arriva a seguito dell’inchiesta dello stesso quotidiano che dimostra come i due social siano inondati di messaggi fuorvianti.
FB e YouTube stretta sulle fake news
È stato Travis Yeh, Product Manager di Facebook, ad annunciarlo. L’algoritmo che seleziona le notizie da far apparire sui profili degli utenti è stato modificato, al fine di diminuire la diffusione delle bufale che fanno riferimento a prodotti e terapie. “I post con affermazioni sensazionalistiche sulla salute o che cercando di vendere prodotti basandosi su affermazioni legate alla salute avranno una distribuzione ridotta – spiega Yeh -. I gruppi dovrebbero evitare di pubblicare post sulla salute che possono confondere le persone, e post che cercano di vendere prodotti legati a messaggi sulla salute”.
Segue la stessa linea YouTube: il colosso di internet già lo scorso dicembre aveva annunciato una stretta sui messaggi fuorvianti. Tra gli esempi ci sono proprio le propagande sulle cure miracolose, un team di medici è stato coinvolto per identificare pubblicità e video pericolosi. Le mosse, afferma il Wall Street Journal, vengono dopo i risultati dell’inchiesta, da cui emerge che i due social sono pieni di messaggi fuorvianti, spesso con milioni di visualizzazioni. Inoltre le fake news sono spesso presentate sulle stesse pagine di altri siti più ‘ufficiali’.
Intelligenza artificiale per migliori diagnosi e terapie: Il progetto
Ricerca innovazioneUn nuovo progetto con l’obiettivo di sfruttare le nuove opportunità dell’Intelligenza artificiale (IA) per migliorare la salute dei cittadini e la sicurezza dei dati. Si intitola “Intelligenza artificiale e tecniche mutuate dalle scienze fisiche per una efficace ottimizzazione degli esami TAC”, ed è frutto di una collaborazione tra varie strutture dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, il dipartimento di Fisica dell’università di Firenze e il Centro Nazionale Tecnologie Innovative per la Salute Pubblica (TISP) dell’ISS.
“Nell’ambito della riunione – dice l’ing. Mauro Grigioni, direttore del TISP – sono state tracciate le linee di azione essenziali per portare avanti il progetto. È necessario applicare nelle immagini diagnostiche nuove metodiche innovative nel campo dell’astrofisica per l’analisi di matrici di dati tridimensionali e, allo stesso tempo, applicare metodologie di assicurazione di Qualità, per la determinazione di standard di riferimento adeguati a rendere efficace e appropriato l’utilizzo delle tecniche di IA sulle immagini stesse”.
Intelligenza artificiale al servizio della Sanità
Per quest’ultima in particolare il centro TISP ha sottolineato la rilevanza di qualificare i Dataset per l’IA e di definire le caratteristiche della biobanca locale; il centro TISP si occuperà delle metodologie di valutazione per garantire robustezza al complesso dei processi che intervengono nelle prestazioni sanitarie. In particolare saranno inclusi i protocolli diagnostico-terapeutici nelle scienze radiologiche.
“Il progetto è di grande rilevanza strategica – dice Rocco Damone, Direttore Generale del Careggi – e si pone l’obiettivo di estendere i risultati alle attività e servizi dell’ospedale per i quali l’implementazione di tecnologie di IA rappresenterà sicuramente un valore aggiunto”.
A complemento dell’azione istituzionale il centro TISP apre un Tavolo di Lavoro presso l’ISS su “IA e Big Data” con esperti di diverse istituzioni per promuovere indirizzi in merito alla qualità dei Dataset e alle Policy da adottare per Database Multisito (ovvero Big Data provenienti da differenti sedi). Si partirà con il caso studio della TAC e le nuove normative EURATOM in tema di “dose reporting” nel referto, visto il grande interesse nell’implementazione dell’intelligenza artificiale nelle tecniche di imaging radiologiche ma le raccomandanzioni risultanti potranno essere generalizzate ad altre tipologie di Dataset multiformato (Big Data) che rappresentano la fonte che alimenta il training dei programmi di IA.
14mila bimbi nati da fecondazione assistita e cresce tecnica eterologa
Nuove tendenzeIn Italia sono nati 13.973 bambini, nel 2017, da procreazione medicalmente assistita. Inoltre cresce la percentuale di fecondazione eterologa: il numero di figli nati grazie a donazione di ovociti o spermatozoi è aumentato del 19% rispetto al 2016. A tracciare il quadro è la Relazione al Parlamento sulla Procreazione medicalmente assistita (Pma) nel 2019.
Fecondazione assistita, i dati
Rispetto all’anno precedente, nel 2017 sono aumentate le coppie che hanno fatto ricorso alla fecondazione assistita (da 77.522 a 78.366), i cicli effettuati (da 97.656 a 97.888) e i bambini nati vivi (da 13.582 a 13.973). La crescita è”da attribuirsi all’incremento dei cicli effettuati con donazione di gameti”. In generale, aumentano le coppie che fanno ricorso ad eterologa (da 5.450 a 6.429, +18%), aumentano i cicli (da 6.247 a 7.514, +20,3%) e aumentano i nati (da 1.457 a 1.737, +19,2%). Nonostante i centri Pma privati siano in numero superiore a quelli pubblici (106 rispetto a 67), nel privato si effettuano meno cicli di trattamento: il 35,3% dei centri è pubblico ed effettua il 37,4% dei cicli; l’8,9% è privato convenzionato ed effettua il 29,5% dei cicli; il 55,8% è privato ed effettua il 33,1% dei cicli. Rispetto al 2016 sono cresciute le donne che accedono alle varie tecniche di fecondazione assistita con meno di 35 anni e le donne di età compresa tra i 35 ed i 39 anni, mentre diminuiscono le over 40.
Creme solari. Proteggono davvero tutte? Il test
News PresaEsporsi al sole senza protezione a lungo andare può avere conseguenze molto gravi. Il rischio aumenta quando si tratta della pelle dei più piccoli. Tra i fattori di rischio per lo sviluppo dei tumori cutanei in età adulta c’è proprio l’intensa esposizione al sole in età infantile, con scottature ed eritemi. Per questo motivo è importante applicare sulla pelle dei bambini una crema ad alta (Spf 50) o altissima protezione (Spf 50+) quando giocano sotto il sole e limitare l’esposizione diretta dalle 11 alle 16, nelle ore in cui i raggi Uv sono più forti. Per scegliere la crema migliore, meglio non affidarsi al caso. Lo dimostra l’ultimo test effettuato da Altroconsumo a livello europeo. Sono state portate in laboratorio 16 creme solari acquistate tra farmacie, supermercati e discount per capire quali sono le più affidabili. Non tutte, però, hanno superato le prove. Due prodotti, infatti, non proteggono quanto dovrebbero. In generale i risultati del test sulle creme solari con fattore Spf 50+ sono stati rassicuranti: quasi tutti rispettano il grado di protezione riportato in etichetta. Fanno eccezione due prodotti che sono stati segnalati al Ministero della Salute ed è stato richiesto il ritiro dal mercato. Soprattutto in casi come questi, il rischio scottature può essere alto, a maggior ragione perché chi acquista questo tipo di prodotti è convinto di poter contare su un fattore di protezione altissimo e sul fatto che sono indicati per i bambini.
Raggi Uvb e raggi Uva, perché è importante proteggersi
I raggi Uvb sono responsabili della produzione di melanina e degli eritemi. La protezione dai raggi Uvb è indicata dall’Spf, ovvero il numero riportato in etichetta (in questo caso 50+). È possibile scegliere il grado di protezione in base a diversi fattori come ad esempio il fototipo della pelle. I raggi Uva, invece, sono quelli che penetrano più in profondità e causano l’invecchiamento precoce della pelle. La protezione dai raggi Uva è indicata in etichetta semplicemente da un bollo apposto dal produttore, che di fatto si fa garante che quel prodotto protegge da questi raggi. L’utilizzatore non sa però qual è il grado di efficacia reale di questo tipo di protezione. L’elevata esposizione a entrambi costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo dei tumori della pelle. Una raccomandazione europea chiede che ci sia un certo equilibrio tra i due tipi di potere schermante e che la protezione contro i raggi Uva sia almeno un terzo dell’Spf dichiarato in etichetta.
Creme solari per bambini, quali sono da evitare?
Altro punto importante, soprattutto quando la crema è destinata a proteggere i bambini, è che non ci siano ingredienti critici, come fragranze allergizzanti o sostanze che possono disturbare l’equilibrio ormonale del nostro organismo (interferenti endocrini). Alcuni ingredienti in uso nell’industria cosmetica sono sotto la lente d’ingrandimento poiché sospettati di essere dei potenziali interferenti endocrini (sostanze in grado di alterare l’equilibrio ormonale di animali, essere umani compresi). Il problema sollevato non è riferito al “pericolo” indotto dall’uso di una singola sostanza (che raramente espone a dei reali rischi) bensì all’effetto multiplo (il cosiddetto “effetto cocktail”) risultante dal contatto diretto con più sostanze e non solo attraverso i prodotti di personal care. Per quanto riguarda l’ambito specifico dei cosmetici sconsigliamo di scegliere prodotti (e quindi anche solari) che contengono propylparaben, butylparaben (conservanti) e ethylhexyl methoxycinnamate (filtro UV). Per quanto riguarda sensibilizzazioni e allergie, soggetti che presentano una pelle molto delicata dovrebbero evitare prodotti che contenenti le una o più delle 26 fragranze riconosciute come allergeniche: tra queste consigliamo di evitare in particolare la sostanza butylphenyl methylproprional perché è stata recentemente ritenuta non sicura in tutti i prodotti cosmetici, al di là del suo potenziale potere allergenico.
Attenzione alle etichette delle creme solari
Anche per le creme solari vale la regola che l’etichetta deve essere chiara, leggibile e senza claim fuorvianti. In particolare, attenzione a:
Un virus contro il tumore della prostata
Ricerca innovazioneUn semplice virus del raffreddore potrebbe rivoluzionare le terapie per il tumore della prostata. La notizia si fa sta facendo strada poco alla volta, ma sta conquistando pian piano la curiosità del web e soprattutto l’attenzione degli addetti ai lavori. Del resto, se confermati da uno studio più ampio, i risultati ottenuti in Gran Bretagna sono veramente importanti. Al momento i fatti raccontano una storia incredibile: un piccolo trial clinico reso noto sulla rivista Clinical Cancer Research parla di un paziente risultato del tutto libero dalla malattia dopo il trattamento e altri 14 pazienti trattati nei quali si è osservata la morte delle cellule tumorali, con riduzione della massa tumorale.
LA RICERCA
Questi sono i promettenti risultati di una ricerca condotta presso la University of Surrey. Secondo gli scienziati autori del lavoro, il virus – chiamato coxsackievirus (CVA21) – potrebbe rivoluzionare la terapia per il tumore e ridurre il rischio di recidive. Quel che fa il virus è speciale, dichiara l’autore del lavoro Hardev Pandha. «Il virus penetra nelle cellule tumorali e le uccide azionando una proteina del sistema immunitario del paziente – spiega – e stimola altre cellule del sistema immunitario ad attaccare il tumore», che normalmente non viene attaccato dalle difese del corpo e per questo è definito “tumore freddo”. Infatti le cure attualmente in uso per questo tumore sono o invasive (la chirurgia) o molto tossiche e il rischio di recidive è sempre alto.
PRIMI CASI
Gli esperti hanno somministrato il virus a 15 pazienti direttamente in vescica attraverso un catetere, una settimana prima di procedere con la chirurgia. È emerso che il virus, oltre a uccidere direttamente il tumore infettando le cellule malate, stimola il sistema immunitario ad attaccare il male. «La riduzione della massa tumorale e la morte delle cellule malate è stata osservata in tutti i pazienti – sottolinea Pandha – e appena dopo una settimana dal trattamento il tumore è completamente scomparso in un paziente, mostrando l’enorme potenziale di questa cura». Non bastasse tutto questo, si è anche osservato che la cura non ha mostrato effetti collaterali. Entusiasmo alle stelle? Meglio andarci piano, servirà ora confermare il dato su altri pazienti. Secondo gli autori dello studio l’obiettivo è anche quello di affiancare al virus l’immunoterapia che finora è stata preclusa per questo tumore.
Vaccini e scuola, niente più certificati
Prevenzionevaccini, si cambia. Niente più caos per i certificati, ma soprattutto niente più “furbetti” dell’ultimo minuto: con l’attivazione dell’anagrafe vaccinale i tantissimi problemi legati all’adempienza o all’inadempienza dei genitori sono finalmente roba vecchia. La deadline fissata al 10 luglio per la presentazione dei certificati di avvenute vaccinazioni per le iscrizioni scolastiche, prevista dalla normativa vigente (Legge Lorenzin), non sarà dunque un problema. A sottolinearlo sono stati il ministero della Salute e il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Entrambi hanno chiarito che, essendo stata attivata l’Anagrafe nazionale vaccinale, i genitori non hanno più l’obbligo di presentare la documentazione, perché il Sistema automatizzato fa dialogare Asl e istituti scolastici.
ISTANTANEA
Grazie all’Anagrafe vaccinale, le situazioni irregolari di genitori che non hanno sottoposto i figli alle vaccinazioni obbligatorie per la frequenza scolastica sono già state comunicate dalle Aziende sanitarie alle istituzioni scolastiche che provvederanno a richiedere i documenti eventualmente mancanti ai genitori. Hanno quindi un’istantanea della situazione, che consente di intervenire in maniera chirurgica per risolvere eventuali problemi. I genitori avranno a loro volta dieci giorni di tempo per portarli a scuola. Il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha istituito l’anagrafe nazionale con decreto ministeriale del 18 settembre scorso. Tutte le Regioni hanno avviato da aprile la trasmissione dei dati sui vaccini , tranne le Province autonome di Trento e Bolzano che saranno presto a regime.
LE REGOLE
Quella dei vaccini obbligatori è ovviamente una questione che ha creato non pochi dissensi e problemi. Molti genitori non amano essere “tirati per giacchetta” e considerano l’obbligo vaccinale una sorta di ricatto. Molti altri sono invece ben contenti che vi sia una copertura più ampia e denunciano la mancata applicazione in maniera severa e omogenea sul territorio. Le posizioni più estreme sono ancora una volta quelle dei no vax, che in molti casi promettono battaglia e che non hanno alcuna intenzione di piegarsi all’obbligo. Va detto che anche il quadro normativo è cambiato più e più volte, creando tra i cittadini non poca confusione. Si attende, per ora, he il Parlamento prenda provvedimenti su quello che viene definito “obbligo vaccinale flessibile” ( per il quale la vaccinazione resterebbe obbligatoria solo “in caso di emergenze sanitarie o di compromissione dell’immunità di gruppo”). Intanto resta in vigore la legge Lorenzin: che prevede l’obbligo della vaccinazione per le iscrizioni all’asilo nido e alla scuola materna e, con modalità diverse, riguarda anche le scuole elementari, scuole medie e i primi due anni delle superiori, fino ai 16 anni. Di conseguenza i bambini da 0 a 6 anni non in regola con le vaccinazioni non potranno accedere agli asili nido e alle scuole dell’infanzia. Bambini e ragazzi nella fascia d’età da 6 a 16 anni potranno invece entrare a scuola.