Tempo di lettura: 4 minutiNei pazienti in terapia con statine alla massima dose tollerata, la associazione fissa acido bempedoico/ezetimibe riduce i valori di colesterolo del 38% e quelli della proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP), un importante marker dell’infiammazione associato a malattia cardiovascolare, del 35%. Daiichi Sankyo Europe ha annunciato oggi che i risultati finali dello studio registrativo di Fase III sulla associazione fissa acido bempedoico/ezetimibe somministrata a 382 pazienti per 12 settimane (noto anche come Studio 053), sono stati pubblicati sull’European Journal of Preventive Cardiology. L’acido bempedoico in monoterapia ed in associazione con ezetimibe sono attualmente in corso di valutazione da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense per l’autorizzazione all’immissione in commercio.
Lo studio chiave di Fase III, 053, ha valutato l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità dell’acido bempedoico in associazione ad ezetimibe per il trattamento di pazienti con malattia cardiovascolare ad alto rischio (CVD) già in terapia con statine alla massima dose tollerata (compreso chi non assumeva statine per intolleranza). La pubblicazione sull’European Journal of Preventive Cardiology mette in luce i risultati relativi all’endpoint primario (riduzione del colesterolo LDL) e agli endpoint chiave secondari a 12 settimane, che dimostrano che l’associazione ha significativamente ridotto i valori di colesterolo LDL del 38% rispetto al background ottenuto con le statine alla dose massima tollerata e ha significativamente ridotto del 35% la proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP), un importante marker dell’infiammazione sottostante associata a malattia cardiovascolare. Tale associazione ha dimostrato, inoltre, un profilo di sicurezza favorevole ed una buona tollerabilità quando aggiunta alla terapia con statine alla dose massima tollerata. Infine, l’incidenza di eventi avversi, di eventi avversi a carico dei muscoli, di eventi avversi seri, così come dell’interruzione del trattamento dovuta a un evento avverso, era simile nei gruppi con trattamento attivo. Tali evidenze supportano l’associazione fissa di acido bempedoico/ezetimibe come potente e conveniente terapia complementare all’attuale regime terapeutico ipolipemizzante.
“I risultati di questo studio mostrano che l’associazione di acido bempedoico e ezetimibe ha ulteriormente ridotto, in modo significativo, i valori di colesterolo LDL-C e di hsCRP quando aggiunta alla terapia con statine alla dose massima tollerata – ha dichiarato Christie M. Ballantyne MD, professore di medicina presso il Baylor College of Medicine di Houston in Texas, e sperimentatore principale dello studio – Per i pazienti che non raggiungono i loro livelli target nonostante le terapie attualmente accessibili, la riduzione di LDL-C e di hsCRP osservata dopo somministrazione dell’associazione acido bempedoico/ezetimibe, fa di questa associazione un’opzione terapeutica molto importante.”
L’efficacia delle statine per trattare l’ipercolesterolemia è provata, tuttavia in Europa un elevato numero di soggetti che non raggiungono i livelli ottimali di LDL-C, perché intolleranti alle statine o perché in terapia con la massima dose tollerata[i], rimane ad alto rischio di malattia cardiovascolare (CVD). Anche nella fascia di pazienti ad altissimo rischio, solo il 22-32% raggiunge il livello target di LDL-C.[ii],[iii]
“Siamo lieti di presentare i benefici di riduzione di LDL-C e hsCRP che l’associazione fissa di acido bempedoico con ezetimibe ha comportato per i pazienti ad alto rischio di CVD in corso di terapia con statine alla massima dose tollerata o per i quali le statine non costituivano un’opzione terapeutica possibile. Questi risultati si aggiungono al crescente numero di prove a supporto dell’acido bempedoico e della sua associazione fissa con ezetimibe per somministrazione orale. – Ha affermato Wolfgang Zierhut, MD, responsabile del dipartimento Antithrombotic and Cardiovascular Medical Affairs di Daiichi Sankyo Europe – Con la sua specifica modalità di azione sul fegato, l’acido bempedoico evita gli effetti collaterali debilitanti a carico dei muscoli spesso associati alle statine, e potrebbe rappresentare un’importante alternativa per i pazienti con ipercolesterolemia che non raggiungono i loro obiettivi con le opzioni di trattamento esistenti”.
Acido Bempedoico
Con un meccanismo d’azione mirato, l’acido bempedoico è il primo farmaco appartenente alla classe degli inibitori dell’ATP citrato liasi (ACL), orale, in monosomministrazione giornaliera, che riduce la biosintesi del colesterolo e degli acidi grassi e riduce il C-LDL agendo sul recettore LDL. Come le statine, l’acido bempedoico riduce anche la proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP), un marcatore chiave dell’infiammazione associato alla malattia cardiovascolare.[iv] L’acido bempedoico è un profarmaco che è attivato dalla acil-CoA sintetasi a catena molto lunga-1 (ACSVL1). Inoltre, è stato dimostrato che l’assenza di ACSVL1 nel muscolo scheletrico permette all’acido bempedoico di non provocare la miotossicità associata alla terapia con le statine.[v] Gli studi di fase II e di fase III condotti su quasi 4.800 pazienti, con circa 3.100 pazienti trattati con acido bempedoico, hanno messo in evidenza una ulteriore riduzione del colesterolo LDL del 20% quando utilizzato con statine alla massima dose tollerata, fino al 30% quando utilizzato in monoterapia, e una riduzione del 35% in associazione ad ezetimibe se usato con statine alla massima dose tollerata, e fino al 48% di C-LDL in associazione ad ezetimibe senza somministrazione concomitante di statine.5 La frequenza di eventi avversi osservati durante il trattamento, di eventi avversi a carico dei muscoli e di interruzioni del trattamento, è risultata sovrapponibile nel gruppo trattato con acido bempedoico e in quello trattato con placebo.7
L’effetto dell’acido bempedoico sulla morbilità e mortalità cardiovascolare non è stato ancora determinato. L’azienda ha avviato uno studio globale sugli eventi cardiovascolari, al fine di valutare gli effetti dell’acido bempedoico sulla frequenza di eventi cardiovascolari maggiori in pazienti con malattia cardiovascolare o ad alto rischio, che non tollerano neanche la più bassa dose giornaliera di statine approvata, e dunque sono considerati “statino-intolleranti”. Il trial – noto come CLEAR Outcomes – è uno studio event-driven, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo che prevede l’arruolamento di circa 12.600 pazienti con ipercolesterolemia ad elevato rischio di malattia cardiovascolare, in oltre 1.000 centri distribuiti in circa 30 Paesi.[vi]
Associazione Acido Bempedoico / Ezetimibe in compresse
L’associazione di acido bempedoico e ezetimibe è una terapia non-statinica, disponibile per via orale (compresse), in monosomministrazione giornaliera, per ridurre i livelli di C-LDL, mediante i meccanismi di azione complementari di inibizione della sintesi del colesterolo (acido bempedoico) e inibizione dell’assorbimento del colesterolo (ezetimibe). L’inibizione dell’adenosina trifosfato (ATP) citrato liasi (ACL) da parte dell’acido bempedoico riduce la biosintesi del colesterolo e riduce il C-LDL agendo sul recettore LDL. L’inibizione del gene NPC1L1 (Niemann-Pick C1-Like 1), grazie a ezetimibe, si traduce in un ridotto assorbimento del colesterolo dal tratto gastrointestinale che, di conseguenza, riduce l’apporto di colesterolo al fegato, con effetti conseguenti sui recettori LDL.I dati di Fase III hanno dimostrato che questa associazione ben tollerata determina una riduzione del 35% del C-LDL quando utilizzato con statine alla massima dose tollerata, una riduzione del 43% del C-LDL quando usato in monoterapia, e una riduzione del 34% della proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP). La frequenza di eventi avversi osservati durante il trattamento, di eventi avversi a carico dei muscoli e di interruzioni del trattamento, è risultata sovrapponibile nel gruppo trattato con acido bempedoico e in quello trattato con placebo [vii]
Medicinali scaduti: si può anche morire. Vademecum AIFA
FarmaceuticaNei farmaci, con il passare del tempo, può verificarsi una degradazione del principio attivo o degli eccipienti. Questo, oltre a rendere inefficaci i medicinali, può provocare conseguenze gravissime, come ad esempio una reazione allergica fatale, già a dosi bassissime, a causa delle impurezze. Il vademecum dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) fa luce sui rischi che si corrono assumendo farmaci scaduti.
“La data di scadenza dei medicinali non è la mera conseguenza di considerazioni arbitrarie o di logiche di tipo commerciale – spiega AIFA in una nota – ma scaturisce da evidenze scientifiche”. È il risultato di una valutazione basata sugli studi di stabilità condotti sui farmaci. I metodi utilizzati per svolgere questi test sono standardizzati e regolati da protocolli riportati nelle linee guida internazionali ICH che vengono seguite in Europa, Stati Uniti e Giappone.
Gli studi di stabilità condotti dalle aziende farmaceutiche sono riportati in specifiche sezioni del dossier che accompagna la registrazione di un farmaco e che viene sottoposto ad AIFA per la concessione dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio. Il periodo di validità di un medicinale (che porta alla definizione della data di scadenza) è quindi autorizzato sulla base della valutazione compiuta dagli esperti dell’Agenzia sui valori (numeri e parametri ben precisi) derivanti dagli studi.
Stesso discorso vale anche per le condizioni di conservazione autorizzate, che sono solo quelle per le quali esistono elementi a supporto. Non è opportuno che sia il paziente a valutare se un farmaco scaduto sia utilizzabile o meno e quale sia la sua pericolosità considerando in autonomia il colore, l’odore o i cambiamenti nella consistenza. Col passare del tempo si può verificare infatti una degradazione del principio attivo che oltre a inficiarne l’efficacia, può comportare rischi in termini di sicurezza. La degradazione del principio attivo o degli eccipienti contenuti nei medicinali potrebbe mettere a serio rischio la vita del paziente. Vale la pena ricordare che la data di scadenza si riferisce al farmaco conservato all’interno del suo contenitore integro e alle condizioni di temperatura e umidità standard, per cui un medicinale conservato per anni in casa, magari in maniera non corretta, si degraderà più velocemente.
La corretta conservazione dei medicinali serve a mantenerne inalterate le caratteristiche farmacologiche e terapeutiche per tutto il periodo di validità indicato sulla confezione, in quanto ne garantisce la stabilità, requisito essenziale perché possano esplicare a pieno l’attività terapeutica attesa. È bene conservare i farmaci in un luogo fresco e asciutto della casa (non nel bagno), lontano da fonti di calore, nei contenitori originali etichettati. Spesso gli effetti negativi di luce, aria e sbalzi di temperatura, dovuti alle ripetute aperture della confezione, possono deteriorare il principio attivo; in questi casi è buona norma annotare sulla confezione la data di prima apertura. È sempre di fondamentale importanza seguire le informazioni sulla conservazione riportate nel foglio illustrativo di ciascun medicinale.
Bambini, l’importanza degli occhiali da sole
BambiniTutti a pensare alla pelle, ma anche gli occhi vanno protetti dai raggi solari. Soprattutto gli occhi dei bambini. Secondo gli esperti, infatti, l’esposizione alla luce può causare danni alle diverse strutture dell’occhio e con il tempo anche all’insorgere di patologie della retina e del cristallino. Ecco allora un piccolo decalogo, o meglio, una guida con qualche consiglio utile in vista dell’estate. Partiamo da un concetto importante: gli occhiali, prima ancora di migliorare la vista, sono una barriera che protegge l’occhio. Oltre a riparare dai raggi ultravioletti, impediscono ai corpi estranei di entrare negli occhi – per esempio, in una giornata di vento – e creano una barriera protettiva anche contro lo smog. I modelli per piccolissimi sono dotati di una fascetta elastica che li mantiene nella posizione corretta. L’atteggiamento verso gli occhiali, comunque, varia da bambino a bambino: alcuni sono particolarmente infastiditi dalla luce del sole e, di conseguenza, si abituano subito, indossandoli volentieri. Altri non ne vogliono proprio sapere. In questi casi, se il bambino percepisce gli occhiali come una costrizione, meglio cercare di ripararlo dalla luce eccessiva adottando altri accorgimenti. Si può applicare al passeggino l’ombrellino para-sole o fargli indossare un cappellino con la visiera.
PROBLEMI DI VISTA
Se i bambini hanno anche bisogno di lenti da vista, per evitare il disagio di avere due paia di occhiali da mettere alternativamente, si può scegliere un modello con lenti fotocromatiche, che si scuriscono progressivamente man mano che aumenta la luce, associando la funzione protettiva a quella correttiva. Ma, come scegliere il modello giusto? II consiglio è di rivolgersi sempre per l’acquisto a negozi specializzati, che garantiscano occhiali con filtro protettivo contro i raggi ultravioletti, e non semplici lenti colorate. Il marchio CE, poi, è un’ulteriore garanzia, che indica la corrispondenza del prodotto alle relative normative dell’Unione Europea. Un ottico esperto saprà consigliare anche la montatura più adatta al piccolo. È importante che sia adeguata alle dimensioni del viso. Di solito, quelle per bambini sono in gomma, atossiche per evitare rischi nel caso il piccolo mettesse gli occhiali in bocca, senza naselli e con stanghette elastiche che non esercitino pressione. In genere, si punta sulle gradazioni del marrone, con un tasso di assorbimento della luce dal 70 all’80%: una lente troppo scura, infatti, potrebbe non essere gradita al bimbo.
SECCHEZZA E ARROSSAMENTI
Anche il caldo o l’aria condizionata delle nostre case possono creare qualche disagio al piccolo. Questi fattori provocano una maggiore evaporazione del film lacrimale, la sottile “pellicola” che ricopre e protegge l’occhio. Gli occhietti del bambino, particolarmente sensibili, possono più facilmente andare incontro a fenomeni di secchezza o arrossamento. Come si può alleviare il fastidio? Lacrime artificiali, preferibilmente in confezioni mono-dose, per una maggiore garanzia di sterilità: lubrificano l’occhio, eliminando i corpi estranei, e non hanno controindicazioni. Se il disturbo persiste, e si nota che il bimbo si stropiccia spesso gli occhi, che tendono a lacrimare quando sta al sole, conviene però rivolgersi a uno specialista. Potrebbe trattarsi di congiuntivite allergica, un fenomeno sempre più diffuso anche tra i piccolissimi, che di solito si manifesta nei mesi estivi, mentre la congiuntivite batterica è più frequente d’inverno. Questa condizione spesso, nel bimbo, non è associata ad altri sintomi di tipo allergico: riguarda solo gli occhi, provocando, anche nelle forme lievi, una fastidiosa fotofobia, cioè un’eccessiva sensibilità alla luce. L’oculista, dopo aver valutato la situazione, indicherà il rimedio più adeguato.
Riduzione colesterolo LDL con associazione fissa Acido Bempedoico/Ezetimibe. Lo studio
Ricerca innovazioneNei pazienti in terapia con statine alla massima dose tollerata, la associazione fissa acido bempedoico/ezetimibe riduce i valori di colesterolo del 38% e quelli della proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP), un importante marker dell’infiammazione associato a malattia cardiovascolare, del 35%. Daiichi Sankyo Europe ha annunciato oggi che i risultati finali dello studio registrativo di Fase III sulla associazione fissa acido bempedoico/ezetimibe somministrata a 382 pazienti per 12 settimane (noto anche come Studio 053), sono stati pubblicati sull’European Journal of Preventive Cardiology. L’acido bempedoico in monoterapia ed in associazione con ezetimibe sono attualmente in corso di valutazione da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense per l’autorizzazione all’immissione in commercio.
Lo studio chiave di Fase III, 053, ha valutato l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità dell’acido bempedoico in associazione ad ezetimibe per il trattamento di pazienti con malattia cardiovascolare ad alto rischio (CVD) già in terapia con statine alla massima dose tollerata (compreso chi non assumeva statine per intolleranza). La pubblicazione sull’European Journal of Preventive Cardiology mette in luce i risultati relativi all’endpoint primario (riduzione del colesterolo LDL) e agli endpoint chiave secondari a 12 settimane, che dimostrano che l’associazione ha significativamente ridotto i valori di colesterolo LDL del 38% rispetto al background ottenuto con le statine alla dose massima tollerata e ha significativamente ridotto del 35% la proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP), un importante marker dell’infiammazione sottostante associata a malattia cardiovascolare. Tale associazione ha dimostrato, inoltre, un profilo di sicurezza favorevole ed una buona tollerabilità quando aggiunta alla terapia con statine alla dose massima tollerata. Infine, l’incidenza di eventi avversi, di eventi avversi a carico dei muscoli, di eventi avversi seri, così come dell’interruzione del trattamento dovuta a un evento avverso, era simile nei gruppi con trattamento attivo. Tali evidenze supportano l’associazione fissa di acido bempedoico/ezetimibe come potente e conveniente terapia complementare all’attuale regime terapeutico ipolipemizzante.
“I risultati di questo studio mostrano che l’associazione di acido bempedoico e ezetimibe ha ulteriormente ridotto, in modo significativo, i valori di colesterolo LDL-C e di hsCRP quando aggiunta alla terapia con statine alla dose massima tollerata – ha dichiarato Christie M. Ballantyne MD, professore di medicina presso il Baylor College of Medicine di Houston in Texas, e sperimentatore principale dello studio – Per i pazienti che non raggiungono i loro livelli target nonostante le terapie attualmente accessibili, la riduzione di LDL-C e di hsCRP osservata dopo somministrazione dell’associazione acido bempedoico/ezetimibe, fa di questa associazione un’opzione terapeutica molto importante.”
L’efficacia delle statine per trattare l’ipercolesterolemia è provata, tuttavia in Europa un elevato numero di soggetti che non raggiungono i livelli ottimali di LDL-C, perché intolleranti alle statine o perché in terapia con la massima dose tollerata[i], rimane ad alto rischio di malattia cardiovascolare (CVD). Anche nella fascia di pazienti ad altissimo rischio, solo il 22-32% raggiunge il livello target di LDL-C.[ii],[iii]
“Siamo lieti di presentare i benefici di riduzione di LDL-C e hsCRP che l’associazione fissa di acido bempedoico con ezetimibe ha comportato per i pazienti ad alto rischio di CVD in corso di terapia con statine alla massima dose tollerata o per i quali le statine non costituivano un’opzione terapeutica possibile. Questi risultati si aggiungono al crescente numero di prove a supporto dell’acido bempedoico e della sua associazione fissa con ezetimibe per somministrazione orale. – Ha affermato Wolfgang Zierhut, MD, responsabile del dipartimento Antithrombotic and Cardiovascular Medical Affairs di Daiichi Sankyo Europe – Con la sua specifica modalità di azione sul fegato, l’acido bempedoico evita gli effetti collaterali debilitanti a carico dei muscoli spesso associati alle statine, e potrebbe rappresentare un’importante alternativa per i pazienti con ipercolesterolemia che non raggiungono i loro obiettivi con le opzioni di trattamento esistenti”.
Acido Bempedoico
Con un meccanismo d’azione mirato, l’acido bempedoico è il primo farmaco appartenente alla classe degli inibitori dell’ATP citrato liasi (ACL), orale, in monosomministrazione giornaliera, che riduce la biosintesi del colesterolo e degli acidi grassi e riduce il C-LDL agendo sul recettore LDL. Come le statine, l’acido bempedoico riduce anche la proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP), un marcatore chiave dell’infiammazione associato alla malattia cardiovascolare.[iv] L’acido bempedoico è un profarmaco che è attivato dalla acil-CoA sintetasi a catena molto lunga-1 (ACSVL1). Inoltre, è stato dimostrato che l’assenza di ACSVL1 nel muscolo scheletrico permette all’acido bempedoico di non provocare la miotossicità associata alla terapia con le statine.[v] Gli studi di fase II e di fase III condotti su quasi 4.800 pazienti, con circa 3.100 pazienti trattati con acido bempedoico, hanno messo in evidenza una ulteriore riduzione del colesterolo LDL del 20% quando utilizzato con statine alla massima dose tollerata, fino al 30% quando utilizzato in monoterapia, e una riduzione del 35% in associazione ad ezetimibe se usato con statine alla massima dose tollerata, e fino al 48% di C-LDL in associazione ad ezetimibe senza somministrazione concomitante di statine.5 La frequenza di eventi avversi osservati durante il trattamento, di eventi avversi a carico dei muscoli e di interruzioni del trattamento, è risultata sovrapponibile nel gruppo trattato con acido bempedoico e in quello trattato con placebo.7
L’effetto dell’acido bempedoico sulla morbilità e mortalità cardiovascolare non è stato ancora determinato. L’azienda ha avviato uno studio globale sugli eventi cardiovascolari, al fine di valutare gli effetti dell’acido bempedoico sulla frequenza di eventi cardiovascolari maggiori in pazienti con malattia cardiovascolare o ad alto rischio, che non tollerano neanche la più bassa dose giornaliera di statine approvata, e dunque sono considerati “statino-intolleranti”. Il trial – noto come CLEAR Outcomes – è uno studio event-driven, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo che prevede l’arruolamento di circa 12.600 pazienti con ipercolesterolemia ad elevato rischio di malattia cardiovascolare, in oltre 1.000 centri distribuiti in circa 30 Paesi.[vi]
Associazione Acido Bempedoico / Ezetimibe in compresse
L’associazione di acido bempedoico e ezetimibe è una terapia non-statinica, disponibile per via orale (compresse), in monosomministrazione giornaliera, per ridurre i livelli di C-LDL, mediante i meccanismi di azione complementari di inibizione della sintesi del colesterolo (acido bempedoico) e inibizione dell’assorbimento del colesterolo (ezetimibe). L’inibizione dell’adenosina trifosfato (ATP) citrato liasi (ACL) da parte dell’acido bempedoico riduce la biosintesi del colesterolo e riduce il C-LDL agendo sul recettore LDL. L’inibizione del gene NPC1L1 (Niemann-Pick C1-Like 1), grazie a ezetimibe, si traduce in un ridotto assorbimento del colesterolo dal tratto gastrointestinale che, di conseguenza, riduce l’apporto di colesterolo al fegato, con effetti conseguenti sui recettori LDL.I dati di Fase III hanno dimostrato che questa associazione ben tollerata determina una riduzione del 35% del C-LDL quando utilizzato con statine alla massima dose tollerata, una riduzione del 43% del C-LDL quando usato in monoterapia, e una riduzione del 34% della proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP). La frequenza di eventi avversi osservati durante il trattamento, di eventi avversi a carico dei muscoli e di interruzioni del trattamento, è risultata sovrapponibile nel gruppo trattato con acido bempedoico e in quello trattato con placebo [vii]
Encefalite equina, allarme in Florida
News PresaNon è un nuovo virus, ma sta mettendo in allarme la Florida perché ora è aumentata la possibilità di trasmissione all’uomo. Si tratta dell’encefalite equina, che si presenta nell’uomo con mal di testa, febbre alta, brividi e vomito. Il virus, ha effetti più gravi rispetto alla Febbre del Nilo, a trasmetterlo sono le zanzare e in Florida si sono registrati alcuni decessi, tanto che le autorità sanitarie hanno deciso di lanciare un allarme. Sono i funzionari sanitari della Florida ad affermare che il virus dell’encefalite equina orientale (EEEV) trasmesso dalle zanzare provoca gonfiore al cervello. Il virus potenzialmente mortale trasmesso dalle zanzare ha destato preoccupazione alla fine della scorsa settimana, visto che molti polli sentinella nello stesso gregge sono risultati positivi al virus dell’encefalite equina orientale (EEEV), notando che il rischio di trasmissione del virus all’uomo è aumentato.
I SINTOMI
Per manifestare i sintomi della malattia servono in media da 4 a 10 giorni dal momento della puntura di una zanzara infetta. Nei casi più gravi arriva subito febbre alta e, brividi, mal di testa e vomito, secondo i Centri di controllo americani, con i medici che hanno riscontrato che «la malattia può quindi progredire in disorientamento, convulsioni e coma». Un terzo delle persone colpite dal virus muore, mentre i sopravvissuti in genere hanno «danni cerebrali da lievi a gravi». A destare grande preoccupazione è anche il fatto che non ci sia al momento un trattamento specifico contro questa malattia. «Gli antibiotici non sono efficaci contro il virus – dicono i Centri di controllo americani – e non sono stati scoperti efficaci farmaci antivirali».
COME ZIKA
L’allarme di oggi ricorda da vicino quello lanciato in occasione del virus Zica, sempre trasmesso dalle zanzare. ll virus Zika non è un agente infettivo recente, ma la sua espansione per molti anni è stata piuttosto limitata. È stato isolato per la prima volta in un macaco della foresta di Zika, in Uganda. Era il 1947. Oggi è endemico in una parte dell’Africa e dell’Asia. La diffusione in America Latina è invece un evento molto più recente: i primi casi sono stati registrati nel 2014. Dopo la puntura di una zanzara infetta, i sintomi della febbre da virus Zika tendono a manifestarsi dopo un periodo di incubazione di 3-12 giorni. I sintomi ricordano quelli dell’influenza: febbricola, astenia, congiuntivite, mal di testa, mialgia e dolori articolari (soprattutto alle mani ed ai piedi). In alcuni casi ci possono essere eruzioni cutanee. La differenza con quanto sta avvenendo in Florida è che lo Zika ha generalmente un decorso benigno e, di solito, si risolve spontaneamente entro 2-7 giorni.
Medico a 5 stelle, ecco come scelgono gli italiani
News PresaIn un mondo fatto ormai di recensioni la classica domanda che tutti ci poniamo quando ci viene consigliato un medico cambia di significato. «È bravo?». Per saperlo basta consultare le sue recensioni, vedere quali sono le opinioni lasciate dai pazienti. Questo sbilancia dal lato dell’assistito quel rapporto che un tempo era tutto a favore del medico. Chi ha qualche hanno in più ricorderà bene quale momento solenne fosse la visita del medico di famiglia a casa, o quale soggezione creasse l’essere a confronto con lo specialista per qualche questione più complessa. Capitava, non di rado, che il medico fosse un po’ scontroso. Del tipo «ha un brutto carattere, però è bravo».
L’INDAGINE
Colpisce in questo senso un’indagine promossa dalla piattaforma on line “MioDottore”, che ha indagato come in Italia e nei Paesi in cui il gruppo è presente, gli utenti del portale si rapportano alle recensioni e quanto si affidano a queste nella scelta di uno specialista e nella prenotazione di un consulto medico. Le recensioni presenti sulla piattaforma si basano esclusivamente sulla valutazione dei servizi e non sulle competenze professionali o criteri medici e possono essere effettuate solo da utenti già registrati sulla piattaforma MioDottore. Nel momento in cui devono valutare un medico, gli italiani sono particolarmente attenti a come lo specialista si è comportato durante la visita, più della metà (54%), infatti, ritiene sia fondamentale la dedizione e la cura rivolta al paziente, il 31% controlla minuziosamente la formazione accademica del professionista, l’8% tiene in considerazione la comodità e la facilità nella prenotazione e solo il 7% considera importanti comodità e pulizia dello studio medico. La Polonia segue lo stesso trend, con il 59% degli utenti che considera l’attenzione rivolta al paziente durante la visita al primo posto; negli altri Paesi presi in esame, invece, gli utenti prestano più attenzione ad altri aspetti: il 56% dei messicani, il 50% dei brasiliani e il 45% degli spagnoli, infatti, indica che è la formazione professionale del medico il criterio più importante nella valutazione di uno specialista.
ITALIA AL TOP
Come evidenziano i dati, esiste una forte correlazione tra le recensioni e il numero di prenotazioni registrate. Tra i Paesi presi in esame dallo studio di MioDottore, l’Italia è tra quelli con la più alta percentuale di punteggi positivi (95%) e in cui l’impatto di questi sulla prenotazione delle visite è maggiore, con il 92% di visite effettuate presso un professionista con un punteggio molto buono. In generale vengono scelti prevalentemente gli specialisti che ottengono un buon punteggio nelle review online rilasciate dagli utenti, ma il fatto che possano esserci feedback neutrali o negativi, non li esclude dall’essere selezionati da altri pazienti. Queste opinioni, infatti, spesso conferiscono una maggiore credibilità al medico, poiché sono considerate più veritiere e realistiche.
MIGLIORARE IL RAPPORTO
Lo studio, inoltre, mette in evidenza un trend generale nei Paesi coinvolti, in base al quale le specializzazioni più popolari, nella maggior parte dei casi, sono anche quelle che raccolgono più recensioni positive e che vengono apprezzate maggiormente dagli utenti. L’Italia, invece, non segue questa tendenza, infatti, sebbene gli psicologi guidino la classifica con il maggior numero di recensioni positive (14%) – seguiti da ginecologi e dietisti (10%), dentisti (7%) e ortopedici (5%) – rimangono fuori dalla top 5 delle professioni e specializzazioni più popolari tra gli utenti dello stivale. «Le recensioni da un lato sono un ottimo strumento per incentivare i professionisti sanitari a migliorare costantemente il proprio servizio, grazie anche al riscontro immediato sulla percezione che gli utenti hanno del servizio svolto – spiega Luca Puccioni, CEO di MioDottore – dall’altro forniscono al paziente un supporto e un criterio estremamente utili per la selezione dello specialista nel momento di prenotazione della visita. Infine, le recensioni hanno un ruolo importante nel processo di semplificazione della comunicazione tra medico e paziente, che costituisce uno degli obiettivi principali della nostra piattaforma».
Nuove prospettive per le malattie neuroendocrine
News PresaSi chiama Netter-2 ed è uno studio multicentrico internazionale per la sperimentazione di un nuovo radiofarmaco da usare nella terapia radiometabolica per i pazienti affetti da neoplasie neuroendocrine. A Napoli questo studio sarà presto attivato al Centro per lo studio e la cura delle neoplasie neuroendocrine coordinato dalla professoressa Annamaria Colao, l’unico nel Meridione a portare avanti questa ricerca.
NUOVI FARMACI
Negli ultimi decenni, le neoplasie neuroendocrine (NENs), malattie a bassa incidenza, ma di forte impatto sulla sanità pubblica perché ad alta prevalenza, sono diventate oggetto di un crescente interesse scientifico. In questo senso il centro di eccellenza ENETs di Napoli si colloca tra i primi centri europei per la sperimentazione di farmaci innovativi e nuove procedure terapeutiche. In particolar modo, all’Istituto Pascale sono in corso le più recenti ed attese sperimentazioni per il trattamento delle neoplasie neuroendocrine gastro-entero-pancreatiche e polmonari. Già moltissimi pazienti con NEN polmonari e addominali, entrando a far parte degli studi clinici internazionali, hanno potuto usufruire di nuove molecole non ancora in commercio come il Lenvatinib, Axitinib e dell’Immunoterapia con Spartalizumab.
UNIRE LE FORZE
Il centro di eccellenza per lo studio e la cura delle Neoplasie Neuroendocrine di Napoli, svolge anche un’intensa attività assistenziale dedicata non solo ai pazienti della Regione Campania, ma anche a pazienti extraregionali. Infatti, gli alti standard quali-quantitativi raggiunti hanno consentito l’accreditamento di centro di eccellenza da parte della società europea ENETs (European Neuroendocrine Tumor Society) e hanno certamente contribuito a rendere il Centro stesso un punto di riferimento per i pazienti meridionali, diversamente costretti a viaggi della speranza verso le regioni settentrionali. Il centro di eccellenza per lo studio e la cura delle neoplasie neuroendocrine è unico nella sua peculiarità. È l’unico esempio, infatti, di “sanità condivisa” in cui quattro centri cittadini (Federico II, Istituto Tumori “G. Pascale”, AORN Cardarelli e AORN Monaldi), hanno unito le forze per creare un percorso unico in cui il paziente affetto da NENs possa trovare tutte le procedure e terapie altamente specialistiche, in un regime di multidisciplinarietà. A breve anche l’Università “Vanvitelli” si aggiungerà al team multidisciplinare.
Buonamassa: «Lascio Londra e torno a Napoli»
News Presa«Dopo anni di permanenza a Londra ho scelto di tornare a vivere a Napoli e di continuare la mia esperienza lavorativa a Pozzuoli». L’annuncio è di quelli che fanno notizia. Non capita tutti i giorni che un “cervello in fuga” (nel caso di specie quello di Simona Buonamassa) scelga di tornare a casa. Soprattutto se sei un brillante neurochirurgo a Londra e scegli rientrare in Campania, regione stretta nel giogo di un commissariamento che sembra infinito. Per Simona si tratta di una scelta che nasce da diverse ragioni sia personali che professionali. Spiega di aver accettato l’incarico a Pozzuoli perché conosce il team di lavoro con cui si troverà ad operare, ma soprattutto perché ha verificato quale crescita stia vivendo il Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli in questo momento.
ESPERIENZA
La brillante dottoressa metterà dunque tutta l’esperienza maturata negli anni all’estero a disposizione dei pazienti che vivono nella regione in cui lei stessa è cresciuta e che le ha permesso di formarsi professionalmente. Lei, napoletana del Vomero, era partita 18 anni fa, appena specializzatasi col massimo dei voti in neurochirurgia alla Federico II di Napoli. A Londra voleva iniziare a lavorare presso il Queen’s Hospital come specialista associata, e così è stato. Da allora la giovane professionista ha collezionato esperienze importanti negli ospedali della capitale britannica: dal National Hospital for Neurology and Neurosurgery all’Oldchurch Hospital, al Charing Cross Hospital, specializzandosi nel trattamento dei tumori cerebrali, negli interventi a paziente sveglio e nelle procedure di mappaggio corticale intraoperatorio. Un percorso professionale tutto inglese continuamente intervallato da esperienze napoletane: il dottorato di ricerca in Neuro-Oncologia Chirurgica nel 2004 alla Seconda Università degli Studi di Napoli e quattro degli otto progetti di ricerca realizzati, portati a termine con i due atenei partenopei, completatisi con fellowship nei migliori centri per il trattamento dei tumori primitivi cerebrali in Canada, Arizona, e Francia. Decine di pubblicazioni, molti interventi a congressi internazionali e diciotto anni dopo aver preso l’aereo per Londra, è maturata la scelta del ritorno in Campania.
NUOVO INIZIO
Nel 2018 la dottoressa Buonamassa ha partecipato al concorso come Neurochirurgo presso il Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli; un reparto che, sotto la guida del primario Raffaele De Falco, è diventato un punto di riferimento in Campania, vantando una casistica di ottimo livello e qualificandosi come un polo attrattore per molti pazienti provenienti anche da fuori regione. Ora, dal primo agosto prossimo, il neurochirurgo Simona Bonamassa attraverserà i corridoi del Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli e non più quelli del Queen’s Hospital di Londra. «Da collega non posso che ringraziare la dottoressa Buonamassa per aver scelto di ritornare a lavorare in Italia», dice Antonio d’Amore, direttore generale dell’ASL Napoli 2 Nord. Negli ultimi anni l’ospedale di Pozzuoli è diventato estremamente attrattivo per molti professionisti di diverse discipline che scelgono il Santa Maria delle Grazie per la qualità dell’assistenza e il contesto di lavoro. In Neurochirurgica, Cardiologia, Chirurgia, Urologia l’ospedale flegreo si pone oggi come un punto di riferimento importante. Ecco perché molti giovani professionisti scelgono di investire sul proprio futuro trasferendosi a Pozzuoli, è un importante segnale che anche in realtà della provincia è possibile realizzare grandi rivoluzioni.
Riduzione liste d’attesa: inviato alla Stato-Regioni il decreto con i criteri di riparto dei fondi
News PresaIl Ministero della Salute ha inviato oggi alla Conferenza Stato-Regioni il decreto di riparto dei 400 milioni di euro, stanziati dalla legge di Bilancio 2019 (350 milioni) e dal Dl 119/2018 (50 milioni), finalizzati alla riduzione delle liste d’attesa per l’erogazione delle prestazioni sanitarie. Le risorse per il potenziamento dell’infrastrutturazione tecnologica e digitale dei Cup (previste dall’articolo 1, commi 510 e 511 della legge del 30 dicembre 2018, n. 145, e dall’articolo 23-quater del decreto legge 119/2018, convertito con modificazioni dalla legge 136/2018) saranno ripartite per il triennio di riferimento (150 milioni per l’anno 2019, 150 milioni per l’anno 2020 e 100 milioni per l’anno 2021).I criteri per assicurare a tutte le Regioni un’equa ripartizione delle risorse sono stati elaborati dal tavolo di lavoro composto da rappresentanti della Salute, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Coordinamento tecnico della commissione salute delle Regioni e Province autonome. Accanto ai criteri di riparto, il tavolo ha elaborato anche indicatori e relative soglie al cui raggiungimento i fondi saranno effettivamente erogati. La notizia è stata diffusa sui canali del ministero. La verifica della percentuale di realizzazione degli obiettivi di digitalizzazione dei sistemi regionali di prenotazione per l’accesso alle strutture sanitarie ai fini dell’erogazione delle risorse spetta all’istituendo Osservatorio nazionale sulle liste d’attesa, che opererà presso il Ministero della Salute.
Nel decreto si specifica, infine, che la mancata realizzazione degli obiettivi determina l’obbligo di restituzione dell’acconto allo Stato che può procedere al relativo recupero anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti negli esercizi successivi.
Agrumi, un estratto aiuta i pazienti con diabete. Lo studio CREA
PrevenzioneLa comunità scientifica è ormai concorde sulle funzioni antiossidanti e antinfiammatorie delle antocianine e dei polifenoli, molecole bioattive naturali presenti nel mondo vegetale. Sono riconosciute le loro proprietà salutistiche e il contributo alla prevenzione di numerose patologie. Il CREA, con il centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, ha valutato l’effetto preventivo dell’assunzione di un nuovo estratto proveniente dagli scarti di lavorazione degli agrumi (arancia rossa e scorza di limone), ricco di antocianine e polifenoli, sullo sviluppo e avanzamento delle disfunzioni renali, in particolare la nefropatia diabetica.
La nefropatia diabetica è una malattia cronica che deteriora la funzionalità renale irreversibilmente, fino ad arrivare allo stadio terminale ed è particolarmente frequente in molti casi di diabete mellito (o diabete di tipo II), le cui cause vanno ricercate nell’iperglicemia, nello stress ossidativo e nell’infiammazione renale. Inibire, pertanto, lo stress ossidativo e l’infiammazione potrebbe essere fondamentale per contribuire a ostacolare il progressivo avanzamento della malattia.
Estratto di agrumi. I risultati dello studio
Nel dettaglio, lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Journal of Cellular Physiology, è consistito nell’inserire nell’alimentazione di animali da esperimento (topi Zucher grassi diabetici) l’estratto di arancia rossa e di limone, per misurarne le ricadute sullo stress ossidativo, sulla funzione renale e su alcuni disturbi metabolici riscontrati nel diabete di tipo II. Le varietà impiegate sono state per l’arancia rossa ‘Tarocco’, ‘Moro’ e ‘Sanguinello’, per il limone il ‘Femminello’, in particolare della sua fioritura estiva, il ‘Verdello’.
Le analisi, effettuate dopo 6, 15 e 30 settimane, hanno evidenziato che tale estratto consente di ripristinare i normali livelli di glucosio nel sangue ed il peso corporeo. Sono stati, inoltre, neutralizzati i radicali liberi a beneficio di una maggiore efficacia del sistema antiossidante. In questo modo è stata attenuata, quindi, la gravità della nefropatia diabetica, bloccandone lo sviluppo, e sono stati limitati i danni renali indotti dal diabete mellito di tipo II. L’estratto è un brevetto CREA N° 102017000057761 “Metodo per la produzione di un estratto da sottoprodotti della lavorazione degli agrumi ed estratto così ottenuto”.
«Possiamo ipotizzare – afferma Paolo Rapisarda, Direttore del CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura – che l’assunzione di tale estratto, contenente i principi attivi delle arance rosse e del limone, potrebbe contribuire a migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da diabete di tipo II, dimostrando così, ancora una volta, gli importanti effetti benefici dei nostri agrumi»
Quel “Piccolo Mago” che ha commosso Giffoni
News PresaC’è anche la passione del Santobono Pausilipon al Giffoni Film Festival, con un cortometraggio presentato ieri (23 luglio) alla sala Galileo. Il titolo della pellicola è “Il Piccolo Mago”, il primo cortometraggio diretto da Roberto Calabrese e Tito Laurenti che ha conquistato il pubblico, tanto da aggiudicarsi il premio della sezione “Fuori Concorso”. Il progetto è stato interamente realizzato nel Pediatrico napoletano, in collaborazione con l’AORN Santobono Pausilipon e due Fondazioni: Admo Federazione Italiana Onlus sul trapianto del midollo osseo e Fondazione Theodora Onlus che aiuta i bambini in ospedale ad affrontare la difficile prova del ricovero. Il film è ispirato a fatti realmente accaduti e può sicuramente sensibilizzare le persone sul tema del trapianto del midollo osseo, raccontando in maniera semplice ed essenziale quanto sia importante donare. La storia è infatti quella di un amore e una generosità incondizionati tra due fratellini. Raccontata con grande garbo in questo cortometraggio che spiega in maniera semplice ed essenziale quanto sia importante donare, di come donare significhi dare la vita. «Siamo grati al Giffoni – ha detto il direttore generale Annamaria Minicucci – perché ci offre la grande opportunità di veicolare messaggi così importanti ad un pubblico vastissimo, soprattutto ai giovani».
UN CINEMA PER I BIMBI
A fare gli onori di casa la Presidente di AURA Alfonsina Novellino e il Presidente onorario del Festival Genè Andria, i quali hanno annunciato il desiderio di contribuire a realizzare una saletta cinematografica all’interno della struttura napoletana, primo ospedale pediatrico del Mezzogiorno: «Anche nelle vesti di presidente onorario – ha affermato Andria – il mio impegno a favore del sociale continua in quanto credo nei progetti e nella sensibilità di AURA». Alla proiezione ha partecipato, oltre ai registi Roberto Calabrese e Tito Laurenti, all’intero cast e alla direttrice Minicucci, anche Flavia Matrisciano, direttrice Fondazione Santobono Pausilipon.